Finanza Personale
Rottamazione quinquies, arriva l’emendamento per la nuova sanatoria sulle cartelle esattoriali
Un nuovo emendamento apre la speranza dei contribuenti: potrebbe arrivare la rottamazione quinquies delle cartelle esattoriali.
Ci sarà una rottamazione quinquies? Il Governo sta pensando ad eliminare le cartelle esattoriali pendenti? In questi giorni la Legge di Bilancio è nelle aule del Parlamento e deve affrontare il fuoco incrociato dei vari emendamenti dei gruppi parlamentari, che potrebbero inserire o cassare qualsiasi tipo di novità.
Il testo della Manovra 2025 è facilmente consultabile, ma è bene precisare che non ha ancora raggiunto la sua versione definitiva. Al momento, ad ogni modo, non c’è traccia di una potenziale sanatoria delle cartelle esattoriali. Non sono previste agevolazioni per i contribuenti che hanno dei debiti con l’Agenzia delle Entrate Riscossioni, né, all’orizzonte, si intravede qualcosa che possa essere battezzato rottamazione quinquies. È bene ribadire che il testo della Legge di Bilancio 2025 è ancora provvisorio: proposte correttive, emendamenti ed eventuali nuove modifiche possono arrivare da qui alla fine del 2024. E sicuramente qualche importante novità dell’ultimo minuto ci potrebbero benissimo essere. Soprattutto dopo le ultime esternazioni di alcuni rappresentanti del Governo – stiamo pensando principalmente al leader della Lega Matteo Salvini – che ha fatto tornare alla ribalta il tema di una potenziale sanatoria. Una speranza che inizia a diventare realtà, dopo l’emendamento presentato da Forza Italia.
Rottamazione quinquies, di cosa stiamo parlando
Si parla di rottamazione quinquies perché quella attuale è la quater. In questo caso siamo in prossimità della sesta scadenza. Prima di tutto è necessario non fare confusione: chi ha aderito a questa sanatoria potrà continuare a fruirne senza problemi, così come ha fatto fino a questo momento. In questa sede ci soffermeremo sull’eventualità che il governo dovesse decidere di farne una nuova.
Purtroppo, però, come abbiamo accennato in apertura di articolo non è prevista una rottamazione quinquies, come verrebbe battezzata la nuova sanatoria delle cartelle esattoriali. Alcune esternazioni del membri del governo, però, fanno ben sperare. Solo per fare un esempio Claudio Durigon, sottosegretario di Stato al Ministero del Lavoro e tra i leader della Lega, nel corso di un’intervista rilasciata alcuni giorni fa ha affermato che secondo il Carroccio sarebbe necessaria una nuova rottamazione delle cartelle esattoriali. Una presa di posizione che avrebbe fatto ben sperare e che potrebbe essere il preludio ad un emendamento della maggioranza attraverso il quale correggere la Legge di Bilancio 2025 o il Decreto Fiscale. Ma per il momento, lo sottolineiamo ulteriormente, è solo una speranza di molti elettori.
Un’aspettativa che si va ad inserire con quanto cercherebbero molti contribuenti: sia quelli che non sono riusciti a far fronte ai pagamenti delle rate passate, sia quanti non sono riusciti ad entrare nella rottamazione quater. La definizione agevolata delle cartelle esattoriali, infatti, ha previsto la possibilità di sanare le cartelle esattoriali del periodo compreso tra il 1° gennaio 2000 ed il 30 giugno 2022.
Qualche cosa all’orizzonte si starebbe muovendo: un emendamento di Forza Italia firmato da Lotito e Paroli al decreto Legge Fisco prevederebbe la rottamazione quinquies, per le cartelle esattoriali dal primo luglio 2022 al 31 dicembre 2023. La proposta di modifica riapre di fatto i termini della Rottamazione quater prevista dalla legge di bilancio 2022. Il pagamento delle somme può essere in unica soluzione entro il 31 luglio 2025 o in 18 rate, con un interesse del 2% a partire dalla seconda rata.
Quelle più recenti – ossia emesse dopo il 1° luglio 2022 – che sono passati alla riscossione forzata di AdER non sono state inserite all’interno della rottamazione quater.
In attesa della rottamazione quinques
Mentre si aspetta che arrivi la rottamazione quinquies delle cartelle esattoriali nella quale far confluire i nuovi debiti fiscali, i contribuenti sono alle prese con la quater. Una nuova sanatoria, è ricordarlo, potrebbe far rientrare nei giochi quanti sono decaduti dal precedente piano agevolato. Anche quanti dovessero essere usciti per aver saltato il pagamento di una sola rata.
