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Pensioni, ecco perché a dicembre l’assegno previdenziale sarà più alto. Non per la tredicesima

Le pensioni erogate a dicembre potrebbero essere più alte. È possibile, infatti, che arrivi la perequazione. Ecco cos’è.

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Pensioni, ecco perché a dicembre l'assegno previdenziale sarà più alto. Non per la tredicesima

A dicembre aumenti in vista per le pensioni. L’assegno previdenziale diventerà più alto per un intrecciarsi di motivi: gli importi vengono adeguati al costo della vita e vengono rimborsati dei crediti a favore del pensionato. L’Inps, ogni anno, deve restituire ai pensionati delle prestazioni, che vengono assegnate ai singoli utenti in base alla loro fascia di perequazione e all’indicizzazione che spetta. Ad inizio anno arriva un aumento più basso rispetto a quello che spetta in realtà. A dicembre, invece, sulla pensione arrivano gli arretrati.

In altre parole l’Inps provvede a liquidare ai diretti interessati quanto ha omesso di versare fino a quel momento. A dicembre 2023 venne erogato un anticipo di questo conguaglio, che generalmente viene fatto nel corso del mese di gennaio dell’anno successivo. sono in molti che ritengono che la stessa operazione possa essere ripetuta nel corso del 2024.

Pensioni, arrivano i primi conguagli

Le pensioni, generalmente, aumentano a gennaio. Sostanzialmente gli importi erogati vengono rivalutati con il meccanismo della rivalutazione annuale. L’Istat – ossia l’Istituto di Statistica Nazionale – fissa il tasso di inflazione previsionale tra un anno e l’altro. In un secondo momento viene fissato quello definitivo: a questo punto, tramite un apposito decreto, il governo italiano lo fissa ufficialmente.

Nel corso del mese di gennaio l’Inps provvede ad emanare la circolare attraverso la quale recepisce la percentuale di inflazione. E quindi assegna, a sua volta, il tasso di inflazione definitivo, il quale, almeno nella maggior parte dei casi, risulta essere più alto rispetto a quello che è stato scelto ad inizio anno.

Nel 2023 il tasso d’inflazione era stato previsto su un 5,4%: quello definitivo è stato al 5,7%. Stiamo parlando di uno 0,3%. Quanti percepiscono delle pensioni hanno ricevuto a gennaio la percentuale più bassa: in questi mesi, hanno maturato, ma non ancora percepito, la differenza. La stessa cosa era accaduta lo scorso anno, quando il tasso di inflazione previsionale era pari al 7,3%, per passare all’8,1% definitivo.

Il conguaglio a favore dei pensionati, nel 2023, era stato liquidato in via straordinaria con il pagamenti delle pensioni di dicembre e non con quelle mese di gennaio 2024. Stiamo parlando di una serie di arretrati, che permettono all’assegno previdenziale di diventare leggermente più consistente, anche se solo per una volta.

Pensioni, cosa prevede la Legge di Bilancio

Volendo essere sinceri, almeno per il momento, nella Legge di Bilancio o nel Decreto Fiscale non si è ancora visto nulla su un ipotetico conguaglio delle perequazione. Quindi, almeno ufficialmente, non ci sono delle indicazioni che i soldi possano arrivare il prossimo mese.

Ad ogni modo ci sono alcuni motivi per poterlo sperare: i 12 mesi di arretrati (dato che il calcolo parte da gennaio), se venissero erogati prima di gennaio, potrebbero dare una spinta ai consumi delle famiglie. Una decisione che, in un certo senso, servirebbe a rimettere leggermente in moto un’economia stantia.

L’ipotesi potrebbe essere confermata da una semplice questione di cassa. Nel caso in cui l’erogazione dovesse avvenire quest’anno, non andrà a pesare sulla spesa previdenziale del 2025, cosa che accadrebbe nel caso in cui il conguaglio dovesse slittare di un mese.

