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Rc Auto, in due anni gli automobilisti hanno pagato 61 euro in più. Record aumenti a Roma
Aumento record della Rc auto, per la quale gli automobilisti sono arrivati a pagare 61 euro in più. Impennata dei costi a Roma.
Il prezzo dell’Rc Auto aumenta inesorabilmente. Dopo i dati pubblicati nei giorni scorsi dall’Ivass, adesso arriva il Codacons a gettare letteralmente benzina sul fuoco. Il premio annuale dell’assicurazione sulla responsabilità civile degli automobilisti si è trasformato in una vera e propria stangata: oltre due miliardi di euro ogni anno.
Stando ai dati Ivass, che sono stati elaborati direttamente dall’associazione dei consumatori, il prezzo di una Rc Auto è arrivata a quota 414 euro nel corso del mese di settembre 2024. Solo per fare un confronto basti pensare che a gennaio 2022 ci si aggirava intorno ai 353 euro: stiamo parlando di un rincaro del 17,3% e di un aggravio di spesa di 61 euro per avere una copertura assicurativa obbligatoria per legge.
Ma entriamo nel dettaglio e cerchiamo di capire quanto devono andare pagare di più i consumatori per un premio Rc Auto.
Rc auto, il premio costa sempre di più
Il prezzo medio della polizza Rc Auto, in Italia, ha sfiorato quota 414 euro nel corso del mese di settembre 2024. Rispetto a gennaio 20224 – quando l’esborso era pari a 353 euro – il rincaro è stato del 17,3%. Codacons mette in evidenza che gli automobilisti sono costretti a pagare 61 euro in più.
Andando ad analizzare quale sia l’andamento delle singole province, si riesce a scoprire che, nel periodo preso in considerazione dall’analisi, dodici città hanno registrato una crescita delle tariffe che, almeno mediamente, è stata pari al 20%. Gli aumenti più alti sono stati registrati a Roma, dove il costo di una Rc Auto è passato da 397,7 euro di inizio 2022 a 483 euro del mese di settembre: in questo caso l’aumento è stato pari al 27,2% con una maggiore spesa che si è aggirata intorno ai 103 ad automobilista. Tra le città nelle quali sono stati registrati i maggiori aumenti ci sono:
- Cagliari, dove la polizza è salita del 22,5%. Stiamo parlando di un aumento pari a quasi 79 euro;
- Pordenone: 21,5%;
- Massa-Carrara e Caltanissetta: per entrambe è stato registrato un +21,3%.
In alcuni casi gli incrementi della polizza Rc Auto sono stati inferiori al 10%. In Calabria troviamo le province più virtuose:
- Reggio Calabria: i premi sono aumentati, mediamente, del 4,4%. Grosso modo siamo intorno ad un aumento di 17,4 euro ad assicurato;
- Cosenza: l’aumento è stato del 7,9%, pari a 24,7 euro;
- Catanzaro:+8,6%, +28,7 euro.
Rc auto, dove sono stati registrati gli aumenti maggiori
A Prato è stato registrato il maggiore aumento, con una media di 601 euro a polizza: rispetto al mese di gennaio 2022 parliamo di un incremento del 19,2% pari a 97 euro per automobilista. Nella classifica delle città in cui i prezzi sono maggiori, al secondo posto troviamo Napoli, con 595, ma il cui aumento è stato più contenuto rispetto a due anni fa: +11,6%.
Ad Enna, invece, troviamo il prezzo più basso: in media si pagano 294 euro.
Il Codacons calcola che, considerando che in Italia ci sono 31,9 milioni di auto assicurate, la crescita delle tariffe Rc Auto ha determinato una stangata complessiva pari a 2 miliardi di euro a carico degli automobilisti.
Gli aumenti del premio della Rc Auto non sembrano essere giustificati da un incremento degli incidenti. Gli ultimi dati resi noti da Aci in collaborazione con l’Istat mettono in evidenza che nel corso del 2023 sulle strade italiane sono stati registrati 166.525 incidenti, il 3,3% in meno rispetto al 2019. I morti sono stati 3.039, in calo del -4,2% sul 2019 e i feriti sono diminuiti addirittura del -6,9% (224.634).
Carlo Renzi, presidente Codacons, spiega che gli automobilisti italiani continuano a subire la crescita delle tariffe Rc auto, che dalla seconda metà del 2022 hanno invertito il trend tornando a salire in tutte le città.
