Finanza Personale
Bonus nido 2025, ecco chi potrà richiedere il contributo a 3.600 euro da gennaio
A partire dal 1° gennaio sarà possibile richiedere il bonus nido. Ecco chi potrà accedere al contributo e a quanto ammonta.
La Legge di Bilancio 2025 introduce importanti novità sul bonus nido, la misura riservata ai genitori dei bambini nati da poco. Per il 2024 l’importo erogato è stato aumentato ed è venuta meno una restrizione che, fino a questo momento, ne limitava sostanzialmente l’accesso: per ottenere il bonus nido non è più necessario avere un altro figlio con meno di dieci anni.
Tra le novità più importanti riservate alle famiglie una, tra l’altro, riguarda l’assegno unico: per le famiglie che lo percepiscono, almeno dal prossimo anno, non verrà più preso in considerazione per il calcolo dell’Isee, dando la possibilità di ottenere questo sostegno ad un numero maggiore di potenziali beneficiari.
Ma entriamo nel dettaglio e cerchiamo di capire come funziona il bonus nido.
Bonus nido, in cosa consiste
Volendo sintetizzare al massimo il bonus nido è un contributo riservato alle famiglie italiane, che serve a sostenere le spese necessarie per la frequenza degli asili nido, pubblici o privati che siano. Esistendo, ormai, da diversi anni, la misura è consolidata: l’importo erogato, oltre a servire per coprire le spese di frequenza, può essere utilizzato per usufruire di alcune forme di assistenza domiciliare per i bambini che sono affetti da gravi patologie, che non permettono loro di frequentare il nido. Nel momento in cui si vengono a configurare questi casi, il contributo può servire per attivare dei servizi di babysitting a casa.
Nel corso del 2024 attraverso il bonus nido è stato messo a disposizione delle famiglie con almeno due figli un contributo. Per ottenerlo era necessario che l’Isee familiare non superasse i 40.000 euro e in casa ci fosse un altro figlio con meno di dieci anni. Nel caso in cui fossero presenti questi requisiti, il contributo annuo era pari a 3.600 euro per quanti avessero un Isee inferiore a 40.000 euro. Quanti avessero un Isee superiore a 40.000 euro, invece, hanno potuto beneficiare di un contributo annuo pari a 1.500 euro, pari, grosso modo, a 136 euro ogni mese.
Nel caso in cui l’Isee non fosse stato presentato, si aveva diritto a ricevere l’importo minimo garantito, pari a 1.500 euro all’anno, come per l’assegno unico universale. Valido per un massimo di undici mesi all’anno, il contributo erogato non poteva superare l’importo della retta media pagata.
Cosa cambia nel 2025
Sono due le novità che arrivano dal prossimo anno: entrambe sono state introdotte dalla Legge di Bilancio 2025. La più importante, senza dubbio, la conferma degli importi previsti per i nuovi nati. La seconda prevede l’eliminazione dell’obbligo di avere un altro figlio minore di 10 anni per accedere al contributo, andando ad allargare la potenziale platea dei beneficiari. Questo significa, in estrema sintesi, che a partire dal 1° gennaio tutte le famiglie con un Isee inferiore a 40.000 euro possono accedere al bonus nido.
Ad ogni modo l’importo continuerà ad essere calibrato in base alla fascia del reddito familiare:
- con un Isee fino a 25.000 euro si potranno ricevere fino a 3.600 euro l’anno, che corrispondono grosso modo a 327 euro al mese;
- lo stesso importo – quindi 3.600 euro – spetteranno alle famiglie con un Isee compreso tra 25.001 euro e 40.000 euro;
- le famiglie con un Isee superiore a 40.000 euro rimarrà il limite massimo di 1.500 euro; che corrispondono a 136 euro al mese.
Il bonus nido può essere richiesto fino al compimento dei tre anni del bambino, anche se è stato adottato. ad erogare il contributo è direttamente l’Inps, che li verserà nel corso dei mesi di frequenza. Nel caso in cui il bambino dovesse compiere 36 mesi nel corso dell’anno, il bonus nido viene erogato solo fino al mese di agosto.
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Piattaforma Siisl, da oggi vi può accedere anche chi cerca lavoro
Si estende la possibilità di accedere alla piattaforma Siisl, che da oggi può essere utilizzata anche da quanti sono alla ricerca di un lavoro.
