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Boeing congela le assunzioni. Ed è pronta ad incentivare l’esodo
Boeing sempre più intenzionata a ridurre i costi. Congela le assunzioni e prepara un piano di esodo per i dipendenti.
Operazione taglio costi per Boeing, che ha deciso di congelare le assunzioni e valutare dei congedi temporanei per tagliare i costi. Nel frattempo, il 16 settembre 2024 la società è entrata nel suo quarto giorno di sciopero, che ha coinvolto qualcosa come 30.000 lavoratori.
Boeing e i sindacati non sono riusciti a valutare in modo adeguato la rabbia che imperversava tra i lavoratori, tanto che l’adesione allo sciopero è stata del 96%. La forza lavoro è riuscita a fermare completamente la produzione della serie 737 nel momento in cui Boeing stava cercando di accelerare le linee di assemblaggio. I dirigenti, ora come ora, si trovano nella necessità di contenere lo sciopero, con una nuova offerta di colloqui che dovrebbero riprendere nuovamente in giornata.
Boeing messa in ginocchio da uno sciopero
Brian West, Cfo di Boeing, in una lettera pubblica inviata ai dipendenti ha dichiarato che lo sciopero mette a repentaglio la ripresa dell’azienda in modo significativo. È necessario adottare le misure necessarie per preservare il denaro e salvaguardare il futuro dell’azienda e dei lavoratori.
Boeing dovrà interrompere l’emissione della maggior parte degli ordini di acquisto dei fornitori per i programmi 737, 767 e 777, che sono coinvolti direttamente negli scioperi. Azioni che determinano incertezza e preoccupazioni.
Nei giorni scorsi West aveva affermato che la priorità principale è quella di preservare il rating creditizio dell’azienda, che in questo momento si attesta ad un livello poco superiore rispetto a quello “spazzatura”.
La decisione di interrompere gli ordini di componenti per tutti i programmi di aerei di linea della Boeing, ad eccezione del 787 Dreamliner, è rara e impatterà in maniera determinante su un settore che sta ancora lottando per ripartire dopo lo stop imposto dal Covid 19.
Boeing, problemi che partono da lontano
I problemi di Boeing sono partiti molto prima che gli operai entrassero in sciopero: l’azienda era alle prese con una crisi di sicurezza e produzione innescata da un pannello di una portiera che si era staccata in volo da un aereo 737 Max quasi nuovo. Ma soprattutto è gravata da un debito di 60 miliardi di dollari.
In una nota S&P Global Ratings ha puntato il dito proprio contro lo sciopero, ritenendo che se l’agitazione dovesse prolungarsi nel tempo la situazione diventerebbe costosa e difficile da assorbire: la situazione finanziaria dell’azienda è già tesa adesso. Uno sciopero più breve, dell’ordine di settimane, sarebbe probabilmente gestibile per Boeing e non porterebbe a un’azione di rating negativa.
Chris Olin, analista azionario in forza alla Northcoast Research, ritiene che Boeing possa dover tagliare 33-35 jet dal suo piano di produzione a causa dello sciopero, con una conseguente perdita di fatturato di 102 milioni di dollari al giorno e fino a 3 miliardi di dollari o più in totale.
L’International Association of Machinists and Aerospace Workers (IAM) ha respinto un’offerta che includeva un aumento di stipendio del 25% distribuito su quattro anni, ma ha rimosso un bonus annuale di rendimento. Il sindacato aveva inizialmente chiesto un aumento del 40%. In un post su X Iam ha affermato che i leader sindacali incontreranno in giornata (oggi 17 settembre 2024) i mediatori federali e la Boeing, ha affermato l’IAM.
Sabato Jon Holden, il principale negoziatore sindacale, ha dichiarato che i lavoratori volevano che la Boeing aumentasse la sua offerta salariale e ripristinasse un piano pensionistico a beneficio definito, che era stato eliminato dieci anni fa in cambio del mantenimento della produzione di aerei nello Stato di Washington.
