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Pensione di vecchiaia, chi ci può accedere nel 2025 e con quali regole
Scopriamo quali sono i requisiti per poter accedere alla pensione di vecchiaia nel 2025 e cosa cambierà rispetto a quest’anno.
Siamo ancora lontani da una riforma delle pensioni vera e propria che metta mano alla disciplina previdenziale. Ma la Legge di Bilancio 2025 ha introdotto alcune novità in materia, soprattutto per quanto riguarda gli strumenti leggermente più flessibili. In questo ampio contesto, sono in molti a chiedersi quando avranno diritto ad accedere alla pensione di vecchiaia: ossia quando potranno andare in quiescenza senza beneficiare di scivoli anticipati o strumenti passeggeri.
Proviamo, quindi, a vedere quali sono i requisiti necessari per accedere alla pensione di vecchiaia nel corso del 2025. Anticipiamo che le regole sono rimaste pressoché le stesse.
Pensione di vecchiaia, chi ci può andare nel 2025
Ricordiamo che la pensione di vecchiaia è la forma di previdenza pubblica, che viene erogata ogni mese direttamente dall’Inps. Vi possono accedere i lavoratori dipendenti e quelli autonomi, che abbiano maturato almeno 20 anni di contributi con 67 anni di età. È necessario, prima di chiedere l’assegno previdenziale, cessare il rapporto di lavoro dipendente, ma non quello autonomo o parasubordinato.
I soggetti che rientrano nel sistema contributivo, per poter accedere alla pensione di vecchiaia, devono aver maturato il diritto ad ottenere un importo pari all’assegno sociale, che per il 2024 corrisponde a 598,60 euro.
Nulla è cambiato per quanto riguarda la decorrenza. La pensione di vecchiaia prevede una serie di finestre mobili: il primo assegno previdenziale arriva direttamente il mese successivo rispetto a quello nel quale è stata presentata la domanda.
All’orizzonte non si vedono delle particolari novità che abbiano un impatto sugli scatti della pensione. Il decreto annuale del Ministero delle Finanze non ha previsto degli adeguamenti alle aspettative di vita fino al 2026 – in Manovra è stato inserito lo sblocco delle progressioni, ma non sembra aver alcun tipo di impatto a livello pratico, almeno per il momento – alla luce delle aspettative di vita che sono state rilevate dall’Istat.
Pensione di vecchiaia, le deroghe che rimangono in vigore
Le consuete deroghe previste per la pensione di vecchiaia rimangono in vigore anche per il 2025. Stiamo parlando di una serie di eccezioni che vengono riservate ad alcune categorie di lavoratori:
- lavori gravosi e usuranti. In questo caso è possibile accedere alla pensione di vecchiaia con quota 97,6, quindi a 61 anni e 7 mesi, purché siano stati maturati almeno 35 anni di contributi se dipendenti. I lavoratori autonomi vi accedono con quota 98,6 (con un anno in più). In questo caso non sono previste delle novità;
- lavoratori con quindici anni di contributi (Legge amato). Alcuni particolari soggetti, che sono stati individuati attraverso l’articolo 2, comma 3, del Dlgs 503/1992 – vi rientrano quanti a fine 1992 avevano 15 anni di contributi – possono avere uno sconto di 5 anni sul regime contributivo dei 20 anni. In questo caso non sono previste delle novità;
- pensione contributiva di vecchiaia. I contributivi puri – che non hanno dei versamenti antecedenti al 1996 – possono andare in quiescenza con soli cinque anni di contributi, ma devono aver compiuto almeno 71 anni (non sono previsti degli importi minimi per l’assegno previdenziale). Nel caso in cui hanno intenzione di accedere alla pensione anticipata contributiva a 64 anni, il loro assegno previdenziale deve essere pari ad almeno 3 volte il trattamento minimo pari a 2,8 volte se sono delle donne con almeno un figlio;
Pensione anticipata: chi vi può andare nel 2025
La Legge Fornero, nel 2025, permette di accedere alla pensione anticipata ordinaria, purché si sia in possesso di un’anzianità contributiva pari a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne.