Importanti novità coinvolgono da oggi la piattaforma Siisl – acronimo di Sistema Informativo per l’Inclusione Sociale e Lavorativa -, che diventa accessibile a quanti siano alla ricerca di un lavoro. L’obiettivo è quello di facilitare l’incontro tra la domanda e l’offerta.
Ma entriamo un po’ nel dettaglio e cerchiamo di capire quali siano le novità che coinvolgono la piattaforma Siisl.
Piattaforma Siisl, cosa cambia da oggi
Attivata nel corso del mese di settembre 2023, la piattaforma Siisl, in un primo momento, era dedicata unicamente a quanti stessero ricevendo il Supporto Formazione e Lavoro. Da gennaio di quest’anno, invece, vi hanno potuto accedere anche quanti stessero percependo l’assegno di inclusione. L’iscrizione, per quanti ricevono i suddetti contributi, è obbligatoria. Così come la partecipazione ai corsi di formazione o ad altre misure di inclusioni che sono collegate alle misure di supporto al reddito.
A partire dal 24 novembre 2024 sono stati caricati i dati anche di quanti stanno percependo la Naspi e la Dis-Coll, in modo da fornire loro un valido supporto nella ricerca di una nuova attività occupazionale o formativa. La piattaforma Siisl, da oggi 18 dicembre 2024, è aperta a quanti stiano cercando un lavoro o abbiano intenzione di cambiarlo.
Grazie a questo ulteriore allargamento del bacino d’utenza della piattaforma Siisl, il numero dei potenziali utenti è cresciuto a 25 milioni. Attraverso l’adozione dell’intelligenza artificiale, inoltre, il sistema è in grado di creare un matching tra la domanda e l’offerta di lavoro, in modo da rendere il processo leggermente più trasparente.
Secondo Marina Calderone, Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, con l’apertura della piattaforma Siisl si sta fornendo un segnale forte e chiaro sull’impegno dell’Italia per la creazione di un mercato del lavoro più inclusivo e dinamico.
Come funziona la piattaforma Siisl
Il funzionamento della piattaforma Siisl è molto semplice: per potervi accedere è sufficiente recarsi sulla pagina dedicata del Ministero del Lavoro. È necessario autenticarsi con le proprie credenziali elettroniche: la carta d’identità elettronica o lo Spid.
Una volta effettuate queste prime operazioni, è necessario caricare il proprio curriculum vitae, in modo che il sistema sia in grado di riconoscere quali siano le esperienze lavorative del passato e gli studi effettuati. Grazie a questi dati potrà calibrare le ricerche di lavoro.
I dati non si baseranno esclusivamente su quelli del curriculum, ma sarà possibile indicare anche i propri interessi, in modo da poter orientare l’algoritmo verso certi settori. A questo punto verranno presentate le offerte di lavoro ritenute più idonee con il profilo di quel particolare candidato. Attraverso la piattaforma Siisl, inoltre, sarà possibile candidarsi per sostenere un colloquio presso le imprese in questione.
Dal punto di vista dei cittadini la piattaforma Siisl costituisce un valido strumento per caricare il proprio curriculum vitae e rendere note quali siano le proprie aspettative. Ma, soprattutto, valutare le offerte formative e di lavoro che vengono selezionate con l’intelligenza artificiale.
Le imprese potranno accedere alla piattaforma Siisl passando sempre dal sito del Ministero: potranno caricare gli annunci, rispondere a quanti manifestano interesse per una determinata posizione e individuare la persona più adatta alle proprie esigenze.
L’Inps ha comunicato che fino a questo momento risultano registrati qualcosa come 2,3 milioni di utenti, con qualcosa come 300mila curriculum vitae caricati. Sono stati pubblicati qualcosa come 63mila corsi di formazione.
A partire dal mese di febbraio 2025 i centri per l’impiego potranno accedere al portale Siisl per supportare la compilazione dei curriculum vitae e dei Patti di Attivazione digitale. Sempre dal prossimo anno l’accesso verrà esteso anche ai collaboratori che stanno percependo l’indennità Iscro e ai cittadini stranieri che sono in possesso di un permesso di lavoro. Ma non solo, dal prossimo anno Siisl potrebbe diventare un’app per lo smartphone.
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Regali di Natale, si spenderanno 225 euro a testa per acquistare i doni
Per effettuare i regali di Natale di spenderanno fino a 225 euro a testa. La scelta ricadrà principalmente sulla moda e i profumi.