Secondo alcune fonti sindacali citate da Reuters, è facile che Boeing decida di non ripristinare il vecchio regime pensionistico. Questa richiesta, però, potrebbe essere utilizzata per negoziare maggiori contributi pensionistici aziendali e stipendi più alti.
I membri del sindacato presenti ai picchetti fuori dalle fabbriche Boeing nei pressi di Seattle erano ottimisti sulle loro possibilità di ottenere un accordo migliore dalla Boeing, ma pochi si aspettano che ciò accada in tempi rapidi.
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Petrolio, il sentiment degli investitori europei è rialzista. WTI scambiato a 73,5 dollari al barile
Il sentiment sul petrolio degli investitori europei è rialzista. La posizione è emersa da una serie di dati ben precisi diffusi da alcuni esperti.
Riflettori puntati sul petrolio: stando ai dati mensili Serix di Spectrum Markets, il sentiment sarebbe rialzista verso i due principali indici del petrolio greggio, per i quali a settembre è stato registrato 111 per il WTI e 108 per il Brent.
Le preoccupazioni relative all’approvvigionamento e le tensioni in Medio Oriente hanno determinato, almeno dal mese di giugno 2024 in poi, un costante aumento del sentiment sul petrolio greggio.
Nel mese di settembre 2024 il 36,9% delle negoziazioni, almeno secondo i dati di Spectrum, sono avvenute al di fuori dei tradizionali orari di mercato europei.
Petrolio, in sentiment degli investitori europei
Spectrum Markets ha pubblicato i suoi dati sul sentiment Serix per gli investitori al dettaglio europei per settembre, rivelando un cambiamento positivo verso entrambi i principali indici del petrolio greggio: WTI e Brent, rispettivamente a 111 e 108.
Ciò che spicca a settembre è il costante trend al rialzo del sentiment Serix sul petrolio greggio iniziato a giugno 2024, in concomitanza con l’escalation delle tensioni in Medio Oriente. Questo trend sembra essere guidato dall’instabilità geopolitica, alimentando l’ansia del mercato per le carenze di offerta e i relativi aumenti dei prezzi.
Michael Hall, Head of Distribution presso Spectrum Markets, spiega che il sentiment degli investitori al dettaglio sta mostrando una chiara tendenza al rialzo in linea con l’aumento dei prezzi del petrolio. L’instabilità geopolitica in Medio Oriente ha indubbiamente giocato un ruolo significativo, alimentando preoccupazioni su potenziali interruzioni dell’approvvigionamento, che si sono riflesse nelle prospettive rialziste per il petrolio greggio.
Secondo Hall il costante aumento dei valori Serix sia per WTI che per Brent evidenzia un cambiamento di sentiment, poiché gli investitori guardano al petrolio come a un asset chiave in mezzo a più ampie incertezze di mercato. Con il mercato energetico che continua a sperimentare volatilità, ci aspettiamo che questo interesse per il petrolio greggio persista.
Petrolio, i dati Serix di settembre
Il valore Serix indica il sentiment degli investitori al dettaglio: un numero superiore a 100 indica un sentiment rialzista, mentre un numero inferiore a 100 indica un sentiment ribassista.
A settembre 2024, il fatturato del portafoglio ordini su Spectrum è stato di 242,4 milioni di euro, con il 36,9% delle negoziazioni avvenute al di fuori dei mercati tradizionali ore (ad esempio, tra le 17:30 e le 9:00 CET).
Il turnover del portafoglio ordini è stato distribuito tra vari asset sottostanti come segue: 78,1% su indici, 3,5% su coppie di valute, 11,9% su materie prime, 3,4% su azioni e 3,1% su criptovalute. I primi tre mercati sottostanti negoziati sono stati Nasdaq 100 (27,8%), Dax 40 (24,8%) e Dow 30 (13,4%).
Esaminando i dati Serix per i tre principali mercati sottostanti, il Nasdaq 100 è passato da neutrale a rialzista a 101, mentre sia il Dow 30 che il Dax 40 sono rimasti ribassisti a 98.