La Manovra 2024 ha anticipato lo sblocco degli scatti dal 1° gennaio 2025, le stime dell’Istat sulle aspettative di vita hanno confermato che, almeno per il momento, non sono previsti degli adeguamenti ai requisiti anagrafici.
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Riscaldamento, ecco quando si può accendere nelle varie zone d’Italia
Il riscaldamento non si accende lo stesso giorno in tutte la parti d’Italia. Scopriamo quando può essere utilizzato.
Con l’autunno arrivano i primi freddi e sono in molti a chiedersi quando sarà possibile accendere il riscaldamento. In molte zone d’Italia, soprattutto al Nord, la stagione termica è già cominciata; da altre parti, invece, si dovrà ancora aspettare un po’ di tempo. Nelle zone settentrionali e centrali dell’Italia (la cosiddetta Zona E), il riscaldamento può essere già acceso (il via è stato dato lo scorso 15 ottobre 2024). A breve lo stesso accadrà nel resto del paese.
Ma vediamo un po’ quando è possibile accendere il riscaldamento nelle varie parti dell’Italia senza correre il rischio di beccarsi una bella multa.
Accensione del riscaldamento, l’Italia divisa a zone
Il riscaldamento può essere acceso a seconda della zona nella quale rientra il Comune di residenza. Il legislatore, infatti, ha suddiviso in più zone la penisola. In base all’area di appartenenza è possibile accendere o meno il riscaldamento.
Nella Zona F, ad esempio, il riscaldamento può essere acceso e spento senza limitazioni. Al suo interno, infatti, rientrano i comuni più freddi e sono comprese le province di Cuneo, Belluno e Trento.
Si possono accendere dal 15 ottobre e devono essere spenti entro il 15 aprile nei Comuni che appartengono alla Zona E (i termosifoni possono stare accesi per un massimo di 14 ore ogni giorno). Al suo interno rientrano le seguenti province: Alessandria, Aosta, Arezzo, Asti, Bergamo, Biella, Bologna, Bolzano, Brescia, Campobasso, Como, Cremona, Enna, Ferrara, Frosinone, Gorizia, L’Aquila, Lecco, Lodi, Milano, Modena, Novara, Padova, Parma, Pavia, Perugia, Piacenza, Pordenone, Potenza, Ravenna, Reggio Emilia, Rieti, Rimini, Rovigo, Sondrio, Torino, Treviso, Trieste, Udine, Varese, Venezia, Verbania, Vercelli, Verona, Vicenza.
Le altre zone dove si può accendere il riscaldamento
Dal 1° novembre – che in alcuni casi può variare come a Roma, che si potranno accendere al 15 novembre – il riscaldamento può essere acceso nella Zona D. I termosifoni possono funzionare per un massimo di dodici ore al giorno e devono essere spenti entro il 15 aprile. Rientrano in questa zona: Ascoli Piceno, Avellino, Caltanissetta, Chieti, Firenze, Foggia, Forlì, Genova, Grosseto, Isernia, La Spezia, Livorno, Lucca, Macerata, Massa Carrara, Matera, Nuoro, Pesaro, Pescara, Pisa, Pistoia, Prato, Roma, Savona, Siena, Teramo, Terni, Vibo Valentia, Viterbo.
Dal 15 novembre, invece, i termosifoni possono essere accesi – per un massimo di 10 ore – nella Zona C e devono essere spenti entro il 31 marzo 2025. In questa zona rientrano le province di: Bari, Benevento, Brindisi, Cagliari, Caserta, Catanzaro, Cosenza, Imperia, Latina, Lecce, Napoli, Oristano, Ragusa, Salerno, Sassari e Taranto.