Pensioni, a quanto ammontano gli arretrati

A quanto ammonterebbero gli arretrati che arrivano con le pensioni di dicembre? La differenza tra l’inflazione previsionale (5,4%) e quella definitiva (5,7%) è di un misero 0,3%, che spetterebbe, però, solo per i pensionati fino a quattro volte il trattamento minimo. Ricordiamo, infatti, che la perequazione, almeno nel 2024, è stabilità sulle seguenti fasce:

  • per chi percepisce una pensione fino a quattro volte il trattamento minimo: 100% del 5,4%;
  • fino a cinque volte il trattamento minimo: 85% del 5,4%;
  • fino a sei volte il trattamento minimo: 54% del 5,4%;
  • fino a otto volte il trattamento minimo: 47% del 5,4%;
  • fino a dieci volte il trattamento minimo: 37% del 5,4%;
  • per le pensioni più alte: 22% del 5,4%.

Pierpaolo Molinengo è laureato in materie letterarie ed è un giornalista pubblicista iscritto all'Albo dal 2002 [Link di verifica iscrizione all'Albo]. Ha iniziato ad occuparsi di Economia fin da subito, concentrandosi dapprima sul mercato immobiliare, sul fisco e i mutui, per poi allargare i suoi interessi ai mercati emergenti ed ai rapporti Usa-Russia. Pierpaolo Molinengo scrive di attualità, tasse, diritto, economia e finanza.

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Bonus casa 2025, le novità previste per il nuovo anno

Scopriamo quali sono le novità previste per i bonus casa nel 2025 e cosa si debbano aspettare nel corso del nuovo anno le famiglie.

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Bonus casa 2025, le novità previste per il nuovo anno

Tra le novità che introdurrà la nuova Legge di Bilancio c’è una revisione completa dei bonus casa 2025. Il legislatore, infatti, ha previsto il taglio di buona parte delle detrazioni, che a partire dal prossimo anno dovrebbero essere articolate come segue: per le prime abitazioni si attestano al 50% e al 36% per le altre nel 2025; successivamente (quindi dal 2026), l’agevolazione scenderò al 36& per le prime case e al 30% per altre.

Le agevolazioni previste per l’acquisto dei mobili e la rimozione delle barriere architettoniche rimarranno tra i bonus casa 2025 ancora attivi. Ricordiamo, però, che la Legge di Bilancio deve essere ancora approvata definitivamente, quindi potrebbero essere previste delle novità o dei cambiamenti all’ultimo momento.

Ma proviamo a vedere come cambieranno alcuni bonus casa nel corso del 2025.

Bonus casa 2025, gli scenari attesi

Per il 2025 sono previste molte novità che coinvolgono direttamente i bonus casa. Indubbiamente una delle novità più importanti riguarda il bonus ristrutturazioni, il cui scopo è agevolare gli interventi per recuperare il patrimonio edilizio italiano. La detrazione viene prorogata fino al 2033 con delle aliquote decrescenti nel corso del tempo e, soprattutto, introducendo un differenziale tra la prima casa (ossia l’abitazione principale) e gli altri immobili.

Nel 2025 per gli interventi sulla prima casa l’aliquota sarà pari al 50%, mentre il tetto di spesa è previsto a 96.000 euro, confermando le condizioni che sono vigenti già ora. L’aliquota scenderà al 36% – il tetto di spesa rimarrà invariato a 96.000 euro – nel 2026 e nel 2027.

Il bonus ristrutturazioni, invece, cambierà per gli interventi previsti sugli altri immobili: l’aliquota sarà al 36% nel 2025, mentre nel 2026 e nel 2027 scenderà al 30%. Invariato il tetto di spesa a 96.000 euro. Nel corso degli anni successivi – ufficialmente i sei anni compresi tra il 2028 ed il 2033 – l’aliquota scenderà al 30% e il tetto di spesa a 48.000 euro per tutti gli immobili.

Tra i bonus casa 2025 particolare importanza ha anche l’Ecobonus, per il quale è prevista un’aliquota uguale per tutte le tipologie di intervento, ma verrà differenziata in base all’immobile sul quale saranno effettuati gli interventi. Nel 2026 e nel 2027 l’aliquota scenderà.

