Finanza Personale
Arriva la tassa su Internet nel 2025, ecco come ti fregano se hai l’Adsl
Un emendamento dalla Legge di Bilancio 2025 propone di introdurre una tassa su internet a quanti abbiano un’Adsl lenta.
Tra i mille risvolti e l’infinità di emendamenti alla Legge di Bilancio c’è una novità poco piacevole per le famiglie: la tassa su Internet. Una sorta di obolo da versare nel caso in cui si è titolari di un’Adsl lenta. A presentare l’emendamento è Fratelli d’Italia, la cui mossa ha immediatamente acceso un vivace dibattito sull’argomento.
Almeno sulla carta l’intento dell’iniziativa è nobile: punta ad accelerare la dismissione della vecchia rete Internet in rame. Ossia delle ormai desuete connessioni Adsl. L’intento è quello di favorire il passaggio verso la fibra ottica pura. Ma l’emendamento ha sollevato una serie di critiche da parte dell’Associazione Italiana Internet Provider e di Federconsumatori, che non hanno potuto fare a meno di mettere in risalto le criticità della novità e le ripercussioni negative che potrebbe avere sugli operatori del settore e sui consumatori. In un certo senso si potrebbe affermare che la transizione alla fibra ottica verrebbe finanziata da una tassa sull’Adsl.
Tassa su internet, l’emendamento alla manovra
Stando a quanto prevede l’emendamento, la tassa su Internet sarebbe costituita da un aumento del 10% sui prezzi dei servizi Adsl a partire dal 1° gennaio 2025. Quanto arriverebbe da questi rincari dovrebbe essere destinato alla costituzione di un fondo per sostenere gli operatori nella migrazione verso la fibra ottica.
Ma non solo. L’emendamento relativo alla tassa su Internet prevederebbe anche uno switch-off della rete in rame a tappe forzate. La cessazione dei servizi forniti attraverso l’Adsl dovrebbe avvenire entro termini prestabiliti. L’intento sarebbe quello di riuscire a raggiungere l’obiettivo di una copertura globale della fibra ottica rispettando le seguenti tappe:
- il 50% entro il 2026;
- il 100% entro il 2030.
Rimanendo, quindi, in linea con il calendario previsto dall’Unione europea attraverso il Digital Compass 2030.
Quante famiglie sarebbero interessate dalla tassa su Internet? Stando agli ultimi dati sulla copertura della fibra ottica in Italia, al 31 ottobre 2024 sarebbero stati raggiunti complessivamente dal Piano BUL 6.514 comuni in commercializzazione. Dal 2016, anno del lancio del piano Banda Ultra Larga, Infratel ha commissionato lavori per un importo complessivo pari a 2,6 miliardi di euro.
Le critiche in arrivo
L’emendamento che introduce questa sorta di tassa su Internet ha sollevato una marea di preoccupazioni. L’Aiip ha denunciato la sua irragionevolezza e i potenziali effetti distorsivi sul mercato. L’aumento dei prezzi dell’Adsl, secondo l’associazione, costituisce a tutti gli effetti una nuova imposta diretta a carico delle famiglie e delle imprese.
L’Italia ha bisogno di una transizione tecnologica sostenibile e razionale – spiega Giovanni Zorzoni, Presidente di Aiip -. Interventi affrettati, non ponderati e dirigistici rischiano di generare più danni che benefici, minando la fiducia degli operatori e rallentando gli investimenti in infrastrutture di qualità. Altre misure, in primis i Voucher connettività, hanno già dato prova di essere uno strumento efficiente, pluralistico e alla portata di tutti gli operatori, anche quelli medi e piccoli, per spingere il ridisegno delle reti e la conversione dal rame alla fibra”.
L’Aiip, inoltre, solleva una serie di dubbi sulla fattibilità dello switch-off accelerato, anche perché al momento manca la manodopera specializzata.
A condividere le preoccupazioni di Aiip c’è Federconsumatori, che, tra l’altro, sottolinea i potenziali risvolti negativi di una tassa su internet per i cittadini. Tra l’altro, secondo l’associazione, ci potrebbero essere dei disservizi determinati da una sostituzione affrettata della rete in rame. A cui si potrebbero accompagnare degli aumenti pesanti dei costi per gli abbonamenti ai servizi di telefonia.
Ma non solo, un emendamento di questo tipo non prende letteralmente in considerazione le aree del Paese nelle quali non è ancora presente una connettività a banda larga, e dove ci potrebbero essere dei disagi di non poco conto.
