Finanza Personale
In pensione anticipata a 63 anni, ecco come uscire prima dal mondo del lavoro
Andare in pensione anticipata avendo compiuto solo 63 anni è possibile anche nel 2025. Vediamo come fare.
La Legge di Bilancio 2025 deve essere ancora approvata definitivamente, ma dando uno sguardo ai primi emendamenti che sono stati presentati, sembra che quale misura relativa alla pensione anticipata possa esserci all’orizzonte. Partiamo da Ape Sociale, che, almeno in un primo momento, doveva scadere il 31 dicembre 2024; mentre adesso sembra che debba essere prorogata fino al 2027.
A prevedere questo sostanziale cambio di passo è il Decreto Fiscale: il consueto atto che ogni anno viene collegato direttamente alla Manovra. Cosa significa tutto questo, in estrema sintesi? Sembrerebbe ormai certo che a partire dal 2025 alcune categorie di lavoratori avranno la possibilità di andare in pensione anticipata al compimento di 63 anni e 5 mesi di età nel caso in cui dovessero effettuare dei lavori gravosi.
Ma cerchiamo di capire meglio e vediamo chi potrà accedere alla pensione anticipata nel 2025. Almeno sulla base delle indicazioni che sono disponibili in questo momento.
Pensione anticipata, alcuni chiarimenti sull’Ape Sociale 2025
Se da un lato sembra abbastanza certa la possibilità di poter usufruire della pensione anticipata grazie all’Ape Sociale, sono in molti ancora a chiedersi cosa possa cambiare dal punto di vista dei requisiti. Quali sono le novità previste dal prossimo anno? E soprattutto quali sono i requisiti per poter aderire alla misura?
Cerchiamo di rispondere a queste domande sulla base delle informazioni e dei dati che stanno circolando nel corso di queste ore. La pensione anticipata è una soluzione a cui possono aderire i dipendenti che stiano effettuando dei lavori gravosi: vi si può accedere attraverso l’Ape Sociale. Ma è necessario fare un po’ di chiarimenti, perché le informazioni che sono circolate nel corso delle ultime settimane hanno creato un po’ di confusione tra i diretti interessati.
Quanti stanno svolgendo un‘attività considerata gravosa hanno diritto ad accedere all’Ape Sociale. Attraverso questa misura è possibile andare in quiescenza nel caso in cui si stia svolgendo una delle 15 attività previste, ma è necessario aver compiuto almeno 63 anni e 5 mesi di età. È indispensabile, inoltre, aver maturato almeno 36 anni di contributi.
Sono in molti a ritenere che con le stesse categorie di lavoratori abbiano la possibilità di accedere a Quota 41 riservata ai lavoratori precoci. Questo è un concetto sbagliato.
I soggetti che svolgono un’attività usurante non rientrano tra le categorie che possono aderire all’Ape Sociale, ma rientrano tra quelli a cui possono aderire a Quota 41 per i precoci. Per chi svolge dei lavoratori usuranti è previsto un particolare scivolo, che permette di andare in pensione nel momento in cui sono stati raggiunti 35 anni di contributi versati, purché siano stati raggiunti almeno 61 anni e 7 mesi di età. Stiamo parlando, sostanzialmente, di un’età più bassa rispetto a quella prevista per l’Ape sociale.
Ape Sociale e lavori usuranti
Quanti svolgono un lavoro usurante rientrano nella Quota 41 per i precoci e non nell’Ape Sociale per un semplice motivo: è previsto uno scivolo che permette di andare in pensione anticipatamente.
Soffermandosi sull’Ape Sociale, le 15 categorie di lavoro gravoso che rientreranno nella misura il prossimo anno sono le stesse previste nel 2024. Nel dettaglio sono:
- conciatori di pelli e pellicce;
- operai agricoli;
- operai siderurgici;
- infermieri ed ostetriche;
- addetti ai servizi di pulizia;
- operatori ecologici e netturbini;
- operai edili;
- gruisti e conducenti di macchinari per le perforazioni in edilizia;
- macchinisti dei treni e personale di ferrovia viaggiante;
- addetti all’assistenza di persone non autosufficienti;
- facchini;
- maestre ed educatori di asili e scuole per l’infanzia;
- camionisti;
- marittimi;
- pescatori.