Il 1° dicembre 2024 l’accensione è prevista nella Zona B. Entro il 31 marzo devono essere spenti. Si possono utilizzare per un massimo di 8 ore al giorno. riguarda le province di Agrigento, Catania, Crotone, Messina, Palermo, Reggio Calabria, Siracusa e Trapani.
Nella Zona A i termosifoni possono essere accesi tra il 1° dicembre ed il 15 marzo. Il limite massimo che possono essere utilizzati è 6 ore. L’area comprende le province di Lampedusa, Porto Empedocle e Linosa.
I consigli per risparmiare
Ogni anno, puntale come l’influenza, arriva il momento nel quale è necessario accendere il riscaldamento perché fa freddo. L’operazione, generalmente, rappresenta anche un aumento delle spese per le famiglie. Con qualche piccolo accorgimento, però, è possibile riuscire a risparmiare.
Tra gli accorgimenti che si possono adottare c’è l’abbassamento di un grado della temperatura, ottimizzare l’uso della cucina – solo per fare un esempio basta abbassare l’intensità del fuoco una volta che l’acqua inizia a bollire – ridurre il tempo di utilizzo della doccia. Ma non solo: adottare delle valvole termostatiche e fare una regolare manutenzione della caldaia. Chi avesse, poi, la possibilità di effettuare dei lavori di ristrutturazione può puntare a risparmiare nel lungo periodo, soprattutto se riesce a sfruttare i bonus edilizi che rimangono.
Di certo seguendo questi consigli i costi non vengono completamente azzerati. Ma è possibile risparmiare un po’.
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Mutui, le rate scendono di 20 euro al mese grazie alla Bce e all’Euribor
La decisione della Bcc di tagliare i tassi sugli interessi ha impattato sull’Euribor, determinando una riduzione di 20 euro delle rate dei mutui.
Le rate dei mutui delle famiglie hanno iniziato a calare, beneficiando del taglio del tasso d’interesse effettuato lo scorso 17 ottobre 2024 dalla Banca Centrale Europea. L’Euribor 1M, il tasso interbancario di riferimento diffuso ogni giorno dalla Federazione Bancaria Europea, è salito, nella giornata di ieri 4 novembre 2024, al 3,128% dal 3,119 del fixing precedente. In calo, invece, l’Euribor a 3M, che è passato da 3,085% a 3,075%.
Ma entriamo un po’ più nel dettaglio e cerchiamo di capire come si stiano muovendo le rate dei mutui delle famiglie italiane.
Mutui, le rate sono un po’ più leggere
Le rate dei mutui hanno beneficiato positivamente del taglio dei tassi d’interesse avvenuto lo scorso 17 ottobre: hanno iniziato a calare. Ad impattare positivamente sugli importi che le famiglie devono pagare, oltre alla diminuzione dei tassi, ha contribuito l’aumento delle richieste dei mutui e la proroga delle agevolazioni prima casa.
Ricordiamo che la Banca Centrale Europea, a seguito della riunione del Consiglio direttivo, ha tagliato i tassi d’interesse di 25 punti base. Siamo davanti al terzo intervento effettuato nel corso del 2024, dopo le prime sforbiciate effettuate nel corso dei mesi di giugno e settembre. A partire da 23 ottobre i tassi in vigore a livello europeo sono i seguenti:
- 3,25% per i tassi sui depositi;
- 3,40% per i tassi di rifinanziamento principale;
- 3,65% per i tassi di rifinanziamento marginale.
Gli esperti ritengono che la Bce possa continuare su questa strada e ridurre ulteriormente i tassi nel corso delle prossime riunioni. L’obiettivo sarebbe quello di raggiungere un tasso sui depositi a 2,5% entro la fine del mese di marzo 2025. Le date entro le quali potrebbero arrivare i prossimi tagli dei tassi sono le seguenti:
- 12 dicembre 2024;
- 30 gennaio 2025;
- 6 marzo 2025.
