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Taglio dell’Irpef, a guadagnarci sarebbero in pochi. C’è anche chi rischia di perderci qualcosa

Dal taglio dell’Irpef sarebbero davvero in pochi a guadagnarci. Anzi, c’è chi corre il rischio di pagare di più. Ecco perché.

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Taglio dell'Irpef, a guadagnarci sarebbero in pochi. C'è anche chi rischia di perderci qualcosa

La Legge di Bilancio 2025 metterà mano alle aliquote Irpef previste per il prossimo anno. Ma cosa cambierà per i contribuenti? Chi ci guadagnerà realmente dalla revisione delle tasse? A partire dal 1° gennaio l’imposta sulle persone fisiche sarà confermata a tre aliquote – ossia il 23%, il 35% ed il 43% – con i relativi scaglioni di reddito. La novità, come in molti ben ricorderanno, è stata introdotta con la riforma fiscale di quest’anno.

A partire dal 2025, ad ogni modo, il Governo avrebbe sulla carta un nuovo taglio delle tasse per i lavoratori dipendenti, per gli autonomi e per i pensionati. La sforbiciata dovrebbe essere finanziata attraverso le risorse che arriveranno dal concordato preventivo biennale delle partite Iva, che è profumo di proroga proprio in questi giorni (al 12 dicembre 2024). A mettere in evidenza come ci sia uno stretto legame tra queste due misure è stato direttamente Maurizio Leo, viceministro all’Economia, che ha voluto sottolineare come risulti importante avere delle certezze su quelle che potrebbero essere le future entrate tributarie.

Irpef, le aspettative sul secondo scaglione

È importante premettere che, almeno per il momento, stanno circolando esclusivamente delle ipotesi: è ancora troppo presto per poter dare delle certezze. Tra l’altro la Legge di Bilancio 2025 deve essere approvata entro la fine dell’anno, quindi tutto può ancora accadere.

Il Governo sembrerebbe intenzionato a ridurre il secondo scaglione dell’Irpef. Stiamo parlando dell’aliquota del 35% che impatta direttamente sui contribuenti che hanno un reddito compreso tra i 28.000 ed i 50.000 euro, che dovrebbe essere abbassata di uno o due punti percentuali.

Il concordato preventivo biennale – prendendo in considerazione chi vi ha aderito al 31 ottobre 2024 – dovrebbe portare nelle casse dello Stato qualcosa come 1,3 miliardi di euro. Per riuscire a ridurre l’aliquota, però, servirebbe riuscire a racimolare almeno 2,5 miliardi di euro. Ossia il doppio degli attuali. Questo, sostanzialmente, è uno dei motivi per il quale la possibilità di aderire al concordato preventivo biennale è stata prorogata al 12 dicembre 2024.

Taglio aliquote Irpef, cosa cambia per i dipendenti

Il taglio delle aliquote Irpef quale impatto avrebbe sui contribuenti? A fornire una risposta a questa domanda ci ha pensato la Fondazione Nazionale dei Commercialisti, che ha spiegato che i proventi del concordato preventivo biennale, almeno in questo momento, potrebbero permettere di andare verso una riduzione di un punto percentuale dell’aliquota del secondo scaglione, che passerebbe, quindi, dal 35% al 34%. Il taglio dell’Irpef avrebbe un impatto positivo per qualcosa come 11 milioni di contribuenti italiani, che appartengono al cosiddetto ceto medio. Le risorse, ad ogni modo, non sarebbero sufficienti per riuscire ad abbassare l’aliquota al 33%, ossia di due punti percentuali.

Stando alle simulazioni elaborate dai commercialisti sull’eventuale taglio dell’Irpef, il passaggio dell’aliquota dal 35% al 34% permetterebbe di ottenere il vantaggio maggiore ai lavoratori dipendenti che hanno dei redditi lordi superiori a 35.000 euro. Ma proviamo fare un esempio pratico, in modo da capire quale sia l’impatto diretto di questa misura:

  • chi percepisce un reddito pari a 40.000 euro riuscirebbe a risparmiare 543 euro ogni anno;
  • quanti hanno un reddito compreso tra i 30.000 ed i 35.000 euro subirebbe una piccola perdita, che oscillerebbe tra i -101 e i -145 euro, sempre nell’arco dei dodici mesi.