Finanza Personale
Bonus 2025, quali rimarranno in vigore e come verranno modificati
A partire dal 2025 alcuni bonus rimarranno in vigore, ma cambieranno completamente rispetto a come li conosciamo oggi. Tutte le novità previste.
Con la fine dell’anno arriveranno al loro termine molti bonus e diverse agevolazioni fiscali. Alcuni incentivi, però, sono stati confermati e, almeno per tutto il 2025, le famiglie potranno continuare ad accedervi. Anche se, in quest’ultimo caso, rispetto alla normativa vigente sono state apportate alcune importanti modifiche.
Ma quali sono le novità che dovremmo aspettarci con l’arrivo del nuovo anno? Come cambieranno i vari incentivi per effettuare degli interventi edilizi? E, soprattutto, a quali contributi potranno accedere le famiglie? Cerchiamo di scoprirlo insieme.
Bonus, cosa cambierà nel corso del 2025
Nato da pochi anni, il Superbonus si è letteralmente trasformato, tanto da perdere il suo appeal iniziale. Ormai l’aliquota al 110% è solo un lontano ricordo, che ha aiutato le famiglie a ristrutturare il proprio immobile. La misura, il cui scopo è quello di migliorare l’efficienza energetica degli edifici, è stata oggetto di una serie di interventi ed è finita sotto il fuoco incrociato del Governo Meloni ancora prima che venisse eletto nel settembre 2022. I costi troppo alti per l’Erario e il suo impatto sul debito pubblico ne hanno determinato il ridimensionamento.
Il Superbonus verrà nuovamente depotenziato nel corso del 2025: il 31 dicembre 2024, infatti, scadrà definitivamente l’aliquota del 70% e verrà sostituita da quella al 65%. Potranno accedere al Superbonus, però, solo i soggetti che hanno presentato la Cilas entro lo scorso 15 ottobre 2024 e i condomini che abbiano già approvato la delibera assembleare per l’approvazione dei lavori.
Tra le agevolazioni che sono finite sotto la lente d’ingrandimento c’è anche l’Ecobonus, che è stato ridefinito attraverso la Legge di Bilancio. Ricordiamo che la misura, fino alla fine dell’anno, permette di avere una detrazione Irpef o Ires pari al 50 o al 65%, che in alcuni casi arrivavano fino all’85% per interventi effettuati all’interno dei condomini. A partire dal 2025 l’Ecobonus scenderà al 50% per la prima casa e al 36% per gli altri immobili.
Sostanzialmente lo stesso schema che abbiamo visto coinvolge anche il bonus ristrutturazioni. Solo e soltanto per le prime abitazioni rimarrà come adesso (ossia al 50%), con il tetto di spesa fissato a 96.000 euro. Per tutti gli altri immobili l’agevolazione fiscale scenderà al 36% a partire dal 1° gennaio 2025: verrà, inoltre, previsto un restringimento del tetto massimo di spesa, che scenderà a 48.000 euro. Ulteriori decrescite sono previste per il 2026 ed il 2027.
Anche per il sismabonus è previsto un deciso ridimensionamento (attualmente la detrazione prevista è all’85%). Come l’agevolazione relativa alle ristrutturazioni anche in questo caso si passerà al 50% per le prime case e al 36% per tutte le altre proprietà immobiliari.
Cosa accadrà agli altri bonus
In un primo momento sembrava che si dovesse dire addio al bonus verde, ossia alla detrazione Irpef del 36% che, almeno nel corso degli ultimi anni, ha permesso a molte famiglie di rimettere a posto le aree verdi. Nulla è ancora stato deciso definitivamente, ma tre emendamenti della maggioranza – uno dei quali arriva da Fratelli d’Italia – ne chiedono la proroga. Dobbiamo solo rimanere in attesa di eventuali novità.
È destinato, invece, a scomparire completamente il bonus decoder tv, l’agevolazione – il cui importo era pari a 50 euro – che permetteva di acquistare televisori e decoder per ricevere i programmi televisivi con i nuovi standard tecnologici.
Sembra non trovare spazio nemmeno il bonus rottamazione tv, che consiste in uno sconto per quanti hanno intenzione di acquistare un nuovo televisore rottamando quello vecchio.
