Connect with us

Finanza Personale

Bonus Natale 2024, cambiano i requisiti per richiederlo. Ecco quali sono quelli nuovi

I requisiti per ottenere il bonus Natale 2024 sono cambiati. Non è più necessario che il coniuge sia a carico, anzi può lavorare e avere un suo reddito.

Pubblicato

on

Attraverso il Decreto Legge n. 167 del 14 novembre 2024 sono stati cambiati i requisiti per accedere al bonus Natale 2024. Per potervi accedere è necessario avere un figlio a carico – non più anche il coniuge – e deve essere rispettata una soglia massima di reddito. 

Prima di proseguire è bene ricordare che il bonus Natale 2024 spetta ai lavoratori dipendenti che abbiano almeno un figlio a carico: vengono presi in considerazione tutti i figli, compresi quelli nati al di fuori del matrimonio e quelli che che sono stati riconosciuti, adottati, affiliati o affidati.

Ma entriamo nel dettaglio e cerchiamo di capire quali requisiti per poter accedere alla misura.

Bonus Natale 2024, i requisiti per potervi accedere

Il lavoratore dipendente che ha intenzione di accedere al bonus Natale 2024 deve rispettare una particolare soglia di reddito, che deve essere inferiore a 28.000 euro. All’interno di questa cifra vengono considerate tutte le somme percepite a vario titolo dal contribuente, anche quelle esenti, come, per esempio, le agevolazioni che sono previste per il rientro dei cervelli per il regime rimpatriati. La circolare n.19/2024 dell’Agenzia delle Entrate, ad ogni modo, considera anche una serie di aspetti economici:

  • i redditi da locazione che sono assoggettati a cedolare secca;
  • i redditi che sono sottoposti alla flat tax a seguito dell’applicazione del regime forfettario per quanti svolgono un’attività previdenziale o d’impresa;
  • la quota di agevolazione Ace;
  • le mance per le quali – stando a quanto previsto dalla Legge di Bilancio 2023 – viene applicata la flat tax.

Uno dei requisiti più importanti per poter accedere al bonus Natale 2024 è quello di essere in possesso della capienza fiscale necessaria. In altre parole l’imposta lorda sui redditi da lavoro dipendente deve essere superiore a quello della detrazione per lavoro dipendente.

Ai fini del conteggio del reddito non deve essere preso in considerazione il reddito relativo all’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e quello delle relative pertinenze.

Non è necessario, inoltre, che l’eventuale coniuge sia carico. Può, addirittura, avere una condizione economica più favorevole: questo, ad ogni modo, non preclude l’accesso al bonus Natale 2024.

Il contributo si può chiedere una sola volta

A differenza di quanto accade con gli altri contributi, per richiedere il bonus Natale 2024 viene preso in considerazione il reddito e non l’Isee. Nel caso in cui all’interno del nucleo familiare entrambi i coniugi abbiano un reddito da lavoro dipendente possono ottenere il bonus Natale 2024 una sola volta.

Per accedere al sussidio è necessario presentare un’apposita domanda, che dovrà essere inoltrata al proprio datore di lavoro. Quella che deve essere compilata, in estrema sintesi, è un’autocertificazione sul possesso dei requisiti. All’interno del documento devono essere inseriti alcuni dati importanti, come il codice fiscale dei familiari che sono fiscalmente a carico. Il datore di lavoro, a questo punto, erogherà i 100 euro insieme alla tredicesima, direttamente nella busta paga.

Per recuperare la somma, il datore di lavoro, potrà utilizzare la somma sotto forma di credito, che dovrà utilizzare in compensazione. L’importo previsto è pari ad un massimo di 100 euro e deve essere calcolato sulla base dei giorni effettivamente lavorati dal dipendente. A poco importano i tipi di contratti sottoscritti – determinato o indeterminato – o l’orario di lavoro – part time o a tempo pieno -.

Quello a cui devono prestare la massima attenzione i dipendenti sono le scadenze, soprattutto se lavorano nel settore pubblico. In questo caso per richiedere il bonus Natale 2024, è necessario presentare la domanda sul portale NoiPA entro e non oltre le ore 12 del 22 novembre 2024.

Quanti non dovessero riuscire a rispettare questa deadline si vedranno riconosciuto il contributo in un secondo momento, in fase di dichiarazione dei redditi 2025. I lavoratori che operano nel settore sanitario, invece, devono inoltrare l’istanza entro e non oltre il 27 novembre.

