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Giappone, la BoJ mantiene i tassi d’interesse ultra bassi
In Giappone la Banca centrale ha deciso di mantenere i tassi d’interesse ad un livello ultra basso, in attesa di vedere come si muoverà l’economia statunitense.
La Banca del Giappone ha deciso di mantenere i tassi di interesse ultra bassi. Anche se poi ha affermato che si stanno sostanzialmente attenuando i rischi che ruotano attorno all’economia statunitense, situazione che, di fatto, sta creando le condizioni per aumentare il costo del denaro.
L’inflazione, stando alle previsioni della BoJ, dovrebbe aggirarsi intorno all’obiettivo del 2% nel corso dei prossimi anni. Proprio per questo la banca centrale giapponese ha ribadito la propria intenzione di continuare ad aumentare il costo del denaro nel caso in cui l’economia dovesse mantenere una moderata ripresa.
Kazuo Ueda, governatore della BoJ, ha spiegato che i dati nazionali, salari e prezzi si muovono in linea con le previsioni. Si stanno diradando i rischi al ribasso per le economie degli Stati Uniti e d’oltremare.
Giappone, la BoJ non modifica i tassi d’interesse
Sotto molti punti di vista le dichiarazioni di Uenda appaiono meno accomodanti rispetto a quelle fatte poco prima della riunione della Boj, quando aveva affermato che la banca centrale del Giappone ha la possibilità di perdere del tempo ad esaminare le ricadute e i rischi che le incertezze economiche statunitensi possono avere sui mercati finanziari.
Ueda ha poi spiegato che per quanto riguarda la tempistica del prossimo aumento dei tassi, non ha un’idea prestabilita. Verranno esaminati i dati disponibili nel momento in cui la BoJ si riunirà e verrà aggiornata la visione sull’economia e le prospettive per prendere eventuali decisioni.
Come ampiamente previsto, la banca centrale del Giappone ha mantenuto i tassi di interesse a breve termine allo 0,25% nel corso dell’ultima riunione, la prima dopo le inconcludenti elezioni generali, che secondo gli analisti complicheranno gli sforzi per normalizzare i tassi di interesse dopo anni di politica monetaria ultra-accomodante.
Il consiglio ha tagliato la sua previsione di inflazione di base al consumo per l’anno fiscale 2025 all’1,9% dal 2,1% della stima precedente a luglio, ma ha affermato che i rischi erano orientati al rialzo per quell’anno. La BoJ, inoltre, ha mantenuto invariata la sua previsione di inflazione di base per l’anno fiscale 2026 all’1,9%.
È stata registrata un’inflazione core-core, che elimina l’effetto dei costi del carburante ed è attentamente monitorata dalla BoJ in quanto indicatore chiave delle variazioni dei prezzi guidate dalla domanda, che ha raggiunto l’1,9% nell’anno fiscale 2025 e il 2,1% nel 2026, entrambe invariate rispetto a luglio.
Il rapporto ha ribadito il punto di vista della BoJ, secondo cui si prevede che l’inflazione di fondo possa convergere attorno al 2% verso la fine del 2025 o oltre, poiché i prezzi dei servizi continueranno a salire moderatamente.
Giappone, la politica adottata dalla BoJ
La banca centrale ha posto fine ai tassi negativi a marzo e ha aumentato i tassi a breve termine allo 0,25% a luglio, ritenendo che il Giappone stesse compiendo progressi verso il raggiungimento sostenibile del suo obiettivo di inflazione del 2%.
Ueda ha ripetutamente affermato che la BoJ continuerà ad aumentare i tassi se l’economia si dovesse muovere in linea con le sue previsioni. Ma ha anche affermato che la banca non ha fretta poiché l’inflazione rimane moderata.
I dati pubblicati giovedì hanno mostrato che la produzione industriale e le vendite al dettaglio in Giappone sono aumentate a settembre, il che suggerisce che l’economia è sulla buona strada per una moderata ripresa.
Ueda ha spiegato che per quanto riguarda la tempistica del prossimo aumento dei tassi, la BoJ non ha un’idea prestabilita. Ueda ha sottolineato che, almeno per il momento, sono arrivati dei dati positivi dagli Stati Uniti, ma c’è ancora molta incertezza su come i passati aumenti dei tassi da parte della Fed influiscono sull’economia e sui prezzi. È necessario monitorare attentamente gli sviluppi.
