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Bonus edilizi, le novità previste all’interno della Legge di Bilancio 2025
La Legge di Bilancio 2025 ha introdotto una serie di novità per quanto riguarda i bonus edilizi. Vediamo quali sono.
Benché sia ancora in fase di elaborazione – il testo definitivo verrà approvato entro il 31 dicembre 2024 – il Disegno Legge di Bilancio 2025 permette di dare uno sguardo ai bonus edilizi previsti per il prossimo anno. E alle novità che verranno introdotte in tema di detrazioni fiscali.
Il Governo guidato da Giorgia Meloni sta lavorando, proprio in queste settimane, per apportare una serie di modifiche alle principali agevolazioni fiscali a cui possono accedere le famiglie quando hanno intenzione di effettuare degli interventi agli immobili di proprietà
Ma entriamo un po’ nel dettaglio e cerchiamo di capire quali siano le novità più importanti che riguardano i bonus edilizi.
Bonus edilizi, cosa cambierà nel 2025
In linea di principio è possibile affermare che parte delle agevolazioni fiscali legate ai bonus edilizi continueranno ad esserci anche il prossimo anno. Ma le detrazioni a cui i contribuenti potranno accedere saranno differenti rispetto a quelle a cui sono abituati.
Una delle agevolazioni che continueranno a rimanere in vigore il prossimo anno è il bonus ristrutturazioni: l’aliquota sulle spese sostenute sarà al 50% su un importo massimo di 96.000 euro. Potranno accedere a questa agevolazione i soggetti che detengono un diritto reale sull’immobile, che deve essere adibito a prima casa. L’agevolazione cambia per le seconde case, la cui percentuale scenderà al 36%. Come molti altri bonus edilizi, anche per quello legato alle ristrutturazioni le aliquote cambieranno nel 2026 e nel 2027, quando la percentuale delle spese detraibili scenderà al 36% per la prima casa e al 30% per gli interventi relativi agli altri immobili.
Il Governo Meloni ha deciso di mettere mano anche all’Ecobonus, che viene rimodellato a seconda che gli interventi vengano effettuati sulla prima o sulla seconda casa. Nel 2025 l’aliquota scende al 50%: nel 2024 era al 65%, mentre nel 2026 scenderà ulteriormente al 36%. Per le seconde la detrazione risulterà essere pari al 36% della spesa che è stata sostenuta: nel 2026 l’aliquota scenderà al 30%. I massimali di spesa sostenibile variano a seconda del tipo di intervento che verrà effettuato.
Come cambia il superbonus
Tra i bonus edilizi per i quali sono registrate la maggiori modifiche c’è il Superbonus. A partire dal 1° gennaio 2025 la detrazione al 65% è è riservata a pochi casi specifici: ci riferiamo agli interventi richiesti dalle persone fisiche che hanno come oggetto dei piccoli condomini composti da due a quattro unità immobiliari o su edifici più grandi che siano di proprietà di enti del terzo settore.
Dal prossimo anno, inoltre, la normativa prevede anche una particolare condizione temporale per poter accedere alle detrazioni previste dal superbonus: è necessario aver avviato le pratiche entro il 15 ottobre 2024. Questo significa, in altre parole, che entro questa data deve essere stata presentata la Cila o la delibera assembleare di condominio più la Cila in caso di lavori in immobile condominiale. In alternativa è necessario presentare l’istanza di acquisizione del titolo abitativo in caso di interventi di demolizione e ricostruzione.
Nel caso in cui la documentazione per gli interventi sia stata presentata in data successiva al 15 ottobre 2024, i richiedenti non potranno usufruire del Superbonus 65%.
Tra i bonus edilizi per i quali sono previste delle nuove regole c’è anche il sismabonus destinato all’adeguamento degli edifici residenziali e commerciali al rischio sismico: partire dal 1° gennaio 20 aliquota scende al 50% per le prime case e al 36% per le altre. I massimali variano a seconda del tipo di intervento che si ha intenzione di eseguire. Per gli immobili diversi dall’abitazione principale, la percentuale di detrazione diventa del 36% per l’anno prossimo e al 30% per il 2026 e 2027.
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Addio al bollo auto, ecco chi non lo deve pagare più dal 2025
Chi potrà dire addio al bollo auto a partire dal 2025? Lo potrà fare solo una categoria di automobilisti in possesso di alcuni requisiti.