Quanti hanno intenzione di aderire all’Ape Sociale devono aver svolto il proprio lavoro non in maniera saltuaria, né per pochi anni. È possibile accedere alla pensione anticipata grazie all’Ape Sociale nel caso in cui il dipendente abbia svolto un lavoro gravoso per sette degli ultimi dieci anni di carriera. Sintetizzando al massimo questo significa che, a partire dal 2015 deve aver svolto per almeno 7 anni un lavoro gravoso.
Finanza Personale
Reddito reale, in Italia cresce più degli altri paesi Ocse. Ma sarà proprio vero?
Il reddito reale in Italia cresce più che negli altri Paesi dell’Ocse. Anche se, andando a ben vedere, mentre si fa la spesa non sembrerebbe proprio.
Gli italiani diventano più ricchi? Sicuramente no, almeno vedendo quanto costa andare a fare la spesa. Ma il reddito reale delle famiglie starebbe aumentando più della media Ocse nel corso del secondo trimestre del 2024.
Stando a quanto comunicato proprio dall’Ocse, nei paesi che fanno parte dell’organizzazione il reddito sarebbe aumentato dello 0,4%, registrando un deciso rallentamento rispetto all’1m3% portato a casa nel corso del primo trimestre. Il Pil reale pro capite, nello stesso periodo, risulterebbe essere aumentato dello 0,3%.
Complessivamente l’organizzazione ha in mano i dati di quindici paesi: di questi otto hanno registrato un aumento, mentre per sette c’è stata una diminuzione. Tra le economie dei paesi che fanno parte del G7, il reddito risulta essere cresciuto nella maggior parte dei paesi. Si è invece contratto in Germania e in Canada. In Italia e nel Regno Unito sono stati registrati gli aumenti più alti: siamo davanti, rispettivamente ad un +1,0% ed un +1,1%, sostanzialmente invariati rispetto a quanto registrato nel corso del trimestre precedente.
Reddito reale, cosa succede negli altri Paesi
Anche negli Stati Uniti è stato registrato un aumento del reddito reale delle famiglie nel corso del secondo trimestre del 2024: il suo +0,4% è comunque in calo rispetto all’1,2% che era stato registrato nel corso del primo trimestre. A condizionare l’andamento del reddito negli Usa è principalmente la ridotta crescita della retribuzione dei dipendenti e dei pagamenti delle prestazioni sociali governative.
Un aumento è stato registrato anche in Francia, che ha portato a casa un +0,3%, anche se il risultato è in calo rispetto allo 0,5% del primo trimestre. Notizie non positive per il Canada, dove è stato registrato un calo dello 0,2%: il Pil reale pro capite risulta essere diminuito per il quinto mese consecutivo. Anche la Germania ha registrato diminuzioni sia del reddito reale delle famiglie pro capite (-0,2%) che del Pil reale pro capite (-0,3%), il primo riflettendo in parte la debole crescita della retribuzione dei dipendenti e dei redditi da capitale, combinata con l’aumento delle imposte sul reddito e sul patrimonio.
Finanza Personale
Bonus nido 2025, ecco chi potrà richiedere il contributo a 3.600 euro da gennaio
A partire dal 1° gennaio sarà possibile richiedere il bonus nido. Ecco chi potrà accedere al contributo e a quanto ammonta.
La Legge di Bilancio 2025 introduce importanti novità sul bonus nido, la misura riservata ai genitori dei bambini nati da poco. Per il 2024 l’importo erogato è stato aumentato ed è venuta meno una restrizione che, fino a questo momento, ne limitava sostanzialmente l’accesso: per ottenere il bonus nido non è più necessario avere un altro figlio con meno di dieci anni.
Tra le novità più importanti riservate alle famiglie una, tra l’altro, riguarda l’assegno unico: per le famiglie che lo percepiscono, almeno dal prossimo anno, non verrà più preso in considerazione per il calcolo dell’Isee, dando la possibilità di ottenere questo sostegno ad un numero maggiore di potenziali beneficiari.