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Addio alle detrazioni per i figli a carico, ma solo se hanno più di 30 anni
Nel 2025 si dovrà dire addio alle detrazioni per i figli a carico, ma solo se hanno più di trent’anni. Ecco cosa cambia.
A partire dal prossimo anno ci saranno importanti novità relative alle detrazioni per i figli a carico. La Legge di Bilancio 2025, sostanzialmente, elimina il bonus per i figli con più di 30 anni e conferma ufficialmente il fondo di Garanzia per i mutui prima casa.
Ma entriamo un po’ nel dettaglio e cerchiamo di capire quali sono le principali novità introdotte a partire dal prossimo anno.
Detrazioni per i figli a carico, cosa cambia dal 2025
La Legge di Bilancio 2025, sostanzialmente introduce una serie di importanti novità per le detrazioni per i figli a carico, che sono riservate unicamente per quelli che hanno un’età compresa tra i 21 e i 29 anni. Nel momento in cui compiono 30 anni, l’agevolazione verrà meno. A questa regola generale fanno eccezioni i giovani con una grave disabilità accertata ai sensi dell’articolo 3 della Legge 104/92.
Ma quali sono i redditi che permettono di considerare un figlio fiscalmente a carico? Le regole sostanzialmente sono le seguenti:
- per i figli con fino a ventiquattro anni: reddito pari a zero;
- per chi ha un’età superiore a 24 anni: reddito pari a 840,51 euro.
Prima di proseguire è bene ricordare che la detrazione per i figli a carico è pari a 950 euro. L’importo diminuisce progressivamente man mano che cresce il reddito complessivo del nucleo familiare e il numero dei figli a carico. La detrazione è maggiorata nel caso in cui i figli abbiano un’età inferiore a tre anni.
Le altre agevolazioni fiscali introdotte dal 2025
Attraverso la Legge di Bilancio 2025 non sono solo state modificate le detrazioni per i figli carico, ma sono state modificate le agevolazioni fiscali per le famiglie che hanno un reddito complessivo superiore a 75.000 euro. Si prevede che possano essere ridotte le detrazioni relative:
- alle tasse universitarie;
- spese di affitto per studenti fuori sede.
Attraverso la Legge di Bilancio viene introdotto un limite massimo alle detrazioni di imposta che si basano sul reddito dichiarato. Quanti hanno un reddito inferiore a 75.000 euro potranno beneficiare delle detrazioni nel loro ammontare complessivo. Nel caso in cui dovesse essere superato questo importo è possibile beneficiarne fino ad un limite che viene definito attraverso l’importo base stabilito in base al reddito moltiplicato per un coefficiente che varia in base al numero dei figli a carico.
Questo è l’importo base che deve essere utilizzato per calcolare il coefficiente
- 14.000 euro, nel caso in cui il reddito dovesse essere superiore a 75.000 euro;
- 8.000 euro, nel caso in cui reddito risulti essere superiore a 100.000 euro.
Il coefficiente da utilizzare per moltiplicare l’importo base è il seguente:
- 0,50 se non sono presenti dei figli a carico;
- 0,70 se è presente un figlio a carico;
- 0,85 se sono presenti due figli a carico;
- 1 se sono presenti più di due figli a carico o uno figlio con disabilità.
Fondo di Garanzia per mutui prima casa
Alcune novità all’orizzonte per il Fondo di garanzia per l’acquisto della prima casa, che potrebbe essere finanziato per altri tre anni dalla Legge di Bilancio 2025. Quindi fino al 2027.
Ricordiamo che attraverso il Fondo di garanzia il legislatore è stata prevista una garanzia pubblica sui mutui relativi alla prima abitazione, purché abbiano un importo inferiore a 250.000 euro. Alcune categorie hanno l’accesso prioritario alla misura:
- i giovani con un’età inferiore a 36 anni;
- gli inquilini degli alloggi Iacp;
- nuclei monogenitoriali con dei figli minori conviventi;
- giovani coppie coniugate o conviventi more uxorio da almeno due anni.