Laureato in materie letterarie e giornalista pubblicista iscritto all'Albo dal 2002 [Link di verifica iscrizione all'Albo]. Ho iniziato ad occuparmi di Economia fin da subito, concentrandomi dapprima sul mercato immobiliare, sul fisco e i mutui, per poi allargare i miei interessi ai mercati emergenti ed ai rapporti Usa-Russia. Scrivo di attualità, tasse, diritto, economia e finanza.

Click to comment

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

Finanza Personale

Pensioni, prevista un’indicizzazione davvero ridicola: 3 euro al mese

L’indicizzazione delle pensioni, nel 2025, è davvero ridicola: per le minime di parla di 3 euro la mese. Nemmeno due caffè.

Published

on

Pensioni, prevista un'indicizzazione davvero ridicola: 3 euro al mese

Al via l’indicizzazione delle pensioni, ma senza arricchire i beneficiari degli assegni previdenziali. A partire dal 1° gennaio 2025 le minime aumenteranno del 2,2%, che, molto pragmaticamente, comporteranno la possibilità di ricevere ogni mese 3 euro in più. Una cifra che potrà servire, al massimo, a prendere due caffè al bar.

La tanto attesa indicizzazione delle pensioni ci sarà, ma non andrà ad impattare molto sulle tasche dei beneficiari. Ad ogni modo il testo provvisorio della Legge di Bilancio 2025 conferma la rivalutazione straordinaria degli assegni previdenziali, che per il 2025 si fermerà al 2,2%, mentre per il 2026 sarà all’1,3%.

Se non ci fosse stata questa previsione normativa, l’importo minimo degli assegni previdenziali si sarebbe ridotto. Incredibile anche solo a pensarlo, ma questo è un dato di fatto.

Ma cerchiamo di capire cosa cambierà dal prossimo anno e quali sono gli importi che arriveranno con le pensioni minime.

Pensioni minime 2025, le novità previste

Dal 1° gennaio 2025 sono previste alcune importanti novità per quanto riguarda le pensioni. Lo scorso 15 ottobre 2024 il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di Legge di Bilancio, attraverso il quale sono stati confermati alcune misure che ruotano attorno al sistema previdenziale italiano e che permettono di andare in pensione anticipatamente. Nello specifico si è iniziato ad operare intorno a Quota 103, Opzione Donna ed Ape Sociale.

Le misure che abbiamo appena elencato verranno confermate con gli stessi requisiti che sono in vigore già dal 2024. Nel corso della conferenza stampa di presentazione del DDL Bilancio, Giancarlo Giorgetti, Ministro dell’Economia, ha spiegato che a partire dal prossimo anno è previsto un aumento per le pensioni minime, anche se gli importi sono meno corposi rispetto a quanto era previsto inizialmente.

I titolari del trattamento minimo dell’Inps, oltre alla rivalutazione annuale, potranno beneficiare di un altro aumento, che è stato introdotto nel 2023 per contrastare l’inflazione, ma che non sarà più pari al 2,7% ma si fermerà al 2,2%. Una percentuale che è destinata a scendere ulteriormente a partire dal 2025, quando passerà all’1,3%.

Già la precedente indicizzazione delle pensioni prevedeva un aumento ridicolo degli assegni: la nuova percentuale permette di far arrivare nelle tasche dei diretti interessati una cifra ancora più bassa, pari a 3 euro.

L’assegno minimo Inps, oggi come oggi, è pari a 614 euro. Grazie a questa ulteriore indicizzazione l’importo si andrà ad attestare intorno ai 617 euro, ancora meno rispetto ai 625 euro che in molti prospettavano all’inizio e ben lontani dai 1.000 euro a cui molti partiti della maggioranza avevano puntato.

Aumenti ridicoli, ma senza loro gli importi sarebbero più bassi

Senza dubbio l’indicizzazione delle pensioni è veramente ridicola. Ma se non ci fosse stata, gli assegni previdenziali sarebbero stati addirittura ridotti. Le pensioni minime, infatti, partono da 598,10 euro e considerando un adeguamento all’inflazione che ruota intorno all’1% – senza alcun tipo di rivalutazione – l’importo dell’assegno previdenziale sarebbe diventato pari a 604 euro.

Da premettere, ad ogni modo, che le discussioni intorno al testo della Legge di Bilancio 2025 rimangono ancora aperte e l’effettiva rivalutazione degli importi dell’assegno previdenziale saranno condizionati dalle risorse che saranno effettivamente a disposizione.

