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Samsung, l’utile operativo si fermerà solo a 9,1 trilioni di won. L’azienda chiede scusa
Samsung Electronics esce allo scoperto e avverte che i profitti del terzo trimestre sono inferiori alle aspettative del mercato. E, soprattutto, si è scusata della performance deludente: il colosso dell’elettronica sud coreano è in ritardo rispetto ai suoi rivali nella fornitura di chi ad alta fascia. Lasciando, sostanzialmente, il mercato nelle mani di Nvidia il vivace mercato dell’intelligenza artificiale.
Le scuse – rare in un ambiente come quello finanziario – mettono in evidenza come Samsung sia in difficoltà ad affrontare alcune sfide: per tre decenni è stata il più grande produttore di chip di memoria al mondo. Oggi deve affrontare una concorrenza sempre più agguerrita, sia nei chip convenzionali che in quelli avanzati.
Ma entriamo nel dettaglio e cerchiamo di comprendere cosa stia accadendo.
Samsung, le attività legate ai chip sono in ritardo
Le attività dei chip legati all’intelligenza artificiale per un importante cliente sono in ritardo: ad affermarlo è la stessa Samsung. I concorrenti cinesi in questo segmento, però, hanno aumentato le forniture di chip convenzionali, contribuendo al calo dei suoi guadagni nel segmento dei semiconduttori.
Samsung – considerato il più grande produttore di chip di memoria, smartphone e Tv al mondo – ha stimato un utile operativo pari a 9,1 trilioni di won – pari a 6,78 miliardi di dollari – per il trimestre che si è concluso lo scorso 30 settembre 2024. Le aspettative, invece, si attestavano sui 10,3 trilioni di won. La cifra deve essere confrontata con i 2,43 trilioni di won dello stesso trimestre del 2023 e con i 10,44 trilioni di won del secondo trimestre 2024.
Lee Min-hee, analista di BNK Investment & Securities, ha spiegato che i guadagni sono, a tutti gli effetti, uno shock rispetto a quanto inizialmente previsto da molti analisti. Lee Min-hee, però, non vede miglioramenti nei suoi utili nel trimestre in corso. Samsung è in ritardo rispetto a SK Hynix nella corsa alle vendite di chip di memoria ad alta larghezza di banda (HBM) a Nvidia. Ma non solo: la sua elevata esposizione al mercato cinese è dannosa.
Secondo gli analisti, la risposta tardiva di Samsung al mercato dei chip destinati ad alimentare l’intelligenza artificiale aumenta la sua dipendenza dai chip tradizionali, con margini di profitto più bassi, rendendola più vulnerabile alla concorrenza cinese e rallentando la domanda di smartphone e PC.
I chip ad alto margine utilizzati nei server AI stanno guidando una ripresa nel mercato dei chip dopo una flessione post-pandemia dell’anno scorso. Tuttavia, Samsung è rimasta indietro rispetto a SK Hynix nella fornitura di chip di memoria ad alta larghezza di banda (HBM) al leader dell’intelligenza artificiale Nvidia.
Chip, tutti i ritardi registrati da Samsung
Samsung ha dovuto ammettere di essere in ritardo con l’inizio delle vendite dei suoi chip HBM3 di fascia alta ad un importante cliente. Ma non ha fornito ulteriori indicazioni sulla questione.
Nel corso del mese di luglio Samsung aveva affermato che avrebbe iniziato la produzione in serie dei chip nel periodo compreso tra luglio e settembre.
Gli utili nel settore dei chip di memoria dell’azienda sono diminuiti poiché i rivali cinesi hanno aumentato le forniture di prodotti legacy e alcuni clienti di telefonia mobile hanno modificato gli inventari, compensando la solida domanda di HBM e di altri chip utilizzati nei server.
Secondo alcuni analisti, l’attività di produzione di chip su contratto di Samsung, che progetta e produce chip personalizzati per altre aziende, ha continuato a perdere denaro nel terzo trimestre, poiché sta lottando per competere con il leader TSMC, che conta Apple e Nvidia tra i suoi clienti.
Gli utili della divisione mobile sono migliorati rispetto al trimestre precedente grazie alle solide vendite dei suoi smartphone di punta, mentre gli utili della sua unità display sono cresciuti grazie al lancio di nuovi modelli da parte dei suoi clienti, tra cui Apple.
Samsung annuncerà i risultati finanziari dettagliati il 31 ottobre.
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Mercedes-Benz, gli utili della divisione auto sono crollati del 64%
Gli utili della divisione auto di Mercedes-Benz sono letteralmente crollati. I flussi di cassa arrivano dalla divisione industriale.