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Imposta di bollo sul conto corrente, ecco quando arriva l’addebito da 34 euro
L’imposta di bollo sul conto corrente è pari a 34,20 euro all’anno. Ecco quando viene addebitata e chi la deve versare.
Puntuale come un orologio arriva da pagare l’imposta di bollo sul conto corrente. Grazie a questo obolo, nascosto tra i vari movimenti bancari, il Fisco riesce a fare incetta di soldi. Anche perché, quella che abbiamo davanti, rappresenta una vera e propria patrimoniale ricorrente. E che viene addebitata su un conto corrente solo perché è stato aperto. L’imposta di bollo è stata introdotta nel 1972 e, fino ad oggi, non mai stata abolita e all’estero non deve essere pagata.
Ma vediamo un po’ di cosa si tratta e perché deve essere versata.
Imposta di bollo sul conto corrente, di cosa si tratta
Nel momento in cui viene aperto un conto corrente o un libretto postale è necessario versare l’imposta di bollo, che è, sostanzialmente, una tassa dovuta allo Stato per ogni rapporto bancario o postale regolarmente attivo. Questa sorta di patrimoniale colpisce trasversalmente tutti i risparmiatori, sia quando hanno sottoscritto un conto corrente personale o uno aziendale. Anche quando il rapporto bancario è cointestato. E, in maniera molto silenziosa, permette allo Stato di racimolare ogni anno un bel gruzzoletto.
Le persone fisiche devono versare l’imposta di bollo pari a 34,20 euro ogni anno, che diventa 100,00 euro per le aziende.
Sono in molti a non accorgersi di dover versare questo obolo, perché le banche la frazionano nel corso dell’anno con cadenza trimestrale. L’addebito, di norma, viene effettuato nelle seguenti date:
- 31 marzo;
- 30 giugno;
- 30 settembre;
- 31 dicembre.
Data la suddivisione nel corso dell’anno dell’imposta di bollo, ogni singolo addebito sul conto corrente sarà pari a 8,55 euro per le persone fisiche e 25 euro per i conti aziendali. Non è detto che tutti gli istituti di credito si muovano nello stesso modo: può accadere, infatti, che l’imposta di bollo venga addebitata con cadenza annuale o semestrale, in base a quando l’estratto conto viene inviato al cliente. Entrando un po’ più nello specifico, la legge prevede che:
L’estratto conto o il rendiconto si considerano in ogni caso inviati almeno una volta nel corso dell’anno anche quando non sussiste un obbligo di invio o di redazione. Se gli estratti conto sono inviati periodicamente nel corso dell’anno, l’imposta di bollo dovuta è rapportata al periodo rendicontato.
Imposta di bollo, chi la deve pagare
Insieme a quella prevista sul deposito titoli, l’imposta di bollo sul conto corrente rappresenta una tassa fissa, che deve essere versata indipendentemente dai soldi che vi vengono depositati e che si andranno a muovere nel corso dell’anno. Deve essere pagata per il semplice fatto che si è intestatari di un conto corrente e al suo interno siano depositati dei soldi, indipendentemente dal denaro che vi è depositato, dalle spese effettuate o dagli incassi. O per quanto frequenti e cospicue possano essere le operazioni.
Esiste, però, un’eccezione al pagamento dell’imposta di bollo sul conto corrente ed è costituita dalla giacenza media inferiore a 5.000 euro. Nel caso in cui il correntista, durante il periodo di rendicontazione dovesse mantenere una soglia inferiore a questa cifra, è esonerato dal pagamento di questo antipatico obolo.
Ma non solo. L’imposta di bollo non si applica sui rapporti che intercorrono tra gli enti gestori e i Confidi, organismi senza scopo di lucro a carattere associativo costituiti da piccole e media imprese. Anche i conti correnti delle pubbliche amministrazioni sono esentati dal pagamento di questa tassa.
Altra deroga al pagamento dell’imposta di bollo sul conto corrente è determinata direttamente dalle capacità reddituali del correntista. Quanti, infatti, hanno un Isee inferiore a 7.500 euro sono esentati da questo onere. Per evitare il pagamento, però, è necessario esibire all’istituto di credito o all’ufficio postale la certificazione rilasciata dall’Inps.
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Mutui, a settembre i tassi d’interessi sono passati al 3,82% dal precedente 4,10%
In calo i tassi d’interesse dei mutui a settembre, che sono scesi al 3,82% dal precedente 4,10%. Cosa cambia per le famiglie.