Gli automobilisti potranno dire addio al bollo auto dal prossimo anno, nel caso in cui dovessero essere in possesso di una serie di requisiti. L’obolo che ogni anno le famiglie devono pagare per il proprio proprio veicolo è una delle più detestate: sono in molti a domandarsi chi debba pagare il bollo auto e se sia possibile accedere a delle esenzioni per poter risparmiare questo balzello
Ma chi, ora come ora, può effettivamente dire addio al bollo auto? Le leggi attualmente in vigore prevedono una serie di esenzioni per delle categorie ben definite e molto precise. L’agevolazione spetta a quanti siano proprietari di un veicolo d’epoca: nel caso in cui le auto e le moto dovessero avere un’età superiore a 30 anni, l’obolo da versare è sostanzialmente ridotto a poco più di una tassa di circolazione forfettaria. Ma i mezzi non devono essere utilizzati per degli scopi commerciali.
Nel caso in cui, invece, il veicolo abbia un’età compresa tra i 20 ed i 29 anni, i proprietari hanno la possibilità di beneficiare di alcune esenzioni: ma attenzione è possibile accedervi solo e soltanto in alcune regioni, come ad esempio la Lombardia, che ha introdotto delle specifiche misure per queste particolari categorie. Non sarà possibile, però, dire addio al bollo auto in maniera automatica: il veicolo deve essere considerato di interesse storico.
I veicoli ecologici potranno dire addio al bollo auto
Discorso diverso per i veicoli elettrici e ibridi, che potranno dire addio al bollo auto. Sono molte le regioni italiane che premiano i mezzi a zero emissioni esentando dal pagamento del bollo auto per un periodo variabile, che può arrivare fino a cinque anni dal momento dell’immatricolazione. La misura ha due obiettivi ben precisi:
- incentivare l’adozione di mezzi meno inquinanti;
- favorire la mobilità sostenibile.
Ma le possibilità di dire addio al bollo auto non finisco qui. È bene ricordare, inoltre, che le persone con disabilità riconosciuta ai sensi della Legge 104 hanno la possibilità di richiedere l’esenzione dal pagamento dell’obolo per un veicolo che sia intestato a loro o a un familiare che lo abbia a carico fiscalmente. È possibile accedere a questo beneficio purché il mezzo rispetti alcune caratteristiche tecniche, tra le quali ci sono una cilindrata limitata e una potenza massima.
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Tredicesima, 14,5 miliardi di euro andranno in tasse
A dicembre viene erogata la tredicesima. A guadagnarci non saranno solo e soltanto i lavoratori, ma anche il fisco, che riceverà un bel regalo.
Dicembre, tempo di tredicesima per i lavoratori dipendenti e per i pensionati. Ma peccato che sui 59,3 miliardi di euro erogati a livello nazionale, qualcosa come 14,5 miliardi di euro andranno al fisco. A fare i conti in tasca alle famiglie italiane – e alle casse dell’erario – ci ha pensato la Cgia di Mestre, che ha analizzato chi guadagna dalla tredicesima. E purtroppo non sono solo i dipendenti e i pensionati.
Da lunedì 2 dicembre 2024 inizierà ad essere erogata la tredicesima: i primi a vedersela accreditata sul conto corrente o a poterla ritirare in contanti presso gli sportelli degli uffici postali sono i pensionati. Nel corso delle settimane successive la riceveranno anche i dipendenti pubblici e quelli privati.
Tredicesima, in quanti la riceveranno nel 2024
Secondo le stime elaborate dall’Ufficio Studi della Cgia di Mestre a ricevere la tredicesima saranno qualcosa come 35,7 milioni di persone. Al netto delle imposte arriveranno nelle tasche dei lavoratori e dei pensionati 44,8 miliardi di euro. Ma non saranno solo loro ad essere felici della gratifica natalizia: anche il Fisco potrà festeggiare grazie ad un bottino di 14,5 miliardi di gettito Irpef.
Considerando le imposte e i contributi Inps, gli imprenditori privati e le amministrazioni pubbliche, per la tredicesima, dovranno pagare qualcosa come 59,3 miliardi di euro.
Secondo alcune stime del Ministero dell’Economia e delle Finanze, i lavoratori dipendenti che nelle prossime settimane oltre alla tredicesima riceveranno il bonus Natale da 100 euro saranno almeno 4,6 milioni. Ad introdurre questa novità era stato lo scorso anno il governo Meloni: la novità interessa unicamente i dipendenti con dei redditi medio-bassi che guadagnano nel corso dell’anno meno di 28.000 euro ed hanno almeno un figlio a carico. Per ricevere il contributo, allo stesso tempo, è necessario avere un’imposta lorda su redditi di lavoro dipendente il cui importo sia superiore alle detrazioni (da lavoro) spettanti.
