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Le azioni tecnologiche asiatiche crollano a causa del nuovo protezionismo Usa
Le azioni tecnologiche asiatiche pagano dazio al nuovo protezionismo statunitense.
In Asia le azioni tecnologiche – principalmente quelle legate ai chip – sono crollate dopo il diffondersi di una news secondo la quale gli Usa stavano valutando di imporre alcune restrizioni, che avrebbero reso più severe le esportazioni di tecnologie avanzate per i produttori di semiconduttori verso la Cina.
A pagare dazio al diffondersi di queste notizie è stata principalmente Taiwan Semiconductor Manufacturing Co (TSMC), il più grande produttore di chip, che ha lasciato sul terreno la bellezza di 52,13 miliardi di dollari nell’arco di due giorni
I mercati sono stati pesantemente condizionati dalle parole del candidato repubblicano alla presidenza statunitense Donald Trump, che ha affermato che Taiwan avrebbe dovuto pagare gli Usa per la sua difesa. Una dichiarazione che ha avuto un impatto sulle azioni TSMC, facendole crollare del 2,4%. La società, nei risultati finanziari che ha pubblicato in giornata, ha annunciato di aspettarsi un aumento del fatturato del 34% nel corso del terzo trimestre 2024. L’utile netto ha superato le aspettative del mercato.
Azioni tecnologiche, non crolla solo TSMC
Sono molte le azioni tecnologiche che sono crollate. Il problema non è stato circoscritto unicamente a TSMC. Tra i colossi asiatici hanno registrato delle perdite simili ci sono:
- SK Hynix, produttore di chip sudcoreano, ha perso il 3,6%;
- Tokyo Electron ha registrato un calo dell’8,75%;
Global X Asia Semiconductor – un fondo negoziato che ha in portafoglio i seguenti titoli: SK Hynix, Tokyo Electron, TSMC e Samsung Electronics – ha perso l’1,74%, riducendo i guadagni annuali al 16,7%.
Segnali di debolezza, per le azioni tecnologiche, arrivano anche dall’Europa, dove l’indice STOXX 600 ha registrato un +0,2%, ma il sottoindice tecnologico è sceso al minimo da sei settimane. L’ultima quotazione è scesa dello 0,37%.
Secondo Bloomberg News l’amministrazione del presidente Joe Biden starebbe valutando una misura chiamata Foreign Direct Product Rule” che permetterebbe al governo statunitense di impedire la vendita di un determinato prodotto, nel caso in cui non sia stato realizzato con della tecnologia statunitense. Questo, in estrema sintesi, comporterebbe delle pesanti limitazioni per aziende come Tokyo Electron e ASML e avrebbe impattato pesantemente sulle azioni tecnologiche asiatiche.
Il protezionismo statunitense, quale impatto ha sulle azioni tecnologiche
Gli investitori che guardano alle azioni tecnologiche sono preoccupati dall’atteggiamento protettivo di Washington nei confronti dell’industria manifatturiera statunitense dei semiconduttori. L’industria, infatti, è considerata strategicamente importante per competere con la Cina.
Secondo Kang Jin-Hyeok, analista di Shinhan Securities, queste preoccupazioni, sostanzialmente, hanno avuto la meglio sui recenti utili pubblicati da ASML: le sue ingenti vendite proprio alla Cina la rendono uno dei principali bersagli delle restrizioni che si vorrebbero introdurre negli Usa. Secondo Kang, i fattori macro e geopolitici hanno avuto un ruolo più importante dei fondamentali.
Nel secondo trimestre, la Cina ha rappresentato circa il 49% delle vendite di sistemi litografici di ASML e rappresenta circa il 20% del suo portafoglio ordini.
TSMC ha dichiarato che il 69% dei suoi ricavi proveniva da clienti con sede in Nord America e il 9% dalla Cina. Analogamente, SK Hynix ha affermato che nel 2023 il 31% delle sue vendite proveniva dalla Cina.
L’amministrazione Biden ha adottato misure aggressive per limitare l’accesso cinese alla tecnologia dei chip all’avanguardia. Sono state introdotte alcune restrizioni per limitare le esportazioni di processori di intelligenza artificiale progettati da alcune aziende, tra le quali rientra Nvidia.