I conti, ovviamente, cambierebbero nel caso in cui il taglio dell’Irpef fosse di due punti percentuali: lo scaglione, a questo punto, passerebbe dal 35% al 33%. Il risparmio annuale per quanti percepiscono 40.000 euro salirebbe a 627 euro, mentre la perdita per chi ha un reddito compreso tra 30.000 e 35.000 sarebbe compreso tra i -101 e i -107 euro.

I vantaggi fiscali, sostanzialmente, non sarebbero uniformi, ma sono condizionati dalle fasce di reddito a cui i contribuenti appartengono.

Laureato in materie letterarie e giornalista pubblicista iscritto all'Albo dal 2002 [Link di verifica iscrizione all'Albo]. Ho iniziato ad occuparmi di Economia fin da subito, concentrandomi dapprima sul mercato immobiliare, sul fisco e i mutui, per poi allargare i miei interessi ai mercati emergenti ed ai rapporti Usa-Russia. Scrivo di attualità, tasse, diritto, economia e finanza.

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Il Superbonus torna al 100%. Ma solo per poche famiglie

Solo per poche famiglie il Superbonus torna al 100%. Arriva, infatti, il contributo a fondo perduto per coprire gli oneri a carico dei contribuenti.

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Il Superbonus torna al 100%. Ma solo per poche famiglie

Arriva il contributo al 100% per chi ha fruito del Superbonus nel corso del 2024. A stabilirlo è direttamente l’Agenzia delle Entrate, che con il provvedimento 431551 del 29 novembre 2024, sostanzialmente, ha reso note in maniera ufficiale le percentuali che spettano a quanti hanno usufruito della misura nel corso dell’anno. Il contributo spetta a quanti hanno effettuato degli interventi con il Superbonus, rispettando i requisiti richiesti dalla normativa attualmente in vigore.

Ma vediamo nel dettaglio in cosa consiste il contributo ed entro quando arriverà nelle tasche dei diretti interessati.

Superbonus, in cosa consiste il contributo a fondo perduto

Attraverso l’articolo 1 del decreto Legge n. 212/2023 è stato stanziato un contributo a fondo perduto per i contribuenti che si trovino in determinate condizioni reddituali. E che, allo stesso tempo, abbiano effettuato dei lavori edilizi usufruendo delle agevolazioni previste dal Superbonus 70%.

In buona sostanza grazie a questa misura viene riconosciuto un contributo che serve a coprire la somma rimasta a carico del richiedente sui lavori effettuati nel proprio immobile.

A questo punto è bene ricordare che per il 2024 il Superbonus permette di portare in detrazione una somma pari al 70% del costo dei lavori effettuati per ristrutturare casa. Il contributo serve a coprire il 30% che è rimasto a carico delle famiglie. Fino a questo momento, però, non si era a conoscenza delle percentuali di contributo alle quali i diretti interessati potessero accedere. E soprattutto se l’ammontare potesse servire a coprire le spese che erano rimaste fuori da quelle previste dalla detrazione.

L’Agenzia delle Entrate, con il proprio provvedimento, entra a gamba tesa su questi dubbi, chiarendo che quanto arriverà ai richiedenti servirà a coprire al 100% i lavori sostenuti.

Chi ha diritto a ricevere il contributo

Purtroppo il contributo a fondo perduto non coinvolge trasversalmente tutte le famiglie che hanno effettuato dei lavori beneficiando del Superbonus. Lo possono richiedere solo quanti si trovino in determinate condizioni economiche: è necessario che il reddito sia inferiore a 15.000 euro. E, ovviamente, nel corso del 2024 devono essere state sostenute delle spese per effettuare degli interventi edilizi per i quali si ha diritto ad accedere alle detrazioni fiscali pari al 70%.

