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It Wallet al via la seconda fase della sperimentazione. Entro dicembre lo avranno tutti

Partita la seconda fase della sperimentazione It Wallet. Entro il mese di dicembre lo avranno tutti i cittadini interessati.

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It Wallet al via la seconda fase della sperimentazione. Entro dicembre lo avranno tutti

Si allarga la platea delle persone che possono utilizzare il portafoglio digitare It Wallet all’interno dell’App Io. Ha preso il via la seconda fase della sperimentazione: se quella di due settimane fa aveva coinvolto un numero esiguo di persone (parliamo di 50.000 persone) questa volta la platea è un po’ più ampia: 250.000.

Da oggi mercoledì 6 novembre 2024 un più ampio gruppo di fortunati può unirsi al test per provare It Wallet aprendo l’app Io e avviando la procedura guidata nella sezione Portafoglio.

Una volta che il processo si è concluso, gli utenti potranno trovare una versione autentica e valida sotto tutti gli aspetti  – e quindi anche sotto il profilo legale – dei seguenti documenti:

  • tessera sanitaria;
  • patente di guida;
  • carta europea delle disabilità.

Ma entriamo un po’ nel dettaglio e cerchiamo di capire cosa sta accadendo.

It Wallet, la seconda fase della sperimentazione

La seconda fase della sperimentazione di It Wallet ha ancora dei numeri relativamente ridotti, anche se molto più ampi rispetto alla prima tornata. Nella terza fase, che con ogni probabilità dovrebbe prendere il via il prossimo 20 novembre 2024, il pubblico dovrebbe essere molto più consistente e coinvolgere almeno un milione di persone.

Stando al calendario di marcia siamo ad un buon punto, perché con l’appuntamento del 4 dicembre 2024 dovrebbe saltare ogni limite: entra quella data It Wallet dovrebbe essere aperto a tutti gli italiani, che, a quel punto, avranno la possibilità di aprire l’app e richiedere nella sezione portafoglio, la patente digitale e gli altri due documenti che sono previsti in questa particolare fase.

Il successivo grande salto in avanti, It Wallet dovrebbe farlo proprio a partire dal 2025, quando riuscirà a gestire anche la carta d’identità digitale. Poi arriveranno anche altre tipologie di documenti come:

  • certificati anagrafici;
  • tessera elettorale;
  • titoli di studio;
  • FSE;
  • attestato ISEE.

Come funziona It Wallet

Primo passo per l’istituzione dello European Digital Identity (Eudi) Wallet , l’It Wallet rappresenta uno strumento semplice e veloce per le imprese e i cittadini per identificarsi online e condividere in totale sicurezza una serie di attributi e certificati, tra i quali rientrano la patente di guida, le coordinate del proprio conto corrente bancario.

Sulla carta il sistema dovrebbe essere leggermente più complesso di quello Spid, che sostanzialmente è una semplice piattaforma per verificare l’identità di un soggetto.

A partire dal 2026 tutte le identità inserite nel portafoglio it Wallet dovranno essere riconosciute a livello europeo: sarà, infatti, messo a regime l’Eudi. L’Italia, da parte sua, dovrà essere in grado di raccogliere le identità digitali degli altri Paesi. 

L’attivazione di It Wallet dovrà essere effettuata direttamente dai cittadini, che dovranno scaricare l’App Io e accedere attraverso la carta d’identità elettronica o lo Spid. Con l’inizio del 2025 It Wallet dovrebbe avere una sua app completamente indipendente.

Grazie a questo strumento sarà possibile acquistare un farmaco che richiede la ricetta medica con pochi click. Potrà essere acquistata velocemente anche una sim per lo smartphone o noleggiare un’automobile senza che sia necessario presentare i documenti di persona.

All’interno dell’If Wallet troveranno spazio anche i titoli accademici e gli eventuali attestati tecnici. Grazie ad una serie di portafogli digitali saranno disponibili dei servizi a pagamento dedicati alle banche, alle aziende e ai professionisti

La platea dei potenziali interessati a It Wallet è quantificata in 44,5 milioni di persone. Non sarà uno strumento obbligatorio, così come non diventerà obbligatorio avere la patente digitale o la carta d’identità digitale. Continueranno a rimanere in vigore e ad essere validi a tutti gli effetti i documenti fisici: non è stata prevista alcuna data per la loro dismissione definitiva. Almeno per il momento.

Laureato in materie letterarie e giornalista pubblicista iscritto all'Albo dal 2002 [Link di verifica iscrizione all'Albo]. Ho iniziato ad occuparmi di Economia fin da subito, concentrandomi dapprima sul mercato immobiliare, sul fisco e i mutui, per poi allargare i miei interessi ai mercati emergenti ed ai rapporti Usa-Russia. Scrivo di attualità, tasse, diritto, economia e finanza.