Le ultime difficoltà nelle relazioni tra la Cina e gli Usa hanno accelerato quelli che sembravano i primi segnali di una rotazione degli investitori dalle più importanti azioni tecnologiche (le cosiddette Big Tech) a quelle più piccole, convinti che i tassi di interesse statunitensi più bassi andranno a vantaggio delle aziende più piccole.
Ricordiamo che il boom globale dell’intelligenza artificiale ha portato quest’anno a un rally strepitoso delle azioni tecnologiche che ha superato i record, con il Nasdaq, in aumento del 20% fino ad oggi, mentre l’indice S&P 500 è aumentato del 17%.
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Giappone chiede intervento del G20, mentre lo yen sfonda i 150 e ci rimane. “Troppa volatilità nel Forex”
Il ministro delle finanze Katsunobo Kato chiede aiuto al G20 a tutela del Forex.
Certi amori non finiscono, recitava una celebre canzone di un altrettanto celebre cantante italiano. La stessa canzone aggiungeva poi che fanno di giri immensi e poi ritornano. Ed è così forse che si può leggere l’intervento del Ministro delle Finanze giapponese Katsunobo Kato, che ha chiesto al G20 di essere vigile sull’eccessiva volatilità del mercato del Forex. Una vexata quaestio, se dalle canzoni di Venditti si vuole passare al più nobile latino, dato che in ogni momento di difficoltà dello yen, le autorità di Tokyo hanno fatto appello alle autorità statali di tutto il mondo affinché si trovasse una quadra politica più che di mercato.
Una questione che però indispettisce da sempre Janet Yellen, plenipotenziaria al Tesoro USA, che già a fine 2023 non le mandò a dire, confermando la superiorità del mercato rispetto alla politica nel fissare i tassi di cambio di riferimento. Dopo che al vertice della politica giapponese è arrivato il nuovo primo ministro Shigeru Ishiba, che pur in campagna elettorale aveva promesso pieno appoggio, se non addirittura indirizzo diretto, a politiche di sostegno allo yen.
La musica a Tokyo non cambia – e intanto lo yen si accomoda sopra i 150 contro il dollaro USA
Cambiano gli interpreti, ma la musica è sempre la stessa. Lo yen, dopo un recupero nel mese di agosto che aveva gettato i mercati nel panico dopo il rialzo a sorpresa dei tassi, firmato Kazuo Ueda (governatore di Bank of Japan), ha ripreso a correre verso livelli di cambio molto alti contro il dollaro USA. Ad oggi un greenback compra 151,85 yen, contro i 152 di ieri ma contro i soli 142 di fine settembre. Un cammino ribassista che conferma che i problemi di Tokyo sono tutti fuorché di facile soluzione.
E chissà se questa volta l’appello raccoglierà consensi, oppure se come le altre volte sarà l’innesco per un tripudio di porte chiuse.
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Viking Therapeutics vola a +23% in borsa. C’è cash per portare avanti processo approvazione presso FDA
Il titolo di Viking Therapeutics vola. Ti spieghiamo perché tutti lo stanno comprando.
Viking Therapeutics non sarà la più conosciuta delle società quotate al NASDAQ, ma da oggi entra a pieno titolo in questo insieme dopo una corsa di oltre il 23%. Il gruppo ha nella prima fase di test un farmaco per il dimagrimento che potrà essere assunto per via orale e che competerà direttamente con giganti come Eli Lily e Novo Nordisk, per quella che è stata una delle linee di business farmaceutico più redditizie del 2024. A far schizzare in alto le quotazioni delle azioni del gruppo, ticker $VKTX, sono state le preoccupazioni svanite sulla quantità di liquidità a disposizione.
Secondo gli ultimi dati diffusi dall’azienda, ce ne sono più che a sufficienza per sostenere il lungo (e costoso) processo di approvazione del farmaco in questione, che si trova già alla fase 1 e all’interno della quale avrebbe già fornito dei risultati molto incoraggianti. Il business è di quelli importanti e di quelli che muovono miliardi, di quelli che per intenderci hanno reso per buona parte del 2024 Novo Nordisk la società più capitalizzata delle borse europee.