Per poter beneficiare del contributo a fondo perduto era necessario inoltrare un’apposita istanza entro lo scorso 31 ottobre 2024. Oggi come oggi, l’Agenzia delle Entrate ha potuto comunicare l’ammontare della percentuale riconosciuta perché è in possesso dei dati relativi al numero delle domande presentate e degli importi richiesti.

All’interno del provvedimento emanato dall’AdE, inoltre, si legge che:

La percentuale è pari al 100 per cento. L’importo del contributo erogabile a ciascun beneficiario è pari al contributo richiesto risultante dall’ultima istanza validamente presentata ai sensi del provvedimento, in assenza di rinuncia.

Volendo sintetizzare al massimo, questo significa che ai soggetti che hanno fatto richiesta del contributo a fondo perduto verrà liquidata la somma che è stata richiesta nel momento in cui è stata presentata la domanda. Le risorse disponibili, infatti, sono più che sufficienti a soddisfare tutte le richieste che sono pervenute. Siamo davanti ad una situazione non poi così scontata, dato che la percentuale del contributo che è possibile erogare per ogni singolo richiedente, generalmente, è legato al rapporto che intercorre tra la copertura e il numero delle richieste che sono state presentate.

In questo caso, le richieste che sono presentate hanno un importo inferiore rispetto alle somme che sono state richieste in fase di domanda: questa situazione rende possibile erogare ad ogni richiedente il 30% delle spese che sono state effettuate, andando a coprire il 100% delle spese che sono rimaste a carico del contribuente.

Quanti hanno presentato la richiesta del contributo a fondo perduto entro lo scorso 31 ottobre 2024 potranno ottenere la somma indicata all’interno della domanda.

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It Wallet, dal 2025 conterrà anche la carta d’identità

Dal 2025 all’interno di It Wallet ci sarà anche la carta d’identità. Nel frattempo è possibile usarlo al posto della patente e della tessera sanitaria.

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It Wallet, dal 2025 conterrà anche la carta d'identità

It Wallet è diventato disponibile per tutti gli italiani. Per accedere al nuovo strumento è necessario scaricare sullo smartphone l’app Io. In buona sostanza i cittadini italiani hanno la possibilità di avere copia digitale dei propri documenti all’interno dello smartphone. 

Al momento, però, all’interno di It Wallet però è possibile trovare unicamente la Tessera Sanitaria, la patente e la  Carta Europea della Disabilità. In un secondo momento verrà aggiunta anche la carta di identità digitale, anche se per il momento non è ancora stata comunicata la data ufficiale del suo debutto sullo smartphone.

Ma entriamo un po’ nel dettaglio e cerchiamo di capire quali siano le principali novità relative a It Wallet.

It Wallet, tutto ha avuto inizio ad ottobre

A fine ottobre ha avuto inizio il roll out, che sostanzialmente ha coinvolto qualcosa come 50.000 italiani selezionati in modo casuale. Il Governo si sta muovendo con un intento ben preciso: trasformare It Wallet in un vero e proprio portafoglio digitale, al cui interno sarà possibile salvare tutti i documenti. Attualmente ne sono già disponibili alcuni (Tessera Sanitaria, la patente e la  Carta Europea della Disabilità), ma a partire dal 2025 ci sarà anche la carta d’identità. Successivamente sarà possibile caricare la tessera elettorale, i titoli di studio e il fascicolo sanitario elettronico. Ma troveranno spazio anche gli abbonamenti e i biglietti del trasporto pubblico.

A fare il punto della situazione su It Wallet ci ha pensato Alessio Butti, sottosegretario con delega all’Innovazione, che ha spiegato che:

Questo strumento offrirà ai cittadini nuove opportunità per l’utilizzo della loro identità digitale, garantendo al tempo stesso massima sicurezza e tutela dei dati personali.

In un certo senso It Wallet costituisce un primato per l’Italia: è, infatti, il primo paese dell’Unione europea a dotarsi di un proprio portafoglio digitale.