A partire dal 2025, inoltre, cambierà anche il meccanismo dell’indicizzazione degli assegni previdenziali al costo della vita. Stiamo parlando, in estrema sintesi, della rivalutazione – o perequazione automatica che dir si voglia – che viene effettuata ogni anno. E che serve per andare ad adeguare gli importi erogati all’inflazione.

Non sono più previsti i tagli fissati alle rivalutazioni che abbiamo visto nel corso degli ultimi due anni: la rivalutazione tornerà ad essere piena e seguirà il sistema previsto dalla Legge n. 388/2000, che è organizzato su tre fasce di reddito:

  • per i trattamenti fino a quattro volte il minimo: 100%;
  • fino a cinque volte il minimo: 90%;
  • superiori a 6 volte il minimo: 75%.
Continue Reading

Finanza Personale

L’Agenzia delle Entrate invia 3 milioni di lettere ai contribuenti. Ecco chi dovrà mettersi in regola

Sono circa 3 milioni le lettere che l’Agenzia delle Entrate invierà ai contribuenti: verrò chiesto loro di mettersi in regola al più presto.

Published

on

L'Agenzia delle Entrate invia 3 milioni di lettere ai contribuenti. Ecco chi dovrà mettersi in regola

L’Agenzia delle Entrate invia qualcosa come 3 milioni di lettere di compliance ai contribuenti. Le missive, che partiranno dal prossimo 1° gennaio 2025, sono la prima fase della sfida che il fisco ha avviato per regolarizzare i rapporti con i contribuenti. L’intento è quello di muoversi in anticipo e di giocare su più fronti. 

Ma cerchiamo di capire nel dettaglio come ha intenzione di muoversi l’Agenzia delle Entrate a partire dal prossimo anno e quali saranno i soggetti interessati dalla novità.

Agenzia delle Entrate, dal 2025 partiranno 3 milioni di lettere

Una nuova convenzione siglata tra il Ministero delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate prevede che a partire dal prossimo anno partano qualcosa come 3 milioni di comunicazioni. Sono diversi i fronti di intervento sui quali gli uffici tributari hanno intenzione di lavorare. Il più importante è costituito dall’omessa presentazione delle comunicazioni periodiche dell’Iva nel momento in cui siano state emesse delle fatture elettroniche o ci siano dei corrispettivi telematici regolarmente trasmessi. Per ogni singolo trimestre, l’Agenzia delle entrate provvederà ad effettuare una verifica per accertarsi se il contribuente abbia effettuato delle operazioni attive: nel caso in cui non dovesse essere presentata la relativa comunicazione, verrà inviata una lettera di compliance che invita il destinatario a regolarsi nelle dichiarazione.

A questo tipo di segnalazione se ne vanno ad aggiungere le segnalazioni relative all’omessa o infedele dichiarazione da parte delle persone fisiche e quelle relative alle anomalie che sono state riscontrate nella dichiarazione dei dati Isa. Le segnalazioni, inoltre, possono riguardare le eventuali anomalie riscontrate dai confronti tra i pagamenti elettronici ricevuti da quanti sono titolari di partita Iva e i corrispettivi che sono stati riportati all’interno della dichiarazione dei redditi.

L’Agenzia delle Entrate, inoltre, farà partire un ulteriore alert in anticipo: ad essere coinvolti, questa volta sono i titolari di redditi da lavoro dipendente e assimilati, ma anche quanti stiano percependo dei redditi da locazione: nel caso in cui non dovessero aver presentato la dichiarazione dei redditi il fisco li richiamerà all’ordine. In questo caso avranno la possibilità di regolarizzare la propria posizione entro 90 giorni dalla scadenza ordinaria della dichiarazione.

Le lettere di compliance dell’Agenzia delle Entrate

Le operazioni che l’Agenzia delle Entrate metterà in campo a partire dal 2025 si collocano all’interno dei tradizionali alert effettuati ormai da molto tempo e che hanno lo scopo di sollecitare i contribuenti a mettersi in regola. Solo per avere un’idea dell’operatività in questo senso basti pensare che nel 2015 le lettere di compliance inviate dall’AdE sono state poco più di 300mila, che hanno permesso di recuperare 300 milioni di euro. Nel 2023 sono diventate 3 milioni, con recuperi pari a 4,2 miliardi di euro.