Crollati del 64% gli utili della divisione automobilistica di Mercedes-Benz, una delle più importanti case automobilistiche specializzata in veicoli di lusso. I numeri sono di gran lunga inferiori alle stime degli analisti: i consumatori cinesi hanno continuato a ridurre gli acquisti di beni di lusso condizionati da un’economia sempre più debole.
Harald Wilhelm, CFO di Mercedes-Benz, ammette che i risultati del terzo trimestre non soddisfano le ambizioni dell’azienda, aggiungendo che il gruppo continuerà nelle operazioni di taglio dei costi.
Ma entriamo nel dettaglio e cerchiamo di capire cosa stia accadendo a Mercedes-Benz.
Mercedes-Benz, crolla gli utili
Nel trimestre compreso tra il mese di luglio e quello di settembre 2024 gli utili di Mercedes-Benz sono stati condizionati dai costi di rinnovamento dei modelli e da un mercato difficile. Il gruppo si è impegnato principalmente con le nuove versioni del SUV Classe G, che sarà lanciata nel corso del prossimo trimestre.
A livello annuale le vendite di automobili sono state leggermente inferiori rispetto a quelle dell’anno precedente. Quelle del quarto trimestre, sostanzialmente, risultano essere in linea con quelle del terzo.
Un aspetto positivo di conti di Mercedes-Benz è costituito dalla continua generazione di flussi di cassa che arrivano dal business industriale, che è riuscito a raggiungere i 2,39 miliardi di euro nel corso del trimestre, in aumento del 2% rispetto allo scorso anno.
L’utile rettificato prima di interessi e imposte (EBIT) nell’unità automobilistica è sceso a 1,2 miliardi di euro rispetto alla stima media di LSEG di un calo del 3,6% a 3,19 miliardi di euro
I problemi maggiori, però, arrivano dalla Cina. Ola Kaellenius, CEO di Mercedes-Benz, ha sottolineato come i consumatori cinesi siano molto più cauti nell’effettuare degli acquisti importanti: la debolezza economica che dura da molto tempo e la crisi immobiliare hanno determinato una notevole incertezza per molti consumatori.
Nel corso del terzo trimestre, Mercedes-Benz ha tagliato due volte il suo obiettivo di margine di profitto annuo. Si è unita, in questo modo, al crescente numero di concorrenti europei che attribuiscono la causa del calo dei profitti all’indebolimento del mercato cinese.
I risultati sono arrivati proprio nel momento in cui stanno proseguendo i colloqui tra Pechino e Bruxelles sui dazi sulle importazioni di veicoli cinesi in Europa. Questo è, senza dubbio, un grosso grattacapo per molti big dell’industria automobilistica, preoccupati dalle possibili ritorsioni di Pechino.
Le preoccupazioni delle case automobilistiche tedesche
Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha dichiarato che le case automobilistiche tedesche non dovrebbero temere la concorrenza della Cina.
Secondo Scholz alcuni sostengono che la Cina potrebbe fare molto meglio dell’Europa con i motori elettrici. Le aziende tedesche non devono avere paura di questa concorrenza. Scholz ha poi sottolineato che in passato il settore aveva dovuto fronteggiare la forte concorrenza di Corea del Sud e Giappone e ribadendo la posizione della Germania contro i dazi dell’Unione Europea sui veicoli elettrici (EV) di fabbricazione cinese.
Scholz è contrario ai dazi che potrebbero danneggiare la Germania. L’Ue dovrebbe ricorrere a tali misure laddove il dumping e i sussidi mettono effettivamente i produttori europei in una situazione di svantaggio, ad esempio nell’industria siderurgica.
Il settore automobilistico europeo si trova ad affrontare molteplici sfide, che vanno dagli elevati costi di produzione alla gestione del passaggio ai veicoli elettrici, fino al calo della domanda e all’aumento della concorrenza.
Questi problemi hanno portato alcune case automobilistiche europee a ridurre la capacità produttiva, mentre il principale attore della regione, Volkswagen sta valutando per la prima volta la chiusura di stabilimenti in Germania.
Joerg Burzer, membro del consiglio di amministrazione di Mercedes-Benz e responsabile della produzione, spiega che tutti gli stabilimenti dell’azienda sono ben utilizzati, a parte uno a Sindelfingen in Germania, dove viene prodotta la linea di modelli di alta gamma Classe S.