A settembre cala il costo dei mutui erogati dalle banche in Italia. I tassi d’interesse sui nuovi prodotti sono al 3,82%, contro il 4.10% che era stato registrato nel corso del mese di agosto. Ad ufficializzare la notizia è stata direttamente la Banca d’Italia attraverso la consueta statistica Banche e moneta.
A calare non sono solo i mutui. Buone notizie arrivano anche dai tassi d’interesse sul credito al consumo: il calo è solo marginale ma c’è. A settembre, infatti, siamo passati al 10,47% contro il 10,50% che era stato registrato nel corso del mese di agosto. Sia per i mutui che per i prestiti il riferimento è il Tasso Annuale Effettivo Globale. Quello sui nuovi prestiti alle imprese, a settembre, è fissato al 4,90%, contro il 5,13% del mese di agosto.
Scendono i costi dei mutui, ma non solo
A finire sotto la lente d’ingrandimento non sono unicamente i mutui. Lieve flessione anche per i tassi passivi sul complesso dei depositi in essere, che sono stati pari allo 0,99%, mentre ad agosto erano pari all’1%.
A condizionare i tassi d’interesse sono i continui cali dei tassi ufficiali operati dalla Banca Centrale Europea, che dovrebbe dare un’ulteriore sforbiciata nel corso del mese di dicembre. Da segnalare che nel frattempo si è attenuta anche la dinamica del calo dei prestiti al settore privato, che è passata a -0,9% sui dodici mesi a settembre dal -1,5% del mese di agosto.
I prestiti alle famiglie si sono ridotti dello 0,4% sui dodici mesi (-0,6 nel mese precedente) mentre quelli alle società non finanziarie sono diminuiti del 2,4% (-3,5 nel mese precedente). I depositi del settore privato sono aumentati dello 0,5% (+2% ad agosto); la raccolta obbligazionaria è aumentata del 10,6%.
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Intesa Sanpaolo, non funzionano il sito e l’app
Oggio il sito e l’app di Intesa Sanpaolo non funzionano. Gli utenti non riescono ad accedere al proprio conto per verificare l’operatività.
I clienti di Intesa Sanpaolo da questa mattina stanno avendo molti problemi ad accedere all’App e al sito internet, che non starebbero permettendo di effettuare le normali operazioni di home banking.
Nel corso della giornata la situazione è stata altalenante. In alcuni momenti era possibile accedere ed operare, anche se con molta lentezza, in altri, invece, c’era un vero e proprio blocco totale. I clienti di Intesa Sanpaolo sono letteralmente furibondi, anche perché non sono arrivate delle risposte ufficiali da parte dell’istituto di credito.
Intesa Sanpaolo, i problemi registrati in giornata
Gli utenti si sono lamentati sui social: non riescono ad accedere al proprio conto dall’app. Chi ci sta provando da diverse ore riceve un messaggio molto laconico e lapidario che riporta quanto segue: Internal server error (LO0052).
Letto questo messaggio il cliente di Intesa Sanpaolo non può far altro che chiudere l’app e ritentare più tardi, nella speranza che il server riesca a rispondere. Non ha la possibilità di consultare lo stato del suo conto corrente o fare delle operazioni.
L’errore, però, non sembrerebbe generalizzato. Alcuni clienti hanno dichiarato che utilizzando dei telefoni diversi riescono ad aprire l’app. Questo potrebbe significare che non si tratterebbe di un problema dei server di Intesa Sanpaolo, ma di un aggiornamento che sarebbe andato male.
Quello che effettivamente risulta fastidioso a molti utenti di Intesa Sanpaolo e che la banca si è trincerata dietro ad un fastidioso silenzio, non rispondendo agli utenti inferociti per i disagi che stanno attraversando. La banca su X sta continuando a pubblicare dei contenuti come se non stesse accadendo niente. Ma non solo: ha limitato i commenti degli utenti. Possono rispondere solo gli utenti menzionati dal profilo @intesasanpaolo.
Per quanto riguarda la pagina Facebook, è da maggio che Intesa Sanpaolo non provvede ad aggiornarla, mentre quella di Instagram è aggiornata a ieri. Ma nemmeno qui arrivano delle risposte agli utenti.
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Mutuo o affitto, qual è la scelta più conveniente negli ultimi mesi del 2024
Mutuo o affitto: cosa è meglio scegliere, economicamente parlando, in questo ultimo scorso del 2025. Proviamo a scoprirlo insieme.