Per quanto riguarda il petrolio, Saverio Berlinzani, Senior Analyst di ActivTrades, spiega che i future sul greggio WTI sono scesi a 73,5 dollari al barile questa notte, accelerando il calo rispetto alla sessione precedente, appesantiti dalle preoccupazioni sulle prospettive economiche della Cina, uno dei principali importatori di greggio. I dati del fine settimana hanno mostrato che le pressioni deflazionistiche della Cina si sono intensificate, e permangono rischi e preoccupazioni sui rischi di decrescita.
Secondo Berlinzani, un’ulteriore pressione sui prezzi deriva dal calo della domanda globale e dalla forte crescita dell’offerta. Tutto questo, nonostante le persistenti preoccupazioni sul fronte geopolitico, che potrebbero risollevare i prezzi dell’oro nero.
I prezzi dell’oro, invece, sono saliti nelle prime ore di lunedì – spiega Ricardo Evangelista, Senior Analyst di ActivTrades – toccando un massimo di dieci giorni. Nonostante le mutevoli aspettative sui tagli ai tassi della Federal Reserve, la domanda di metallo prezioso continua a essere sostenuta da acquisti rifugio, alimentati dall’instabilità geopolitica in Medio Oriente e dalle persistenti preoccupazioni sulla performance economica della Cina.
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Veicoli elettrici, a settembre le vendite sono cresciute del 30,5%. Traina la Cina, bene l’Europa
Le vendite di veicoli elettrici, a settembre, sono cresciute del 30,5%, trainate dall’eccellente performance della Cina.
A settembre le vendite di veicoli elettrici e ibridi plug a livello globale sono cresciute del 30,5% annuo. Un contributo determinante alla crescita è stato garantito dalla Cina, che è riuscita a superare i numeri record registrati ad agosto. Anche l’Europa ha ripreso a crescere. Queste sono, sostanzialmente, le analisi messe a disposizione dalla società di ricerche del mercato Rho Motion.
Il mercato dei veicoli elettrici statunitensi, ad ogni modo, si è mosso lentamente, ma ha, comunque, guadagnato terreno: un successo ritenuto importante dagli analisti anche in vista delle elezioni del 5 novembre, che rendono difficile, secondo il responsabile dei dati Charles Lester, prevedere quali possano essere le prospettive del futuro
Veicoli elettrici, perché i dati sono importanti
Ma perché scattare una fotografia dell’andamento del mercato dei veicoli elettrici è importante? Le case automobilistiche cinesi stanno cercando di aumentare le vendite nell’Unione europea, nonostante la spada di Damocle dei dazi sulle importazioni – che possono arrivare al 45% – e ad un vero e proprio raffreddamento della domanda globale di questo tipo di auto. In questi giorni, tra l’altro, le principali case automobilistiche cinesi stanno cercando di affrontare il salone di Parigi.
Ad ogni modo a settembre, secondo i dati di Rho Motion, le vendite di veicoli elettrici – sia quelli completamente elettrici (BEV) che quelli ibridi plug-in (PHEV) – sono riuscite a raggiungere quota 1,69 milioni. La parte del leone, in questo contesto, è stata fatta dalla Cina, dove le vendite sono cresciute del 47,9%, raggiungendo quota 1,12 milioni di veicoli venduti. In Canada e negli Stati Uniti, invece, le vendite si sono aumentate del 4,3%, attestandosi a 0,15 milioni di veicoli.
Aumentano, invece, del 4,2% le vendite di veicoli elettrici in Europa, dove raggiungono 0,3 milioni di unità immesse sul mercato: il Regno Unito ha registrato un balzo del 24%; alcuni guadagni arrivano anche da Italia, Germania e Danimarca.
I veicoli elettrici e quelli ibridi, nel mercato cinese, hanno un tasso di penetrazione che sta crescendo più rapidamente rispetto a quanto gli analisti si aspettassero. Secondo Lester le vendite potrebbero arrivare a dei livelli record ogni mese fino alla fine dell’anno.