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Residenza fiscale, ecco cosa cambia con le nuove regole

L’Agenzia delle Entrate ha spiegato le nuove regole sulla residenza fiscale, che impattano in maniera diretta sulle tasse da pagare.

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Residenza fiscale, al via le nuove regole per pagare le tasse

Quando si devono pagare le tasse in Italia? A rispondere a questa domanda ci ha pensato l’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 20/e, che ha spiegato che le persone fisiche hanno la residenza fiscale nel nostro Paese quando vivono la maggior parte dell’anno nel nostro Paese.

Sostanzialmente, l’AdE ha fornito le nuove indicazioni relative alla residenza fiscale, grazie alle quali si definisce dove una persona debba pagare le tasse.

Residenza fiscale, quali sono le novità più importanti

Ad essere rivoluzionato, sostanzialmente, è il concetto di domicilio, che non viene più mutuato dal Codice Civile. Seguendo la prassi consolidata a livello internazionale viene riconosciuto come il luogo nel quale un determinato soggetto ha le proprie relazioni personali e familiari a prescindere da quelle economiche. Vengono, ad ogni modo, applicate le disposizioni che sono contenute all’interno delle Convenzioni contro le doppie imposizioni che l’Italia ha firmato con altri Paesi.

Un soggetto, in altre parole, ha la residenza fiscale in Italia nel caso in cui nel corso dell’anno trascorra nel Paese almeno 183 giorni (o 184 negli anni bisestili). A differenza di quanto previsto in passato vengono considerati anche le frazioni di giorno.

A seguito dell’introduzione dei nuovi criteri di presenza fisica, le persone, che lavorano in smart working in Italia per la maggior parte dell’anno, risultano essere fiscalmente residenti in Italia.

Le novità vanno ad impattare anche sulle società e sugli enti. Le nuove regole, infatti, le considerano come residenti in Italia nel caso in cui sia presente la sede legale, la sede di direzione effettiva o la gestione ordinaria in via principale. Si tratta di tre criteri alternativi, ossia basta che ricorra uno solo di essi per configurare la residenza in Italia. Le nuove regole sono in vigore dal 1° gennaio 2024 per le società e gli enti aventi l’esercizio coincidente con l’anno solare.

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Taglio del cuneo fiscale 2025, chi ci guadagnerà realmente dal rinnovo della misura

Scopriamo chi ci guadagna realmente dal taglio del cuneo fiscale nel 2025: le regole, infatti, cambieranno leggermente rispetto a quelle di quest’anno.

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Taglio del cuneo fiscale 2025, chi ci guadagnerà realmente dal rinnovo della misura

Il taglio del cuneo fiscale, attraverso la Legge di Bilancio 2025, viene rinnovato anche il prossimo anno. La misura sembra destinata a diventare strutturale, anche se il funzionamento cambierà. 

Il testo della Manovra 2025 – ricordiamo che quello che sta circolando è ancora provvisorio – ha ricevuto una serie di critiche, attraverso le quali è stato puntato il dito contro gli scarsi investimenti che sono stati riservati alla sanità. Questo è il motivo per il quale nei suoi passaggi in Parlamento potrebbero arrivare alcune importanti novità.

La domanda, però, che a questo punto è importante porsi è a chi convenga realmente il taglio del cuneo fiscale? E soprattutto come andranno ad impattare le novità direttamente in busta paga. Scopriamolo insieme.

Taglio del cuneo fiscale, le novità per il 2025

La conferma del taglio del cuneo fiscale per il 2025 implica che, almeno per la maggior parte dei lavoratori, non ci saranno delle novità in busta paga dal prossimo anno. Volendo sintetizzare al massimo gli aumenti che sono stati varati lo scorso anno – parliamo di una cifra che oscilla intorno agli 80 euro – saranno grosso modo confermati. Se non fosse arrivato un intervento da parte del governo Meloni sarebbero stati cancellati.

Ma proviamo a capire chi potrebbe guadagnarci dal taglio del cuneo fiscale. I contribuenti con un reddito inferiore a 20.000 euro lordi, invece di vedersi tagliare i contributi, si vedranno accreditare una somma aggiuntiva direttamente in busta paga: su questo importo non ci pagheranno le tasse. L’aumento verrà calcolato direttamente in percentuale sul reddito complessivo:

  • quanti percepiscono fino a 8.500 euro: 7,1%;
  • quanti percepiscono una somma compresa tra 8.500 e 15.000 euro: 5,3%;
  • quanti percepiscono una somma compresa tra 15.000 e 20.000 euro: 4,8%.