Anche nel 2025 l’Agenzia delle Entrate proseguirà con le sue modalità di intervento: l’amministrazione tributaria ha, infatti, intenzione di continuare ad utilizzare questi strumenti in modo da creare dei rapporti non troppo conflittuali con i contribuenti. Ma soprattutto permettendo a questi ultimo di raccogliere le segnalazione che arrivano dai vari uffici e regolarizzare la propria posizione con delle sanzioni ridotte grazie al ravvedimento. Una soluzione che permetterà all’amministrazione tributaria di concentrare le proprie risorse su delle situazioni che comportino un maggior rischio fiscale.

I rapporti tra l’Agenzia delle Entrate sono un tema quanto mai importante, tanto da essere al centro di un convegno che si è tenuto in questi giorni a Pistoia dal titolo Etica & Fisco, nel corso del quale Ernesto Maria Ruffini, direttore dell’Agenzia delle Entrate, retoricamente si è domandato come possa esistere una società senza tasse? sarebbe una società senza servizi, non in grado di rispondere alle esigenze dei cittadini.

Le lettere di compliance dell’AdE vengono inviate proprio sulla scia di questo ragionamento, con l’intento di far regolarizzare i contribuenti e fornire i servizi alla società.

Continue Reading

Finanza Personale

Pensione, a dicembre arriveranno 154,94 euro in più. A chi spetta l’importo aggiuntivo

Con l’erogazione della mensilità di dicembre della pensione verrà riconosciuto un importo aggiuntivo ad alcune persone. Vediamo a chi spetta.

Published

on

Pensione, a dicembre arriveranno 154,94 euro. A chi spetta l'importo aggiuntivo

Con la pensione che verrà erogata nel corso del mese di settembre arriveranno 154,94 euro in più. Ma attenzione: l’importo non spetta trasversalmente a tutti. L’Inps ha appena finito di calcolare e verificare a chi spetta l’importo aggiuntivo introdotto con la Legge n. 388/200 dal 2001 in poi. A fornire alcune informazioni su contributo aggiuntivo è la stessa Inps, che ha spiegato – con il messaggio 3821 del 15 novembre 2024 – che per chi percepisce una pensione gestita con i sistemi integrati il pagamento verrà effettuato a livello centrale in via provvisoria, in attesa che vengano effettuate le dovute verifiche sul reddito del percipiente.

Nel caso in cui la pensione sia gestita nei sistemi proprietari della Gestione Pubblica ed ex Inpgi, il pagamento viene erogato dalle competenti sedi territoriali dell’Inps, dopo aver verificato la sussistenza dei requisiti.

Pensione, chi riceve l’importo aggiuntivo

L’Inps ha comunicato che l’importo aggiuntivo in pensione verrà percepito da oltre 400.000 beneficiari e verrà corrisposto con la mensilità di dicembre. Chi dovesse ricevere questo importo, la comunicazione con il dettaglio del pagamento conterrà la seguente indicazione:

Importo aggiuntivo (Legge 23 dicembre 2000, n. 388) – CREDITO ANNO 2024.

Questo importo non è da confondersi con la quattordicesima, la cui indicazione di pagamento è la seguente:

QUATTORDICESIMA (LEGGE 3 AGOSTO 2007, N. 127) – CREDITO ANNO 2024.

La quattordicesima viene riconosciuta a 200.000 beneficiari.

L’importo aggiuntivo viene corrisposto a quanti ricevono uno o più trattamenti pensionistici a carico dell’assicurazione generale obbligatoria o delle altre forme pensionistiche obbligatorie gestite da altri enti.

L’importo non spetta a chi sta ricevendo una pensione di vecchiaia liquidata in regime di cumulo a formazione progressiva, fino a quanto la prestazione non risulti essere completata in ogni sua quota. Risultano, inoltre essere escluse:

  • le pensioni supplementari;
  • le pensioni detassate per la convenzione sulla doppia imposizione;
  • le pensioni con sostituzione Stato o rivalsa Enti locali;
  • le pensioni con pagamento localizzato presso uffici pagatori delle strutture territoriali;
  • le pensioni con importo mensile di dicembre 2023 pari a zero;
  • le pensioni eliminate.
Continue Reading

Finanza Personale

Inflazione, a Bolzano il carrello della spesa costa 579 euro in più, a Roma 388 euro

L’inflazione ha un impatto diverso nelle città: a Bolzano il carrello della spesa è aumentato molto di più che ad Aosta. Vediamo cosa cambia.

