Finanza Personale
Concordato preventivo biennale, si riaprono i termini per l’adesione. Ci sarà tempo fino al 12 dicembre
Si riaprono i termini per aderire al concordato preventivo biennale. I contribuenti avranno tempo di farlo fino al prossimo 12 dicembre 2024.
Chiusa una porta si apre un portone. Smentita anche nell’ipotesi di un’eventuale proroga, i termini per aderire al concordato preventivo biennale sono stati riaperti. Il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto legge attraverso il quale sono stati riaperti i termini per aderire alla misura.
Volendo sintetizzare al massimo, i titolari di partita Iva avranno tempo fino al prossimo 12 dicembre 2024 per sottoscrivere il patto con l’Agenzia delle Entrate. A rendere nota la notizia ci ha pensato Maurizio Leo, viceministro dell’Economia e delle finanze, che ha spiegato che a seguito dell’approvazione del decreto legge sono stati riaperti i termini per poter fruire del concordato preventivo biennale. Il nuovo termine per sottoscrivere il patto con il Fisco è stato fissato al prossimo 12 dicembre 2024.
Concordato preventivo biennale, si riapre la porta
Si riaprono i termini per aderire al concordato preventivo biennale. Stando a quanto spiega Maurizio Leo chi non fosse riuscito ad aderire entro la scadenza prevista per lo scorso 31 ottobre, avrà la possibilità di accedervi con questa nuova finestra.
Leo ritiene che questa nuova apertura costituisca un’importante prova di ascolto da parte del Governo, il quale, a seguito di un serrato confronto con i professionisti e le varie associazioni di categoria, ha deciso di allargare ulteriormente la possibilità di aderire a una misura che, almeno sulla carta, sarebbe apprezzata da tutti e conveniente.
Leo aggiunge che la riapertura dei termini di adesione al concordato preventivo biennale è stata effettuata solo ora per un semplice motivo: era necessario acquisire dati certi sul gettito prima di poter avviare un’ulteriore riduzione delle tasse per il 2025.
Ma i diretti interessati come potranno aderire al concordato preventivo biennale? Stando alle prime indicazioni che sono circolate nel corso di queste ore, con ogni probabilità si tratterà di una dichiarazione integrativa che i titolari di partita Iva – sia quelli che applicano gli Isa che i forfettari – potranno formulare per poter aderire al concordato preventivo biennale.
È importante sottolineare che al momento non ci sono dei dettagli operativi, ma quello che sembrerebbe certo è che gli indecisi hanno un ulteriore mese per poter valutare al meglio l’impatto che il concordato preventivo biennale potrebbe avere sulle loro imposte.
Concordato preventivo biennale, il termine del 12 dicembre
La scadenza per aderire al concordato preventivo biennale è sostanzialmente spirata lo scorso 31 ottobre 2024. Adesso arriva questo ultimo colpo di coda, che permetterà ai contribuenti di sottoscrivere il patto fino al prossimo 12 dicembre 2024.
Una sorta di proroga dell’ultimo momento – o più correttamente postuma – con la quale sono state accolte le richieste che sono arrivate da più fronti nel corso degli ultimi mesi.
La decisione di allungare i tempi per l’adesione, sostanzialmente, ha accolto, anche se molto in ritardo, le richieste che sono arrivate dal mondo imprenditoriale e da quello professionale. Ma punta anche ad incrementare il gettito che ne potrebbe derivare.
Il concordato preventivo biennale, con i suoi incassi, servirà a tagliare l’irpef per il ceto medio: l’obiettivo, infatti, è quello di portare l’aliquota del 35% al 33%.
Ad oggi gli incassi garantiti dalla misura ammontano a 1,3 miliardi di euro. La decisione di riaprire i termini per l’adesione non costituiscono semplicemente un segnale di ascolto, ma sono una vera e propria necessità da parte del Governo che punterebbe a raccogliere almeno 2 miliardi di euro di gettito.
Il concordato preventivo biennale deve essere un successo, in modo da permettere un nuovo intervento sull’Irpef già con la Legge di Bilancio 2025. L’obiettivo, infatti, è quello di andare a ridurre la tassazione applicata ai soggetti con un reddito oltre i 28.000 euro.
Una recente simulazione effettuata dalla Fondazione Nazionale dei Commercialisti prevede che servirebbero almeno 2,5 miliardi per ridurre di due punti l’aliquota applicata al secondo scaglione.