Mutui variabili, di quanto diminuiscono le rate
A questo punto la domanda è lecita: di quanto diminuiscono, molto pragmaticamente, le rate su mutui? A predisporre delle stime ci hanno pensato le associazioni dei consumatori, tra le quali c’è il Codacons, che ha calcolato che a fronte di un taglio di 25 punti base sui tassi d’interesse comporti una riduzione della rata mensile dei mutui variabili per la prima casa tra i 15 ed i 20 euro, a seconda dell’importo e della durata del finanziamento ipotecario.
Stando alle stime effettuate dall’Unione Nazionale Consumatori – prendendo in considerazione il tasso annuo effettivo globale (TAEG) medio del 4,1% – il calo potrebbe attestarsi mediamente intorno ai 18 euro ogni mese, pari a 216 euro ogni anno.
La Bce, nel momento in cui decide se abbassare od alzare i tassi d’interesse, modifica le rate dei mutui, perché incide direttamente sul costo del denaro per le banche. Questo influenza direttamente i tassi che vengono applicati ai mutui concessi ai clienti.
Ridurre i tassi d’interesse fa diminuire il costo dei finanziamenti tra istituti bancari, andando ad impattare direttamente sull’indice Euribor, parametro di riferimento per i mutui a tasso variabile.
Nel momento in cui la Bce decide di tagliare i tassi l’Euribor si abbassa, riducendo a sua volta il costo dei mutui a tasso variabile e, di conseguenza, le rate mensili dei finanziamenti ipotecari. Il discorso cambia per i mutui a tasso fisso, per i quali il tasso d’interesse è stato stabilito al momento della stipula del contratto.
Andiamo a vedere, quindi, come si muove l’Euribor. Quelli che riportiamo sono i dati aggiornati al 4 novembre 2024, ossia quelli più aggiornati in questo momento:
- l’Euribor 1M è salito a 3,128% contro il 3,119% del giorno precedente;
- l’Euribor 3M è calato al 3,075% dal precedente 3,085%;
- l’Euribor 6M si è attestato a 2,916%;
- l’Euribor 12M si è attestato al 2,619%.
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Addio alle detrazioni per i figli a carico, ma solo se hanno più di 30 anni
Nel 2025 si dovrà dire addio alle detrazioni per i figli a carico, ma solo se hanno più di trent’anni. Ecco cosa cambia.
A partire dal prossimo anno ci saranno importanti novità relative alle detrazioni per i figli a carico. La Legge di Bilancio 2025, sostanzialmente, elimina il bonus per i figli con più di 30 anni e conferma ufficialmente il fondo di Garanzia per i mutui prima casa.
Ma entriamo un po’ nel dettaglio e cerchiamo di capire quali sono le principali novità introdotte a partire dal prossimo anno.
Detrazioni per i figli a carico, cosa cambia dal 2025
La Legge di Bilancio 2025, sostanzialmente introduce una serie di importanti novità per le detrazioni per i figli a carico, che sono riservate unicamente per quelli che hanno un’età compresa tra i 21 e i 29 anni. Nel momento in cui compiono 30 anni, l’agevolazione verrà meno. A questa regola generale fanno eccezioni i giovani con una grave disabilità accertata ai sensi dell’articolo 3 della Legge 104/92.
Ma quali sono i redditi che permettono di considerare un figlio fiscalmente a carico? Le regole sostanzialmente sono le seguenti:
- per i figli con fino a ventiquattro anni: reddito pari a zero;
- per chi ha un’età superiore a 24 anni: reddito pari a 840,51 euro.
Prima di proseguire è bene ricordare che la detrazione per i figli a carico è pari a 950 euro. L’importo diminuisce progressivamente man mano che cresce il reddito complessivo del nucleo familiare e il numero dei figli a carico. La detrazione è maggiorata nel caso in cui i figli abbiano un’età inferiore a tre anni.
