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Incubo inflazione USA: rimbalzo di CPI e Core. Jerome Powell prende tempo, Donald Trump attacca
Inflazione: in USA è rimbalzo, per quanto modesto. Dati peggiori delle aspettative.
L’inflazione USA morde. Dati superiori alle aspettative che complicano ulteriormente il lavoro di Jerome Powell, che in giornata, davanti alla Commissione Affari Finanziari, ha confermato la sua intenzione – con questi dati – di rimanere in territorio restrittivo. Il dato, per quanto non così lontano dalle aspettative, ha complicato la seduta statunitense di borsa. Giù tutti i principali indici, fatto salvo Nasdaq Composite, che chiude vicino alla parità (+0,11%).
Nel frattempo l’inflazione fuori controllo diventa ulteriore terreno di scontro politico, con Donald Trump che ha utilizzato i social per definirla l’inflazione di Biden. Questo quasi in concomitanza con la richiesta di tassi più bassi – che sarebbero indicati, afferma il Presidente degli Stati Uniti, dato che presto arriveranno dazi a dare una mano. Tra chi la chiama Trumpnomics e chi invece ci vede un pericoloso incrocio tra politiche fiscali e politiche monetarie, la nuova presidenza non è stata battezzata nel migliore dei modi dai mercati, con un gennaio fiacco e un febbraio che presenta le stesse preoccupazioni di allora.
Inflazione ancora su negli USA
La questione inflazione negli USA è affascinante da diversi angoli. Quello politico è forse quello meno degno di attenzione, in un gioco di dichiarazioni che ha poco a che vedere con le cause e gli effetti concreti di quanto sta accadendo.
Un angolo più interessante riguarderà le considerazioni che però soltanto a fine marzo saranno chiamati a fare i membri del FOMC, la riunione di Federal Reserve che stabilisce i tassi. E che decide se lasciarli invariati (cosa probabile anche per marzo), se abbassarli o addirittura alzarli.
Quel che è certo è che Jerome Powell non ha alcuna intenzione di sbilanciarsi. Risponde che sarà probabilmente utile rimanere in territorio restrittivo ancora a lungo o fino a quando i progressi sull’inflazione non saranno più consistenti.
Si guarderà al PCE, indicatore preferito da Federal Reserve per capire il livello dei prezzi e ai suoi movimenti, nella speranza che possa riportare dati più bassi di quelli che oggi hanno fatto registrare CPI classica e CPI Core, rispettivamente al 3% e al 3,3%, contro previsioni al 2,9% e al 3,1%.
Domani altro giro altra corsa: ci saranno dati sul mercato del lavoro che però non dovrebbero in alcun modo impattare sulla traiettoria, a meno di clamorose sorprese. Sorprese al ribasso che finirebbero per rendere il compito da difficile a impossibile.