Il nuovo strumento è gratuito, ma soprattutto non sarà obbligatorio. Per permettere di accedere ad It Wallet anche nelle zone dove non c’è una sufficiente copertura per lo smartphone, sarà possibile accedere all’app anche offline.

Butti ha spiegato che l’Italia si sta impegnando a condividere le migliori pratiche nell’ambito della digitalizzazione pubblica. L’obiettivo è quello di riuscire a rendere i servizi più efficienti, ma soprattutto facilmente accessibili. Il passo successivo sarà quello di esplorare un approccio comune all’identità digitale, che costituisce un elemento importante per poter garantire la sicurezza e la fiducia connesse alle trasformazioni richieste dalla digitalizzazione globale.

It Wallet, come deve essere utilizzato

Molto pragmaticamente i tre documenti digitali possono essere utilizzati in sostituzione dei documenti fisici. In questa prima fase possono essere utilizzati unicamente per dei contesti dal vivo.

Quanti dovessero decidere di salvare i propri documenti all’interno di It Wallet li dovrà mostrare direttamente dal proprio smartphone. Il classico esempio è quando si viene fermati dalle forze dell’ordine per un controllo in automobile: è sufficiente mostrare dal proprio portafoglio digitale la patente di guida. Nel caso in cui si sia commessa un’infrazione che determina il ritiro della patente, però, è necessario consegnare il documento fisico.

La tessera sanitaria, alla stessa stregua di quella fisica, permetterà di accedere a tutte le prestazioni che vengono fornite dal Servizio Sanitario Nazionale. Stesso discorso per la Carta Europea della Disabilità, che gli utenti potranno utilizzare al posto di quella fisica.

I documenti possono essere caricati su It Wallet seguendo pochi semplici passaggi, che sono indicati dalla stessa app. Prima di tutto è necessario essere in possesso di documenti validi per poter inserire tutti i codici richiesti. Sarà poi necessario aggiornare l’app Io. Arrivati a questo punto è sufficiente entrare con le credenziali Spid o con la Carta d’Identità elettronica e seguire tutte le indicazioni per completare il processo di verifica.

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Pensioni 2025, addio alla rivalutazione. Questa volta non ci sarà

Rivalutazioni delle pensioni limitate nel 2025. L’Inps ha già tenuto conto degli aumenti del costo della vita, quindi non arriverà il conguaglio.

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Pensioni 2025, addio alla rivalutazione. Questa volta non ci sarà

Rivalutazione delle pensioni alle porte. A fornire i dettagli ufficiali sulle novità relative agli assegni previdenziali nel 2025 ci ha pensato un Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e del Ministero dell’Economia e delle Finanze pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 278 del 27 novembre 2024 che si sofferma proprio sulla “Perequazione automatica delle pensioni con decorrenza dal 1° gennaio 2025”.

Di che cosa si occupa, di preciso, questo decreto? Il documento fissa il valore della percentuale previsionale della variazione del costo della vita del 2024: viene definito, in estrema sintesi l’adeguamento all’inflazione degli assegni previdenziali. In altre parole stiamo parlando della perequazione delle pensioni. O più semplicemente della loro rivalutazione.

Gli aggiornamenti hanno un impatto diretto sulla vita dei pensionati, perché va ad incidere direttamente sull’assegno previdenziale di gennaio. Sono due gli aumenti che arriveranno: il primo è relativo al consueto adeguamento al costo della vita degli importi erogati; il secondo si riferisce al conguaglio dell’anno precedente.

Perequazioni pensioni 2025, cosa c’è da aspettarsi

La perequazione delle pensioni coinvolge trasversalmente quanti percepiscono un assegno previdenziale, con la sola esclusione dell’Ape Sociale e delle altre misure di accompagnamento alla pensione.