Il fondo tenta di agevolare i più giovani perché l’Istat ha rilevato che il 63,3% dei giovani con un’età compresa tra i 18 ed i 34 anni vive ancora insieme ai genitori. Questa è, a tutti gli effetti, una situazione di stallo che coinvolge qualcosa come 6,5 milioni di ragazzi: in parte sono occupati, in parte cercano lavoro e altri sono degli studenti.
La decisione di eliminare la detrazione per i figli con più di 30 anni potrebbe andare ad aggravare ancora di più questa situazione. Spingendo i giovani a continuare a rimanere nel nucleo familiare di origine. E a non farsi una vita propria.
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Pensioni, ecco perché a dicembre l’assegno previdenziale sarà più alto. Non per la tredicesima
Le pensioni erogate a dicembre potrebbero essere più alte. È possibile, infatti, che arrivi la perequazione. Ecco cos’è.
A dicembre aumenti in vista per le pensioni. L’assegno previdenziale diventerà più alto per un intrecciarsi di motivi: gli importi vengono adeguati al costo della vita e vengono rimborsati dei crediti a favore del pensionato. L’Inps, ogni anno, deve restituire ai pensionati delle prestazioni, che vengono assegnate ai singoli utenti in base alla loro fascia di perequazione e all’indicizzazione che spetta. Ad inizio anno arriva un aumento più basso rispetto a quello che spetta in realtà. A dicembre, invece, sulla pensione arrivano gli arretrati.
In altre parole l’Inps provvede a liquidare ai diretti interessati quanto ha omesso di versare fino a quel momento. A dicembre 2023 venne erogato un anticipo di questo conguaglio, che generalmente viene fatto nel corso del mese di gennaio dell’anno successivo. sono in molti che ritengono che la stessa operazione possa essere ripetuta nel corso del 2024.
Pensioni, arrivano i primi conguagli
Le pensioni, generalmente, aumentano a gennaio. Sostanzialmente gli importi erogati vengono rivalutati con il meccanismo della rivalutazione annuale. L’Istat – ossia l’Istituto di Statistica Nazionale – fissa il tasso di inflazione previsionale tra un anno e l’altro. In un secondo momento viene fissato quello definitivo: a questo punto, tramite un apposito decreto, il governo italiano lo fissa ufficialmente.
Nel corso del mese di gennaio l’Inps provvede ad emanare la circolare attraverso la quale recepisce la percentuale di inflazione. E quindi assegna, a sua volta, il tasso di inflazione definitivo, il quale, almeno nella maggior parte dei casi, risulta essere più alto rispetto a quello che è stato scelto ad inizio anno.
Nel 2023 il tasso d’inflazione era stato previsto su un 5,4%: quello definitivo è stato al 5,7%. Stiamo parlando di uno 0,3%. Quanti percepiscono delle pensioni hanno ricevuto a gennaio la percentuale più bassa: in questi mesi, hanno maturato, ma non ancora percepito, la differenza. La stessa cosa era accaduta lo scorso anno, quando il tasso di inflazione previsionale era pari al 7,3%, per passare all’8,1% definitivo.
Il conguaglio a favore dei pensionati, nel 2023, era stato liquidato in via straordinaria con il pagamenti delle pensioni di dicembre e non con quelle mese di gennaio 2024. Stiamo parlando di una serie di arretrati, che permettono all’assegno previdenziale di diventare leggermente più consistente, anche se solo per una volta.
Pensioni, cosa prevede la Legge di Bilancio
Volendo essere sinceri, almeno per il momento, nella Legge di Bilancio o nel Decreto Fiscale non si è ancora visto nulla su un ipotetico conguaglio delle perequazione. Quindi, almeno ufficialmente, non ci sono delle indicazioni che i soldi possano arrivare il prossimo mese.
Ad ogni modo ci sono alcuni motivi per poterlo sperare: i 12 mesi di arretrati (dato che il calcolo parte da gennaio), se venissero erogati prima di gennaio, potrebbero dare una spinta ai consumi delle famiglie. Una decisione che, in un certo senso, servirebbe a rimettere leggermente in moto un’economia stantia.