Investimenti ad alto rischio e ancora pre-revenue
Vale la pena di ricordare agli investitori che Viking Therapeutics è però un’azienda ancora in fase di pre-revenue e che non ha ancora prodotti approvati per l’immissione in commercio. La scommessa che stanno facendo gli investitori è sull’ok che arriverà da FDA. Ok sul quale per ora sembrano esserci delle buone prospettive ma che comunque non è già arrivato.
Secondo quanto è stato riportato dall’azienda, i primi di novembre ci saranno inoltre ulteriori incoraggianti dati sulla fase di test, che sta procedendo di pari passo anche con una versione del farmaco che sarà iniettabile.
L’azienda ad oggi – e per ovvi motivi – non ha ancora incassato neanche un centesimo dalle vendite di prodotti che no sono… ancora in commercio. Presso i principali analisti, il titolo è un buy.
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Le vendite di case nuove negli Usa sono cresciute del 4,1% a settembre
La vendita di case nuove negli Usa è cresciuta del 4,1%. li acquirenti approfittano del taglio dei tassi effettuato dalla Fed.
Negli Stati Uniti, a settembre, la vendita di case nuove unifamiliari ha raggiunto il livello più alto da quasi un anno e mezzo a questa parte. Gli acquirenti stanno approfittando del calo dei tassi dei mutui.
Sono aumentate del 4,1% le vendite di case nuove. A settembre il tasso annuo destagionalizzato è stato pari a 738 unità, il livello più alto mai registrato da maggio 2023. A rendere noti questi dati è stato l’Ufficio del censimento del Dipartimento del Commercio.
Usa, le vendite di case
È stato rivisto al ribasso il ritmo delle vendite di agosto: è passato, infatti, da 716.000 unità precedentemente segnalate a 709.000. Stando alle previsioni degli economisti intervistati da Reuters le vendite case nuove sarebbero dovute salite a 720.000 unità e avrebbero dovuto rappresentare il 15% delle vendite immobiliari statunitensi.
Le vendite di nuove case vengono conteggiate alla firma di un contratto. Sono aumentate del 6,3% su base annua a settembre.
I tassi dei mutui sono scesi a settembre, raggiungendo il minimo dell’ultimo anno e mezzo. Tuttavia, sono aumentati nelle ultime tre settimane, poiché solidi dati economici, come le vendite al dettaglio e le revisioni annuali dei conti nazionali, hanno costretto gli operatori ad abbandonare la speranza di un altro taglio dei tassi di 50 punti base da parte della banca centrale statunitense.
Le vendite di nuove case sono aumentate nel Nord-est e nel densamente popolato Sud. Tuttavia, sono diminuite nel Midwest e sono rimaste invariate nell’Ovest.
Il prezzo medio delle case nuove è rimasto invariato a 426.300 dollari a settembre rispetto all’anno precedente. L’inventario di case nuove è aumentato a settembre a 470.000, vicino ai livelli visti l’ultima volta all’inizio del 2008, da 468.000 unità ad agosto.
Al ritmo delle vendite di settembre, ci vorranno 7,6 mesi per esaurire l’offerta di case sul mercato, in calo rispetto ai 7,9 mesi di agosto.
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Euro e yen recuperano terreno rispetto al dollaro. La moneta unica registra un +0,2% sul biglietto verde
L’euro e lo yen riescono a recuperare terreno nei confronti del dollaro. Scopriamo come si stanno muovendo le principali valute a livello globale.
Riflettori puntati sullo yen giapponese e sull’euro, che sono saliti dai recenti minimi. Il dollaro, invece, ha registrato una vera e propria battuta d’arresto dopo una crescita inarrestabili, che lo ha portato a sfiorare il massimo da tre mesi a questa parte. Il biglietto verde, inoltre, è sostenuto dalle aspettative di un ritmo più lento nei tagli dei tassi d’interesse da parte della Fed.
L’euro si è quindi rafforzato registrando un +0,2% scambiato a 1,080075 dollari, dopo aver sfiorato il minimo da quattro mesi a questa parte fissato a 1.07612 dollari. A settembre l’attività commerciale della zona euro si è nuovamente bloccata. La contrazione in Germania, però, è stata meno ripida rispetto a quella registrata ad agosto.