L’ecobonus 2025, per le prime case, avrà un’aliquota del 50%, mentre per le abitazioni diverse dalla prima casa e per gli immobili non residenziali, l’agevolazione prevista è al 36%. Nel 2026 e nel 2027 per tutti gli immobili l’aliquota è fissata al 36%.

Cosa accade agli altri bonus casa nel 2025

Dai bonus casa 2025 che abbiamo visto fino a questo momento sono esclusi gli interventi di sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale con delle caldaie uniche alimentate a gas.

Il bonus mobili, invece, è stato prorogato per tutto il 2025. Ricordiamo che l’agevolazione permette di ottenere una detrazione fiscale per acquistare gli arredi e i grandi elettrodomestici dopo che è stata effettuata una ristrutturazione. Il legislatore ha anche confermato la percentuale di detrazione al 50% su un tetto di spesa massimo pari a 5.000 euro. Le condizioni per accedere alle agevolazioni rimangono le stesse.

Tra i bonus casa che esordiranno nel 2025 vi è quello riservato agli elettrodomestici (che si andrà ad aggiungere a quello sui mobili), che permette di ottenere un contributo a quanti acquistino dei grandi elettrodomestici efficienti, che devono essere prodotti in Europa. Devono essere sostituiti degli apparecchi meno performanti.

Il bonus elettrodomestici è, in estrema sintesi, un contributo pari al 30% con un tetto massimo di spesa di 100 euro per ogni elettrodomestico, che sale a 200 euro per quanti abbiano un Isee inferiore a 25.000 euro. Gli elettrodomestici acquistati devono avere un’efficienza energetica non inferiore alla nuova classe B. Ogni famiglia potrà chiedere il contributo per un solo elettrodomestico.

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Piattaforma Siisl, da oggi vi può accedere anche chi cerca lavoro

Si estende la possibilità di accedere alla piattaforma Siisl, che da oggi può essere utilizzata anche da quanti sono alla ricerca di un lavoro.

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Piattaforma Siisl, da oggi vi può accedere anche chi cerca lavoro

Importanti novità coinvolgono da oggi la piattaforma Siisl – acronimo di Sistema Informativo per l’Inclusione Sociale e Lavorativa -, che diventa accessibile a quanti siano alla ricerca di un lavoro. L’obiettivo è quello di facilitare l’incontro tra la domanda e l’offerta.

Ma entriamo un po’ nel dettaglio e cerchiamo di capire quali siano le novità che coinvolgono la piattaforma Siisl.

Piattaforma Siisl, cosa cambia da oggi

Attivata nel corso del mese di settembre 2023, la piattaforma Siisl, in un primo momento, era dedicata unicamente a quanti stessero ricevendo il Supporto Formazione e Lavoro. Da gennaio di quest’anno, invece, vi hanno potuto accedere anche quanti stessero percependo l’assegno di inclusione. L’iscrizione, per quanti ricevono i suddetti contributi, è obbligatoria. Così come la partecipazione ai corsi di formazione o ad altre misure di inclusioni che sono collegate alle misure di supporto al reddito.

A partire dal 24 novembre 2024 sono stati caricati i dati anche di quanti stanno percependo la Naspi e la Dis-Coll, in modo da fornire loro un valido supporto nella ricerca di una nuova attività occupazionale o formativa. La piattaforma Siisl, da oggi 18 dicembre 2024, è aperta a quanti stiano cercando un lavoro o abbiano intenzione di cambiarlo.

Grazie a questo ulteriore allargamento del bacino d’utenza della piattaforma Siisl, il numero dei potenziali utenti è cresciuto a 25 milioni. Attraverso l’adozione dell’intelligenza artificiale, inoltre, il sistema è in grado di creare un matching tra la domanda e l’offerta di lavoro, in modo da rendere il processo leggermente più trasparente.

Secondo Marina Calderone, Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, con l’apertura della piattaforma Siisl si sta fornendo un segnale forte e chiaro sull’impegno dell’Italia per la creazione di un mercato del lavoro più inclusivo e dinamico.