Il decreto interministeriale, sostanzialmente, ha stabilito quale debba essere in via definitiva la percentuale utile per calcolare la perequazione delle pensioni per l’anno 2023, che è stata fissata al 5,4%. Questa percentuale è esattamente pari a quella che è stata prevista e successivamente utilizzata dall’Inps per l’erogazione degli assegni previdenziali nel 2024 a partire dallo scorso mese di gennaio. Questo significa, molto semplicemente, che ai pensionati non spetta alcun tipo di conguaglio. Zero. 

Detto molto semplicemente non spetta nulla ai pensionati, anche se fino a qualche giorno era stata diffusa la notizia che ci fosse un differenziale di 0,3 punti tra il tasso di previsione e il tasso definitivo. Saltano completamente, quindi, i conguagli a credito rispetto agli emolumenti passati.

La rivalutazione delle pensioni nel 2025

Preso atto che per il 2024 non spetta nessun nuovo conguaglio, altro discorso è la rivalutazione per il 2025: l’Istat certifica allo 0,8% il tasso di previsione 2024. Questo significa che a partire da gennaio le pensioni aumenteranno dello 0,8%, anche se il meccanismo adottato è differente rispetto a quello dello scorso anno.

In questo caso il Governo ha già fornito i chiarimenti del caso attraverso la Legge di Bilancio 2025 che in questi giorni dovrebbe essere ultimata al Parlamento.

A partire dal mese di gennaio 2025 il meccanismo che determinerà la rivalutazione delle pensioni dallo 0,8% di inflazione è il seguente:

  • per le pensioni fino 4 volte il trattamento minimo ci sarà il 100% di rivalutazione;
  • per le pensioni tra le 4 e le 5 volte il trattamento minimo ci sarà il 90% di rivalutazione;
  • per le pensioni sopra le 5 volte il trattamento minimo ci sarà il 75% di rivalutazione.

Discorso diverso, invece, per le pensioni minime, per le quali è stata prevista una rivalutazione del 2,2%. In un certo senso è stato ripetuto l’extra aumento del 2024, anche se la percentuale è più bassa (era del 2,7%). Questo significa, in altre parole che le pensioni integrate al trattamento minimo beneficeranno di un aumento superiore rispetto allo 0,8% di rivalutazione.

Facendo due conti in tasca a quanti riceveranno gli assegni previdenziali minimi – considerando che la rivalutazione è pari al 100% – l’importo è destinato a passare da 598,61 euro del 2024 a 603,40 euro nel 2025. 

A quanto abbiamo visto fino a questo momento deve essere aggiunto il surplus del 2,2%: le pensioni minime, quindi, dal prossimo anno saranno pari a 616,67 euro. Un aumento, forse, fin troppo risicato per chi percepisce una pensione bassa.

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Bonus Natale 2024, in arrivo insieme alla tredicesima

Il bonus Natale 2024 arriverà insieme alla tredicesima. Per ottenerlo i lavoratori dipendenti ne devono far richiesta all’azienda.

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Bonus Natale 2024, in arrivo insieme alla tredicesima

4,6 milioni di lavoratori dipendenti: questa è la platea dei potenziali beneficiari del bonus Natale 2024, che proprio in questi giorni è arrivato alle battute finali. La cifra, indubbiamente, è molto superiore rispetto a quella che era stata preventivata in un primo momento.

Tra le novità previste per quest’anno è che il bonus Natale estende notevolmente il proprio raggio d’azione: la Legge di Bilancio 2025, infatti, ha coinvolto un numero maggiore di famiglie. Un allargamento determinato dalla copertura prevista per il contributo, che è passata a 235 milioni di euro dai 100 milioni iniziali. Il contributo verrà versato ai lavoratori dipendenti insieme alla tredicesima, in prossimità del Natale.

Ma entriamo un po’ più nel dettaglio e vediamo le caratteristiche del bonus Natale 2024.

Bonus Natale 2024, la platea dei beneficiari

Primo passo per accedere al contributo è comprendere quale sia la potenziale platea dei beneficiari del bonus Natale e in cosa consista la misura. La misura è un’indennità riservata ai lavoratori dipendenti che abbiano un reddito annuo inferiore a 28.000 euro. L’imposta lorda deve essere superiore a quella delle detrazioni previste per i lavoratori dipendenti: stiamo parlando, quindi, di un importo che deve essere pari ad almeno 8.500 euro, sotto il quale non si paga l’Irpef.