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Il caffè al bar arriverà a costare 2 euro. Ecco perché
Il caffè al bar è destinato ad arrivare a costare due euro. La siccità in Brasile e in Vietnam, impattano direttamente sul raccolto.
Quanto costerà prendere un buon caffè al bar? Due euro? La domanda diventa lecita in un momento in cui il caffè Arabica sta correndo sulla Piazza di New York. I contratti future relativi al mese di dicembre hanno registrato un pesante rialzo, sfiorando i 3,9 dollari per libbra, raggiungendo i massimi che si erano visti nel 1977. Ma soprattutto registrando un aumento del 70% da inizio anno.
A brillare è anche il caffè Robusta, una varietà meno nobile, i cui future su dicembre sono cresciuti del 2,9% arrivando a 5.306 dollari la tonnellata, un valore che non si vedeva dagli anni Settanta. Il prezzo di questa importante commodity è condizionato da diversi fattori, che passano dalle condizioni climatiche nei Paesi produttori, per arrivare alle difficoltà legate alla logistica del settore. Cause che avranno un impatto diretto anche sui consumatori, quando dovranno acquistare il caffè.
Caffè, quali sono le cause degli aumenti
Sono diverse le cause che stanno determinando l’aumento del costo del caffè. E che stanno spingendo le quotazioni sulla piazza di New York. Una delle principali è la siccità che ha colpito il Brasile nel corso degli ultimi mesi: una situazione che ha innescato una serie di preoccupazioni relative al livello di produzione in questo paese. Altri problemi, poi, arrivano dal Vietnam: una delle più importanti zone di produzione è stata, anch’essa, colpita da una siccità nel periodo della crescita e, nel momento del raccolto, da forti piogge.
Quanto è accaduto in Brasile e nel Vietnam sono andati ad impattare sulla produzione di caffè: i due Paesi sono i maggiori coltivatori di questa materia prima. Il Brasile esporta principalmente la varietà premium Arabica, mentre il Vietnam è leader per la varietà Robusta.
A pesare sul prezzo del caffè non ci sono solo i problemi climatici di Vietnam e Brasile: alcune difficoltà sono state riscontrate anche in Colombia, il secondo produttore a livello mondiale della varietà Arabica. Il settore si sta ancora cercando di rimettere in piedi dagli effetti provocati da El Niño nel 2024. In una situazione diversa si trovano Costa Rica e Honduras, dove l’integrità dei raccolti è stata messa in dubbio dalle violenti piogge che hanno colpito recentemente i due paesi.
Quanto sta accadendo ai raccolti rischia di avere un duro impatto sulla produzione del caffè a livello mondiale, che, in ultima analisi, determinerà un aumento dei costi a carico dei consumatori finali. I venditori hanno aumentato i prezzi e tagliato gli sconti in modo da riuscire a proteggere i margini di profitto.
L’impatto sulla tazzina di caffè
Cosa cambia, a questo punto, per i consumatori italiani? Il rischio, secondo Assoutenti, è che una tazzina di caffè possa arrivare a costare 2 euro al bar.
Le forti tensioni che hanno investito le quotazioni del caffè si ripercuoteranno sui listini praticati al pubblico, portando a inevitabili ritocchi al rialzo per la classica tazzina servita al bar, ma anche per il cappuccino – spiega Gabriele Melluso, presidente di Assoutenti -. Negli ultimi anni l’espresso ha subito continui aumenti di prezzo, al punto che nel primo semestre del 2024 il prezzo medio nelle principali città si è attestato a 1,19 euro rispetto a 1,03 del 2021, con un rincaro del +16,1% in tre anni. Per non parlare del caffè consumato al tavolo, che in alcune zone d’Italia a forte vocazione turistica può arrivare anche a 5 euro.
A far impennare i listini, in un primo momento, era stato il caro energia. Adesso i livelli record che hanno toccato le quotazioni del caffè rischiano di far diventare reale la preoccupazione che una tazzina possa arrivare a costare due euro, cosa già paventata nel corso degli ultimi mesi dai produttori. ipotesi, inutile dirlo, che comporterebbe l’ennesima stangata per i consumatori , che potrebbero essere costretti a modificare radicalmente le proprie abitudini. Ogni anno vengono serviti nei locali pubblici qualcosa come 6 miliardi di caffè, che generano un giro d’affari pari a 7 miliardi l’anno.