Come funziona la piattaforma Siisl

Il funzionamento della piattaforma Siisl è molto semplice: per potervi accedere è sufficiente recarsi sulla pagina dedicata del Ministero del Lavoro. È necessario autenticarsi con le proprie credenziali elettroniche: la carta d’identità elettronica o lo Spid.

Una volta effettuate queste prime operazioni, è necessario caricare il proprio curriculum vitae, in modo che il sistema sia in grado di riconoscere quali siano le esperienze lavorative del passato e gli studi effettuati. Grazie a questi dati potrà calibrare le ricerche di lavoro.

I dati non si baseranno esclusivamente su quelli del curriculum, ma sarà possibile indicare anche i propri interessi, in modo da poter orientare l’algoritmo verso certi settori. A questo punto verranno presentate le offerte di lavoro ritenute più idonee con il profilo di quel particolare candidato. Attraverso la piattaforma Siisl, inoltre, sarà possibile candidarsi per sostenere un colloquio presso le imprese in questione.

Dal punto di vista dei cittadini la piattaforma Siisl costituisce un valido strumento per caricare il proprio curriculum vitae e rendere note quali siano le proprie aspettative. Ma, soprattutto, valutare le offerte formative e di lavoro che vengono selezionate con l’intelligenza artificiale.

Le imprese potranno accedere alla piattaforma Siisl passando sempre dal sito del Ministero: potranno caricare gli annunci, rispondere a quanti manifestano interesse per una determinata posizione e individuare la persona più adatta alle proprie esigenze.

L’Inps ha comunicato che fino a questo momento risultano registrati qualcosa come 2,3 milioni di utenti, con qualcosa come 300mila curriculum vitae caricati. Sono stati pubblicati qualcosa come 63mila corsi di formazione.

A partire dal mese di febbraio 2025 i centri per l’impiego potranno accedere al portale Siisl per supportare la compilazione dei curriculum vitae e dei Patti di Attivazione digitale. Sempre dal prossimo anno l’accesso verrà esteso anche ai collaboratori che stanno percependo  l’indennità Iscro e ai cittadini stranieri che sono in possesso di un permesso di lavoro. Ma non solo, dal prossimo anno Siisl potrebbe diventare un’app per lo smartphone.

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Regali di Natale, si spenderanno 225 euro a testa per acquistare i doni

Per effettuare i regali di Natale di spenderanno fino a 225 euro a testa. La scelta ricadrà principalmente sulla moda e i profumi.

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Regali di Natale, si spenderanno 225 euro a testa per acquistare i doni

Tempo di regali di Natale: manca ancora una manciata di giorni al 24 dicembre e lo shopping entra letteralmente nel vivo. Un italiano su due  – più correttamente il 53% – deve ancora acquistare i doni da mettere sotto l’albero. Mediamente si prevede che si possano fare poco meno di nove regali a testa: la spesa prevista si attesta complessivamente a 8,1 miliardi di euro, con un budget pro capite di 225 euro. Per i regali di Natale si preferiranno principalmente i capi e gli accessori di moda, ma anche giocattoli, prodotti di profumeria e i libri.

A mettere in risalto questi numeri è un sondaggio condotto da Ipsos per conto di Confesercenti, che ha analizzato in un campione di consumatori italiani sui regali di Natale.

Regali di Natale, quanto conta la tredicesima

A condizionare la voglia  di spesa per i regali di Natale è l’inizio del recupero dei salari reali a cui si aggiunge la crescita dell’occupazione. Generalmente questi due fattori contribuiscono ad innescare un’accelerazione dei consumi, ma le famiglie sono prudenti anche sotto le vacanze di Natale.

I consumatori, mediamente, prevedono di spendere intorno ai 225 euro per acquistare dei regali di Natale. La previsione, grosso modo, è simile a quella dello scorso anno, quando la cifra si aggirava intorno ai 223 euro. Il budget, però, si alza tra quanti percepiranno la tredicesima: questi ultimi hanno intenzione di destinare 270 euro ai regali di Natale. Stiamo parlando del 20% in più.