Ma proviamo a fare un esempio concreto, in modo da vedere come funziona. Chi dovesse avere un reddito pari a 8.000 euro, paga 568 euro all’anno. Chi ha un reddito di 10.000 euro, ne pagherà 530 euro; mentre chi ha reddito di 17.000 pagherà 816 euro. Il guadagno cresce man mano che il contribuente si avvicina alla soglia dei 20.000 euro.

Rispetto a quanto versato di tasse quest’anno la differenza è leggera. Quanti incassano poco meno di 15.000 euro non vedranno alcun tipo di cambiamento: l’aumento continuerà a rimanere pari a 67 euro al mese. Chi ha un reddito poco inferiore ai 20.000 euro, l’aumento passerà da 77 a 80 euro al mese. In altre parole possiamo parlare di una sostanziale conferma del taglio del cuneo fiscale rispetto a quanto visto nel 2024.

Taglio del cuneo fiscale per chi guadagna fino a 40.000 euro

Quanti invece hanno un reddito compreso tra 20.000 e 40.000 il taglio del cuneo fiscale è sottoposto ad un meccanismo leggermente diverso. Non c’è alcuna sforbiciata dei contributi, ma una detrazione Irpef di importo fisso.

La detrazione, in questo caso, dipenderà direttamente dal reddito complessivo e non sarà condizionata unicamente da quello da lavoro dipendente. Quanti dovessero avere altre entrate oltre allo stipendio fisso saranno penalizzati dal nuovo sistema. L’aumento fisso nel 2025 è pari a:

  • 1.000 euro ogni anno per quanti percepiscono un reddito compreso tra i 20.000 ed i 32.000 euro;
  • una somma calante nel caso in cui il reddito sia compreso tra i 32.000 ed i 40.000 euro.

A guadagnarci di più, in questo caso, sono i soggetti che hanno un reddito complessivo pari a 32.000 euro: 1.000 euro all’anno, che sono pari a 83,30 euro al mese, sostanzialmente in linea con quanto hanno percepito nel corso del 2024.

I calcoli diventano leggermente più complessi per i contribuenti che vanno oltre questa cifra: volendo fare degli esempi concreti si parla di circa 875 euro per quanti guadagnano 33.000 euro all’anno,625 euro per chi percepisce 35.000, e appena 125 euro per chi ne guadagna 39.000.

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Bonus anziani, a chi spetta il contributo da 850 euro al mese

A partire dal 1° gennaio 2025 è possibile ricevere il cosiddetto bonus anziani, un contributo da 850 euro riservato ai soggetti più deboli.

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Bonus anziani, a chi spetta il contributo da 850 euro al mese

Battezzato fin da subito bonus anziani, in realtà si chiama assegno di assistenza: è una quota integrativa riservata agli over 80, che si va ad aggiungere all’indennità di accompagnamento, che è fissata a 531,75 euro. Sarà in vigore a partire dal prossimo 1° gennaio 2025 e verrà erogata fino al 31 dicembre 2026. Il bonus anziani può essere utilizzato per sostenere le spese di cura ed assistenza, che vengono effettuati dai lavoratori domestici. Può servire anche per acquistare dei servizi destinati alla cura e all’assistenza se forniti dalle imprese specializzate.

Ma vediamo un po’ come funziona il bonus anziani e chi ha diritto a riceverlo.

Bonus anziani, i requisiti per riceverlo

Per poter ricevere il bonus anziani è necessario avere un’età anagrafica pari ad almeno 80 anni ed avere un bisogno assistenziale gravissimo, la cui valutazione è sottoposta alle verifiche dell’Inps. Il richiedente, inoltre, deve avere un Isee sociosanitario inferiore a 6.000 euro e deve essere titolare di un’indennità di accompagnamento. O, in alternativa, deve essere in possesso di tutti i requisiti per vedersela riconoscere. Non sono ancora state diffuse le modalità attuative del bonus anziani: si è in attesa dell’apposito decreto. Con ogni probabilità il contributo verrà gestito direttamente dall’Inps con una procedura telematica.

L’importo verrà erogato agli aventi diritto a partire dal 1° gennaio 2025: ossia gli over 80 fragilissimi. Il bonus anziani, sostanzialmente è una prestazione universale prevista dall’articolo 34 del Decreto Legislativo n. 29 del 15 marzo 2024, meglio noto come Decreto Anziani, all’interno del quale ci sono le norme per la tutela della terza età.

