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Pensioni, prevista un’indicizzazione davvero ridicola: 3 euro al mese

L’indicizzazione delle pensioni, nel 2025, è davvero ridicola: per le minime di parla di 3 euro la mese. Nemmeno due caffè.

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Al via l’indicizzazione delle pensioni, ma senza arricchire i beneficiari degli assegni previdenziali. A partire dal 1° gennaio 2025 le minime aumenteranno del 2,2%, che, molto pragmaticamente, comporteranno la possibilità di ricevere ogni mese 3 euro in più. Una cifra che potrà servire, al massimo, a prendere due caffè al bar.

La tanto attesa indicizzazione delle pensioni ci sarà, ma non andrà ad impattare molto sulle tasche dei beneficiari. Ad ogni modo il testo provvisorio della Legge di Bilancio 2025 conferma la rivalutazione straordinaria degli assegni previdenziali, che per il 2025 si fermerà al 2,2%, mentre per il 2026 sarà all’1,3%.

Se non ci fosse stata questa previsione normativa, l’importo minimo degli assegni previdenziali si sarebbe ridotto. Incredibile anche solo a pensarlo, ma questo è un dato di fatto.

Ma cerchiamo di capire cosa cambierà dal prossimo anno e quali sono gli importi che arriveranno con le pensioni minime.

Pensioni minime 2025, le novità previste

Dal 1° gennaio 2025 sono previste alcune importanti novità per quanto riguarda le pensioni. Lo scorso 15 ottobre 2024 il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di Legge di Bilancio, attraverso il quale sono stati confermati alcune misure che ruotano attorno al sistema previdenziale italiano e che permettono di andare in pensione anticipatamente. Nello specifico si è iniziato ad operare intorno a Quota 103, Opzione Donna ed Ape Sociale.

Le misure che abbiamo appena elencato verranno confermate con gli stessi requisiti che sono in vigore già dal 2024. Nel corso della conferenza stampa di presentazione del DDL Bilancio, Giancarlo Giorgetti, Ministro dell’Economia, ha spiegato che a partire dal prossimo anno è previsto un aumento per le pensioni minime, anche se gli importi sono meno corposi rispetto a quanto era previsto inizialmente.

I titolari del trattamento minimo dell’Inps, oltre alla rivalutazione annuale, potranno beneficiare di un altro aumento, che è stato introdotto nel 2023 per contrastare l’inflazione, ma che non sarà più pari al 2,7% ma si fermerà al 2,2%. Una percentuale che è destinata a scendere ulteriormente a partire dal 2025, quando passerà all’1,3%.

Già la precedente indicizzazione delle pensioni prevedeva un aumento ridicolo degli assegni: la nuova percentuale permette di far arrivare nelle tasche dei diretti interessati una cifra ancora più bassa, pari a 3 euro.

L’assegno minimo Inps, oggi come oggi, è pari a 614 euro. Grazie a questa ulteriore indicizzazione l’importo si andrà ad attestare intorno ai 617 euro, ancora meno rispetto ai 625 euro che in molti prospettavano all’inizio e ben lontani dai 1.000 euro a cui molti partiti della maggioranza avevano puntato.

Aumenti ridicoli, ma senza loro gli importi sarebbero più bassi

Senza dubbio l’indicizzazione delle pensioni è veramente ridicola. Ma se non ci fosse stata, gli assegni previdenziali sarebbero stati addirittura ridotti. Le pensioni minime, infatti, partono da 598,10 euro e considerando un adeguamento all’inflazione che ruota intorno all’1% – senza alcun tipo di rivalutazione – l’importo dell’assegno previdenziale sarebbe diventato pari a 604 euro.

Da premettere, ad ogni modo, che le discussioni intorno al testo della Legge di Bilancio 2025 rimangono ancora aperte e l’effettiva rivalutazione degli importi dell’assegno previdenziale saranno condizionati dalle risorse che saranno effettivamente a disposizione.

A partire dal 2025, inoltre, cambierà anche il meccanismo dell’indicizzazione degli assegni previdenziali al costo della vita. Stiamo parlando, in estrema sintesi, della rivalutazione – o perequazione automatica che dir si voglia – che viene effettuata ogni anno. E che serve per andare ad adeguare gli importi erogati all’inflazione.

Non sono più previsti i tagli fissati alle rivalutazioni che abbiamo visto nel corso degli ultimi due anni: la rivalutazione tornerà ad essere piena e seguirà il sistema previsto dalla Legge n. 388/2000, che è organizzato su tre fasce di reddito:

  • per i trattamenti fino a quattro volte il minimo: 100%;
  • fino a cinque volte il minimo: 90%;
  • superiori a 6 volte il minimo: 75%.

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