Le altre agevolazioni fiscali introdotte dal 2025
Attraverso la Legge di Bilancio 2025 non sono solo state modificate le detrazioni per i figli carico, ma sono state modificate le agevolazioni fiscali per le famiglie che hanno un reddito complessivo superiore a 75.000 euro. Si prevede che possano essere ridotte le detrazioni relative:
- alle tasse universitarie;
- spese di affitto per studenti fuori sede.
Attraverso la Legge di Bilancio viene introdotto un limite massimo alle detrazioni di imposta che si basano sul reddito dichiarato. Quanti hanno un reddito inferiore a 75.000 euro potranno beneficiare delle detrazioni nel loro ammontare complessivo. Nel caso in cui dovesse essere superato questo importo è possibile beneficiarne fino ad un limite che viene definito attraverso l’importo base stabilito in base al reddito moltiplicato per un coefficiente che varia in base al numero dei figli a carico.
Questo è l’importo base che deve essere utilizzato per calcolare il coefficiente
- 14.000 euro, nel caso in cui il reddito dovesse essere superiore a 75.000 euro;
- 8.000 euro, nel caso in cui reddito risulti essere superiore a 100.000 euro.
Il coefficiente da utilizzare per moltiplicare l’importo base è il seguente:
- 0,50 se non sono presenti dei figli a carico;
- 0,70 se è presente un figlio a carico;
- 0,85 se sono presenti due figli a carico;
- 1 se sono presenti più di due figli a carico o uno figlio con disabilità.
Fondo di Garanzia per mutui prima casa
Alcune novità all’orizzonte per il Fondo di garanzia per l’acquisto della prima casa, che potrebbe essere finanziato per altri tre anni dalla Legge di Bilancio 2025. Quindi fino al 2027.
Ricordiamo che attraverso il Fondo di garanzia il legislatore è stata prevista una garanzia pubblica sui mutui relativi alla prima abitazione, purché abbiano un importo inferiore a 250.000 euro. Alcune categorie hanno l’accesso prioritario alla misura:
- i giovani con un’età inferiore a 36 anni;
- gli inquilini degli alloggi Iacp;
- nuclei monogenitoriali con dei figli minori conviventi;
- giovani coppie coniugate o conviventi more uxorio da almeno due anni.
Il fondo tenta di agevolare i più giovani perché l’Istat ha rilevato che il 63,3% dei giovani con un’età compresa tra i 18 ed i 34 anni vive ancora insieme ai genitori. Questa è, a tutti gli effetti, una situazione di stallo che coinvolge qualcosa come 6,5 milioni di ragazzi: in parte sono occupati, in parte cercano lavoro e altri sono degli studenti.
La decisione di eliminare la detrazione per i figli con più di 30 anni potrebbe andare ad aggravare ancora di più questa situazione. Spingendo i giovani a continuare a rimanere nel nucleo familiare di origine. E a non farsi una vita propria.
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Pensioni, ecco perché a dicembre l’assegno previdenziale sarà più alto. Non per la tredicesima
Le pensioni erogate a dicembre potrebbero essere più alte. È possibile, infatti, che arrivi la perequazione. Ecco cos’è.
A dicembre aumenti in vista per le pensioni. L’assegno previdenziale diventerà più alto per un intrecciarsi di motivi: gli importi vengono adeguati al costo della vita e vengono rimborsati dei crediti a favore del pensionato. L’Inps, ogni anno, deve restituire ai pensionati delle prestazioni, che vengono assegnate ai singoli utenti in base alla loro fascia di perequazione e all’indicizzazione che spetta. Ad inizio anno arriva un aumento più basso rispetto a quello che spetta in realtà. A dicembre, invece, sulla pensione arrivano gli arretrati.
In altre parole l’Inps provvede a liquidare ai diretti interessati quanto ha omesso di versare fino a quel momento. A dicembre 2023 venne erogato un anticipo di questo conguaglio, che generalmente viene fatto nel corso del mese di gennaio dell’anno successivo. sono in molti che ritengono che la stessa operazione possa essere ripetuta nel corso del 2024.