Come ben sapranno i contribuenti è sufficiente saltare un solo pagamento per decadere dai benefici. Il rischio che diventa ancora più nel vivo in questi giorni, dato che ci avviciniamo alla scadenza del 30 novembre 2024. Considerando i cinque giorni di tolleranza, i diretti interessati avranno tempo di effettuare il pagamento fino al 9 dicembre 2024.
Volendo semplificare al massimo, chi non dovesse effettuare il versamento entro questa data, rischia di perdere il diritto a continuare a beneficiare della sanatoria. Quanto versato in precedenza viene registrato dall’Agenzia delle Entrate e considerato come acconto del debito originario. Il debito complessivo tornerebbe ad essere calcolato con gli interessi, l’aggio di riscossione e le relative sanzioni.
La rottamazione quinquies potrebbe arrivare per dare maggiore respiro per chi non riesce a tenere il passo con le rate da pagare.
Finanza Personale
Al via il bonus Natale, gli Statali lo possono richiedere con la piattaforma NoiPA
Da oggi i dipendenti statali possono chiedere il bonus Natale direttamente dalla piattaforma NoiPA.
Bonus Natale ai nastri di partenza. I dipendenti statali, attraverso la piattaforma NoiPA, possono richiedere il contributo da 100 euro che si andrà ad aggiungere alla tredicesima. Sono già in molti che hanno confermato la possibilità di accedere al servizio, mentre qualcuno sta riscontrando una serie di problemi con il codice OTP. Qualcuno, invece, non riesce ad accedere proprio per niente.
Bonus Natale, come richiederlo con la piattaforma NoiPA
Per richiedere il bonus Natale i dipendenti statali devono accedere all’area personale della piattaforma NoiPA. Nell’area Servizi è necessario recarsi alla categoria Stipendiati. Seguendo questo percorso è possibile accedere al servizio per richiedere l’indennità natalizia, che è già attiva e rimarrà accessibile fino al prossimo 22 novembre 2024.
Qui sarà necessario inserire i dati richiesti e si potrà inoltrare la domanda online. In un precedente avviso NoiPA ha comunicato quali sono i requisiti per accedere al bonus Natale:
- essere in possesso in reddito complessivo che deve rientrare nel range compreso tra 8.501 e 28.000 euro per il 2024. Il limite si riferisce al reddito imponibile fiscale: non deve essere superato in alcun modo per poter aver diritto al contributo;
- il lavoratore statale deve avere dei familiari a carico.
Entrando un po’ più nello specifico, i limiti di reddito annui cambiano a seconda del numero dei familiari che il singolo lavoratore ha a carico:
- coniuge a carico: il reddito annuo del coniuge non deve superare i 2.841 euro;
- figli a carico: il limite di reddito per i figli è pari a 4.000 euro per figli fino a 24 anni, mentre scende a 2.841 euro per figli di età superiore a 24 anni.
Hanno la possibilità di richiedere il bonus Natale anche le coppie con unione civile e i nuclei monogenitoriali. L’importo massimo del bonus Natale è pari a 100 euro: verrà erogato insieme alla tredicesima.
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Bonus mamme lavoratrici, come richiedere il contributo esteso anche alle autonome
Dal 2025 il bonus mamme lavoratrici è esteso anche alle autonome, con la sola esclusione di chi ha optato per il regime forfettario.
A partire dal 2025 il bonus mamme lavoratrici verrà esteso alle autonome, anche se dovranno rispettare una serie di paletti. All’interno della Legge di Bilancio 2025 questo non è il solo aiuto previsto per le famiglie: è prevista anche la Carta Nuovi Nati, grazie al quale quanti diventeranno genitori nel 2025 potranno ricevere un contributo pari a 1.000 euro se hanno un Isee inferiore a 40.000 euro. Tra le misure a favore delle famiglie c’è anche il bonus asilo nido, il cui valore può arrivare fino a 3.600 euro l’anno e l’esclusione dalla composizione del reddito delle cifre percepite collegate all’assegno unico.
Oltre al bonus mamme lavoratrici, per il 2025, sono aumentati i congedi parentali, che permetteranno di ottenere tre mesi retribuiti all’80% rispetto ai due di quest’anno.
Ma entriamo nel dettaglio e cerchiamo di capire quale misure sono previste dal prossimo anno per le famiglie.
Bonus mamme lavoratrici 2025, come funzionerà
Nel testo della Legge di Bilancio 2025 svetta il bonus mamme lavoratrici, il contributo che dal prossimo anno verrà esteso anche alle autonome, purché rispettino una serie di requisiti.