Con l’avvicinarsi della vigilia, le famiglie iniziano a preferire il canale retail offline per effettuare i regali di Natale. I negozi stanno battendo l’online 6 a 4: il punto vendita fisico viene scelto nel 61% dei casi per effettuare gli acquisti. Il 46% dei consumatori si recherà presso un negozio di vicinato o in un centro commerciale, il 10% sceglie un monomarca di una grande catena di distribuzione e il 4% si recherà presso un mercato o un mercatino. Il 34% dei regali di Natale, invece, viene acquistato direttamente online. utilizzando principalmente le grandi piattaforme (36%). Si è ridotta del 2% la quota degli acquisti che vengono effettuati direttamente sul sito del produttore.

Regali di Natale, si preferisce la moda

Per i regali di Natale quest’anno le famiglie passeranno dalle boutique: il 47% dei consumatori afferma di puntare a dei prodotti di abbigliamento e accessori, mentre un buon 19% ha intenzione di puntare a delle calzature. Tra i regali più ricercati – al secondo posto – troviamo i prodotti di cosmetica: almeno il 42% degli intervistati afferma di preferire questo tipo di oggetto per fare dei regali di Natale. A chiudere il podio troviamo giochi e giocattoli, che interessano il 37% degli intervistati: videogiochi, bambole e giochi in scatole sono le categorie più ricercate.

Tra i regali di natale pi scelti ci sono anche:

  • libri e prodotti editoriali: 33%;
  • tecnologia: 32%, anche se vengono preferiti dei doni il cui costo rimane al di sotto dei 150 euro;
  • dono gastronomico: 30%;
  • prodotto da enoteca: 23%;
  • gioielli/bigiotteria: 26%;
  • oggettistica e prodotti da collezione: 24%.

L’incertezza, sia a livello economico che politico, tende infatti a frenare la fiducia delle famiglie, che continuano ad adottare comportamenti prudenti, privilegiando il risparmio e limitando le spese discrezionali – spiegano da Confesercenti -. In questo contesto, l’esito delle vendite natalizie dipenderà in larga misura dall’andamento della settimana finale, tradizionalmente cruciale per il periodo festivo, poiché contribuisce per circa il 50% alle vendite complessive dei regali. Sarà quindi fondamentale monitorare con attenzione le tendenze di consumo in questi ultimi giorni per valutare l’effettiva ripresa o conferma della prudenza nelle scelte di spesa. Ricordando che una ripresa stabile e duratura dei consumi richiede politiche economiche strutturali, orientate al rafforzamento del potere d’acquisto e alla riduzione del carico fiscale.

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Andare in pensione a 64 anni nel 2025, con i fondi complementari si può

A partire dal 2025 si potrà andare in pensione a 64 anni grazie ai fondi complementari. Come funziona la nuova misura.

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Andare in pensione a 64 anni nel 2025, con i fondi complementari si può

Nel 2025 sarà possibile andare in pensione a 64 anni. Ad introdurre la novità è un emendamento alla Legge di Bilancio 2025, attraverso il quale si ha intenzione di rendere leggermente più flessibile l’uscita dal mondo del lavoro. Si potrà accedere all’assegno previdenziale così presto, però, solo se si ha già maturato almeno 20 anni di contributi e si è completamente ed interamente nel regime contributivo. E, soprattutto. cumulando gli importi del fondo complementare. Questi ultimi sono importanti unicamente – una volta sommati ai contributi previdenziali – per raggiungere l’importo richiesto per andare in pensione a 64 anni.

Ma entriamo un po’ nel dettaglio e cerchiamo di capire chi coinvolge questa importante novità.

Andare in pensione a 64 anni nel 2025

Ruolo importante e determinante per poter andare in pensione al compimento dei 64 anni l’hanno i fondi complementari. Attraverso questi strumenti di risparmio privati, i lavoratori hanno la possibilità di integrare l’assegno previdenziale che viene erogato dal sistema pubblico (prima di tutto l’Inps). Spostando in questi strumenti una determinata cifra – magari parte del Tfr, il Trattamento di Fine Rapporto – è possibile creare una rendita che, nel momento in cui si andrà in pensione, potrà essere affiancata al tradizionale assegno previdenziale.