Stesso destino anche per il bonus colonnine di ricarica e il bonus carburante per i lavoratori (un contributo da 200 euro che le aziende danno ai propri dipendenti e che rientrano nei cosiddetti fringe benefit).
Finanza Personale
Il Superbonus torna al 100%. Ma solo per poche famiglie
Solo per poche famiglie il Superbonus torna al 100%. Arriva, infatti, il contributo a fondo perduto per coprire gli oneri a carico dei contribuenti.
Arriva il contributo al 100% per chi ha fruito del Superbonus nel corso del 2024. A stabilirlo è direttamente l’Agenzia delle Entrate, che con il provvedimento 431551 del 29 novembre 2024, sostanzialmente, ha reso note in maniera ufficiale le percentuali che spettano a quanti hanno usufruito della misura nel corso dell’anno. Il contributo spetta a quanti hanno effettuato degli interventi con il Superbonus, rispettando i requisiti richiesti dalla normativa attualmente in vigore.
Ma vediamo nel dettaglio in cosa consiste il contributo ed entro quando arriverà nelle tasche dei diretti interessati.
Superbonus, in cosa consiste il contributo a fondo perduto
Attraverso l’articolo 1 del decreto Legge n. 212/2023 è stato stanziato un contributo a fondo perduto per i contribuenti che si trovino in determinate condizioni reddituali. E che, allo stesso tempo, abbiano effettuato dei lavori edilizi usufruendo delle agevolazioni previste dal Superbonus 70%.
In buona sostanza grazie a questa misura viene riconosciuto un contributo che serve a coprire la somma rimasta a carico del richiedente sui lavori effettuati nel proprio immobile.
A questo punto è bene ricordare che per il 2024 il Superbonus permette di portare in detrazione una somma pari al 70% del costo dei lavori effettuati per ristrutturare casa. Il contributo serve a coprire il 30% che è rimasto a carico delle famiglie. Fino a questo momento, però, non si era a conoscenza delle percentuali di contributo alle quali i diretti interessati potessero accedere. E soprattutto se l’ammontare potesse servire a coprire le spese che erano rimaste fuori da quelle previste dalla detrazione.
L’Agenzia delle Entrate, con il proprio provvedimento, entra a gamba tesa su questi dubbi, chiarendo che quanto arriverà ai richiedenti servirà a coprire al 100% i lavori sostenuti.
Chi ha diritto a ricevere il contributo
Purtroppo il contributo a fondo perduto non coinvolge trasversalmente tutte le famiglie che hanno effettuato dei lavori beneficiando del Superbonus. Lo possono richiedere solo quanti si trovino in determinate condizioni economiche: è necessario che il reddito sia inferiore a 15.000 euro. E, ovviamente, nel corso del 2024 devono essere state sostenute delle spese per effettuare degli interventi edilizi per i quali si ha diritto ad accedere alle detrazioni fiscali pari al 70%.
Per poter beneficiare del contributo a fondo perduto era necessario inoltrare un’apposita istanza entro lo scorso 31 ottobre 2024. Oggi come oggi, l’Agenzia delle Entrate ha potuto comunicare l’ammontare della percentuale riconosciuta perché è in possesso dei dati relativi al numero delle domande presentate e degli importi richiesti.
All’interno del provvedimento emanato dall’AdE, inoltre, si legge che:
La percentuale è pari al 100 per cento. L’importo del contributo erogabile a ciascun beneficiario è pari al contributo richiesto risultante dall’ultima istanza validamente presentata ai sensi del provvedimento, in assenza di rinuncia.
Volendo sintetizzare al massimo, questo significa che ai soggetti che hanno fatto richiesta del contributo a fondo perduto verrà liquidata la somma che è stata richiesta nel momento in cui è stata presentata la domanda. Le risorse disponibili, infatti, sono più che sufficienti a soddisfare tutte le richieste che sono pervenute. Siamo davanti ad una situazione non poi così scontata, dato che la percentuale del contributo che è possibile erogare per ogni singolo richiedente, generalmente, è legato al rapporto che intercorre tra la copertura e il numero delle richieste che sono state presentate.
In questo caso, le richieste che sono presentate hanno un importo inferiore rispetto alle somme che sono state richieste in fase di domanda: questa situazione rende possibile erogare ad ogni richiedente il 30% delle spese che sono state effettuate, andando a coprire il 100% delle spese che sono rimaste a carico del contribuente.
Quanti hanno presentato la richiesta del contributo a fondo perduto entro lo scorso 31 ottobre 2024 potranno ottenere la somma indicata all’interno della domanda.