Ma entriamo nel dettaglio e cerchiamo di capire cosa sta accadendo.
Come si sta muovendo la Zona Euro
Kenneth Broux, responsabile della ricerca aziendale FX e tassi presso Societe Generale, ritiene che stiamo assistendo a un leggero rimbalzo. Questo, ad ogni modo, non impedisce al mercato di prezzare ulteriori tagli da parte della Bce.
Il mercato sembra credere alla possibilità di ulteriori e più consistenti tagli dei tassi da parte della Banca Centrale Europea, che potrebbero avere delle ripercussioni negative sull’euro già da questo mese. A pesare sull’andamento della moneta unica sono le affermazioni di alcuni membri del board della Bce che hanno messo in guardia sul rischio di non raggiungere l’obiettivo di inflazione del 2% fissato dalla Bce. Siamo davanti ad un netto cambiamento di tono dopo una campagna durata due anni per frenare la crescita dei prezzi.
Christine Lagarde, presidente della Bce, si è dimostrata cauta, affermando che i vari responsabili politici devono prestare attenzione nel momento in cui rilasciano delle affermazioni pubbliche. Il collega Mario Centeno ha suggerito che i tassi potrebbero essere tagliati di 50 punti base nella prossima riunione della banca centrale del 12 dicembre.
Soffermandosi sulle prospettive dell’euro, Broux ha spiegato che il rischio è di ribasso in vista delle elezioni statunitensi, poiché saranno in molti a posizionarsi a favore della reflazione di Trump, il che significa rendimenti statunitensi più elevati rispetto a quelli tedeschi.
L’indice del dollaro, che misura il biglietto verde rispetto ad altre sei valute, tra cui euro e yen, si è attestato a 104,20, non lontano dal massimo notturno di 104,57, un livello registrato l’ultima volta il 30 luglio.
Secondo FedWatch del CME Group, una serie di solidi dati economici e alcuni commenti aggressivi da parte dei funzionari della Fed hanno moderato le speranze di un allentamento monetario negli Stati Uniti nei prossimi mesi.
Le aspettative sono per un totale di 50 punti base di riduzione dei tassi nelle restanti due riunioni della Fed del 2024 si attestano intorno al 70%. I trader stanno puntando il 95% di possibilità su un taglio dei tassi di un quarto di punto alla prossima riunione di novembre della Federal Reserve e non scommettono su una riduzione più ampia di 50 punti base. Questo rispetto a una divisione del 60%-40% che pendeva a favore di un taglio più ampio un mese fa.
Lo yen riesce a trovare un po’ di tregua
Lo yen ha avuto un po’ di tregua, dopo essere crollato ai minimi di fine luglio, mentre il ministro delle finanze giapponese ha affermato che i funzionari stanno osservando i movimenti del tasso di cambio con maggiore vigilanza, invocando il rischio di un intervento. L’ultima volta che la valuta giapponese è stata scambiata è stato a 151,925 per dollaro.
Secondo recenti sondaggi , il governo di coalizione giapponese, guidato dal nuovo Primo Ministro Shigeru Ishiba, rischia di perdere la maggioranza del parlamento alle elezioni di domenica; inoltre, qualsiasi aumento dell’incertezza politica complicherebbe ulteriormente i piani della Banca del Giappone per la normalizzazione della politica monetaria.
Kazuo Ueda, governatore della BOJ, ha detto durante la notte che ci vuole ancora tempo per raggiungere in modo sostenibile l’obiettivo di inflazione del 2% della banca centrale, e ha segnalato che gli aumenti dei tassi saranno fatti con cautela e gradualmente.
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Le banche modificano la loro strategia nelle obbligazioni dopo il taglio dei tassi negli Usa
Le decisione della Federal Reserve di tagliare i tassi d’interesse negli Usa ha fatto modificare le strategie d’investimento delle banche.
L’allentamento dei rendimenti obbligazionari e il taglio dei tassi di interesse negli Usa stanno modificando le strategie delle principali banche statunitensi, che puntano a ridurre le perdite sui titoli di investimento a basso rendimento. L’obiettivo, ora come ora, è quello di dirottare quei fondi verso titoli ad alto rendimento, in modo da migliorare la liquidità e i profitti.
