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Tel Aviv apre al ribasso. Tensione in borsa in Arabia Saudita (-0,70%)

Borse in attesa di novità sul fronte geopolitico. Fiacche Tel Aviv e Riyad.

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Tel aviv borsa

Il peggiorare delle condizioni geopolitiche in Medio Oriente comincia ad avere delle ripercussioni anche sulle borse locali. Sia a Tel Aviv sia a Riyad i principali indici riflettono un ottobre complicato non solo sul piano finanziario, ma anche e soprattutto sul piano geopolitico. L’apertura della borsa israeliana – che opera da domenica a giovedì e non da lunedì a venerdì – fa registrare un calo, per quanto moderato, con TA 125, il più importante indice della borsa nazionale israeliana che fa registrare in apertura un 0,30%. Discorso simile per Tadāwul, con la borsa saudita che attende forse non la risoluzione del conflitto, ma il ritorno ad una sorta di normalità pre-coinvolgimento diretto dell’Iran. Le perdite hanno sfiorato l’1% per le borse saudite nel corso dell’ultima seduta, anche per complicazioni che sono legate alle evoluzioni del mercato del petrolio.

Sarà una settimana importante anche sotto questo profilo, con anche le borse cosiddette occidentali che guarderanno alle evoluzioni del conflitto. Siamo comunque lontani dalle reazioni scomposte che si erano fatte registrare durante la prima fase della escalation tra Israele e Iran, escalation che rimane la prima fonte di preoccupazione per i mercati, per quanto ora ampiamente ridimensionata.

Ottobre complicato per i principali indici mediorientali

È stato comunque un ottobre che si è aperto nel peggiore dei modi per diversi dei principali indici delle borse medio-orientali. Oltre al conflitto in via diretta a pesare rimane la situazione del petrolio, che da un lato è oggetto di pressioni ribassiste legate alle aspettative sul rallentamento dell’economia su scala globale, dall’altro invece a pressioni rialziste sia per le manovre di OPEC, sia appunto per l’evoluzione di un conflitto che nessuno si azzarda ad anticipare.

La Casa Bianca ha lasciato intendere – e in un paio di occasioni anche dichiarato apertamente – di aspettarsi una reazione da parte di Israele al lancio di missili da parte dell’Iran. Tema che però i mercati hanno già anticipato e che potrebbe aver perso già parte della propria forza potenziale.

Analista economico dal 2009. Collabora con TradingOnline.com offrendo analisi su Forex, Macroeconomia e Azioni, con un occhio vigile sui mercati emergenti come Turchia, Brasile, Indonesia e Cina. Gianluca Grossi è anche caporedattore per la nota testata giornalistica Criptovaluta.it, quotidiano dedicato al mondo Crypto e Bitcoin ed è anche analista per Criptovaluta.it® Magazine, il settimanale della medesima organizzazione. Segue da vicino il mercato ETF, in particolare sulla piazza di New York.

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Giappone: exit poll castigano il premier uscente. Soglia 200 seggi in bilico

Giappone: exit poll parlano di disastro per il Partito Liberale Democratico.

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Giappone exit poll

Le elezioni anticipate in Giappone rischiano di essere il primo risultato negativo e la prima volta senza maggioranza per il Partito Liberale Democratico, che ha il saldo controllo del paese del Sol Levante dal 2009. Secondo gli exit poll diffusi da NHK, ci sarebbe infatti la possibilità per il partito dell’attuale premier Shigeru Ishiba di perdere la maggioranza. E anche di andare sotto quei 200 seggi che sarebbero la soglia minima con la quale iniziare a ragionare di una possibile coalizione che veda il partito del premier comunque al governo. Serviranno comunque i risultati dello spoglio effettivo, per quanto in realtà quanto venuto fuori dagli exit poll sia già politicamente significativo.

La campagna elettorale dell’opposizione ha toccato anche degli importanti temi economici per il Giappone, a partire dall’inflazione e della debolezza intrinseca dello yen, che è tornata prepotentemente al centro del palcoscenico in ottobre, senza che però siano state messe sul tavolo misure efficaci per contenerla. Una presidenza del consiglio, quella di Shigeru Ishiba, che è stata breve, intensa e che ha messo sul tavolo di nuovo tutti i problemi economici del Giappone.

Da incendiario a pompiere in meno di 4 settimane

Sembra passata una vita da quel 27 settembre che aveva visto Shigeru Ishiba salire sullo scranno più alto della politica giapponese, promettendo tra le altre cose un appoggio incondizionato al rafforzamento dello yen. Appoggio poi trasformatosi però in promessa elettorale non rispettata, dopo anche interlocuzioni ai massimi livelli con Bank of Japan.