Tempo di regali di Natale: manca ancora una manciata di giorni al 24 dicembre e lo shopping entra letteralmente nel vivo. Un italiano su due – più correttamente il 53% – deve ancora acquistare i doni da mettere sotto l’albero. Mediamente si prevede che si possano fare poco meno di nove regali a testa: la spesa prevista si attesta complessivamente a 8,1 miliardi di euro, con un budget pro capite di 225 euro. Per i regali di Natale si preferiranno principalmente i capi e gli accessori di moda, ma anche giocattoli, prodotti di profumeria e i libri.
A mettere in risalto questi numeri è un sondaggio condotto da Ipsos per conto di Confesercenti, che ha analizzato in un campione di consumatori italiani sui regali di Natale.
Regali di Natale, quanto conta la tredicesima
A condizionare la voglia di spesa per i regali di Natale è l’inizio del recupero dei salari reali a cui si aggiunge la crescita dell’occupazione. Generalmente questi due fattori contribuiscono ad innescare un’accelerazione dei consumi, ma le famiglie sono prudenti anche sotto le vacanze di Natale.
I consumatori, mediamente, prevedono di spendere intorno ai 225 euro per acquistare dei regali di Natale. La previsione, grosso modo, è simile a quella dello scorso anno, quando la cifra si aggirava intorno ai 223 euro. Il budget, però, si alza tra quanti percepiranno la tredicesima: questi ultimi hanno intenzione di destinare 270 euro ai regali di Natale. Stiamo parlando del 20% in più.
Con l’avvicinarsi della vigilia, le famiglie iniziano a preferire il canale retail offline per effettuare i regali di Natale. I negozi stanno battendo l’online 6 a 4: il punto vendita fisico viene scelto nel 61% dei casi per effettuare gli acquisti. Il 46% dei consumatori si recherà presso un negozio di vicinato o in un centro commerciale, il 10% sceglie un monomarca di una grande catena di distribuzione e il 4% si recherà presso un mercato o un mercatino. Il 34% dei regali di Natale, invece, viene acquistato direttamente online. utilizzando principalmente le grandi piattaforme (36%). Si è ridotta del 2% la quota degli acquisti che vengono effettuati direttamente sul sito del produttore.
Regali di Natale, si preferisce la moda
Per i regali di Natale quest’anno le famiglie passeranno dalle boutique: il 47% dei consumatori afferma di puntare a dei prodotti di abbigliamento e accessori, mentre un buon 19% ha intenzione di puntare a delle calzature. Tra i regali più ricercati – al secondo posto – troviamo i prodotti di cosmetica: almeno il 42% degli intervistati afferma di preferire questo tipo di oggetto per fare dei regali di Natale. A chiudere il podio troviamo giochi e giocattoli, che interessano il 37% degli intervistati: videogiochi, bambole e giochi in scatole sono le categorie più ricercate.
Tra i regali di natale pi scelti ci sono anche:
- libri e prodotti editoriali: 33%;
- tecnologia: 32%, anche se vengono preferiti dei doni il cui costo rimane al di sotto dei 150 euro;
- dono gastronomico: 30%;
- prodotto da enoteca: 23%;
- gioielli/bigiotteria: 26%;
- oggettistica e prodotti da collezione: 24%.
L’incertezza, sia a livello economico che politico, tende infatti a frenare la fiducia delle famiglie, che continuano ad adottare comportamenti prudenti, privilegiando il risparmio e limitando le spese discrezionali – spiegano da Confesercenti -. In questo contesto, l’esito delle vendite natalizie dipenderà in larga misura dall’andamento della settimana finale, tradizionalmente cruciale per il periodo festivo, poiché contribuisce per circa il 50% alle vendite complessive dei regali. Sarà quindi fondamentale monitorare con attenzione le tendenze di consumo in questi ultimi giorni per valutare l’effettiva ripresa o conferma della prudenza nelle scelte di spesa. Ricordando che una ripresa stabile e duratura dei consumi richiede politiche economiche strutturali, orientate al rafforzamento del potere d’acquisto e alla riduzione del carico fiscale.
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Andare in pensione a 64 anni nel 2025, con i fondi complementari si può
A partire dal 2025 si potrà andare in pensione a 64 anni grazie ai fondi complementari. Come funziona la nuova misura.