Ma entriamo nel dettaglio e cerchiamo di capire come funziona il bonus nido.
Bonus nido, in cosa consiste
Volendo sintetizzare al massimo il bonus nido è un contributo riservato alle famiglie italiane, che serve a sostenere le spese necessarie per la frequenza degli asili nido, pubblici o privati che siano. Esistendo, ormai, da diversi anni, la misura è consolidata: l’importo erogato, oltre a servire per coprire le spese di frequenza, può essere utilizzato per usufruire di alcune forme di assistenza domiciliare per i bambini che sono affetti da gravi patologie, che non permettono loro di frequentare il nido. Nel momento in cui si vengono a configurare questi casi, il contributo può servire per attivare dei servizi di babysitting a casa.
Nel corso del 2024 attraverso il bonus nido è stato messo a disposizione delle famiglie con almeno due figli un contributo. Per ottenerlo era necessario che l’Isee familiare non superasse i 40.000 euro e in casa ci fosse un altro figlio con meno di dieci anni. Nel caso in cui fossero presenti questi requisiti, il contributo annuo era pari a 3.600 euro per quanti avessero un Isee inferiore a 40.000 euro. Quanti avessero un Isee superiore a 40.000 euro, invece, hanno potuto beneficiare di un contributo annuo pari a 1.500 euro, pari, grosso modo, a 136 euro ogni mese.
Nel caso in cui l’Isee non fosse stato presentato, si aveva diritto a ricevere l’importo minimo garantito, pari a 1.500 euro all’anno, come per l’assegno unico universale. Valido per un massimo di undici mesi all’anno, il contributo erogato non poteva superare l’importo della retta media pagata.
Cosa cambia nel 2025
Sono due le novità che arrivano dal prossimo anno: entrambe sono state introdotte dalla Legge di Bilancio 2025. La più importante, senza dubbio, la conferma degli importi previsti per i nuovi nati. La seconda prevede l’eliminazione dell’obbligo di avere un altro figlio minore di 10 anni per accedere al contributo, andando ad allargare la potenziale platea dei beneficiari. Questo significa, in estrema sintesi, che a partire dal 1° gennaio tutte le famiglie con un Isee inferiore a 40.000 euro possono accedere al bonus nido.
Ad ogni modo l’importo continuerà ad essere calibrato in base alla fascia del reddito familiare:
- con un Isee fino a 25.000 euro si potranno ricevere fino a 3.600 euro l’anno, che corrispondono grosso modo a 327 euro al mese;
- lo stesso importo – quindi 3.600 euro – spetteranno alle famiglie con un Isee compreso tra 25.001 euro e 40.000 euro;
- le famiglie con un Isee superiore a 40.000 euro rimarrà il limite massimo di 1.500 euro; che corrispondono a 136 euro al mese.
Il bonus nido può essere richiesto fino al compimento dei tre anni del bambino, anche se è stato adottato. ad erogare il contributo è direttamente l’Inps, che li verserà nel corso dei mesi di frequenza. Nel caso in cui il bambino dovesse compiere 36 mesi nel corso dell’anno, il bonus nido viene erogato solo fino al mese di agosto.
Finanza Personale
Bollette, addio al mercato liberalizzato. Chi potrà tornare al servizio tutelato
I soggetti vulnerabili avranno la possibilità di tornare al servizio di maggior tutela. Con la speranza di avere bollette più economiche.
Riflettori puntati sulle bollette di luce e gas di casa, per le quali potrebbe esserci qualche novità all’orizzonte. Che potrebbero mettere in allarme le principali compagnie elettriche. A destare le principali preoccupazioni degli addetti ai lavori è il Ddl Concorrenza, che sta passando in Commissione Attività Produttive della Camera. In questi giorni si entra nel vivo del voto in vista del passaggio in Aula il prossimo 26 novembre 2024.
A mettere in allarme le principali utility italiane è una novità che dovrebbe riguardare le bollette delle utenze di casa: firmata da Alberto Gusmeroli, deputato della Lega, punterebbe a tutelare maggiormente glli utenti.
Ma entriamo un po’ più nel dettaglio e cerchiamo di capire cosa sta accadendo.
