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Ancora inflazione su in Giappone. Yen non si muove, anche se…
L’inflazione in Giappone, come forse tutto il resto dei fondamentali rispetto al resto del mondo, è in controtendenza. I dati che sono stati comunicati da Tokyo parlano infatti di un’inflazione al 3,3%, contro il 3,0% del mese precedente, con l’inflazione core che però è scesa dal 4,2% fatto registrare per i dati di settembre al 4,0% dei dati più recenti. Una situazione che complica ulteriormente la gestione dell’intera baracca dello yen da parte del governatore Kazuo Ueda, che pur si è già detto più volte possibilista per un ritorno a una politica monetaria, e dei tassi, più ortodossa.
L’inflazione è dunque non solo persistente, ma in crescita, e ci sono elevate probabilità che almeno parte del problema possa essere imputato anche alla debolezza dello yen sulle piazze internazionali, una debolezza diventata ormai cronica e dalla quale i mercati, almeno per ora, non vedono alcuna via d’uscita. I numeri sull’inflazione non hanno ancora avuto, almeno nel momento in cui viene data alle stampe questa analisi, alcun tipo di effetto sull’andamento di JPY contro le principali valute internazionali.
Kazuo Ueda avrà solo un altro dato prima di decidere
Kazuo Ueda, la cui credibilità è ai minimi storici, aveva avvisato i mercati: prima di fine anno si sarebbero avuti tutti i dati utili per la scelta più importante da inizio secolo per l’economia giapponese. Si tratta della possibilità che si torni infatti in territorio di tassi positivi, anche soltanto nominalmente, per l’economia giapponese. Il dato di ottobre, che è quello che è stato riferito poco fa, sembrerebbe costringere Bank of Japan a una mossa del genere, mossa certamente difficile però anche a fronte di un importante calo del PIL proprio in Giappone.
Avevamo efficacemente riassunto la situazione nella scelta tra due veleni, i cui effetti sono però massimamente incerti. Da un lato far correre l’inflazione con il rischio che diventi embedded nell’economia giapponese, evitando però ulteriori contrazioni economiche. Dall’altro invece un ritorno dei tassi in territorio positivo che però avrebbe peggiorato il PIL del Giappone, il dato che fotografa per quanto poco in dettaglio l’andamento dell’intera economia di Tokyo.
L’inflazione però corre, forse più delle stesse previsioni di Bank of Japan, e a meno di un dato di dicembre per novembre che renda quanto accaduto ora un incidente di percorso, ci sarà quasi certamente bisogno di tornare, nel più breve tempo possibile, almeno verso una parvenza di normalità.
Yen ancora vicino a quota 150 contro il dollaro
Gli occhi puntati sullo yen difficilmente troveranno motivo di attenzione nelle prossime ore. La settimana corta delle piazze USA significa sempre, in occasione del Ringraziamento, meno movimenti e anche la minore apertura di posizioni speculative. Il prezzo, per intenderci, è quasi fermo, nonostante la notizia starà certamente tenendo occupati molti analisti anche durante le classiche riunioni familiari che occupano questa parte dell’anno negli USA.
Lunedì probabilmente, alla riapertura complessiva delle piazze americane vedremo come i mercati reagiranno a questa notizia, che non è forse delle migliori per Tokyo.
È altrettanto sicuro che le preghiere di Ueda fino a oggi hanno fatto davvero poco e che sarà sempre minore il pubblico disposto a credere al notevole equilibrismo con il quale si esprime in pubblico.
Il Giappone è davanti a due alternative ugualmente pessime, con l’inflazione che presto diventerà, se dovesse proseguire lungo questa traiettoria, un problema del quale occuparsi nel modo più aggressivo possibile. Quello che non credono i mercati è che gli artigli di Bank of Japan possano tornare a caccia dopo un lungo iato che ha reso BoJ un’enorme banca d’affari che ha avuto come unica preoccupazione quella di contenere l’altrettanto enorme debito pubblico, o meglio, i rendimenti che il Giappone sarà costretto a pagare sullo stesso.