Il cambio di strategia potrebbe accelerare man mano che la Federal Reserve procede con il taglio dei tassi da qui alla fine dell’anno. Da sottolineare che la nuova politica monetaria della Fed contribuisce a ridurre le perdite finanziarie delle banche, che sono aumentate due anni or sono e hanno innescato una serie di turbolenze a livello regionale.
Ma entriamo e cerchiamo di capire come stanno cambiando strategie le principali banche statunitensi.
Il cambio di strategia delle banche statunitensi
La Fed ha iniziato ad aumentare i tassi d’interesse nel 2022. In quel momento le perdite non realizzate dalle banche statunitensi hanno raggiunto i 690 miliardi di dollari. Nel secondo trimestre sono poi scese a 513 miliardi di dollari, almeno stando ai dati riportati dalla Federal Deposit Insurance Corporation.
La Federal Reserve, nel corso del mese di settembre 2024, ha iniziato a diminuire i tassi di interesse: nel frattempo le perdite diminuivano. Alcune importanti banche come Wells Fargo e istituti regionali come KeyCorp hanno iniziato a vendere titoli a basso tasso per investire in titoli che garantivano un tasso più alto. La Federal Reserve ha tagliato i tassi di interesse di mezzo punto percentuale, portandoli in un nuovo intervallo compreso tra il 4,75% e il 5,0%.
Wes West – responsabile dell’analisi dei dati presso Nomis Solutions, che fornisce alle banche software per la determinazione dei prezzi di prestiti e depositi – ha spiegato che le banche hanno deciso che il danno a breve termine derivante dalla vendita di titoli persi valesse il compromesso per il guadagno a lungo termine derivante dall’acquisto di nuovi titoli ad alto rendimento.
In passato, invece, le banche preferivano conservare questi titoli a basso rendimento: vendendoli con una forte perdita, nel momento in cui i tassi erano più alti, sarebbero state costrette ad accantonare dei fondi per riuscire a rispettare i coefficienti patrimoniali imposti dalle norme in vigore. Le banche Usa, sostanzialmente, stavano svalutando questi titoli disponibili per la vendita. Sono classificati come tali perché la banca ha l’opzione di vendere quelle obbligazioni o titoli prima della loro scadenza.
Le banche che stanno vendendo i Titoli di Stato
Wells Fargo è stato l’ultimo grande istituto di credito a compiere questo passo nel corso del terzo trimestre 2024, quando ha deciso di vendere qualcosa come 16 miliardi di dollari in titoli. A seguito di questa operazione Walls Fargo ha registrato una perdita pari ai 447 milioni di dollari: ha poi deciso di reinvestire in titoli con un rendimento di 130 punti base più alto.
Megan Fox, vicepresidente di Moody’s Ratings, spiega che le banche stanno effettuando delle operazioni opportunistiche, volte a bloccare cedole più elevate ora per migliorare la redditività dichiarata, date le aspettative di ulteriori tagli dei tassi nei prossimi due trimestri.
Anche i creditori più piccoli hanno effettuato un riposizionamento simile. Banc of California, che ha acquistato PacWest l’anno scorso, ha annunciato di aver riposizionato qualcosa come 742 milioni di dollari in titoli a un rendimento medio ponderato del 2,94%, con conseguente perdita ante imposte di 60 milioni di dollari. Ha acquistato titoli con un rendimento medio ponderato del 5,65%.
KeyCorp ha venduto circa 7 miliardi di dollari di titoli garantiti da ipoteca a basso rendimento e ha reinvestito i proventi in investimenti a rendimento più elevato. L’istituto ha sostenuto un onere post-tasse di 737 milioni di dollari relativo alla perdita sulla vendita di titoli. KeyCorp ha spiegato che il rendimento medio dei titoli venduti è stato di circa il 2,3%, mentre quelli acquistati hanno avuto un rendimento medio del 4,9%.
Alcuni creditori hanno anche tratto vantaggio da guadagni una tantum, come quelli derivanti dalla vendita di asset, per attutire il colpo immediato della vendita di titoli. Truist Financial Corporazion ha venduto la sua divisione assicurativa a maggio per riposizionare parte del suo portafoglio di titoli di investimento disponibili per la vendita.
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