L’ipotesi potrebbe essere confermata da una semplice questione di cassa. Nel caso in cui l’erogazione dovesse avvenire quest’anno, non andrà a pesare sulla spesa previdenziale del 2025, cosa che accadrebbe nel caso in cui il conguaglio dovesse slittare di un mese.
Pensioni, a quanto ammontano gli arretrati
A quanto ammonterebbero gli arretrati che arrivano con le pensioni di dicembre? La differenza tra l’inflazione previsionale (5,4%) e quella definitiva (5,7%) è di un misero 0,3%, che spetterebbe, però, solo per i pensionati fino a quattro volte il trattamento minimo. Ricordiamo, infatti, che la perequazione, almeno nel 2024, è stabilità sulle seguenti fasce:
- per chi percepisce una pensione fino a quattro volte il trattamento minimo: 100% del 5,4%;
- fino a cinque volte il trattamento minimo: 85% del 5,4%;
- fino a sei volte il trattamento minimo: 54% del 5,4%;
- fino a otto volte il trattamento minimo: 47% del 5,4%;
- fino a dieci volte il trattamento minimo: 37% del 5,4%;
- per le pensioni più alte: 22% del 5,4%.
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Trump e Harris, come si è chiuso l’ultimo giorno di campagna elettorale
Domani arriva il tanto atteso election day negli Usa, quando gli americani dovranno scegliere tra Donald Trump e Kamala Harris.
Arriva l’atteso election day, nel quale la candidata democratica Kamala Harris e il suo rivale repubblicato Donald Trump si contenderanno la poltrona di presidente degli Stati Uniti. L’attuale vicepresidente ha chiuso la sua campagna in una chiesa storicamente nera, mentre l’ex presidente ha deciso di abbracciare una retorica particolarmente violenta nel corso di una manifestazione in Pennsylvania.
Tump e Harris stanno disputando una battaglia serrata e avvincente, nella quale il primo sta guadagnando terreno tra gli elettori ispanici; mentre la seconda è sostenuta principalmente dalle elettrici donne.
Dando uno sguardo leggermente più ampio, gli elettori non sembrerebbero vedere di buon occhio entrambi i candidati. Anche se questo, secondo un sondaggio Reuters/Ipsos, non sembra dissuaderli dal votare. Sono 78 milioni gli statunitensi che lo hanno già già fatto: secondo il laboratorio elettorale dell’Università della Florida ci si starebbe avvicinando alla metà dei 160 milioni di voti totali che sono stati espressi nel 2020, quando l’affluenza è stata la più alta mai registrati negli Usa in un secolo.
Trump Vs Harris, cosa c’è in palio
Oltre alla presidenza, in palio c’è il controllo del Congresso: in questo caso i repubblicani sembrano essere favoriti per conquistare la maggioranza al Senato, mentre i democratici avrebbe il 50% delle possibilità di ribaltare la stretta maggioranza dei repubblicani alla Camera dei Rappresentanti. Il controllo delle Camere è importante, perché i presidenti i cui partiti non sono riusciti a conquistarle entrambe hanno faticato a far approvare delle norme.
Kamala Harris ai parrocchiani della Greater Emmanuel Institutional Church of God in Christ a Detroit ha detto che in soli due giorni il popolo americano ha il potere di decidere il destino della nazione per generazioni future. Nel corso di una manifestazione a East Lansing, nel Michigan, si è rivolta ai 200.000 arabi americani dello stato, iniziando il suo discorso con un cenno alle vittime civili delle guerre israeliane a Gaza e in Libano.
Tra gli applausi ha affermato che quest’anno è stato difficile, data la portata della morte e della distruzione a Gaza e date le vittime civili e gli sfollamenti in Libano. Come presidente ha intenzione di fare tutto ciò che è in suo potere per porre fine alla guerra a Gaza.
Trump ha visitato Dearborn, Michigan, il cuore della comunità arabo-americana, venerdì e ha promesso di porre fine al conflitto in Medio Oriente senza dire come. Trump, al suo primo di tre raduni di domenica, ha spesso abbandonato il suo teleprompter con commenti improvvisati in cui ha denunciato sondaggi di opinione che mostrano movimento per Harris. Ha definito i democratici un partito demoniaco, ha ridicolizzato il presidente democratico Joe Biden e ha parlato dell’alto prezzo delle mele.