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Veicoli elettrici, l’Unione europea e la Cina riaprono i colloqui per evitare i dazi
L’Unione europea e la Cina riaprono i colloqui per scongiurare il rischio di maggiori dazi sull’importazione di veicoli elettrici.
Tra la Cina e l’Unione europea la porta rimane aperta: Pechino e Bruxelles, infatti, hanno concordato di tenere ulteriori negoziati tecnici su possibili alternative ai dazi sui veicoli elettrici prodotti in Cina. Anche se, almeno per il momento, non sembra ancora chiaro come si possano muovere le parti in causa.
Ricordiamo, infatti, che l’Unione europea è pronta ad introdurre delle tariffe aggiuntive fino al 35,5% sui veicoli elettrici costruiti in Cina, per i quali sarebbero state stanziate delle sovvenzioni statali.
Veicoli elettrici, Europa Vs Cina
Sul fronte dei veicoli elettrici sembrerebbe accendersi uno spiraglio in fondo al tunnel. A seguito di una videochiamata che si è tenuta tra Valdis Dombrovskis, rappresentante dell’UE per il commercio, e Wang Wentao, ministro del Commercio cinese, sarebbero stati concordati ulteriori negoziati tecnici che si svolgeranno a breve.
La Commissione europea, che supervisiona la politica commerciale dell’Ue a 27 nazioni, ha già tenuto otto cicli di negoziati tecnici con le controparti cinesi e ha affermato che permangono notevoli lacune residue.
Dombrovskis e Wang hanno ribadito il loro impegno a trovare una soluzione che possa essere accettabile da entrambe le parti. E che, soprattutto, dovrà garantire parità di condizioni nel mercato dell’UE e risultare compatibile con le norme dell’Organizzazione mondiale del commercio.
Due settimane fa la Cina ha esortato l’UE a non condurre negoziati separati con le aziende, avvertendo che ciò avrebbe scosso le fondamenta dei negoziati.
La Commissione ha affermato che Dombrovskis ha sottolineato che i negoziati dell’esecutivo dell’UE con la Camera di commercio cinese per l’importazione e l’esportazione di macchinari e prodotti elettronici (CCCME) non escludono discussioni con singoli esportatori.
Veicoli elettrici, importazioni cinesi in Europa
Nel corso del mese di settembre, la Cina ha inviato in Europa il secondo numero più alto di veicoli elettrici mai registrato: l’Ue ha importato qualcosa come 60.157 veicoli elettrici di produzione cinese, avvicinandosi al record registrato nel mese di ottobre 2023, quando si era arrivati a quota 67.455 veicoli. A riportare questi dati è Bloomberg, che ha citato dei dati doganali.
Nei primi giorni del mese la Commissione europea ha affermato di aver ricevuto sostegno dagli Stati membri per imporre delle tariffe che potrebbero arrivare fino al 45% sulle importazioni provenienti dalla Cina.
La proposta di imporre dei dazi definitivi sulle importazioni di veicoli cinesi, stando a quanto ha comunicato la stessa Commissione europea, ha ottenuto il sostegno necessario dagli Stati membri, anche se qualcuno si è astenuto dal voto. La Spagna e la Germania, infatti, sono contrarie ai dazi: temono, infatti, una guerra commerciale totale con la Cina, con un potenziale aumento delle tariffe di Pechino sull’importazione di prodotti europei, come:
- automobili;
- carne di maiale;
- latticini;
- brandy.
In questo momento sono in vigore dei dazi provvisori, che hanno iniziato ad avere efficacia dal 5 luglio 2024 ed hanno una durata complessiva di quattro mesi: a breve, quindi, termineranno.
Nel caso in cui la Cina e l’Unione europea non dovessero riuscire a trovare delle soluzioni alternative alle tariffe, i dazi sulle importazioni di veicoli elettrici cinesi sono destinate a partire proprio dal mese di ottobre.
La maggiore preoccupazione arriva dalle case automobilistiche tedesche, che in Cina hanno un grande mercato e si sono opposte ai dazi sulle importazioni di veicoli elettrici.
VDA, l’associazione tedesca dei costruttori di automobili, ritiene che le tariffe europee antisovvenzione non colpirebbero solo i produttori cinesi, ma anche le aziende europee e le loro joint venture.
Oliver Zipse, amministratore delegato di BMW, ritiene che il voto a favore dell’introduzione di maggiori dazi sull’importazione di veicoli elettrici sia un segnale fatale per l’industria automobilistica europea. Ora è necessario un rapido accordo tra la Commissione UE e la Cina per evitare un conflitto commerciale da cui nessuno trae vantaggio.