Pensioni, arrivano i primi conguagli
Le pensioni, generalmente, aumentano a gennaio. Sostanzialmente gli importi erogati vengono rivalutati con il meccanismo della rivalutazione annuale. L’Istat – ossia l’Istituto di Statistica Nazionale – fissa il tasso di inflazione previsionale tra un anno e l’altro. In un secondo momento viene fissato quello definitivo: a questo punto, tramite un apposito decreto, il governo italiano lo fissa ufficialmente.
Nel corso del mese di gennaio l’Inps provvede ad emanare la circolare attraverso la quale recepisce la percentuale di inflazione. E quindi assegna, a sua volta, il tasso di inflazione definitivo, il quale, almeno nella maggior parte dei casi, risulta essere più alto rispetto a quello che è stato scelto ad inizio anno.
Nel 2023 il tasso d’inflazione era stato previsto su un 5,4%: quello definitivo è stato al 5,7%. Stiamo parlando di uno 0,3%. Quanti percepiscono delle pensioni hanno ricevuto a gennaio la percentuale più bassa: in questi mesi, hanno maturato, ma non ancora percepito, la differenza. La stessa cosa era accaduta lo scorso anno, quando il tasso di inflazione previsionale era pari al 7,3%, per passare all’8,1% definitivo.
Il conguaglio a favore dei pensionati, nel 2023, era stato liquidato in via straordinaria con il pagamenti delle pensioni di dicembre e non con quelle mese di gennaio 2024. Stiamo parlando di una serie di arretrati, che permettono all’assegno previdenziale di diventare leggermente più consistente, anche se solo per una volta.
Pensioni, cosa prevede la Legge di Bilancio
Volendo essere sinceri, almeno per il momento, nella Legge di Bilancio o nel Decreto Fiscale non si è ancora visto nulla su un ipotetico conguaglio delle perequazione. Quindi, almeno ufficialmente, non ci sono delle indicazioni che i soldi possano arrivare il prossimo mese.
Ad ogni modo ci sono alcuni motivi per poterlo sperare: i 12 mesi di arretrati (dato che il calcolo parte da gennaio), se venissero erogati prima di gennaio, potrebbero dare una spinta ai consumi delle famiglie. Una decisione che, in un certo senso, servirebbe a rimettere leggermente in moto un’economia stantia.
L’ipotesi potrebbe essere confermata da una semplice questione di cassa. Nel caso in cui l’erogazione dovesse avvenire quest’anno, non andrà a pesare sulla spesa previdenziale del 2025, cosa che accadrebbe nel caso in cui il conguaglio dovesse slittare di un mese.
Pensioni, a quanto ammontano gli arretrati
A quanto ammonterebbero gli arretrati che arrivano con le pensioni di dicembre? La differenza tra l’inflazione previsionale (5,4%) e quella definitiva (5,7%) è di un misero 0,3%, che spetterebbe, però, solo per i pensionati fino a quattro volte il trattamento minimo. Ricordiamo, infatti, che la perequazione, almeno nel 2024, è stabilità sulle seguenti fasce:
- per chi percepisce una pensione fino a quattro volte il trattamento minimo: 100% del 5,4%;
- fino a cinque volte il trattamento minimo: 85% del 5,4%;
- fino a sei volte il trattamento minimo: 54% del 5,4%;
- fino a otto volte il trattamento minimo: 47% del 5,4%;
- fino a dieci volte il trattamento minimo: 37% del 5,4%;
- per le pensioni più alte: 22% del 5,4%.
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Trump e Harris, come si è chiuso l’ultimo giorno di campagna elettorale
Domani arriva il tanto atteso election day negli Usa, quando gli americani dovranno scegliere tra Donald Trump e Kamala Harris.