Trump – che è sopravvissuto a un tentativo di assassinio a luglio quando il proiettile di un uomo armato gli ha sfiorato l’orecchio a Butler, in Pennsylvania – domenica si è lamentato con i sostenitori delle lacune nel vetro antiproiettile che lo circondava mentre parlava e rifletteva sul fatto che un assassino avrebbe dovuto sparare attraverso i media per prenderlo.
Trump attacca il governo in carica
Donald Trump ha parlato a Kinston, Carolina del Nord, e a Macon, in Georgia, dove prendendo spunto dal rapporto sull’occupazione della scorsa settimana ha mostrato che l’economia degli Stati Uniti ha prodotto solo 12.000 posti di lavoro a settembre.
Ha spiegato a una grande folla riunita in un anfiteatro che il rapporto mostrava che gli Stati Uniti sono una nazione in declino e ha avvertito oscuramente – senza però portare prove a supporto della sua affermazione – che potenzialmente potrebbe ripetersi la Grande Depressione del 1929.
Alti funzionari della campagna di Harris hanno detto che la sua argomentazione di chiusura è progettata per raggiungere una piccola fetta di elettori indecisi.
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Petrolio, in mattinata il Brent guadagna l’1,9% grazie alla decisione dell’Opec+
Positive le quotazioni del petrolio dopo la decisione dell’Opec+ di rimandare il taglio della produzione di un mese.
Le quotazioni del petrolio beneficiano della decisione dell’Opec+ di ritardare di oltre un mese i piani per aumentare la produzione. Tra l’altro i mercati si sono preparati ad una settimana particolarmente delicata, contrassegnata dalle elezioni presidenziali negli Stati Uniti e da una riunione chiave in Cina.
Soffermandosi sulle quotazioni del petrolio, i futures Brent hanno registrato un +1,9% e si sono attestati a 74,49 dollari al barile in prima mattinata; mentre il greggio West Texas Intermediate (WTI) ha registrato un +2% per attestarsi a 70,90 dollari.
Ma cerchiamo di capire come si stanno muovendo le quotazioni del petrolio.
Quotazioni petrolio, la decisione dell’Opec+
L’Opec+ ha comunicato, nel corso della giornata di domenica, la sua decisione di estendere il taglio della produzione di 2,2 milioni di barili al giorno (bpd) per un altro mese: fino a dicembre. L’aumento è già stato ritardato a causa del calo dei prezzi e della domanda debole.
Stando alle indicazioni fornite in queste ore, l’Opec+ avrebbe dovuto aumentare la produzione di 180 barili al giorno dal mese di dicembre.
In una nota gli analisti di Ing hanno spiegato che il ritardo fino a gennaio, sostanzialmente, non cambia i fondamentali, ma lascia il mercato in balia delle decisioni dell’Opec+. Il ritardo, infatti, ha sorpreso molti investitori, che ritengono che l’organizzazione procedesse con l’aumento della produzione pianificata. La decisione di posticipare, ad ogni modo, sembrerebbe indicare il fatto che il gruppo è disposto a sostenere i prezzi molto di più di quanto in molti possano credere.
L’Opec+ è pronta a srotolare gradualmente il taglio di 2,2 milioni di bpd nei prossimi mesi, mentre altri 3,66 milioni di bpd di tagli alla produzione rimarranno fino alla fine del 2025.
La scorsa settimana, Brent e WTI hanno registrato cali settimanali di circa il 4% e il 3%, rispettivamente, poiché la produzione record degli Stati Uniti ha pesato sui prezzi. Ma entrambi i contratti sono saliti venerdì sulle notizie secondo cui l’Iran potrebbe lanciare un attacco di ritorsione contro Israele in pochi giorni.
Nel corso della giornata di giovedì, il sito web di notizie statunitense Axios ha detto che l’intelligence israeliana ha suggerito che l’Iran si stia preparando ad attaccare Israele dall’Iraq nel giro di pochi giorni, citando due fonti israeliane non identificate.