Ad essere positiva, inoltre, è la crescita annua registrata dalla Germania: gli obiettivi intermedi di riduzione delle emissioni di carbonio stabiliti dall’Unione europea saranno, ad ogni modo, un buon banco di prova per il mercato dell’Unione.
William Roberts, responsabile della ricerca automobilistica di Rho Motion, ritiene che le vendite di veicoli elettrici in Europa raggiungeranno i 3,78 milioni di veicoli nel 2025 e i 9,78 milioni nel 2030, rispettivamente il 24% e il 19% in meno rispetto alle stime precedenti.
Veicoli elettrici, le tensioni al salone dell’auto di Parigi
Per quanto riguarda i veicoli elettrici, al salone dell’auto di Parigi è stata registrata molta tensione: a tenere banco è la decisione dell’Unione europea che vuole imporre degli ingenti dazi all’importazione, in un momento in cui il settore è contraddistinto da una domanda debole.
L’evento di quest’anno, il più grande salone automobilistico d’Europa, arriva in un momento cruciale. Le case automobilistiche europee in difficoltà devono dimostrare di essere ancora in gioco, mentre i rivali cinesi puntano a mettere piede in un mercato competitivo.
Tuttavia, c’erano alcuni punti in comune: i dirigenti di entrambe le regioni mettevano in guardia dai pericoli dei dazi dell’Europa.
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Warren Buffett sale al 32% di Sirius XM: titolo fa +8% a Wall Street
Warren Buffett punta forte su Sirius XM: ora Berkshire ha oltre il 32%.
Berkshire Hathaway, il gruppo di investimenti che fa capo a Warren Buffett, è salito al 32% di SirusXM, dopo un acquisto di 3,6 milioni di azioni per circa 87 milioni di dollari. Poca cosa rispetto all’enorme quantità di cash sulla quale siede Berkshire Hathaway – ma che è comunque un segnale della fiducia che il gruppo dell’Oracolo di Omaha nutre nel gruppo che si occupa di radio web e servizi satellitari.
A spingere verso l’acquisizione di quote ulteriori c’è – almeno secondo il commento di CNBC – l’accordo concluso con successo con Libery Media. L’esposizione di Buffett verso le azioni SiriusXM è iniziata quest’anno e ha visto il gruppo salire rapidamente oltre il 30%. Buffett non ha mai commentato a livello pubblico l’acquisizione, né è stata mai oggetto di approfondimenti per gli investitori del gruppo. Una scommessa su un titolo che non ha mai avuto grande fortuna a Wall Street, con gli analisti che hanno più volte definito il titolo come in lotta contro il tempo, anche a causa della particolare clientela che serve. Come ricorda ancora una volta CNBC, di 14 analisti soltanto 1 aveva il forecast su buy. Cosa che, a quanto pare, non ha spaventato in alcun modo Berkshire Hathaway.
Il titolo recupera
Il titolo, che viene da un 2024 non esattamente brillante, si appresta a chiudere la sessione di scambi con un gain oltre l’8% e con il titolo che sembrerebbe essere stabilmente sopra i 27$. Gain importanti all’interno di una giornata fondamentalmente positiva per tutto il comparto azionario e che ha visto altri asset tipicamente risk on come le criptovalute offrire un’ottima performance.
Entusiasmo alle stelle per i principali indici della borsa USA, con SPX500 che fissa un nuovo record e che da inizio anno ha offerto ritorni superiori al 23%. Tutto questo in quello che per molti poteva essere l’anno della crisi al termine di un percorso fatto di tassi alti e restrizioni monetarie per combattere l’inflazione.
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Nvidia: nuovo record! Ora punta ai 3.500 miliardi che batterebbero anche Apple
Nvidia insidia il primato di Apple. Altra giornata in positivo per il gruppo, che ora punta al top del marketcap.