Finanza Personale
It Wallet, dal 2025 conterrà anche la carta d’identità
Dal 2025 all’interno di It Wallet ci sarà anche la carta d’identità. Nel frattempo è possibile usarlo al posto della patente e della tessera sanitaria.
It Wallet è diventato disponibile per tutti gli italiani. Per accedere al nuovo strumento è necessario scaricare sullo smartphone l’app Io. In buona sostanza i cittadini italiani hanno la possibilità di avere copia digitale dei propri documenti all’interno dello smartphone.
Al momento, però, all’interno di It Wallet però è possibile trovare unicamente la Tessera Sanitaria, la patente e la Carta Europea della Disabilità. In un secondo momento verrà aggiunta anche la carta di identità digitale, anche se per il momento non è ancora stata comunicata la data ufficiale del suo debutto sullo smartphone.
Ma entriamo un po’ nel dettaglio e cerchiamo di capire quali siano le principali novità relative a It Wallet.
It Wallet, tutto ha avuto inizio ad ottobre
A fine ottobre ha avuto inizio il roll out, che sostanzialmente ha coinvolto qualcosa come 50.000 italiani selezionati in modo casuale. Il Governo si sta muovendo con un intento ben preciso: trasformare It Wallet in un vero e proprio portafoglio digitale, al cui interno sarà possibile salvare tutti i documenti. Attualmente ne sono già disponibili alcuni (Tessera Sanitaria, la patente e la Carta Europea della Disabilità), ma a partire dal 2025 ci sarà anche la carta d’identità. Successivamente sarà possibile caricare la tessera elettorale, i titoli di studio e il fascicolo sanitario elettronico. Ma troveranno spazio anche gli abbonamenti e i biglietti del trasporto pubblico.
A fare il punto della situazione su It Wallet ci ha pensato Alessio Butti, sottosegretario con delega all’Innovazione, che ha spiegato che:
Questo strumento offrirà ai cittadini nuove opportunità per l’utilizzo della loro identità digitale, garantendo al tempo stesso massima sicurezza e tutela dei dati personali.
In un certo senso It Wallet costituisce un primato per l’Italia: è, infatti, il primo paese dell’Unione europea a dotarsi di un proprio portafoglio digitale.
Il nuovo strumento è gratuito, ma soprattutto non sarà obbligatorio. Per permettere di accedere ad It Wallet anche nelle zone dove non c’è una sufficiente copertura per lo smartphone, sarà possibile accedere all’app anche offline.
Butti ha spiegato che l’Italia si sta impegnando a condividere le migliori pratiche nell’ambito della digitalizzazione pubblica. L’obiettivo è quello di riuscire a rendere i servizi più efficienti, ma soprattutto facilmente accessibili. Il passo successivo sarà quello di esplorare un approccio comune all’identità digitale, che costituisce un elemento importante per poter garantire la sicurezza e la fiducia connesse alle trasformazioni richieste dalla digitalizzazione globale.
It Wallet, come deve essere utilizzato
Molto pragmaticamente i tre documenti digitali possono essere utilizzati in sostituzione dei documenti fisici. In questa prima fase possono essere utilizzati unicamente per dei contesti dal vivo.
Quanti dovessero decidere di salvare i propri documenti all’interno di It Wallet li dovrà mostrare direttamente dal proprio smartphone. Il classico esempio è quando si viene fermati dalle forze dell’ordine per un controllo in automobile: è sufficiente mostrare dal proprio portafoglio digitale la patente di guida. Nel caso in cui si sia commessa un’infrazione che determina il ritiro della patente, però, è necessario consegnare il documento fisico.
La tessera sanitaria, alla stessa stregua di quella fisica, permetterà di accedere a tutte le prestazioni che vengono fornite dal Servizio Sanitario Nazionale. Stesso discorso per la Carta Europea della Disabilità, che gli utenti potranno utilizzare al posto di quella fisica.
I documenti possono essere caricati su It Wallet seguendo pochi semplici passaggi, che sono indicati dalla stessa app. Prima di tutto è necessario essere in possesso di documenti validi per poter inserire tutti i codici richiesti. Sarà poi necessario aggiornare l’app Io. Arrivati a questo punto è sufficiente entrare con le credenziali Spid o con la Carta d’Identità elettronica e seguire tutte le indicazioni per completare il processo di verifica.