I fondi complementari giocheranno un ruolo molto importante per chi avesse intenzione di andare in pensione al raggiungimento dei 64 anni. Per il raggiungimento dell’importo minimo per accedere alla pensione viene ammessa la somma tra i contributi previdenziali e i fondi complementari.

Ricordiamo che attualmente la normativa permette di andare in pensione a 64 anni, nel caso in cui il lavoratore abbia maturato almeno 20 anni di contributi e se l’importo dell’assegno previdenziale che percepirà risulti essere pari ad almeno 3 volte la pensione minima per gli uomini e 2,8 volte per le donne. La novità si va ad inserire proprio nelle regole per accedere al suddetto importo: per raggiungerlo è possibile utilizzare anche la rendita del fondo complementare.

Stando ad alcune stime, la novità dovrebbe coinvolgere una platea ristretta: i lavoratori che operano unicamente nel regime contributivo hanno al massimo 28 anni di contributi, otto in più rispetto a quelli previste. Un maggiore effetto potrebbe essere atteso a partire dal 2030, quando la quota dei lavoratori che avranno raggiunto i requisiti minimi sarà più consistente.

Nel caso in cui la cumulabilità con i fondi previdenziali complementari dovesse essere estesa anche ai lavoratori che operano nel regime misto retributivo/contributivo pre 1996, la platea potrebbe allargarsi a 80.000 soggetti.

Un cambio di passo molto importante

Soddisfazione per la decisione di modificare le regole per chi avesse intenzione di andare in pensione al compimento dei 64 anni arriva da Claudio Durigon, sottosegretario al Lavoro della Lega, che ha sottolineato come:

Per la prima volta nella previdenza italiana si potranno cumulare la previdenza obbligatoria e quella complementare per raggiungere un assegno pensionistico pari a tre volte il minimo, riuscendo ad anticipare la pensione a 64 anni. Con il provvedimento si interviene in tema pensionistico affrontando concretamente il problema delle pensioni povere, destinate ad aumentare a fronte di un sistema contributivo che sarà più prevalente.

All’ultimo momento, invece, riceve uno stop il via libera alla norma che permette di attuare il silenzio assenso per trasferire il Trattamento di Fine rapporto nei fondi pensione. Nel corso degli ultimi giorni era salito il pressing della maggioranza per approvare un nuovo semestre che permetterebbe ai lavoratori di trasferire il Tfr dall’azienda alla previdenza complementare.

Alcune ipotesi che stanno circolando in queste ore prevedono alcune restrizioni del meccanismo per i neo assunti: una limitazione che andrebbe a ridurre il costo della misura e che, soprattutto, avrebbe incontrato il favore del Mef, già sceso in campo per fermare qualsiasi tipo di proposta che non abbia le coperture adeguate.

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Rottamazione quinquies, ecco perché potrebbe arrivare nel 2025

Nel 2025 potrebbe arrivare la rottamazione quinquies. La Lega ha intenzione di chiederla con una legge ad hoc. Ecco come dovrebbe funzionare.

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Rottamazione quinquies, ecco perché potrebbe arrivare nel 2025

Al momento non è prevista alcuna rottamazione quinquies. Ma non è tutto perduto: potrebbe arrivare nel 2025. A trarre vantaggio da una nuova sanatoria non sarebbero unicamente i contribuenti, con dei debiti con l’Agenzia delle Entrate: anche il Fisco ne potrebbe beneficiare. Permettere alle famiglie e agli imprenditori di regolarizzare le proprie pendenze tributarie darebbe un po’ di respiro alle casse dello Stato, proprio alla vigilia della riforma della riscossione, che tra non molto tempo dovrebbe entrare in vigore.