Bollette di casa, maggiore tutela per i consumatori
Importanti novità le bollette sono arrivate a partire dallo scorso mese di luglio, quando il mercato è stato completamente liberalizzato. I clienti del servizio di maggior tutela che non avessero esercitato alcuna opzione per passare ad un nuovo contratto sono diventati clienti, in maniera automatica, delle società che si sono aggiudicate le aste area per area. A questi soggetti vengono applicate le tariffe Stg, acronimo di servizio a tutele graduali.
La migrazione automatica alle nuove tariffe, però, non ha coinvolto tutti gli utenti. Ne sono rimasti esclusi i seguenti soggetti:
- gli anziani over 75;
- i disabili per i quali viene applicata la Legge 104;
- le famiglie che si trovano in difficoltà economica e che stanno accedendo al bonus elettrico grazie all’Isee;
- le persone che sono gravemente malate e che, per questo, devono utilizzare delle apparecchiature elettriche per la sopravvivenza;
- quanti stanno vivendo in abitazioni di fortuna a seguito di un evento calamitoso;
- gli abitanti delle isole che non sono interconnesse con la rete nazionale elettrica.
I soggetti che abbiamo appena citato sono rimasti con il vecchio fornitore, che eroga loro il servizio di maggior tutela per i vulnerabili.
A settembre, però, questi soggetti hanno ricevuto un’amara sorpresa. Le bollette riservate agli utenti vulnerabili sono diventate meno convenienti rispetto a quelle che vengono applicate per l’Stg. Stando alle prime stime che sono circolate nel corso delle ultime settimane, sembrerebbe che l’aggravio sulle bollette si aggirerebbe tra i 120 e i 170 euro. Una bella mazzata per i soggetti più deboli.
Bollette, l’emendamento per aiutare i soggetti vulnerabili
Bollette, l’emendamento per aiutare i soggetti vulnerabili
In questo contesto si inserisce l’emendamento a firma Gusmeroli al Ddl Concorrenza, che proporrebbe di permettere agli utenti vulnerabili, che attualmente sono nel mercato libero o in maggior tutela, di accedere all’Stg. Un passaggio che darebbe la possibilità di usufruire di tariffe più economiche e risparmiare, direttamente sulle bollette, fino a 113 euro all’anno a famiglia. Complessivamente si parlerebbe di un risparmio di 1,3 miliardi di euro.
Ma non solo. Viene avanzata anche la proposta di istituire un numero unico, gestito dallo Sportello del consumatore Arera, attraverso il quale dare assistenza ai diretti interessati e facilitare i vari passaggi. Cercando di ridurre al massimo le barriere burocratiche.
Benché al momento non ci sia nulla di certo – stiamo parlando di un emendamento che deve essere ancora analizzato ed eventualmente approvato – il dibattito si è già aperto. La proposta ha iniziato a preoccupare le principali società elettriche: per loro si tratterebbe di un aggravio che potrebbe arrivare a costare quasi 2 miliardi di euro nell’arco di tre anni. Non si tratterebbe, infatti, di computare nel calcolo i 3,7 milioni di attuali utenti vulnerabili, ma l’obiettivo sarebbe quello di estendere la portata del beneficio a qualcosa come 5 milioni di utenti, considerando anche il trend demografico in corso che potrebbe portare molti clienti entrati nel mercato libero a tornare sui propri passi.
Finanza Personale
Bonus Natale, si amplia la platea dei potenziali beneficiari
La platea dei potenziali beneficiari del bonus Natale si allarga, andando a comprendere anche le famiglie monogenitoriali.
Uno degli obiettivi che si è prefissato per il 2025 il Governo è quello di andare in aiuto ai lavoratori con i redditi più bassi. L’ultima ipotesi al vaglio prevederebbe il raddoppio della platea dei potenziali beneficiari del bonus Natale, ossia il contributo una tantum da 100 euro, che dovrebbe arrivare insieme alla tredicesima. La misura, destinata ad arrivare direttamente nella busta paga dei lavoratori, è riservata ai lavoratori dipendenti che hanno un reddito annuo inferiore a 28.000 euro. Stiamo parlando, grosso modo, di due milioni di persone.