Anche se il risultato elettorale dovesse confermarsi essere quello che sta emergendo dagli exit poll, i mercati alla riapertura tra poche ore dovranno cercare di interpretare una situazione che potrebbe essere più confusa di quanto previsto. E che potrebbe confondere ulteriormente l’andamento dello yen e del mercato azionario di Tokyo, già all’interno di un 2024 la cui cifra distintiva è stata quella dell’incertezza. Parleranno i risultati, che dovrebbero essere già relativamente netti alla riapertura delle contrattazioni in Giappone.

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Cina: male profitti industriali. Flessione del 3,5% anno su anno. Altri stimoli in arrivo?

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Cina profitti analisi

I profitti del settore industriale cinese crollano: -3,5% contro previsioni da 0,3% e in calo anche rispetto alla precedente lettura, che era stata di +0,5%. A concorrere ad un dato certamente poco edificante per l’economia cinese anche la base contro il quale si confrontava l’ultima lettura, che è stata la più alta dello scorso anno. Al netto però delle particolarità statistiche del dato, la cosa conferma la necessità del piano di stimoli che è stato avviato dal governo di Pechino, piano che potrebbe estendersi e rinforzarsi anche nei prossimi giorni e nelle prossime settimane, come già anticipato dai vertici del Partito.

I profitti industriali sono una delle misurazioni più importanti dello stato di salute dell’economia di riferimento, in particolare nel caso cinese, economia all’interno della quale la fetta industriale è di enorme rilevanza almeno rispetto a quella delle economie più sviluppata. Un segnale chiaro delle difficoltà che Pechino sta affrontando e che con ogni probabilità dovrà continuare a affrontare.

Segnali chiari di difficoltà dell’economia cinese

I numeri dell’industria confermano uno stato di crisi – al netto di una crescita comunque relativamente vicino al target del +5% fissato dal partito. I profitti industriali calano a picco, confermando un trend negativo che si trascina ormai da mesi e per il quale gli stimoli che hanno accompagnato le scelte di politica economica in Cina hanno sortito effetti ancora modesti.

Da Pechino hanno telegrafato la possibilità di intervenire su più fronti, cosa che è stata parzialmente già fatta e che sarebbe ancora sul tavolo. Ci sarà ora da attendere, durante la settimana, un eventuale segnale in tal senso. La reazione dei mercati che operano anche di domenica, nominalmente quello di Bitcoin e crypto, è stato per il momento modesto, segno che il rallentamento dei profitti industriali è interpretato almeno in parte come argomento per ulteriori stimoli, che i mercati risk on apprezzerebbero senza dubbio alcuno.

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ENI e BP: riprese attività esplorative in Libia dopo 10 anni

ENI e BP tornano in Libia: arriva la conferma del NOC.

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LIBIA ENI BP

NOC – la National Oil Corporation, compagnia petrolifera nazionale della Libia, ha annunciato la ripresa delle attività esplorative da parte di ENI e BP. L’annuncio è arrivato pochi minuti fa e conferma il ritorno ad una sorta di normalità per l’intero comparto petrolifero della Libia, dopo vicissitudini poco fortunate anche a livello commerciale. Per il momento però mancano conferme da parte dei due gruppi, che però non dovrebbero tardare ad arrivare – con allegati i piani di ripresa delle attività nel paese.

Era dal 2014 che tali attività erano state sospese. Secondo quanto è stato riportato da NOC, ENI avrebbe già ripreso le attività di trivellazione nell’area di Ghadames, secondo quanto è stato condiviso con Reuters. ENI aveva effettuato la revoca dello stato di Forza Maggiore per diverse attività in Libia, sia onshore che offshore, già nel 2023, revoca arrivata dopo dei risk assessment sulla sicurezza completati allora. La stessa revoca aveva confermato la volontà da parte di ENI di tornare alle attività esplorative nel paese.

Libia tornata alla normalità?

Il riavvio di certe attività segna una sorta di ritorno alla normalità per un paese che ha dovuto affrontare una lunga guerra civile che non ha potuto che impattare anche sulla principale attività economica, che è quella estrattiva. I problemi di sicurezza avevano fatto saltare tutte le joint venture esplorative e estrattive – con ulteriore aggravamento di una situazione già grave per motivi bellici.

Il ritorno operativo di ENI e BP conferma un… ritorno alla normalità per un paese che ha chiaramente bisogno del mercato petrolifero e più in generale delle materie prime per sostenere il suo prodotto interno lordo. Seguiranno aggiornamenti con eventuali conferme da parte di ENI e con l’altrettanto eventuale piano che ENI e BP vorranno rendere pubblico sul ritorno pieno alle attività in Libia – anche per valutare l’eventuale ripresa delle esplorazioni e delle trivellazioni anche negli altri siti.

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TSMC blocca le consegne ad un cliente cinese dopo la scoperta di un suo processore in Huawei

TSMC ha deciso di stoppare le consegne ad un cliente cinese dopo aver scoperto che un suo chip era all’interno di un prodotto Huawei.