Lo scorso 9 dicembre 2024 si è chiusa definitiva la deadline della rottamazione quater (nel conteggio abbiamo tenuto conto anche dei cinque giorni di tolleranza previsti dalla normativa): sono in molti, ora come ora, ad attendere una nuova sanatoria delle cartelle esattoriali. Grazie all’ultima i contribuenti hanno potuto regolarizzare le pendenze fiscali fino al giugno 2022. Nel frattempo sono molte le persone che hanno contratto dei nuovi debiti con il fisco, che attendono speranzosi in una nuova possibilità per mettersi in regola.

Se è vero, da una parte, che l’Agenzia delle Entrate con una eventuale rottamazione quinquies dovrà rinunciare al gettito proveniente da interessi e sanzioni, dall’altra parte potrebbe riuscire ad ottenere maggiori entrate. È questa speranza a far accendere un lumicino in fondo al tunnel e a far sperare che una nuova sanatoria possa arrivare nel 2025.

Rottamazione quinquies nel 2025

In un certo senso la speranza che possa arrivare la rottamazione quinquies nasce da un emendamento (che è stato bocciarto) alla Legge di Bilancio 2025 presentato dalla Lega. Il Carroccio, nonostante il diniego ricevuto, ha annunciato l’intenzione di proporre nuovamente la rottamazione quinquies a gennaio: questa volta con una legge apposita.

Stando alle intenzioni del partito guidato da Matteo Salvini, la nuova sanatoria dovrebbe prendere in considerazione i debiti che sono stati iscritti a ruolo nel periodo compreso tra il 1° luglio 2022 e il 31 dicembre 2023. Stiamo parlando delle cartelle esattoriali che sono rimaste fuori dalla rottamazione quater. Anche la nuova iniziativa dovrebbe permettere di pagare il capitale iniziale senza che vengano applicate delle sanzioni o degli interessi.

Da quanto abbiamo descritto fino a questo momento, la rottamazione quinquies non si dovrebbe discostare di troppo dalle precedenti edizioni. Ma è prevista una novità che, almeno sulla carta, dovrebbe contribuire a superare tutti i punti critici delle varie sanatorie che abbiamo visto fino a questo momento: l’idea sarebbe quella di proporre una dilazione dei pagamenti in dieci anni. Le rate sarebbero mensili e la decadenza arriverebbe solo e soltanto nel momento in cui non verrebbero pagate almeno otto rate.

Attraverso la rottamazione quinquies si riuscirebbero a superare i problemi registrati con le precedenti, tra i quali ricordiamo:

  • le rate trimestrali con un importo troppo alto. Con la nuova sanatoria il versamento sarebbe mensile e quindi più abbordabile;
  • imporre una dilazione in cinque anni in 18 rate rende l’onere troppo pesante quando gli importi sono troppo alti. Suddividendo il pagamento in 120 rate mensili – ossia dieci anni – il versamento da effettuare sarebbe più piccolo e alla portata di tutti;
  • il fatto che alla prima difficoltà i contribuenti rischiano la decadenza, ha fatto in modo che in molti uscissero dalla sanatoria. Dando la possibilità di saltare alcune rate si permette a tutti di riuscire a mantenere i benefici della rottamazione quinquies.

L’importanza della rottamazione quinquies

Nel caso in cui la rottamazione quinquies assumesse i connotati che abbiamo appena visto, qualsiasi contribuente avrebbe la possibilità di sanare la propria posizione con l’Agenzia delle Entrate. Ma non solo: il fisco avrebbe un gettito più alto di tasse.

Ma siamo proprio certi che la rottamazione quinquies si faccia? La riforma della riscossione ha introdotto, proprio a partire dal 2025, il discarico automatico delle cartelle esattoriali non riscosse in cinque anni. Questo obbligherebbe l’Agenzia delle Entrate a mettere in conto, periodicamente, una sorta di saldo e stralcio.

Attraverso una nuova sanatoria il Fisco avrebbe la possibilità di riuscire a recuperare parte dei crediti. Questo è il motivo che renderebbe, almeno sulla carta, sensato pensare ad una nuova sanatoria.

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