Il contributo, in estrema sintesi, è una quota integrativa di 850 euro al mese, che è chiamata più correttamente assegno di assistenza che si va ad aggiungere all’indennità di accompagnamento, che per il 2024 è stata fissata in 531,75 euro. Complessivamente la somma erogata diventa 1.381,76 euro al mese. La cifra non concorre alla formazione del reddito ai fini fiscali e, soprattutto, non potrà essere soggetta al pignoramento.

L’importo che arriva attraverso il bonus anziani potrà essere speso per alcuni servizi. Stando a quanto si legge dal provvedimento il contributo servirà per remunerare il costo del lavoro di cura e assistenza, che viene svolto dai lavoratori domestici con mansioni di assistenza alla persona. Il contributo può essere utilizzato per acquistare dei servizi destinati al lavoro di cura ed assistenza che vengono forniti da delle aziende qualificate nel settore dell’assistenza sociale non residenziale.

Bonus anziani, a chi spetta

Come si potrà ben intuire dal provvedimento, il bonus anziani non verrà riconosciuto a tutti. Ma solo ad una determinata categoria di soggetti, ossia gli anziani non autosufficienti, che abbiano un’età anagrafica superiore a 80 anni e abbiano la necessità di assistenza. A valutare i requisiti dei richiedenti sarà direttamente l’Inps.

Altro importante requisito molto importante da rispettare è quello relativo all’Isee sociosanitario, che deve essere inferiore ad una certa cifra.

Ricordiamo che l’Isee è l’indicatore della situazione economico equivalente: serve a fornire una valutazione dettagliata e il più possibile precisa della situazione economica di una famiglia. Viene preso in considerazione il reddito di tutti i componenti della famiglia, il loro patrimonio e viene utilizzata una scala di equivalenza che si basa direttamente sulla L’indicatore tiene conto di particolari situazioni di bisogno, prevedendo trattamenti di favore per i nuclei con tre o più figli o dove sono presenti (appunto) persone con disabilità o non autosufficienti

Leggermente più specifico, invece, è l’Isee sociosanitario, che viene utilizzato per permettere l’accesso a determinate prestazioni sociosanitarie come l’assistenza domiciliare per le persone non autosufficienti o con disabilità O per l’ospitalità alberghiera presso le varie strutture residenziali o semiresidenziali.

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Bolletta del gas più salata. I prezzi della materia prima ad ottobre crescono del 5,3%

Stangata in arrivo per i consumatori vulnerabili, che si troveranno la bolletta del gas più salata del 5,3%. Ecco quanto pagheranno di più.

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Bolletta del gas più salata. I prezzi della materia prima ad ottobre crescono del 5,3%

Pessime notizie per gli utenti vulnerabili che hanno aderito al regime denominato Servizio di tutela della vulnerabilità, che vedranno arrivare una bolletta del gas più salata. La materia prima consumata nel corso del mese di ottobre, infatti, costerà di più rispetto a quanto consumato nel corso del mese di gennaio precedente.

L’aumento della bolletta del gas segue, sostanzialmente, l’andamento del mercato all’ingrosso italiano, che ha registrato un incremento del 5,3%. Ma quanto spenderanno in più sulla bolletta del gas i consumatori: si parla di 116,77 centesimi di euro per metro cubo tasse incluse.

Ma entriamo nel dettaglio e cerchiamo di capire cosa è destinato cambiare per le utenze degli utenti vulnerabili.

Bolletta del gas, aumenti in arrivo

Arera ha annunciato il nuovo prezzo della materia prima (gas), che è valido per gli utenti domestici con una fornitura che rientra nel Servizio di Tutela della Vulnerabilità. Il valore, almeno per i consumi che si riferiscono alla mensilità di ottobre 2024, è pari a 0,436849 €/Smc.

A preoccupare la maggior parte dei consumatori e degli osservatori è che il valore registrato nel corso del mese di ottobre è il più alto del 2024 – ricordiamo che il servizio di tutela della vulnerabilità è iniziato solo ad inizio anno – e quindi costituisce un importante campanello d’allarme per tutte le famiglie che ricevono delle bollette nel regime regolato.

A seguito di questo aumento, il prezzo di riferimento per il cliente tipo – che ha un consumo medio di 1.100 Smc – è pari a 116,77 centesimi per metro cubo tasse incluse. Rispetto al mese precedente il prezzo è cresciuto del 5,3%. A determinare questo aumento sono alcune componenti, tra le quali rientra anche il prezzo all’ingrosso che va ad impattare direttamente sulla bolletta.

L’aggiornamento dele condizioni tariffarie per i soggetti che hanno optato per il regime in tutela della vulnerabilità per i gas è previsto a dicembre, quando Arera provvederà a comunicare i nuovi prezzi, che saranno validi per il mese di novembre.