Published

on

Inflazione, a Bolzano il carrello della spesa costa 579 euro in più, a Roma 388 euro

L’inflazione ad ottobre ha registrato una variazione nulla su base mensile, ma è aumentata dello 0,9% su base annua. Il mese precedente era ad un +0,7%. L’Istat, sostanzialmente, ha confermato la stima preliminare con la quale aveva previsto un che l’inflazione risalisse a +0,9%, anche se il quadro congiunturale generale rimane stabile.

Se è vero che a livello complessivo l’inflazione è salita dello 0,9%, è pur vero che il costo della vita non è uguale in tutte le città italiane. Riempire il carrello della spesa comporta degli oneri differenti a seconda della latitudine nella quale si abita. Ma entriamo un po’ più nel dettaglio e cerchiamo di capire quali differenze ci sono nelle varie città del nostro paese.

Inflazione, quali sono le città più care d’Italia

L’Istat ha reso noti i dati territoriali dell’inflazione riferiti al mese di ottobre 2024. Partendo da questa base l’Unione Nazionale Consumatori ha preparato una lista delle città più care del nostro Paese: quelle, in altre parole, dove il costo della vita è più alto. O dove, più correttamente, è aumentato di più. Per effettuare l’analisi sono stati presi in considerazione i capoluoghi di regione o i comuni con almeno 150 mila abitanti.

Bolzano si colloca in cima a questa particolare classifica: l’inflazione tendenziale, in questo caso, è su un +2%. In termini pragmatici questo si trasforma in una maggior spesa da parte delle famiglie media pari a 579 euro. La medaglia d’argento, invece, spetta a Roma, dove, pur registrando la quarta inflazione più alta d’Italia, porta a casa il secondo maggiore incremento di spesa all’anno: 388 euro per ogni famiglia. Sempre sul podio, ma nel gradino più basso troviamo Trento, dove con un’inflazione in crescita dell’1,3% la spesa supplementare risulta essere pari a 383 euro per una famiglia media.

Procedendo troviamo Siracusa, che grazie alla sua seconda maggiore inflazione – pari ad un +1,7% – fa pagare alle famiglie 364 euro in più. a seguire troviamo:

  • Padova: inflazione in crescita del 1,4%, mentre la spesa aumenta di 360 euro;
  • Parma, Ferrara e Rimini. Per tutte e tre le città i numeri sono i seguenti:+1,3% e +353 euro;
  • Ravenna: +1,2%, +326 euro.

A chiudere la top ten delle città nelle quali l’inflazione pesa di più sulla spesa delle famiglie troviamo Macerata: con il suo +1,6% si trova al terzo posto per l’inflazione, ma l’incremento della spesa è pari solo a 322 euro.

Le città più economiche d’Italia

Andando, invece, a vedere le città più virtuose del nostro paese troviamo Aosta, dove si è iniziata a registrare la deflazione: -0,2%. Le famiglie hanno iniziato a risparmiare 52 euro. A pari merito al secondo posto troviamo Forlì e Cesena, anche loro in deflazione (-0,1%): in questo caso le famiglie riescono a risparmiare 27 euro. Potenza conquista la medaglia di bronzo, con una variazione nulla.

All’interno della classifica delle città più virtuose troviamo:

  • Biella: +0,1%, +23 euro;
  • Modena: +0,1%, +27 euro;
  • Teramo: +0,2%, +45 euro;
  • Novara: +0,2%, +50 euro;
  • Firenze: +0,2%, +52 euro;
  • Lodi: +0,2%, 52 euro.

A chiudere la top ten delle città più virtuose troviamo Cremona, con il suo +0,2% pari a 56 euro.

Dando, invece, un’occhiata alle regioni più costose, con un’inflazione annua pari a +1,6% troviamo il Trentino Alto Adige, dove le famiglie si ritrovano a dover pagare 455 euro in più ogni anno. Subito dopo arriva il Lazio, nel quale la crescita dei prezzi è pari all’1,4%: il costo della vita, in questo caso, ha registrato un’impennata pari a 342 euro. In terza posizione c’è la Liguria con il suo +1,1% e un rincaro annuo pari a 256 euro.

