Banche sotto inchiesta negli USA: dove sono gli interessi dei clienti?

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Written by Gianluca Grossi
Attivo come analista economico dal 2009, collaboro con TradingOnline.com dove fornisco approfondimenti sul Forex, sulla macroeconomia e sul mercato azionario, prestando particolare attenzione alle economie in ascesa quali quelle di Turchia, Brasile, Indonesia e Cina. Ricopro inoltre il ruolo di caporedattore per il rinomato giornale online Criptovaluta.it, una risorsa chiave per chi è interessato al settore delle criptovalute e del Bitcoin. Il mio interesse si estende al mercato degli ETF, soprattutto quelli negoziati a New York, mantenendo sempre un'attenta osservazione sulle dinamiche di mercato.
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Dove sono i nostri interessi? Dopo un anno di tassi alti sia negli USA sia in Europa, la polemica monta – e almeno negli Stati Uniti raggiunge anche le corti di giustizia. JPMorgan Chase, Wells Fargo, Morgan Stanley, UBS, LPL, Ameriprise e altre dovranno prima o poi comparire davanti ai giudici per accuse che gli sono state mosse dai loro stessi clienti – e che negli USA trovano sponda facile nell’enorme quantità di avvocati che sono specializzati in class action.

Una situazione della quale si è discusso – forse troppo poco – anche in Italia. A fronte di tassi record offerti da BCE, perché i conti deposito – con qualche rara eccezione pubblicitaria – pagano così poco? È il mercato, bellezza, risponderà qualcuno. Ma con il mercato bancario anche retail che è stato oggetto di acquisizioni e concentrazioni continue (spesso spinte anche dal regolatore) c’è chi vuole metterci bocca. E almeno negli States avere ragione in tribunale per farsi restituire il maltolto.

L’eterna lotta tra banche e clienti

I rapporti tra clientela e banche non sono certamente ai massimi storici. Se la competizione in genere favorisce i consumatori, l’assenza della stessa – vero male che attanaglia il settore urbi et orbi – sta facendo pagare un prezzo salato ai clienti. E lo sta facendo pagare non soltanto ai più spendaccioni, che si trovano a pagare spesso tassi elevati – in particolare sui prestiti al consumo. Il prezzo da pagare, soprattutto in termini di mancati guadagni è anche per i risparmiatori, che si vedono riconoscere una quantità di interessi troppo bassa rispetto a quelli imposti dalle banche centrali.

Il momento è d’altronde propizio per questo tipo di polemiche: siamo vicini al pivot dopo un anno di politiche monetarie altamente restrittive da parte di BCE e anche di Federal Reserve. E la fetta della torta per i clienti risparmiatori si è allargata poco, e secondo i documenti depositati in tribunale, troppo poco.

Momenti duri per le banche USA?

Non sarà stato certamente questo il motivo che ha portato Warren Buffett – che oggi compie gli anni – a scaricare Bank of America e ad allontanarsi dal mondo bancario, almeno in parte, ma comunque i venti che spirano sul settore, tenendo conto anche del pivot, non sembra delle migliori.

Ci sarà da seguire molto da vicino anche le evoluzioni di queste cause – affini per motivazioni generali ma poi diverse nel particolare – che potrebbero risolvere una volta per tutte quella che è una questione anche politico-filosofica.

Il libero mercato è in grado di offrire servizi diversi a prezzi diversi ai clienti e in ultimo favorirli? Oppure l’offerta bancaria, negli USA come in Europa, fa capo ormai a troppi pochi gruppi che hanno poco interesse a farsi concorrenza? Questo tenendo anche conto del fatto che per area geografica la concentrazione di gruppi specifici è anche più alta.

Una situazione non di facile soluzione, sulla quale dovranno esprimersi a breve i giudici – e per quanto il diritto statunitense sia profondamente diverso da quello europeo, sarà un segnale anche per le banche del Vecchio Continente.

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