Bolletta del gas, le preoccupazioni delle associazioni

A fare un po’ di conti in tasca ai consumatori ci hanno pensato le associazioni dei consumatori, che hanno cercato di capire quale impatto possa esserci sulla bolletta del gas.

Stando ad alcuni calcoli effettuati dal Codacons, prendendo come base un consumo annuo pari a 1.100 metri cubi a famiglia, la spesa che dovranno sostenere per il gas si potrebbe attestare intorno ai 1.284 euro. Questo nel caso in cui i prezzi dovessero rimanere costanti a 64 euro come erano le tariffe di settembre.

Il Codacons teme che un eventuale peggioramento nel corso dei prossimi mesi, con la corsa alle scorte autunnali di gas da parte dei vari paesi, i prezzi internazionali potrebbero registrare un ulteriore scossone verso l’alto. Con degli effetti diretti sui costi che le famiglie dovrebbero pagare ogni mese.

Assoutenti conferma le preoccupazioni, sottolineando come gli utenti che rientrano nella vulnerabilità stanno pagando dazio alle tensioni delle quotazioni del gas: le tariffe di ottobre sono più alte del 10% rispetto a quelle che erano in vigore nel corso dello stesso periodo del 2023, quando erano pari a 106,13 centesimi di euro per metro cubo.

Secondo quanto stabilito da Arera, dal 1°ottobre 2024 il prezzo di riferimento del gas per i vulnerabili sale del 5,3% – afferma Marco Vignola, vicepresidente dell’Unione Nazionale Consumatori -. Pessima notizia. Come al solito con l’inizio della stagione termica e l’aumento della domanda di gas arrivano i rincari. Sia chiaro, comunque, che il prezzo per i vulnerabili resta molto più conveniente di quelli del mercato libero, salvo per pochissime offerte che si contano sulle dita di una mano

Stando ad uno studio effettuato dall’Unione Nazionale Consumatori, l’utente che arrivi a consumare 1.100 metri cubi di gas arriverebbe a spendere 64,24 euro in più su base annua.

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Bonus edilizi, la stretta in Manovra comporta la perdita di 97,3 miliardi di euro

Addio a quasi 100 miliardi di euro: si potrebbe sintetizzare in questo modo la stretta in programma sui bonus edilizi. Vediamo il perché.

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Bonus edilizi, la stretta in Manovra comporta la perdita di 97,3 miliardi di euro

La Legge di Bilancio 2025 introdurrà una vera e propria stretta sui bonus edilizi, che si tradurrà, per le famiglie italiane, nel loro complesso, in una perdita di 97,3 miliardi di euro nell’arco di tre anni.

Stando ad alcuni dati diffusi dalla Cna – che si basano su un sondaggio predisposto da Nomisma – la stretta sui bonus sarà particolarmente pesante per le famiglie, che ad oggi riescono a beneficiare di una serie di agevolazioni con aliquote al 36% ed un tetto massimo di spesa pari a 48.000 euro. Sono complessivamente qualcosa come 10 milioni di famiglie che si troverebbero nella situazione di dover rinunciare ai bonus edilizi rivisti e corretti.

Il rapporto predisposto da Nomisma mette in evidenza che la domanda persa ammonterebbe a 97,4 miliardi di euro, ma genererebbe 119,7 miliardi di valore aggiunto e arriverebbe qualcosa come 2,085 milioni di posti di lavoro.

I danni dell’addio ai bonus edilizi

Tra l’altro il rapporto mette in evidenza che la stretta sui bonus edilizi provocherebbe dei danni anche in termini di valore sociale – come, ad esempio, il mancato abbattimento delle barriere architettoniche – e ambientale, per l’energia che non è stata risparmiata.

Nel caso in cui i bonus edilizi dovessero essere completamente azzerati si stima che altre 2,56 milioni di famiglie potrebbero rinunciare ad effettuare dei lavori di ristrutturazione.
Con ogni probabilità la spesa per gli interventi potrebbe attestarsi ai valori esistenti nel 2014, pari, quindi, a 14 miliardi di euro di investimenti. Si andrebbe incontro ad una contrazione tale da portare alla perdita di qualcosa come 17 miliardi di euro di valore aggiunto, la mancata attivazione di 300mila occupati, 33 milioni di euro di minor valore ambientale, mancati risparmi di energia per 2.300 GWh, 409 milioni di mancati risparmi nelle bollette.

Questo è il motivo per il quale Cna e Nomisma suggeriscono di mantenere per almeno un triennio gli attuali bonus edilizi.

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