L’importo del bonus Natale – pari a 100 euro – deve essere considerato netto. Non vengono applicate le aliquote in base allo scaglione di appartenenza del lavoratore. L’erogazione, però, non va nemmeno a sommarsi al TFR e non viene calcolato nel reddito per determinare l’Isee.

A fornire alcuni dettagli precisi su come funziona il bonus Natale è la circolare n. 19/E del 10 ottobre 2024 dell’Agenzia delle Entrate. L’AdE mette in evidenza che, rispetto al testo originale, sono arrivati due emendamenti che hanno cambiato le carte in tavola per i potenziali beneficiari:

  • il richiedente non deve avere necessariamente un partner fiscalmente a carico;
  • ogni nucleo familiare può ricevere un solo bonus Natale, nel caso in cui i due genitori siano entrambi dei lavoratori dipendenti.

Per quanto riguarda il tetto massimo del reddito che non deve essere superato, la soglia dei 28.000 euro annui deve essere calcolata al netto dell’abitazione principale. Dovrà essere preso il reddito di riferimento, dal quale dovrà essere computata la quota esente dei redditi agevolati nonché quelli che sono soggetti ad imposta sostitutiva.

Ad ogni modo nel calcolo del reddito devono essere presi in considerazione:

  • i redditi che risultano essere assoggettati a circolare secca;
  • i redditi che sono stati assoggettati ad imposta sostitutiva Irpef, ossia quelli dei contribuenti che hanno aderito al regime forfettario;
  • l’eventuale quota di agevolazione Ace;
  • le mance che vengono elargite dai clienti ai lavoratori impiegati nelle strutture di ricezione e nei bar e ristoranti.

Bonus Natale, come deve essere calcolato l’importo

Il bonus Natale ammonta a 100 euro. Viene corrisposto ai lavoratori dipendenti tenendo conto del periodo d’imposta 2024, in base al numero dei giorni compresi nel periodo di durata del rapporto di lavoro per i quali il dipendente ha diritto ad ottenere le detrazioni per lavoro dipendente. Per questo conteggio è necessario tenere a mente anche le festività, i riposi settimanali e gli altri giorni non lavorativi. Devono essere, invece, sottratti i giorni per i quali non spetta alcun reddito.

Nel caso in cui il lavoratore abbia un contratto a tempo parziale, il bonus Natale non deve essere riproporzionato: spetta in misura inferiore solo e soltanto se le giornate di detrazione di lavoro dipendente spettanti risultino essere inferiori a quelle previste per l’intero periodo d’imposta. In questo caso deve essere calcolato applicando il criterio pro rata temporis.

Per i rapporti di lavoro part-time, l’indennità spetta in misura intera, indipendentemente dall’orario del contratto individuale di lavoro.

Ricordiamo che per ottenere il bonus Natale è necessario chiederlo formalmente al proprio datore di lavoro.

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Concordato preventivo biennale, ecco perché è una buona opportunità per far crescere le aziende nel 2025

Il concordato preventivo biennale è un’ottima occasione per far crescere le aziende. Scopriamo il perché.

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Concordato preventivo biennale, ecco perché è una buona opportunità per far crescere le aziende nel 2025

Stando ai dati che sono stati diffusi dal Ministero dell’Interno sarebbero 522.195 le partite Iva – delle quali 403.195 sono soggetti Isa e 118.723 forfettari – ad aver aderito al concordato preventivo biennale. Stiamo parlando del 12% degli aventi diritto. L’Agenzia delle Entrate sta tentando di allargare il più possibile la platea degli aderenti: oltre alla proroga della scadenza (che è stata spostata al 12 dicembre 2024) ha inviato una lettera a 2 milioni e 200mila titolari di partita Iva.