Arriva l’atteso election day, nel quale la candidata democratica Kamala Harris e il suo rivale repubblicato Donald Trump si contenderanno la poltrona di presidente degli Stati Uniti. L’attuale vicepresidente ha chiuso la sua campagna in una chiesa storicamente nera, mentre l’ex presidente ha deciso di abbracciare una retorica particolarmente violenta nel corso di una manifestazione in Pennsylvania.
Tump e Harris stanno disputando una battaglia serrata e avvincente, nella quale il primo sta guadagnando terreno tra gli elettori ispanici; mentre la seconda è sostenuta principalmente dalle elettrici donne.
Dando uno sguardo leggermente più ampio, gli elettori non sembrerebbero vedere di buon occhio entrambi i candidati. Anche se questo, secondo un sondaggio Reuters/Ipsos, non sembra dissuaderli dal votare. Sono 78 milioni gli statunitensi che lo hanno già già fatto: secondo il laboratorio elettorale dell’Università della Florida ci si starebbe avvicinando alla metà dei 160 milioni di voti totali che sono stati espressi nel 2020, quando l’affluenza è stata la più alta mai registrati negli Usa in un secolo.
Trump Vs Harris, cosa c’è in palio
Oltre alla presidenza, in palio c’è il controllo del Congresso: in questo caso i repubblicani sembrano essere favoriti per conquistare la maggioranza al Senato, mentre i democratici avrebbe il 50% delle possibilità di ribaltare la stretta maggioranza dei repubblicani alla Camera dei Rappresentanti. Il controllo delle Camere è importante, perché i presidenti i cui partiti non sono riusciti a conquistarle entrambe hanno faticato a far approvare delle norme.
Kamala Harris ai parrocchiani della Greater Emmanuel Institutional Church of God in Christ a Detroit ha detto che in soli due giorni il popolo americano ha il potere di decidere il destino della nazione per generazioni future. Nel corso di una manifestazione a East Lansing, nel Michigan, si è rivolta ai 200.000 arabi americani dello stato, iniziando il suo discorso con un cenno alle vittime civili delle guerre israeliane a Gaza e in Libano.
Tra gli applausi ha affermato che quest’anno è stato difficile, data la portata della morte e della distruzione a Gaza e date le vittime civili e gli sfollamenti in Libano. Come presidente ha intenzione di fare tutto ciò che è in suo potere per porre fine alla guerra a Gaza.
Trump ha visitato Dearborn, Michigan, il cuore della comunità arabo-americana, venerdì e ha promesso di porre fine al conflitto in Medio Oriente senza dire come. Trump, al suo primo di tre raduni di domenica, ha spesso abbandonato il suo teleprompter con commenti improvvisati in cui ha denunciato sondaggi di opinione che mostrano movimento per Harris. Ha definito i democratici un partito demoniaco, ha ridicolizzato il presidente democratico Joe Biden e ha parlato dell’alto prezzo delle mele.
Trump – che è sopravvissuto a un tentativo di assassinio a luglio quando il proiettile di un uomo armato gli ha sfiorato l’orecchio a Butler, in Pennsylvania – domenica si è lamentato con i sostenitori delle lacune nel vetro antiproiettile che lo circondava mentre parlava e rifletteva sul fatto che un assassino avrebbe dovuto sparare attraverso i media per prenderlo.
Trump attacca il governo in carica
Donald Trump ha parlato a Kinston, Carolina del Nord, e a Macon, in Georgia, dove prendendo spunto dal rapporto sull’occupazione della scorsa settimana ha mostrato che l’economia degli Stati Uniti ha prodotto solo 12.000 posti di lavoro a settembre.
Ha spiegato a una grande folla riunita in un anfiteatro che il rapporto mostrava che gli Stati Uniti sono una nazione in declino e ha avvertito oscuramente – senza però portare prove a supporto della sua affermazione – che potenzialmente potrebbe ripetersi la Grande Depressione del 1929.
Alti funzionari della campagna di Harris hanno detto che la sua argomentazione di chiusura è progettata per raggiungere una piccola fetta di elettori indecisi.
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