Investimenti
1,4 miliardi di investimenti spariti dai conti di Tesla. Financial Times accusa Elon Musk
Tesla, mancano all’appello investimenti per 1,4 miliardi. Allarme di Financial Times.

L’impegno politico di Elon Musk ha già causato importanti movimenti per Tesla, con il titolo che vale poco più del 50% rispetto ai suoi massimi storici. Il suddetto impegno politico ha anche agitato giornalisti e investigatori alla ricerca di problemi, discrepanze o imbrogli nei conti dell’azienda. Ultimo in ordine temporale Financial Times, che in settimana ha pubblicato una – in verità pressante – domanda sui recenti conti del gruppo. Tesla avrebbe speso infatti 6,3 miliardi in investimenti in asset produttivi, con il conto totale però di suddetti asset produttivi che è salito soltanto di 4,9 miliardi di dollari. Per fare i conti della serva, che fine hanno fatto gli 1,4 miliardi di differenza?
Mentre il grosso dei giornali italiani grida allo scandalo, come se qualcuno si fosse dileguato da Tesla con un’enorme valigia piena di banconote, la questione, oltre che a essere di sicuro interesse, è anche più complicata di come si può raccontare in un titolo sensazionalistico. La discrepanza può infatti sottolineare sia pratiche di accounting troppo aggressive (e che non sarebbero un buon segno per l’azienda), sia invece questioni che potrebbero essere spiegate nella totale normalità per Tesla anche durante la prossima call per le trimestrali.
I conti della serva meno sensazionalistici
In realtà è lo stesso approfondimento di Financial Times a dare delle spiegazioni plausibili – per quanto non siano arrivate dall’azienda – su che fine possano aver fatto i soldi che mancano dai conti finanziari dell’azienda.
Citando Luzi Hail, che insegna alla Wharton School proprio accounting, le possibilità ragionevoli possono essere tre: possibili vendite di PP&E – sigla che sta per Property, Plant and Equipement – delle quali potremmo sapere di più, più avanti. Acquisizioni oppure ancora questioni legate al cambio valutario.
Financial Times tuttavia non sembra essere persuasa da queste possibilità – e in assenza di dichiarazioni pubbliche da parte dei diretti interessati, il mistero rimane.
Financial Times inoltre ha evidenziato come almeno parte della discrepanza potrebbe essere dovuta anche a strategie di accounting piuttosto aggressive, tramite le quali spese correnti vengono registrate come investimenti in asset. Una pratica che per quanto legale – se organizzata per bene – finirebbe anche per impattare in modo positivo su eventuali profitti. In altre parole, conti ai limiti del truccato. Per ora non si hanno risposte, per quanto risulti difficile riportare una vicenda del genere alla maniera della stampa mainstream italiana.
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