Meglio l’affitto o un mutuo? È più conveniente investire nell’immobile nel quale si ha intenzione di andare a vivere o è preferibile versare un canone di locazione ogni mese? A provare a dare una risposta a questa domanda ci ha pensato l’ufficio studi del gruppo Tecnocasa, che ha analizzato e messo a confronto la rata di un mutuo e il canone di affitto nelle più importanti città del nostro Paese.
Per effettuare questa particolare analisi sono stati analizzati i prezzi degli immobili, i tassi medi che vengono applicati e il costo complessivo di un mutuo attraverso il quale andare a coprire l’80% del valore di un appartamento. E la cui durata sia pari a 25 anni. Prima di procedere è bene ricordare che, nel momento in cui si ha intenzione di acquistare un immobile, è sempre opportuno mettere in conto un capitale con il quale coprire il 20% del valore dell’immobile. L’analisi arriva in un momento particolare, nel quale si sta registrando il ribasso dei tassi d’interesse e il rialzo dei canoni di locazione in alcune città, tanto che i due costi iniziano ad equivalersi rendendo l’acquisto più opportuno.
Mutuo Vs affitto, cosa è meglio scegliere
A Bologna, Bari, Torino, Verona, Palermo e Genova il confronto tra mutuo e affitto rende più conveniente acquistare un bilocale. La rata di un finanziamento ipotecario, a Milano, arriva a superare il canone di locazione di 146 euro. A Roma, invece, è superiore di 65 euro, a Firenze di 130 euro e a Napoli di 39 euro.
Il discorso, invece, inizia a cambiare a Bari, Verona, Torino, Palermo, Genova, Bologna e Napoli, dove se si sceglie un trilocale è preferibile l’acquisto. A Firenze, Roma e Milano la rata del mutuo è più alta dell’affitto, ma lo scarto è così basso che continua a convenire l’acquisto: la differenza è, rispettivamente di: 152 euro, 20 euro e 18 euro. Con un ulteriore ribasso dei tassi l’acquisto sarebbe ancora più praticabile, nonostante l’aumento atteso dei prezzi anche per il 2025.
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Conto corrente a rischio, con una telefonata lo svuotano completamente
Con una telefonata i cyber criminali svuotano il tuo conto corrente. Quali strategie è necessario adottare per difendersi.
Una volta depositati su un conto corrente sono in molti a ritenere che i propri risparmi siano al sicuro. Che non ci sia alcun rischio per i propri risparmi. Purtroppo i ladri del web sono sempre al lavoro e i tentativi di rapinare telematicamente gli utenti delle banche avvengono quotidianamente.
Ma a cosa è necessario stare attenti per evitare di finire in una truffa e vedersi svuotato il conto corrente? È necessario, prima di tutto, evitare un uso disinvolto della carta di credito, evitare di rispondere in qualche modo alle email sospette che promuovono degli sconti particolarmente invitanti. Ma anche ai messaggi di testo via Whatsapp e Instagram e soprattutto è meglio evitare di rispondere a delle telefonate ambigue che chiedono informazioni personali e dei dati bancari.
Nessuno può ritenersi al sicuro da eventuali truffe online e i furti dei soldi dal conto corrente sono un problema trasversale in tutta Italia: la tecnologia utilizzata dai malviventi è in continua evoluzione ed è sempre più sofisticata.
Conto corrente, aumenta il numero dei truffati
Prestare la massima attenzione e non fornire i propri dati rispondendo a delle mail o a delle telefonate. Sembra un consiglio ovvio, ma il numero delle persone cadute in una truffa che ha portato allo svuotamento del conto corrente sono innumerevoli. Nell’arco di sei mesi, l’Arbitro Bancario Finanziario ha rimborsato 50.000 euro a 17 dei 19 risparmiatori truffati, che hanno provveduto a depositare un rimborso.
A rendere nota la cifra è stata Confconsumatori, che ha spiegato che queste vittime dei cyber criminali si sono rivolti all’Abf in un tentativo di conciliazione per evitare una causa legale: l’obiettivo era riavere dalla banca il denaro che era stato rubato dal conto corrente
Chiedere il rimborso alla banca è una soluzione che può essere adottata nel momento in cui l’istituto di credito non adotta le misure di sicurezza nell’autenticazione, che l’Unione europea ha imposto che debba essere a due fattori. Nel caso in cui, però, il truffato dovesse fornire i dati di accesso ai truffatori le credenziali di accesso al proprio conto, l’Abf rifiuta il rimborso, perché l’istituto di credito non è ritenuto responsabile di quanto accaduto.
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