Per reperire le risorse per coprire il bonus Natale, il Governo sta guardando al concordato preventivo biennale, per il quale il Consiglio dei Ministri ha riaperto i termini per l’adesione, dando la possibilità di accedervi fino al prossimo 12 dicembre 2024.
Ma cerchiamo di capire nel dettaglio quali sono le novità connesse con il bonus Natale e cosa devono aspettarsi i lavoratori dipendenti.
Bonus Natale, le novità all’orizzonte
A fare il punto della situazione sul futuro del bonus Natale ci ha pensato Luca Ciriani, il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, il quale ha spiegato che sono state trovate le risorse per raddoppiare la platea dei potenziali beneficiari. L’intento è quello di riuscire ad includere anche le famiglie monogenitoriali, che in un primo momento erano state escluse.
Le novità relative al bonus Natale sono contenute all’interno dello stesso decreto attraverso il quale è stata prevista la riapertura dei termini del concordato preventivo biennale. In linea teorica il testo dovrebbe essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale in tempi brevi: in un secondo momento dovrebbe confluire direttamente nel Decreto Fisco in questo momento all’esame del Senato. Solo dopo questo lungo iter – che si dovrebbe realizzare, comunque vada, in tempi brevi – i 100 euro potranno arrivare direttamente nelle tasche degli italiani. Insieme alla consueta tredicesima.
Fino a questo momento il bonus Natale era una misura riservata ai nuclei familiari nei quali ci fosse un coniuge fiscalmente a carico dell’altro. Nella famiglia doveva essere presente anche un figlio. A questo punto la platea dei potenziali interessati alla misura è destinata a raddoppiare: per conoscere il perimetro esatto della misura è necessario attendere la pubblicazione del testo finale della norma.
Per il momento sarebbe stato messo nero su bianco la riapertura dei termini del concordato preventivo biennale, dal quale il Governo guidato da Giorgia Meloni si aspetta di riuscire ad ottenere nuove risorse per 1,3 miliardi di euro, che dovrebbero arrivare già con la prima tranche.
Bonus Natale, di cosa si tratta
Volendo sintetizzare al massimo il bonus Natale è un’indennità di 100 euro e viene corrisposta ai lavoratori dipendenti. Per poterlo ottenere è necessario essere in possesso di una serie di requisiti insieme alla tredicesima.
La misura è stata disciplinata attraverso l’articolo 2-bis inserito in sede di conversione del Decreto Legge n. 113/2024 ad opera della Legge n. 142/2024.
L’indennità viene erogata direttamente dal datore di lavoro in qualità di sostituto d’imposta, che poi recupererà l’importo attraverso una serie di compensazioni. Il bonus Natale deve essere calcolato sulla base delle giornate di detrazione di lavoro dipendente che spettano ai sensi dell’articolo 13 del Dpr n. 917/1986. Nel caso in cui dovessero essere inferiori rispetto a quelle previste per l’intero anno, è necessario procedere con il dovuto riproporzionamento.
I requisiti per accedere al bonus natale, all momento sono:
- essere in possesso, nel 2024, di un reddito inferiore a 28.000 euro;
- avere il coniuge ed un figlio a carico;
- l’imposta lorda sui redditi di lavoro dipendente deve essere superiore alle detrazioni di lavoro dipendente.
Come abbiamo spiegato in precedenza la platea dei potenziali beneficiari è destinata ad allargarsi e potrebbe comprendere anche le famiglie monogenitoriali.
Finanza Personale
Taglio dell’Irpef, a guadagnarci sarebbero in pochi. C’è anche chi rischia di perderci qualcosa
Dal taglio dell’Irpef sarebbero davvero in pochi a guadagnarci. Anzi, c’è chi corre il rischio di pagare di più. Ecco perché.
La Legge di Bilancio 2025 metterà mano alle aliquote Irpef previste per il prossimo anno. Ma cosa cambierà per i contribuenti? Chi ci guadagnerà realmente dalla revisione delle tasse? A partire dal 1° gennaio l’imposta sulle persone fisiche sarà confermata a tre aliquote – ossia il 23%, il 35% ed il 43% – con i relativi scaglioni di reddito. La novità, come in molti ben ricorderanno, è stata introdotta con la riforma fiscale di quest’anno.