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Tasse, una zavorra che strangola la vita di imprese e privati nel 2024
Le tasse sono una zavorra per le imprese e i privati, che non riescono a tenere il passo con gli altri paesi dell’Unione europea.
Tasse, una zavorra per le imprese italiane. A cui si aggiungono i problemi connessi al conflitto russo-ucraino, che alle aziende del nostro paese è costato qualcosa come 155,1 miliardi di euro. Solo per avere un’idea di quanto stia accadendo, basti pensare che la pressione fiscale in Italia nel 2023 si è trasformata in qualcosa come 36,6 miliardi di euro di maggiori tasse che imprese e cittadini devono pagare. Pari a 620 euro pro capite in più rispetto al resto dell’Eurozona.
A metterlo in evidenza è l’Ufficio Studi Confartigianato: in una recente analisi ha scattato una fotografia su quelli che sono i principali problemi che devono affrontare imprese e cittadini: tasse e la guerra in Ucraina.
Tasse e conflitto in Ucraina, le zavorre delle imprese
155,1 miliardi di euro è il costo che stanno pagando dal 2022 ad oggi le imprese italiane per il conflitto russo-ucraino. A determinare questa pesante fase di stallo economico sono le mancate esportazioni verso i due paesi coinvolti nella guerra, che ha determinato una perdita di 13,4 miliardi di euro. A cui si devono andare ad aggiungere i 18,4 miliardi di euro di mancate esportazioni verso la Germania e i maggiori costi sostenuti per acquistare l’energia, pari a 78,9 miliardi di euro. Da non dimenticare, infine, i 44,3 miliardi di maggiori oneri finanziari che sono stati determinati dall’aumento dei tassi di interesse per contrastare l’inflazione.
Purtroppo le tensioni geopolitiche non sono destinate a fermarsi. Un altro shock ai prezzi energetici potrebbe arrivare arrivare dal protrarsi della crisi in Medio Oriente, destinata da avere un impatto recessivo sul Pil dell’Italia per 18,8 miliardi di euro nel corso del biennio 2025.
Le tasse, inutile negarlo, pesano sull’attività degli imprenditori: la pressione fiscale nel 2023 ha registrato un aumento pari a 36,6 miliardi di euro di imposte per le imprese e i cittadini. In Italia, rispetto al resto dell’Eurozona, si paga 620 euro di tasse pro capite in più.
A strangolare l’attività delle imprese e la vita delle famiglie non sono solo le tasse e il conflitto in Ucraina: c’è anche il caro bollette. Nel corso del biennio 2022-2023 le piccole imprese hanno dovuto pagare qualcosa come 11,8 miliardi di euro di energia elettrica in più rispetto alla media degli altri paesi dell’Unione europea.
Burocrazia e manodopera, gli altri problemi delle imprese
A preoccupare le imprese non è unicamente il fronte delle tasse, ma anche quello della burocrazia. Almeno il 73% degli imprenditori si è lamentato che le procedure amministrative sono complesse: stiamo parlando di sette punti percentuali in più rispetto al 66% della media dell’Unione europea. Ma non solo: il 78% degli imprenditori ha la sensazione di essere ostacolato dai continui cambiamenti legislativi. In questo caso stiamo parlando di ben 14 punti percentuali in più rispetto al 64% della media dell’Unione europea.
La vita degli imprenditori, inoltre, è complicata dalla carenza di manodopera. Il fenomeno continua a crescere, tanto che nel corso del mese di novembre 2024 le aziende di manifattura e servizi hanno difficoltà a reperire almeno il 47,9% del personale necessario: mancano 207.790 lavoratori. Sono 2,1 punti percentuali in più rispetto al 45,1% del 2023. in Italia si è venuto a generare un paradosso: i giovani non cercano lavoro, ma le aziende cercano lavoratori. Sempre Confartigianato, in un suo rapporto, ha messo in evidenza che i giovani inattivi tra 25 e 34 anni sono pari a 1.495.000 euro: un vero e proprio primato negativo per il nostro paese nell’Unione europea, con un tasso del 24,2% a fronte del 14,1% della media dell’Ue.
Anche in questo contesto pesano le tasse – o più correttamente – il cuneo fiscale sul lavoro. Nel nostro paese è pari al 41,1%, che corrisponde a 3,5 punti in più rispetto al 41,6% della media dei 22 paesi avanzati membri dell’Unione europea e a 10,3 punti in più rispetto alla media dei paesi che fanno parte dell’Ocse.