Potranno fruire del contributo anche le lavoratrici autonome, purché non abbiano optato per il regime forfettario. Le madri con due figli avranno la possibilità di beneficiare di una decontribuzione fino al compimento del decimo anno del figlio più piccolo. Nel caso in cui le mamme dovessero avere fino a tre figli, l’agevolavolazione varrà fino al compimento dei 18 anni del terzogenito. Per ottenere il bonus mamme lavoratrici è importante prestare attenzione al limite reddituale: il contributo spetterà unicamente a quanti abbiano un Isee inferiore a 40.000 euro.
Per le dipendenti – che hanno beneficiato del bonus mamme lavoratrici già lo scorso anno – è previsto un esonero parziale dei contributi, anche se al momento appare ancora incerta la percentuale. Per l’iniziativa sono previsti dei fondi pari a 300 milioni di euro e l’intenzione sarebbe quella di confermare il bonus mamme lavoratrici anche per gli anni successivi.
Per il momento si rimane in attesa di indicazioni precise su come debba essere richiesto. Nel caso in cui dovessero essere confermate le modalità attualmente in vigore, è possibile che il bonus sia accessibile senza la necessità di presentare una domanda. Spetterà direttamente al datore di lavoro erogarlo.
Dal bonus mamme lavoratrici rimangono inesorabilmente escluse le donne che hanno optato per il regime forfettario. Una decisione che ha destato non poche polemiche, dato che questo regime fiscale risulta essere il più conveniente per i freelance, che hanno pochi adempimenti contabili purché il loro reddito rimanga al di sotto degli 85.000 euro. La misura, inoltre, esclude le donne che svolgono un lavoro domestico, ma anche i seguenti soggetti:
- pensionate;
- disoccupate;
- collaboratrici occasionali;
- madri di un solo figlio.
Non c’è solo il bonus mamme lavoratrici
Per aiutare le famiglie non c’è solo il bonus mamme lavoratrici. Tra le nuove misure c’è anche la Carta per i Nuovi Nati, conosciuta fino ad oggi come bonus bebè. Grazie a questo contributo vengono riconosciuti 1.000 euro nel caso in cui i genitori abbiano una soglia Isee inferiore a 40.000 euro. L’importo viene riconosciuto per far fronte alle numerose spese per il nuovo nato.
Da non dimenticare, inoltre, il bonus asilo nido, che può arrivare fino a 3.600 euro all’anno per i genitori di bambini che sono nati nel 2024 e che abbiano anche un secondo figlio la cui età sia inferiore ai 10 anni. Anche in questo caso l’Isee deve essere inferiore a 40.000 euro.
Altro importante aiuto arriva dall’assegno unico, per il quale la Manovra 2025 ha previsto un’importante novità: gli importi erogati sono esclusi dal calcolo dell’Isee.
Finanza Personale
Imu 2024, come non pagare legalmente l’imposta sulla seconda casa
La normativa in vigore permette, in alcuni casi, di non pagare l’Imu sulla seconda casa. Ma si deve essere in possesso di alcuni requisiti.
Insieme al bollo auto e al canone Rai l’Imu è sicuramente una delle imposte più odiate dagli italiani. È una sorta di patrimoniale che costringe a passare dalla cassa i proprietari di un immobile. Attenzione, però, a meno che non sia accatastata in una categoria di lusso, sulla prima casa non è necessario pagare l’Imu: alla casa devono passare solo quanti siano in possesso di più di un immobile.
Partendo dal presupposto che l’Imu è un balzello sulla proprietà, molti contribuenti sono costantemente alla ricerca di un sistema per evitare di fare questo pagamento, cercando degli escamotage grazie ai quali sia possibile evitare di fare il versamento. Con l’avvicinarsi della data del saldo Imu (il 16 dicembre 2024), la ricerca diventa quanto mai ossessiva.
In questa sede cercheremo di spiegare quando è possibile non pagare l’Imu sulla seconda casa. Soffermandosi unicamente sulle casistiche previste dalla legge, che permettono di ottenere delle esenzioni parziali o totali, a seconda dei casi.
Come non pagare l’Imu sulla prima casa: il comodato d’uso
Cercare una scappatoia che permetta di non pagare completamente l’Imu è pressoché impossibile. Però la normativa permette di risparmiare un po’, nel caso in cui si dovessero rispettare alcuni requisiti. Cercare degli sconti e delle agevolazioni fiscali è sicuramente una strada che si può percorrere un po’ più facilmente: non fanno venire meno l’obbligo di versare l’Imu, ma certamente permettono di risparmiare un bel po’ di soldi a fine anno.