Tra i soggetti che hanno deciso di aderire al concordato preventivo biennale vi sono molti soggetti che hanno ritenuto utile la possibilità di non incorrere in verifiche fiscali, che costituiscono un vero e proprio costo economico e di tempo. Anche per le aziende e i professionisti più virtuosi sotto il profilo fiscale. Ad aderire è anche un’ampia platea di partite iva che hanno ritenuto valida la possibilità di pianificare e prevedere anticipatamente quali possano essere i propri costi fiscali per il biennio 2024-25.

Concordato preventivo biennale, un opportunità per crescere

Secondo Maria Grazia Tumolo, commercialista del network Partner d’Impresa, il concordato preventivo biennale potrebbe dimostrarsi una valida opportunità per alcune imprese. A poterne beneficiare sono sicuramente le PMI ad alto tasso di innovazione in settori stabili come il tech. O le imprese che sanno di ricevere un round di finanziamenti che potrebbero permettere di accelerare la produzione e lo sviluppo e che, quindi, si aspettano uno sviluppo del fatturato.

Stando ai dati in possesso del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, nel corso del primo trimestre 2024 le startup innovative, nel nostro paese, sono state 12.954. Indubbiamente un numero in calo rispetto al 2023, che è giustificato dall’aumento delle PMI innovative, che rappresentano il passo successivo delle startup innovative.

Si tratta di un’opportunità per pianificare con maggiore precisione il proprio futuro fiscale  – spiega Maria Grazia Tumolo -. Tuttavia, come ogni scelta strategica, richiede una valutazione attenta e un’analisi finanziaria organizzata per non incorrere in potenziali rischi.

Tumolo ritiene che in Italia ad essere interessati dal concordato preventivo biennale siano principalmente le imprese a gestione familiare con in corso un passaggio generazionale. Stando ai dati in possesso della XV edizione dell’osservatorio AUB del 2024 le piccole e media imprese a gestione familiare costituiscono il 65% del tessuto imprenditoriale italiano. Nelle aziende di più grande dimensione che rientrano tra queste, la leadership è nelle mani della famiglia imprenditoriale (65,7%), mentre nelle realtà più piccole lo è addirittura nel 78,8% dei casi.

Analizzando i bilanci di diverse imprese che seguo come professionista è emerso che molte aziende che dal 2021 al 2023 hanno avviato un percorso di passaggio generazionale che non si è concretizzato solo in una rivisitazione della compagine sociale, ma più incisivamente nell’avvio di processi di evoluzione e sviluppo tecnologico, hanno riscontrato una notevole convenienza all’adesione al concordato – spiega Maria Grazia Tumolo -. La convenienza pare emergere dalla convinzione abbastanza attendibile che il reddito che andranno a conseguire per l’anno 2024 sarà più alto di quello concordato mentre quello  relativo al 2025, sebbene sottoposto a molteplici incertezze, sarà comunque il frutto di una pianificazione già esistente, fondata su commesse già firmate, contratti con nuovi clienti già avviati, lancio di nuovi prodotti già testati. 

Imprese di famiglia e concordato preventivo biennale

Rispetto alle altre PMI innovative le imprese di famiglia hanno, a tutti gli effetti, una marcia in più: a renderle particolari è un elemento connesso all’esperienza pregressa, che viene tramandata alle nuove generazioni, soprattutto quando ci sono dei progetti di espansione delineati nel tempo. 

In questo tipo di aziende, dove i legami affettivi di chi vi lavora sono importanti e fondamentali, si fa tesoro degli errori che sono stati commessi nel passato in modo che non vengano replicati dai figli nel momento in cui prendono in mano le redini dell’attività. Questo permette di dare una maggiore solidità di partenza alle aziende a cui si aggiungono delle visioni innovative introdotte dalle nuove generazioni. In questo contesto il concordato preventivo biennale è uno degli strumenti di leva per la crescita: un mezzo attraverso il quale impiegare il denaro che con ogni probabilità verrà risparmiato per avviare nuovi investimenti.

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