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Pensioni, ecco il calendario dei pagamenti di dicembre 2024
Reso noto il calendario dei pagamenti delle pensioni del mese di dicembre 2024. Ecco quando verranno pagate.
A dicembre, come ogni mese, arriva puntuale come un orologio svizzero il pagamento delle pensioni. Ma non solo: verranno messe in pagamento alcune prestazioni sociali ed assistenziali previste per le famiglie e i disoccupati.
Andiamo a vedere, quindi, quando verranno messi in pagamento, nel corso del mese di dicembre 2024 le prestazioni dell’Inps. In questa sede non ci soffermeremo unicamente sulla pensione, ma daremo uno sguardo anche alla Naspi, all’assegno di inclusione e all’assegno unico. Ma vediamo una per una le date dei pagamenti previste nel prossimo mese.
Pensione, quando verrà pagata a dicembre
Come ogni altro mese, a dicembre la pensione verrà messa in pagamento il primo giorno bancabile: l’accredito, quindi, avverrà il 2 dicembre 2024 nel caso in cui il pagamento avvenga presso Poste italiane o negli altri istituti di credito tramite bonifico sul conto corrente postale o bancario.
Le pensioni inizieranno ad essere disponibili sempre dal 2 dicembre 2024 anche per i titolari di un Libretto di Risparmio, di un Conto BancoPosta o di una PostePay che abbiano optato per l’accredito diretto. Quanti siano in possesso di una Carta di Debito associata a dei conti o dei libretti o di Poste Pay avranno, quindi, la possibilità di fare i prelievi in contanti direttamente presso gli Atm Postamat più vicini a casa, senza la necessità di doversi recare direttamente allo sportello.
Discorso diverso, invece, per quanti hanno intenzione di ritirare le loro pensioni in contanti direttamente ad uno sportello. In questo caso devono rispettare l’ordine alfabetico, che si articola in questo modo:
- lunedì 2 dicembre 2024: A- B;
- martedì 3 dicembre 2024: C- D;
- mercoledì 4 dicembre 2024: E- K;
- giovedì 5 dicembre 2024: L – O;
- venerdì 6 dicembre 2024: P – R;
- sabato 7 dicembre 2024 (solo mattina): S- Z.
Ricordiamo che le pensioni possono essere ritirate presso uno dei 12.800 Uffici Postali che sono disseminati in tutto il territorio nazionale. Chi dovesse avere la necessità di ulteriori informazioni può consultare il sito di Poste Italiane o chiamare il numero verde: 800.003322.
Non c’è solo la pensione: gli altri pagamenti
Ad essere messa in pagamento nel corso del mese di dicembre 2024 non è solo la pensione. Verso la metà del mese – più correttamente il 17, il 18 e il 19 dicembre – viene messo in pagamento l’assegno unico. Le spettanze arriveranno a quanti lo stanno già percependo: nel caso in cui ci siano state delle modifiche o la domanda è stata presentata successivamente, l’accredito arriverà alla fine del mese successivo rispetto a quello di presentazione dell’istanza.
Volendo dare uno sguardo agli altri pagamenti oltre a quello delle pensioni, ricordiamo che a metà mese è prevista l’erogazione della Naspi di dicembre 2024. La data esatta di erogazione del contributo varia a seconda del giorno nel quale è stata presentata la domanda di disoccupazione. Quanti avessero la necessità di conoscere quale sia la data esatta possono consultare online il proprio fascicolo previdenziale, accedendo al sito istituzionale dell’Inps con lo Spid, la Cns o la Cie. Le stesse date coinvolgono quanti stanno percependo la Dis-Coll.
Ideologicamente molto lontano dalle pensioni è l’assegno di inclusione: una misura nata recentemente – ha visto la luce ufficialmente il 1° gennaio 2024 -: è stato avviato subito dopo la l’introduzione del supporto per la formazione e il lavoro, che è partito nel corso del mese di settembre 2024. La misura può essere richiesta telematicamente attraverso il portale dell’Inps o appoggiandosi sui patronati o sui Centri di Assistenza Fiscale.
Il contributo viene erogato dopo la verifica dei requisiti e decorre dal mese successivo rispetto a quello nel quale è stato sottoscritto il PAD. È importante sottolineare che l’erogazione è subordinata alla partecipazione ad un percorso realizzato su misura per il richiedente che prevede la partecipazione ad alcuni progetti di inclusione sociale e lavorativa. La prossima mensilità dovrebbe arrivare intorno al 27 dicembre 2024.
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