Secondo Yeap Jun Rong, uno stratega di mercato presso IG, al momento appare difficile capire se il trend rialzista delle quotazioni del petrolio possa essere sostenuto dalla precedente reazione positiva iniziale all’aumento ritardato della produzione. La tensione geopolitica sembrerebbe essere svanita.
Per ora, i prezzi del petrolio potrebbero rimanere in un ampio intervallo di consolidamento, con qualsiasi rialzo che potrebbe trovare una certa resistenza al livello di 78,50 dollari.
I mercati attendono le elezioni presidenziali statunitensi di domani martedì 5 novembre; i sondaggi mostrano il vicepresidente democratico Kamala Harris e l’ex presidente repubblicano Donald Trump testa a testa. Giovedì scorso gli economisti si aspettavano che la Federal Reserve tagliasse i tassi di interesse di 25 punti base.
In Cina, il Comitato permanente del Congresso nazionale del popolo dovrebbe approvare ulteriori stimoli per aumentare il rallentamento dell’economia, anche se gli analisti dicono che la maggior parte potrebbe aiutare a ridurre il debito del governo locale.
Come si muovo i mercati del Golfo
L’Opec e l’Arabia Saudita hanno ripetutamente affermato di non puntare a un certo prezzo e di prendere decisioni basate sui fondamentali del mercato e nell’interesse di bilanciare domanda e offerta.
Indice azionario di riferimento dell’Arabia Saudita è sceso dello 0,4%, penalizzato da un calo dell’1,6% nel produttore di prodotti in alluminio Al Taiseer Group e dal calo del 2% di Saudi Arabian Mining Company. La società di telecomunicazioni Etihad Etisalat, però, ha registrato un +1,8%, dopo che l’azienda ha collaborato con Telecom Egypt per posare il primo cavo sottomarino saudita che collega Arabia Saudita ed Egitto attraverso il Mar Rosso.
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Settimana da incubo per la volatilità: 5 novembre elezioni, il 7 parla Powell. Profluvio di dati che possono scuotere i mercati
Una settimana da urlo per gli amanti della volatilità: tutti i dati, le trimestrali e i risultati elettorali che spingeranno i mercati.
I mercati sono in attesa di una settimana densa di preoccupazioni. Oltre alla già discussa tornata elettorale negli USA, che sarà fondamentale sia per quanto riguarda la presidenza, sia per gli equilibri del Senato, ci saranno anche le prossime decisioni del FOMC / Federal Reserve per quanto riguarda i tassi di interesse negli USA. E anche qui la chiave di lettura più interessante arriverà da un evento collaterale, ovvero dall’intervento in conferenza stampa di Jerome Powell, che dovrà giustificare non il taglio che tutti si aspettano, ma cosa FOMC sta cercando di apparecchiare per i prossimi mesi.
Come se le tensioni non fossero abbastanza, sarà anche una settimana densa per quanto riguarda le trimestrali USA. Lunedì ci saranno dati importanti da Palantir – tanto per rimanere sul tema principale dell’AI. Il giorno più interessante sarà probabilmente mercoledì, con Novo Nordisk, Qualcomm e Arm, seguiti poi giovedì da Airbnb. Si chiude pio venerdì con Sony.
Una settimana di grande volatilità attesa
Il risultato elettorale sarà un toss up, per quanto in tanti, da un lato e dall’altro della barricata, stiano cercando di far circolare sondaggi il più possibile lontani dalla realtà fattuale e più vicini a quella di schieramento. Difficilmente i mercati potranno prepararsi all’esito elettorale e i primi risultati si avranno mercoledì alla riapertura della sessione, dove a meno di un risultato troppo vicino in più di uno stato conteso, si dovrebbe sapere con ragionevole certezza chi sarà il prossimo presidente degli USA. Questione che però, almeno sul medio e lungo periodo, non dovrebbe avere un impatto troppo importante.
Occhi da tenere puntati sulla conferenza stampa di Jerome Powell a margine della decisione del FOMC il 7 novembre – e anche sulle tante trimestrali che abbiamo indicato poco sopra. Anche se non tutte sono al top di cap, rimangono le aziende più importanti per capire la traiettoria dell’economia nei suoi comparti più importanti.
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