A partire dal 2025, ad ogni modo, il Governo avrebbe sulla carta un nuovo taglio delle tasse per i lavoratori dipendenti, per gli autonomi e per i pensionati. La sforbiciata dovrebbe essere finanziata attraverso le risorse che arriveranno dal concordato preventivo biennale delle partite Iva, che è profumo di proroga proprio in questi giorni (al 12 dicembre 2024). A mettere in evidenza come ci sia uno stretto legame tra queste due misure è stato direttamente Maurizio Leo, viceministro all’Economia, che ha voluto sottolineare come risulti importante avere delle certezze su quelle che potrebbero essere le future entrate tributarie.
Irpef, le aspettative sul secondo scaglione
È importante premettere che, almeno per il momento, stanno circolando esclusivamente delle ipotesi: è ancora troppo presto per poter dare delle certezze. Tra l’altro la Legge di Bilancio 2025 deve essere approvata entro la fine dell’anno, quindi tutto può ancora accadere.
Il Governo sembrerebbe intenzionato a ridurre il secondo scaglione dell’Irpef. Stiamo parlando dell’aliquota del 35% che impatta direttamente sui contribuenti che hanno un reddito compreso tra i 28.000 ed i 50.000 euro, che dovrebbe essere abbassata di uno o due punti percentuali.
Il concordato preventivo biennale – prendendo in considerazione chi vi ha aderito al 31 ottobre 2024 – dovrebbe portare nelle casse dello Stato qualcosa come 1,3 miliardi di euro. Per riuscire a ridurre l’aliquota, però, servirebbe riuscire a racimolare almeno 2,5 miliardi di euro. Ossia il doppio degli attuali. Questo, sostanzialmente, è uno dei motivi per il quale la possibilità di aderire al concordato preventivo biennale è stata prorogata al 12 dicembre 2024.
Taglio aliquote Irpef, cosa cambia per i dipendenti
Il taglio delle aliquote Irpef quale impatto avrebbe sui contribuenti? A fornire una risposta a questa domanda ci ha pensato la Fondazione Nazionale dei Commercialisti, che ha spiegato che i proventi del concordato preventivo biennale, almeno in questo momento, potrebbero permettere di andare verso una riduzione di un punto percentuale dell’aliquota del secondo scaglione, che passerebbe, quindi, dal 35% al 34%. Il taglio dell’Irpef avrebbe un impatto positivo per qualcosa come 11 milioni di contribuenti italiani, che appartengono al cosiddetto ceto medio. Le risorse, ad ogni modo, non sarebbero sufficienti per riuscire ad abbassare l’aliquota al 33%, ossia di due punti percentuali.
Stando alle simulazioni elaborate dai commercialisti sull’eventuale taglio dell’Irpef, il passaggio dell’aliquota dal 35% al 34% permetterebbe di ottenere il vantaggio maggiore ai lavoratori dipendenti che hanno dei redditi lordi superiori a 35.000 euro. Ma proviamo fare un esempio pratico, in modo da capire quale sia l’impatto diretto di questa misura:
- chi percepisce un reddito pari a 40.000 euro riuscirebbe a risparmiare 543 euro ogni anno;
- quanti hanno un reddito compreso tra i 30.000 ed i 35.000 euro subirebbe una piccola perdita, che oscillerebbe tra i -101 e i -145 euro, sempre nell’arco dei dodici mesi.
I conti, ovviamente, cambierebbero nel caso in cui il taglio dell’Irpef fosse di due punti percentuali: lo scaglione, a questo punto, passerebbe dal 35% al 33%. Il risparmio annuale per quanti percepiscono 40.000 euro salirebbe a 627 euro, mentre la perdita per chi ha un reddito compreso tra 30.000 e 35.000 sarebbe compreso tra i -101 e i -107 euro.
I vantaggi fiscali, sostanzialmente, non sarebbero uniformi, ma sono condizionati dalle fasce di reddito a cui i contribuenti appartengono.
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