Nel 2025 sarà possibile andare in pensione a 64 anni. Ad introdurre la novità è un emendamento alla Legge di Bilancio 2025, attraverso il quale si ha intenzione di rendere leggermente più flessibile l’uscita dal mondo del lavoro. Si potrà accedere all’assegno previdenziale così presto, però, solo se si ha già maturato almeno 20 anni di contributi e si è completamente ed interamente nel regime contributivo. E, soprattutto. cumulando gli importi del fondo complementare. Questi ultimi sono importanti unicamente – una volta sommati ai contributi previdenziali – per raggiungere l’importo richiesto per andare in pensione a 64 anni.
Ma entriamo un po’ nel dettaglio e cerchiamo di capire chi coinvolge questa importante novità.
Andare in pensione a 64 anni nel 2025
Ruolo importante e determinante per poter andare in pensione al compimento dei 64 anni l’hanno i fondi complementari. Attraverso questi strumenti di risparmio privati, i lavoratori hanno la possibilità di integrare l’assegno previdenziale che viene erogato dal sistema pubblico (prima di tutto l’Inps). Spostando in questi strumenti una determinata cifra – magari parte del Tfr, il Trattamento di Fine Rapporto – è possibile creare una rendita che, nel momento in cui si andrà in pensione, potrà essere affiancata al tradizionale assegno previdenziale.
I fondi complementari giocheranno un ruolo molto importante per chi avesse intenzione di andare in pensione al raggiungimento dei 64 anni. Per il raggiungimento dell’importo minimo per accedere alla pensione viene ammessa la somma tra i contributi previdenziali e i fondi complementari.
Ricordiamo che attualmente la normativa permette di andare in pensione a 64 anni, nel caso in cui il lavoratore abbia maturato almeno 20 anni di contributi e se l’importo dell’assegno previdenziale che percepirà risulti essere pari ad almeno 3 volte la pensione minima per gli uomini e 2,8 volte per le donne. La novità si va ad inserire proprio nelle regole per accedere al suddetto importo: per raggiungerlo è possibile utilizzare anche la rendita del fondo complementare.
Stando ad alcune stime, la novità dovrebbe coinvolgere una platea ristretta: i lavoratori che operano unicamente nel regime contributivo hanno al massimo 28 anni di contributi, otto in più rispetto a quelli previste. Un maggiore effetto potrebbe essere atteso a partire dal 2030, quando la quota dei lavoratori che avranno raggiunto i requisiti minimi sarà più consistente.
Nel caso in cui la cumulabilità con i fondi previdenziali complementari dovesse essere estesa anche ai lavoratori che operano nel regime misto retributivo/contributivo pre 1996, la platea potrebbe allargarsi a 80.000 soggetti.
Un cambio di passo molto importante
Soddisfazione per la decisione di modificare le regole per chi avesse intenzione di andare in pensione al compimento dei 64 anni arriva da Claudio Durigon, sottosegretario al Lavoro della Lega, che ha sottolineato come:
Per la prima volta nella previdenza italiana si potranno cumulare la previdenza obbligatoria e quella complementare per raggiungere un assegno pensionistico pari a tre volte il minimo, riuscendo ad anticipare la pensione a 64 anni. Con il provvedimento si interviene in tema pensionistico affrontando concretamente il problema delle pensioni povere, destinate ad aumentare a fronte di un sistema contributivo che sarà più prevalente.
All’ultimo momento, invece, riceve uno stop il via libera alla norma che permette di attuare il silenzio assenso per trasferire il Trattamento di Fine rapporto nei fondi pensione. Nel corso degli ultimi giorni era salito il pressing della maggioranza per approvare un nuovo semestre che permetterebbe ai lavoratori di trasferire il Tfr dall’azienda alla previdenza complementare.
Alcune ipotesi che stanno circolando in queste ore prevedono alcune restrizioni del meccanismo per i neo assunti: una limitazione che andrebbe a ridurre il costo della misura e che, soprattutto, avrebbe incontrato il favore del Mef, già sceso in campo per fermare qualsiasi tipo di proposta che non abbia le coperture adeguate.
Finanza Personale
Rottamazione quinquies, ecco perché potrebbe arrivare nel 2025
Nel 2025 potrebbe arrivare la rottamazione quinquies. La Lega ha intenzione di chiederla con una legge ad hoc. Ecco come dovrebbe funzionare.