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Petrolio, il Brent in mattinata guadagna lo 0,4%. Chiusura settimanale positiva
Il petrolio potrebbe chiudere la settimana in territorio positivo. I riflettori sono ancora punti sul Medio Oriente e sulle esportazioni dalla Russia.
In mattinata il prezzo del petrolio è in leggero rialzo. Le quotazioni sono sulla buona strada per riuscire a chiudere un guadagno settimanale superiore all’1%: le tensioni nella principale area del mondo nella quale si estrae petrolio – il Medio Oriente – e la ripresa dei colloqui per il cessate il fuoco a Gaza hanno tenuto sulle spine i trader.
Saliti, in mattinata, di 31 centesimi i future sul Brent, che sono, quindi riusciti a guadagnare lo 0,4% posizionandosi a quota 74,69 dollari al barile. Il greggio West Texas Intermediate degli Usa ha guadagnato uno 0,4% raggiungendo i 70,48 dollari al barile (guadagnati 29 centesimi).
Ma entriamo nel dettaglio e cerchiamo di capire come si sta muovendo il petrolio.
Petrolio in leggero rialzo in prima mattinata
In una nota Tony Sycamore, analista di mercato di IG, resta dell’opinione che il prezzo corretto del petrolio sia intorno ai 70 dollari, in attesa di nuovi fattori trainanti, tra cui l’esito della riunione del Comitato permanente dell’NPC cinese e la risposta di Israele all’attacco missilistico dell’Iran del 1° ottobre.
Tutti e due i parametri di riferimento si sono attestati a 58 centesimi al barile nel corso della precedente sessione: le quotazioni hanno oscillato in risposta alle aspettative di un aumento o di una riduzione delle tensioni in Medio Oriente.
Gli operatori del settore stanno aspettando una risposta di Israele all’attacco missilistico dell’Iran avvenuto lo scorso 1° ottobre. Un eventuale contromossa di Tel Aviv potrebbe arrivare a colpire le infrastrutture petrolifere di Teheran e a interrompere le forniture. Alcune indiscrezioni, ad ogni modo, riferiscono che Israele avrebbe intenzione di colpire unicamente degli obiettivi militari iraniani, non nucleari o petroliferi.
Funzionari statunitensi ed israeliani sarebbero pronti a riprendere i colloqui per un cessate il fuoco e per il rilascio degli ostaggi a Gaza nel corso dei prossimi giorni. In precedenza i tentativi per raggiungere un accordo sono falliti.
Antony Blinken, segretario di Stato Usa, ha affermato che gli Stati Uniti non vogliono una prolungata campagna israeliana in Libano. La Francia, invece, ha chiesto un cessate il fuoco e si sta concentrando sulla diplomazia.
Sotto la lente d’ingrandimento degli investitori sono finite le misure di stimolo all’economia di Pechino. Gli analisti non si aspettano che le nuove misure possano dare una spinta alla domanda di petrolio dalla Cina.
Goldman Sachs ha lasciato invariate le sue previsioni sui prezzi del petrolio, del gas naturale e del carbone, stimando che gli stimoli cinesi sui prezzi dell’energia saranno modesti rispetto a fattori più importanti come l’offerta di petrolio dal Medio Oriente e le condizioni invernali per il gas naturale.
Le esportazioni di petrolio dalla Russia
Caleranno del 13% a novembre rispetto ad ottobre le esportazioni di petrolio dai tre principali porti occidentali della Russia, che si attesteranno a 1,95 milioni di barili al giorno.
Gli operatori del mercato tengono costantemente sotto controllo le esportazioni dai porti occidentali di Primorsk, Ust-Luga e Novorossiisk: rappresentano, infatti i flussi più volatili e sono fortemente influenzati dall’assorbimento delle raffinerie nazionali.
Nel corso del 2024 la Russia è riuscita a mantenere delle esportazioni elevate di petrolio, anche se ha dovuto ammettere una sovrapproduzione di greggio, superando la quantità concordata dall’Opec+. Il paese ha promesso di effettuare ulteriori tagli per compensare dalla fine del 2024.
La Russia ha ridotto la produzione di petrolio greggio a settembre di 28.000 barili al giorno (Bpd), portandola a circa 9 milioni di Bpd. I carichi di petrolio russo dai porti occidentali diminuiranno a novembre, rispetto ai 2,25 milioni di barili al giorno di ottobre.
Si prevede che le raffinerie di petrolio in Russia aumenteranno le lavorazioni il mese prossimo dopo una manutenzione stagionale importante a settembre-ottobre. A novembre la raffinazione del petrolio russo aumenterà: la Russia prevede di mettere offline solo 1,8 milioni di tonnellate della sua capacità di raffinazione, in netto calo rispetto ai 4,4 milioni di tonnellate di ottobre.