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TSMC blocca le consegne ad un cliente cinese dopo la scoperta di un suo processore in Huawei

TSMC ha deciso di sospendere le spedizioni di chip alla società cinese Sophgo dopo che ne è stato trovato uno prodotto dall’azienda di Taiwan in un processore firmato Huawei. Il blocco delle consegne è stato predisposto perché in passato Sophgo aveva ordinato a TSMC dei chip uguali a quello che è stato trovato sull’Ascend 910B di Huawei. Ricordiamo che quest’ultima non può muoversi liberamente quando acquista della tecnologia, perché è stata sottoposta ad un serie di limitazioni per proteggere la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Al momento, ad ogni modo, non è stato possibile stabilire in quale modo il chi sia finito proprio su un prodotto dell’azienda cinese.

Il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti ha affermato di essere a conoscenza di segnalazioni di potenziali violazioni dei controlli sulle esportazioni degli Stati Uniti, ma non ha potuto commentare se siano in corso indagini.

Prosegue il giallo del chip TSMC finito in un prodotto Huawei

TechInsights, una società di ricerca tecnologica, ha scoperto la presenza di un chip TSMC sull’Ascend 910B di Huawei quando ha smontato il processore multi-chip. Avvertita della scoperta circa due settimane fa, la società di Taiwan ha immediatamente informato gli Stati Uniti.

Più o meno nello stesso periodo, TSMC ha anche sospeso le spedizioni a un cliente: lo stop è avvenuto dopo che l’azienda ha scoperto che un chip fornito al cliente era finito in un prodotto Huawei.

TSMC, il più grande produttore di chip su contratto al mondo, ha dichiarato di non aver più fornito Huawei da metà settembre 2020 e di aver avvertito dell’accaduto il Dipartimento del Commercio Usa in merito alla questione. In una nota dell’azienda si legge che al momento TSMC non è a conoscenza del fatto di essere oggetto di alcuna indagine.

Huawei, da parte sua, ha dichiarato in una nota di non aver prodotto alcun chip tramite TSMC dopo che gli Stati Uniti hanno imposto all’azienda nuove norme sulle esportazioni nel 2020.

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Danone non acquisterà più la soia brasiliana, allineandosi a Nestlé ed Unilever

Danone ha deciso di fare a meno della soia brasiliana. Inizierà ad importare la materia prima unicamente dall’Asia.

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Danone non acquisterà più la soia brasiliana, allineandosi a Nestlé ed Unilever

Danone mette al bando la soia brasiliana e inizia ad acquistare dai paesi asiatici. A comunicarlo è Jurgen Esser, il responsabile finanziario dell’azienda: il cambio di passo serve ad allineare l’azienda ad una norma introdotta dall’Unione europea, che impone di dimostrare che non si stiano rifornendo da dei terreni deforestati.

Sulla stessa lunghezza d’onda si sono inserite anche Nestlé e Unilever, che nel corso degli ultimi anni si sono attrezzate per adeguarsi alla normativa onde evitare di incorrere in potenziali sanzioni che potrebbero arrivare fino al 20% del fatturato.

Danone si allinea al nuovo regolamento europeo

Sostanzialmente, come già le altre aziende europee, Danone si sta allineando al regolamento dell’Unione europea sulla deforestazione, che impatta sull’importazione di materie prime come cacao, caffè e soia. La normativa sarebbe dovuta entrare in vigore il 12 dicembre 2024, ma la Commissione europea ha optato per un rinvio di dodici mesi.

Nel 2023 Danone aveva reso noto di aver utilizzato qualcosa come 262.000 tonnellate di prodotti a base di soia per nutrire le mucche dei suoi allevamenti. Ha, inoltre, utilizzato 53.000 tonnellate di semi di soia direttamente nella produzione dei suoi prodotti di latte di soia Alpro e Silk e yogurt di soia. Per I mangimi degli animali, il principale fornitore di soia di Danone era proprio il Brasile.

Jurgen Esser spiega che Danone non si rifornisce più di soia dal Brasile, che verrà importata unicamente dall’Asia. L’azienda, al momento, ha un monitoraggio sulle materie prime completo: si assicura, quindi, di utilizzare unicamente degli ingredienti sostenibili.

Danone non è esposta alla deforestazione come molti dei suoi rivali.

Si prevede che il Brasile produrrà un record di 170 milioni di tonnellate di soia nel suo prossimo raccolto, rispetto ai 125 milioni di tonnellate coltivati ​​negli Stati Uniti, che ha superato nel 2020. Il Paese Sudamericano è il principale produttore di soia al mondo e, mentre l’Europa taglia le sue importazioni, le spedizioni in Cina sono aumentate fino a una media di oltre un milione di tonnellate a settimana.

Il Brasile è al primo posto al mondo per distruzione della foresta pluviale, anche dopo l’insediamento del presidente Luiz Inacio Lula da Silva nel 2023 e la riduzione di oltre la metà dei tassi di deforestazione nella parte di foresta amazzonica del paese.

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