Al momento non è prevista alcuna rottamazione quinquies. Ma non è tutto perduto: potrebbe arrivare nel 2025. A trarre vantaggio da una nuova sanatoria non sarebbero unicamente i contribuenti, con dei debiti con l’Agenzia delle Entrate: anche il Fisco ne potrebbe beneficiare. Permettere alle famiglie e agli imprenditori di regolarizzare le proprie pendenze tributarie darebbe un po’ di respiro alle casse dello Stato, proprio alla vigilia della riforma della riscossione, che tra non molto tempo dovrebbe entrare in vigore.
Lo scorso 9 dicembre 2024 si è chiusa definitiva la deadline della rottamazione quater (nel conteggio abbiamo tenuto conto anche dei cinque giorni di tolleranza previsti dalla normativa): sono in molti, ora come ora, ad attendere una nuova sanatoria delle cartelle esattoriali. Grazie all’ultima i contribuenti hanno potuto regolarizzare le pendenze fiscali fino al giugno 2022. Nel frattempo sono molte le persone che hanno contratto dei nuovi debiti con il fisco, che attendono speranzosi in una nuova possibilità per mettersi in regola.
Se è vero, da una parte, che l’Agenzia delle Entrate con una eventuale rottamazione quinquies dovrà rinunciare al gettito proveniente da interessi e sanzioni, dall’altra parte potrebbe riuscire ad ottenere maggiori entrate. È questa speranza a far accendere un lumicino in fondo al tunnel e a far sperare che una nuova sanatoria possa arrivare nel 2025.
Rottamazione quinquies nel 2025
In un certo senso la speranza che possa arrivare la rottamazione quinquies nasce da un emendamento (che è stato bocciarto) alla Legge di Bilancio 2025 presentato dalla Lega. Il Carroccio, nonostante il diniego ricevuto, ha annunciato l’intenzione di proporre nuovamente la rottamazione quinquies a gennaio: questa volta con una legge apposita.
Stando alle intenzioni del partito guidato da Matteo Salvini, la nuova sanatoria dovrebbe prendere in considerazione i debiti che sono stati iscritti a ruolo nel periodo compreso tra il 1° luglio 2022 e il 31 dicembre 2023. Stiamo parlando delle cartelle esattoriali che sono rimaste fuori dalla rottamazione quater. Anche la nuova iniziativa dovrebbe permettere di pagare il capitale iniziale senza che vengano applicate delle sanzioni o degli interessi.
Da quanto abbiamo descritto fino a questo momento, la rottamazione quinquies non si dovrebbe discostare di troppo dalle precedenti edizioni. Ma è prevista una novità che, almeno sulla carta, dovrebbe contribuire a superare tutti i punti critici delle varie sanatorie che abbiamo visto fino a questo momento: l’idea sarebbe quella di proporre una dilazione dei pagamenti in dieci anni. Le rate sarebbero mensili e la decadenza arriverebbe solo e soltanto nel momento in cui non verrebbero pagate almeno otto rate.
Attraverso la rottamazione quinquies si riuscirebbero a superare i problemi registrati con le precedenti, tra i quali ricordiamo:
- le rate trimestrali con un importo troppo alto. Con la nuova sanatoria il versamento sarebbe mensile e quindi più abbordabile;
- imporre una dilazione in cinque anni in 18 rate rende l’onere troppo pesante quando gli importi sono troppo alti. Suddividendo il pagamento in 120 rate mensili – ossia dieci anni – il versamento da effettuare sarebbe più piccolo e alla portata di tutti;
- il fatto che alla prima difficoltà i contribuenti rischiano la decadenza, ha fatto in modo che in molti uscissero dalla sanatoria. Dando la possibilità di saltare alcune rate si permette a tutti di riuscire a mantenere i benefici della rottamazione quinquies.
L’importanza della rottamazione quinquies
Nel caso in cui la rottamazione quinquies assumesse i connotati che abbiamo appena visto, qualsiasi contribuente avrebbe la possibilità di sanare la propria posizione con l’Agenzia delle Entrate. Ma non solo: il fisco avrebbe un gettito più alto di tasse.
Ma siamo proprio certi che la rottamazione quinquies si faccia? La riforma della riscossione ha introdotto, proprio a partire dal 2025, il discarico automatico delle cartelle esattoriali non riscosse in cinque anni. Questo obbligherebbe l’Agenzia delle Entrate a mettere in conto, periodicamente, una sorta di saldo e stralcio.
Attraverso una nuova sanatoria il Fisco avrebbe la possibilità di riuscire a recuperare parte dei crediti. Questo è il motivo che renderebbe, almeno sulla carta, sensato pensare ad una nuova sanatoria.