Per evitare di pagare l’intero importo dell’Imu è possibile dare in comodato d’uso gratuito l’immobile a dei parenti in linea diretta di primo grado. Quando un immobile viene dato in comodato tra genitori e figli per l’Imu viene riconosciuto uno sconto pari al 50% dell’intera imposta dovuta. Nel caso in cui i contribuenti volessero beneficiare di questo tipo di agevolazione devono rispettare una serie di requisiti ben precisi, tra i quali ricordiamo:
- il comodatario deve adibire l’immobile ad abitazione principale;
- è necessario che l’immobile che viene dato in comodato d’uso gratuito non rientri nelle categorie catastali di lusso, che sono: A/1, A/8 e A/9;
- il comodante deve essere proprietario o, comunque vada, possedere un solo immobile oltre alla casa principale;
- la residenza e la dimora abituale del comodante devono essere nello stesso Comune nel quale è ubicato l’immobile concesso in comodato d’uso;
- il comodante è tenuto a presentare la dichiarazione Imu attraverso la quale attesta di essere in possesso dei requisiti che abbiamo appena indicato.
Ottimizzare il patrimonio immobiliare per non pagare l’Imu
Per non pagare l’Imu sulla seconda casa ci sono altre soluzioni. Una di queste consiste nell’ottimizzazione del patrimonio immobiliare tra i parenti.
Proviamo a fare un esempio: un contribuente è proprietario di due differenti immobili. Il primo è esente Imu, mentre per il secondo è necessario pagare l’imposta. La strada da percorrere per evitare di fare degli esborsi è quella di donare l’immobile ad un figlio. Quest’ultimo dovrà trasferire la propria abitazione principale all’interno dell’immobile e avrà la possibilità di beneficiare delle esenzioni previste per la prima casa.
È bene ricordare, a quanti dovessero optare per questa soluzione, che le donazioni sono quasi sempre revocabili. È quindi importante, prima di fare l’operazione, verificare se la strada sia realmente percorribili e sollevi contestazioni ereditarie.
I contribuenti hanno poi una terza via da percorrere per riuscire ad evitare di pagare l’Imu. Sono esonerati da questo tipo di imposta gli immobili collabenti – quelli che appartengono alla categoria catastale F2 -: stiamo parlando di edifici che sono privi di rendita catastale, perché non sono in grado di produrre un reddito perché sono in stato di particolare degrado.
Rientrano in questa fattispecie i ruderi, gli immobili demoliti in parte, con il tetto crollato. Quando si è proprietari di una casa inagibile o inutilizzabile è possibile chiedere la revisione catastale per evitare di pagare l’Imu.
Finanza Personale
Bonus sociale sulle bollette, ecco chi lo può chiedere nel 2025
Anche per il 2025 viene confermato il bonus sociale sulle bollette. Scopriamo quali sono i requisiti per chiederli e a chi spettano.
Attraverso il bonus sociale sulle bollette il Governo ha introdotto una serie di misure di sostegno economico per le famiglie che si trovano in situazione di disagio economico o fisico. I contributi vengono applicati direttamente sulle utenze di luce, acqua e gas e permettono di ridurre le spese per le utenze principali.
Ma vediamo chi ha diritto di accedere al bonus sociale sulle bollette nel 2025 e quali sono i requisiti per poterli ottenere.
Bonus sociale sulle bollette, i requisiti
I bonus sociali sulle bollette sono erogati alle famiglie nel momento in cui rispettano alcuni requisiti, che vengono misurati attraverso l’Isee, ossia l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente. Chi ha intenzione di accedere ai bonus sociali sulle bollette deve presentare la Dsu, ossia la Dichiarazione Sostitutiva Unica, attraverso la quale è possibile ottenere l’attestazione Isee necessaria per la valutazione. Il legislatore ha aggiornato i requisiti necessari per poter accedere alla misura nel corso del 2025:
- le famiglie nelle quali ci sono meno di quattro figli a carico, l’Isee deve essere inferiore a 9.530 euro;
- le famiglie nelle quali ci sono quattro o più figli a carico, l’Isee deve essere inferiore a 20.000 euro.
L’agevolazione viene applicata per un periodo massimo di dodici mesi. I bonus sociali si dividono in tre importanti categorie:
- elettricità;
- gas;
- acqua.
L’importo di ogni singolo contributo è calibrato in funzione al consumo medio e alla composizione del nucleo familiare.