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Giappone chiede intervento del G20, mentre lo yen sfonda i 150 e ci rimane. “Troppa volatilità nel Forex”
Il ministro delle finanze Katsunobo Kato chiede aiuto al G20 a tutela del Forex.
Certi amori non finiscono, recitava una celebre canzone di un altrettanto celebre cantante italiano. La stessa canzone aggiungeva poi che fanno di giri immensi e poi ritornano. Ed è così forse che si può leggere l’intervento del Ministro delle Finanze giapponese Katsunobo Kato, che ha chiesto al G20 di essere vigile sull’eccessiva volatilità del mercato del Forex. Una vexata quaestio, se dalle canzoni di Venditti si vuole passare al più nobile latino, dato che in ogni momento di difficoltà dello yen, le autorità di Tokyo hanno fatto appello alle autorità statali di tutto il mondo affinché si trovasse una quadra politica più che di mercato.
Una questione che però indispettisce da sempre Janet Yellen, plenipotenziaria al Tesoro USA, che già a fine 2023 non le mandò a dire, confermando la superiorità del mercato rispetto alla politica nel fissare i tassi di cambio di riferimento. Dopo che al vertice della politica giapponese è arrivato il nuovo primo ministro Shigeru Ishiba, che pur in campagna elettorale aveva promesso pieno appoggio, se non addirittura indirizzo diretto, a politiche di sostegno allo yen.
La musica a Tokyo non cambia – e intanto lo yen si accomoda sopra i 150 contro il dollaro USA
Cambiano gli interpreti, ma la musica è sempre la stessa. Lo yen, dopo un recupero nel mese di agosto che aveva gettato i mercati nel panico dopo il rialzo a sorpresa dei tassi, firmato Kazuo Ueda (governatore di Bank of Japan), ha ripreso a correre verso livelli di cambio molto alti contro il dollaro USA. Ad oggi un greenback compra 151,85 yen, contro i 152 di ieri ma contro i soli 142 di fine settembre. Un cammino ribassista che conferma che i problemi di Tokyo sono tutti fuorché di facile soluzione.
E chissà se questa volta l’appello raccoglierà consensi, oppure se come le altre volte sarà l’innesco per un tripudio di porte chiuse.
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Viking Therapeutics vola a +23% in borsa. C’è cash per portare avanti processo approvazione presso FDA
Il titolo di Viking Therapeutics vola. Ti spieghiamo perché tutti lo stanno comprando.
Viking Therapeutics non sarà la più conosciuta delle società quotate al NASDAQ, ma da oggi entra a pieno titolo in questo insieme dopo una corsa di oltre il 23%. Il gruppo ha nella prima fase di test un farmaco per il dimagrimento che potrà essere assunto per via orale e che competerà direttamente con giganti come Eli Lily e Novo Nordisk, per quella che è stata una delle linee di business farmaceutico più redditizie del 2024. A far schizzare in alto le quotazioni delle azioni del gruppo, ticker $VKTX, sono state le preoccupazioni svanite sulla quantità di liquidità a disposizione.
Secondo gli ultimi dati diffusi dall’azienda, ce ne sono più che a sufficienza per sostenere il lungo (e costoso) processo di approvazione del farmaco in questione, che si trova già alla fase 1 e all’interno della quale avrebbe già fornito dei risultati molto incoraggianti. Il business è di quelli importanti e di quelli che muovono miliardi, di quelli che per intenderci hanno reso per buona parte del 2024 Novo Nordisk la società più capitalizzata delle borse europee.
Investimenti ad alto rischio e ancora pre-revenue
Vale la pena di ricordare agli investitori che Viking Therapeutics è però un’azienda ancora in fase di pre-revenue e che non ha ancora prodotti approvati per l’immissione in commercio. La scommessa che stanno facendo gli investitori è sull’ok che arriverà da FDA. Ok sul quale per ora sembrano esserci delle buone prospettive ma che comunque non è già arrivato.
Secondo quanto è stato riportato dall’azienda, i primi di novembre ci saranno inoltre ulteriori incoraggianti dati sulla fase di test, che sta procedendo di pari passo anche con una versione del farmaco che sarà iniettabile.
L’azienda ad oggi – e per ovvi motivi – non ha ancora incassato neanche un centesimo dalle vendite di prodotti che no sono… ancora in commercio. Presso i principali analisti, il titolo è un buy.
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