Finanza Personale
Pensioni 2025, addio alla rivalutazione. Questa volta non ci sarà
Rivalutazioni delle pensioni limitate nel 2025. L’Inps ha già tenuto conto degli aumenti del costo della vita, quindi non arriverà il conguaglio.
Rivalutazione delle pensioni alle porte. A fornire i dettagli ufficiali sulle novità relative agli assegni previdenziali nel 2025 ci ha pensato un Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e del Ministero dell’Economia e delle Finanze pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 278 del 27 novembre 2024 che si sofferma proprio sulla “Perequazione automatica delle pensioni con decorrenza dal 1° gennaio 2025”.
Di che cosa si occupa, di preciso, questo decreto? Il documento fissa il valore della percentuale previsionale della variazione del costo della vita del 2024: viene definito, in estrema sintesi l’adeguamento all’inflazione degli assegni previdenziali. In altre parole stiamo parlando della perequazione delle pensioni. O più semplicemente della loro rivalutazione.
Gli aggiornamenti hanno un impatto diretto sulla vita dei pensionati, perché va ad incidere direttamente sull’assegno previdenziale di gennaio. Sono due gli aumenti che arriveranno: il primo è relativo al consueto adeguamento al costo della vita degli importi erogati; il secondo si riferisce al conguaglio dell’anno precedente.
Perequazioni pensioni 2025, cosa c’è da aspettarsi
La perequazione delle pensioni coinvolge trasversalmente quanti percepiscono un assegno previdenziale, con la sola esclusione dell’Ape Sociale e delle altre misure di accompagnamento alla pensione.
Il decreto interministeriale, sostanzialmente, ha stabilito quale debba essere in via definitiva la percentuale utile per calcolare la perequazione delle pensioni per l’anno 2023, che è stata fissata al 5,4%. Questa percentuale è esattamente pari a quella che è stata prevista e successivamente utilizzata dall’Inps per l’erogazione degli assegni previdenziali nel 2024 a partire dallo scorso mese di gennaio. Questo significa, molto semplicemente, che ai pensionati non spetta alcun tipo di conguaglio. Zero.
Detto molto semplicemente non spetta nulla ai pensionati, anche se fino a qualche giorno era stata diffusa la notizia che ci fosse un differenziale di 0,3 punti tra il tasso di previsione e il tasso definitivo. Saltano completamente, quindi, i conguagli a credito rispetto agli emolumenti passati.
La rivalutazione delle pensioni nel 2025
Preso atto che per il 2024 non spetta nessun nuovo conguaglio, altro discorso è la rivalutazione per il 2025: l’Istat certifica allo 0,8% il tasso di previsione 2024. Questo significa che a partire da gennaio le pensioni aumenteranno dello 0,8%, anche se il meccanismo adottato è differente rispetto a quello dello scorso anno.
In questo caso il Governo ha già fornito i chiarimenti del caso attraverso la Legge di Bilancio 2025 che in questi giorni dovrebbe essere ultimata al Parlamento.
A partire dal mese di gennaio 2025 il meccanismo che determinerà la rivalutazione delle pensioni dallo 0,8% di inflazione è il seguente:
- per le pensioni fino 4 volte il trattamento minimo ci sarà il 100% di rivalutazione;
- per le pensioni tra le 4 e le 5 volte il trattamento minimo ci sarà il 90% di rivalutazione;
- per le pensioni sopra le 5 volte il trattamento minimo ci sarà il 75% di rivalutazione.
Discorso diverso, invece, per le pensioni minime, per le quali è stata prevista una rivalutazione del 2,2%. In un certo senso è stato ripetuto l’extra aumento del 2024, anche se la percentuale è più bassa (era del 2,7%). Questo significa, in altre parole che le pensioni integrate al trattamento minimo beneficeranno di un aumento superiore rispetto allo 0,8% di rivalutazione.
Facendo due conti in tasca a quanti riceveranno gli assegni previdenziali minimi – considerando che la rivalutazione è pari al 100% – l’importo è destinato a passare da 598,61 euro del 2024 a 603,40 euro nel 2025.
A quanto abbiamo visto fino a questo momento deve essere aggiunto il surplus del 2,2%: le pensioni minime, quindi, dal prossimo anno saranno pari a 616,67 euro. Un aumento, forse, fin troppo risicato per chi percepisce una pensione bassa.