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Bonus elettrodomestici 2025, ecco come funzionerà la misura dal prossimo anno
Dal prossimo anno prenderà il via il bonus elettrodomestici. Scopriamo come funzionerà la nuova misura e a chi sarà riservata.
Il bonus elettrodomestici partirà dal 2025. L’obiettivo della misura è quello di andare a dare un sostegno economico a quanti hanno intenzione di sostituire un vecchio apparecchio. Al momento sono ancora da definire i criteri e le modalità di erogazione della nuova misura, ma Adolfo Urso, Ministro delle Imprese e del Made in Italy, ha reso note le principali caratteristiche della misura.
Per coprire il costo del bonus elettrodomestici verrà istituito un fondo la cui dotazione iniziale sarà pari a 50 milioni di euro. Il contributo è destinato all’acquisto di prodotti Made in Europe ad alta efficienza energetica, che dovranno sostituire gli apparecchi meno performanti.
Ma vediamo come dovrebbe funzionare il bonus elettrodomestici e quali sono le principali caratteristiche (almeno quelle rese note in questo momento).
Bonus elettrodomestici, come funzionerà
Stando a quanto si evince dalla bozza del testo, il bonus elettrodomestici prevede un contributo non superiore al 30% del prezzo di acquisto di un prodotto. Complessivamente l’importo non dovrà essere superiore a 100 euro per pezzo, che può essere aumentato a 200 euro nel caso in cui l’Isee familiare risulti essere inferiore a 25.000 euro. Sarà possibile richiedere il contributo per acquistare unicamente un elettrodomestico.
Per coprire i costi del bonus elettrodomestici verrà creato un fondo la cui dotazione iniziale sarà pari a 50 milioni di euro: verrà istituito direttamente presso il Ministero. Stando a quanto ha anticipato Urso, il bonus elettrodomestici dovrebbe servire a tutelare la produzione nazionale, andando a sostenere le famiglie nei consumi e promuovendo l’acquisto dei prodotti ecosostenibili.
Stando alle prime indicazioni fornite nel corso di queste ore il bonus elettrodomestici dovrebbe durare solo per un anno (almeno per ora). Sarà fino ad esaurimento delle scorte. Il contributo viene, infatti, erogato fino ad esaurimento delle risorse stanziate.
Potranno accedere alla misura almeno mezzo milione di italiani (stando alle prime stime). Ad ogni modo, entro sessanta giorni dovrebbe essere emanato un decreto firmato congiuntamente dal ministro delle Imprese e del Made in Italy di concerto con il ministro dell’Economia e delle Finanze attraverso il quale verranno definiti i criteri e le modalità attraverso i quali verrà erogato il contributo.
Tra l’altro il testo non ha messo alcun tipo di paletto sulla possibilità di cumulare questo incentivo con il bonus mobili, che, proprio per il 2025, permette di portare in detrazione il 50% degli acquisti effettuati a seguito di una ristrutturazione edilizia.
A spingere per l’inserimento del bonus elettrodomestici all’interno di un maxi emendamento alla Legge di Bilancio è stata la Lega. L’obiettivo di questo emendamento è quello di migliorare la competitività del sistema produttivo nostrano e cercare di mantenere i livelli di occupazione del settore. Ma non solo: uno degli scopi dell’emendamento è quello di contribuire ad aumentare l’efficienza energetica tra le pareti domestiche e ridurre i consumi energetici.
Le misure già presenti in Italia
Le famiglie già da parecchio tempo possono beneficiare del bonus mobili ed elettrodomestici, che prevede una detrazione Irpef per l’acquisto, appunto, di mobili ed elettrodomestici nuovi, che devono essere impiegati all’interno di un immobile appena ristrutturato. In un primo momento sembrava che questa agevolazione potesse sparire il 31 dicembre 2024, ma Maurizio Leo, viceministro all’Economia, ne ha annunciato la proroga alla fine del 2025.
Per il 2024 la detrazione deve essere calcolata su un importo massimo di 5.000 euro, che dovrebbe essere confermato anche per il prossimo anno. In precedenza, il tetto di spesa sul quale calcolare la proroga era più alto:
- 8.000 euro per il 2023;
- 10.000 euro per il 2022;
- 16.000 euro per il 2021.
All’interno dell’importo devono essere comprese anche le eventuali spese di trasporto e montaggio. La detrazione deve essere ripartita, nella dichiarazione dei redditi, in dieci quote annuali di pari importo.
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