La Valle d’Aosta, invece, è la regione dove si risparmia di più: l’unica ad essere in deflazione: -0,2% pari a -52 euro. Seguono:

  • Basilicata: +0,1%, +21 euro;
  • Molise: +0,4%, +83 euro.
Continue Reading

Finanza Personale

Tari, attenzione alle scadenze. Cosa succede se non la si paga in tempo

Attenzione alle scadenze Tari del 2024. Chi non versa la tassa entro il 30 novembre va incontro a delle conseguenze realmente pesanti.

Published

on

Tari, attenzione alle scadenze. Cosa succede se non la si paga in tempo

Si avvicina a passo spedito la scadenza della Tari 2024, che è prevista per il prossimo 30 novembre (il Comune di Milano, in questi giorni, ha comunicato invece che la scadenza è stata fissata al 6 dicembre). Questa deadline deve essere fissata in calendario: dimenticarsi di passare alla cassa potrebbe diventare realmente costoso per i contribuenti, che devono mettere in conto delle sanzioni.

Tra l’altro attraverso il Decreto 87/2024 sono state introdotte delle modifiche importanti sulla Tari. Ma cerchiamo di capire a cosa devono stare attenti i contribuenti nel corso dei prossimi giorni.

Tari, le scadenze a cui prestare attenzione

La Tari – ossia la tassa sui rifiuti – ha uno scopo ben preciso: andare a coprire i costi del servizio di raccolta e smaltimento degli stessi. Questa tassa deve essere versata da quanti siano proprietari o siano in possesso a vario titolo di immobili che possano produrre dei rifiuti. È possibile evitare di pagare la Tari solo e soltanto nel caso in cui le abitazioni siano disabitate e non allacciate alle utenze

A determinare quali debbano essere le scadenze sono i vari Comuni, che si possono muovere a propria discrezione. Nel caso in cui non dovesse essere consegnato il bollettino con le rate, spetta al contribuente rivolgersi direttamente all’amministrazione comunale per riceverne copia.

Nella maggior parte dei casi l’importo della Tari viene suddiviso in due o tre rate. La deadline definitiva è fissata al 30 novembre – con l’eccezione del Comune di Milano, come abbiamo visto in apertura -. Il cittadino ha la possibilità di effettuare il pagamento in un’unica soluzione o nelle rate previste dal Comune, purché venga rispettato il termine ultimo. Nel caso in cui la Tari non dovesse essere pagata, possono scattare delle sanzioni, che sono proporzionate all’entità del ritardo.

Tari, cosa succede se si paga in ritardo

Chi dovesse pagare la Tari oltre la data di scadenza è passibile di sanzioni da parte del Comune. Grazie al ravvedimento operoso, però, è possibile ridurre gli importi da pagare: questo particolare istituto permette di regolarizzare in modo spontaneo eventuali errori o dimenticanze nel pagamento delle tasse e delle imposte.

Il ravvedimento operoso dà possibilità, in altre parole, di pagare la Tari non ancora versata, con una sanzione ridotta e gli interessi calcolati sull’importo che non è stato versato a tempo ed ora.

Generalmente gli importi che costituiscono le sanzioni sono condizionati dalla tempestività con la quale si regolarizza la propria posizione. Fino ad un po’ di tempo fa non era così: prima del Decreto Sanzioni l’ammenda era pari al 30% dell’imposta o della tassa che si doveva versare. Grazie alla nuova norma si è scesi ad un massimo del 25%..

Oggi come oggi, chi volesse regolarizzare il versamento della Tari entro quindici giorni, va incontro ad una sanzione pari ad un 1/15 per ogni giorno di ritardo. Nel caso in cui si dovesse effettuare il pagamento tra i 15 ed i 90 giorni la sanzione ammonta al 12,5% dell’imposta. Nel caso in cui il ritardo dovesse superare i 90 giorni l’ammenda è pari al 25%.

Chi, invece, non dovesse pagare la Tari proprio per niente e non dovesse aderire nemmeno al ravvedimento operoso va incontro a delle conseguenze più serie. Non si parla più di sanzioni, perché il comune potrebbe decidere, per esempio, di agire con l’esecuzione forzata, che può portare al pignoramento dei beni del trasgressore da parte di un tribunale.

Nel caso in cui un contribuente non dovesse pagare la Tari perché il bollettino non gli viene consegnato le cose cambiano un po’. La responsabilità, in questo caso, non cade su di lui. spetta, comunque, al contribuente contattare il Comune, segnalare il problema e regolarizzare la propria posizione.

Continue Reading

Trending