Bonus sociali, come vengono applicati
Cerchiamo di capire in quale modo vengono applicati i bonus sociali e in quale modo le famiglie ne possono fruire.
Il bonus sociale sulle bollette elettriche viene erogato sulla base della composizione del nucleo familiare ed è condizionato dalla fascia di disagio economico. Gli importi vengono erogati sulla base della composizione del nucleo familiare:
- per le famiglie composte da 1-2 persone spettano 113,46 euro come bonus ordinario annuale;
- per le famiglie composte da tre componenti spettano 146,40 euro all’anno;
- per le famiglie composte da quattro o più componenti il bonus risulta essere pari a 161,04 euro.
Sono previste delle compensazioni trimestrali, che possono variare leggermente a seconda del periodo dell’anno, con importi diversi a seconda delle date nelle quali vengono erogati.
Il bonus sociale sul gas, invece, rispecchia la stagionalità dei consumi. In inverno gli importi sono più elevati, in modo da sostenere i maggiori bisogni energetici. Ma soprattutto per alleggerire le famiglie che vivono nelle zone più fredde e nelle quali sono presenti più persone.
In questo caso il contributo deve essere calcolato sulla base della zona climatica ed è parametrato sul numero dei componenti il nucleo familiare. Gli importi, quindi, possono variare notevolmente:
- famiglie composte da quattro persone: il contributo può oscillare tra 11,04 euro a 53,32 a seconda della zona climatica e se all’interno della bolletta ci sia anche il riscaldamento;
- per le famiglia con più di quattro componenti: il contributo oscilla tra i 15,64 euro e i 61, 64 euro a seconda della zona di residenza.
I bonus sociali sono stati confermati per il 2025 senza variazioni significative dei requisiti isee o degli importi che vengono erogati. Si ipotizzano, ad ogni modo, degli aumenti delle soglie isee e una maggiore integrazione con altri incentivi.
Ricordiamo che è previsto anche un bonus per il disagio economico, che consiste in un contributo specifico per i clienti domestici che si dovessero trovare in una particolare situazione di disagio fisico. Stiamo pensando, per esempio, a quanti utilizzano delle apparecchiature elettromedicali salvavita, che determinano un maggiore consumo di energia. Quanti avessero la necessità di accedere a questo tipo di contributo devono presentare la certificazione medica attraverso la quale attestare la necessità di queste apparecchiatura. L’istanza può essere presentata presso il Comune di residenza o tramite i Caf.
Finanza Personale
Residenza fiscale, ecco cosa cambia con le nuove regole
L’Agenzia delle Entrate ha spiegato le nuove regole sulla residenza fiscale, che impattano in maniera diretta sulle tasse da pagare.
Quando si devono pagare le tasse in Italia? A rispondere a questa domanda ci ha pensato l’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 20/e, che ha spiegato che le persone fisiche hanno la residenza fiscale nel nostro Paese quando vivono la maggior parte dell’anno nel nostro Paese.
Sostanzialmente, l’AdE ha fornito le nuove indicazioni relative alla residenza fiscale, grazie alle quali si definisce dove una persona debba pagare le tasse.
Residenza fiscale, quali sono le novità più importanti
Ad essere rivoluzionato, sostanzialmente, è il concetto di domicilio, che non viene più mutuato dal Codice Civile. Seguendo la prassi consolidata a livello internazionale viene riconosciuto come il luogo nel quale un determinato soggetto ha le proprie relazioni personali e familiari a prescindere da quelle economiche. Vengono, ad ogni modo, applicate le disposizioni che sono contenute all’interno delle Convenzioni contro le doppie imposizioni che l’Italia ha firmato con altri Paesi.
Un soggetto, in altre parole, ha la residenza fiscale in Italia nel caso in cui nel corso dell’anno trascorra nel Paese almeno 183 giorni (o 184 negli anni bisestili). A differenza di quanto previsto in passato vengono considerati anche le frazioni di giorno.
A seguito dell’introduzione dei nuovi criteri di presenza fisica, le persone, che lavorano in smart working in Italia per la maggior parte dell’anno, risultano essere fiscalmente residenti in Italia.
Le novità vanno ad impattare anche sulle società e sugli enti. Le nuove regole, infatti, le considerano come residenti in Italia nel caso in cui sia presente la sede legale, la sede di direzione effettiva o la gestione ordinaria in via principale. Si tratta di tre criteri alternativi, ossia basta che ricorra uno solo di essi per configurare la residenza in Italia. Le nuove regole sono in vigore dal 1° gennaio 2024 per le società e gli enti aventi l’esercizio coincidente con l’anno solare.
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