Appetito per il rischio e AI sembrano andare ormai di pari passo. E questo si riflette più di tutti sulle azioni Nvidia, che per tutta la sessione di lunedì 14 ottobre sono rimaste sopra il record precedente di chiusura a 135,58$ di giugno. Nvidia che continua a macinare aspettative e che nel complesso continua a rappresentare un settore AI che è tornato ad essere ricco di aspettative positive. Aspettative che vanno di pari passo con le performance – amplificandole – delle principali borse USA.
Per mesi si è ritenuto che sarebbe stato infatti questo il comparto che avrebbe fatto da traino per un eventuale soft landing negli USA, con l’azienda che produce chip ad alta performance per l’intelligenza artificiale che ha recentemente annunciato di avere un backlog di almeno 12 mesi per il suo chip di ultima generazione, Blackwell, ultima iterazione della serie destinata ai calcoli del comparto più avido di numeri di sempre.
Soft landing o meno, l’AI continua a correre
Dopo un breve iato – che è stato vissuto come un breve momento di depressione delle pur altissime aspettative degli investitori – il comparto AI torna a correre. E corre spingendo verso un nuovo record le azioni del gruppo Nvidia, che anche oggi guadagnano oltre il 2,2% nel momento in cui pubblichiamo questo approfondimento.
Corsa che porta l’azienda in scia per diventare la società con la più alta capitalizzazione al mondo. Apple, che pur oggi guadagna più dell’1%, fa infatti registrare soltanto 120 miliardi in più di cap su oltre 3.500. Un altro 3% prima di vedere la società gestita da Jensen Huang sul tetto del mondo. Con il mercato che sembrerebbe avere ancora spazio per nuovi record, potrebbe essere questione ormai di pochi giorni di scambio in assenza di importanti correzioni, con il gruppo fondato da Steve Jobs che potrebbe presto scontare anche una ricezione degli ultimi iPhone piuttosto tiepida.
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Boeing, 17mila posti di lavoro a rischio. Adesso si muove il governo Usa
L’amministrazione Biden si muove ufficialmente nel tentativo di far riprendere le trattative tra Boeing e i sindacati.
Julie Su, segretario del Lavoro statunitense ad interim, si è recata a Seattle per incontrare i vertici di Boeing e il sindacato, che rappresenta qualcosa come 33.000 lavoratori, che in questo momento stanno scioperando. L’obiettivo di Julie Su è quello di riportare le parti al tavolo delle trattative.
L’intervento ufficiale dell’amministrazione Biden arriva nel momento in cui Boeing è alle prese con uno sciopero che sta paralizzando completamente le sue attività da cinque settimane. L’azienda, tra l’altro, nei giorni scorsi ha comunicato di voler licenziare qualcosa come 17.000 persone, il 10% della sua forza lavoro.
Al momento non è ancora chiaro se Julie Su incontrerà Kelly Ortberg, Ceo di Boeing.
Boeing, si muove Julie Su
Un portavoce del Dipartimento del Lavoro ha confermato che Su, segretario facente funzioni, incontrerà le parti per valutare la situazione e incoraggiarle ad andare avanti nel processo di negoziazione.
Le azioni di Boeing sono scese del 3% nelle prime contrattazioni, dopo l’annuncio a sorpresa fatto venerdì dall’azienda dopo la chiusura delle contrattazioni, di un nuovo rinvio del jetliner 777X e della fine della produzione del velivolo cargo civile 767.
Secondo fonti del settore, questa settimana la Boeing ha in programma una serie di riunioni interne per definire il piano occupazionale, che probabilmente si baserà, almeno in parte, su alcuni tagli per contenere i costi e impedire l’esodo di persone le cui competenze sono ancora necessarie.
La crisi si verifica in un momento in cui i mercati della Boeing sono in crescita e molti dei suoi rivali stanno sfruttando la scarsa manodopera per alleviare la pressione sulle catene di fornitura aerospaziali.
Il ritardo di un anno nelle consegne del 777X al 2026 sancisce un ritardo già ampiamente previsto nel settore dopo i ritardi di certificazione e collaudo. Indica che il successore pianificato del mini-jumbo 777 entrerà in servizio con sei anni di ritardo.
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