Finanza Personale
Bonus Natale 2024, in arrivo insieme alla tredicesima
Il bonus Natale 2024 arriverà insieme alla tredicesima. Per ottenerlo i lavoratori dipendenti ne devono far richiesta all’azienda.
4,6 milioni di lavoratori dipendenti: questa è la platea dei potenziali beneficiari del bonus Natale 2024, che proprio in questi giorni è arrivato alle battute finali. La cifra, indubbiamente, è molto superiore rispetto a quella che era stata preventivata in un primo momento.
Tra le novità previste per quest’anno è che il bonus Natale estende notevolmente il proprio raggio d’azione: la Legge di Bilancio 2025, infatti, ha coinvolto un numero maggiore di famiglie. Un allargamento determinato dalla copertura prevista per il contributo, che è passata a 235 milioni di euro dai 100 milioni iniziali. Il contributo verrà versato ai lavoratori dipendenti insieme alla tredicesima, in prossimità del Natale.
Ma entriamo un po’ più nel dettaglio e vediamo le caratteristiche del bonus Natale 2024.
Bonus Natale 2024, la platea dei beneficiari
Primo passo per accedere al contributo è comprendere quale sia la potenziale platea dei beneficiari del bonus Natale e in cosa consista la misura. La misura è un’indennità riservata ai lavoratori dipendenti che abbiano un reddito annuo inferiore a 28.000 euro. L’imposta lorda deve essere superiore a quella delle detrazioni previste per i lavoratori dipendenti: stiamo parlando, quindi, di un importo che deve essere pari ad almeno 8.500 euro, sotto il quale non si paga l’Irpef.
L’importo del bonus Natale – pari a 100 euro – deve essere considerato netto. Non vengono applicate le aliquote in base allo scaglione di appartenenza del lavoratore. L’erogazione, però, non va nemmeno a sommarsi al TFR e non viene calcolato nel reddito per determinare l’Isee.
A fornire alcuni dettagli precisi su come funziona il bonus Natale è la circolare n. 19/E del 10 ottobre 2024 dell’Agenzia delle Entrate. L’AdE mette in evidenza che, rispetto al testo originale, sono arrivati due emendamenti che hanno cambiato le carte in tavola per i potenziali beneficiari:
- il richiedente non deve avere necessariamente un partner fiscalmente a carico;
- ogni nucleo familiare può ricevere un solo bonus Natale, nel caso in cui i due genitori siano entrambi dei lavoratori dipendenti.
Per quanto riguarda il tetto massimo del reddito che non deve essere superato, la soglia dei 28.000 euro annui deve essere calcolata al netto dell’abitazione principale. Dovrà essere preso il reddito di riferimento, dal quale dovrà essere computata la quota esente dei redditi agevolati nonché quelli che sono soggetti ad imposta sostitutiva.
Ad ogni modo nel calcolo del reddito devono essere presi in considerazione:
- i redditi che risultano essere assoggettati a circolare secca;
- i redditi che sono stati assoggettati ad imposta sostitutiva Irpef, ossia quelli dei contribuenti che hanno aderito al regime forfettario;
- l’eventuale quota di agevolazione Ace;
- le mance che vengono elargite dai clienti ai lavoratori impiegati nelle strutture di ricezione e nei bar e ristoranti.
Bonus Natale, come deve essere calcolato l’importo
Il bonus Natale ammonta a 100 euro. Viene corrisposto ai lavoratori dipendenti tenendo conto del periodo d’imposta 2024, in base al numero dei giorni compresi nel periodo di durata del rapporto di lavoro per i quali il dipendente ha diritto ad ottenere le detrazioni per lavoro dipendente. Per questo conteggio è necessario tenere a mente anche le festività, i riposi settimanali e gli altri giorni non lavorativi. Devono essere, invece, sottratti i giorni per i quali non spetta alcun reddito.
Nel caso in cui il lavoratore abbia un contratto a tempo parziale, il bonus Natale non deve essere riproporzionato: spetta in misura inferiore solo e soltanto se le giornate di detrazione di lavoro dipendente spettanti risultino essere inferiori a quelle previste per l’intero periodo d’imposta. In questo caso deve essere calcolato applicando il criterio pro rata temporis.
Per i rapporti di lavoro part-time, l’indennità spetta in misura intera, indipendentemente dall’orario del contratto individuale di lavoro.
Ricordiamo che per ottenere il bonus Natale è necessario chiederlo formalmente al proprio datore di lavoro.
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