Investimenti
BCE: pronti a muoverci senza aspettare Federal Reserve. La strada verso tassi più bassi sarà più veloce a Francoforte?
Dichiarazioni pesanti del membro francese del consiglio di BCE: pronti a muoverci senza seguire Fed.
I tempi della Banca Centrale Europea gregaria di Federal Reserve sono finiti. La cosa era diventata già chiara quando Francoforte ha avviato il ciclo di tagli senza attendere le prime mosse di Washington, con la seconda che poi si è trovata a rincorrere con un taglio da ben 50 punti base. Sul tema è tornato oggi Francois Villeroy de Galhau, della banca centrale francese e membro con diritto di voto nel Governing Council di BCE. Senza mezzi termini il francese ha confermato che le eventuali decisioni sui tagli da parte di BCE verranno prese in totale autonomia, senza che si guardi a occidente per capire come muoversi.
Si tratterebbe del primo ciclo per la Banca Centrale Europea senza essere sotto la guida (e per tanti sotto l’ala) di Federal Reserve. Con le condizioni economiche tra la zona euro e gli States che non sono mai state così differenti negli ultimi cicli, la cosa avrebbe ovviamente anche senso – ed è così che potrebbe essere recepita dai mercati.
Indipendenza sì, ma in che senso?
Probabilmente in termini di stimoli. Se il mercato del lavoro USA dovesse continuare a mostrarsi così forte – e il PIL così resiliente – dalle parti di Washington potrebbe venire meno la necessità di procedere con tagli spediti. E in una situazione di genere, per un’economia europea che cresce poco, che in deficit di investimenti e che presto potrebbe fare i conti con una recessione, e dove anche l’inflazione morde meno, le decisioni da prendere potrebbero essere diverse.
Una responsabilità che secondo Villleroy de Galhau sia Christine Lagarde, sia il board sarebbero pronti a prendere, senza necessariamente guardare a Washington.
Con l’euro che è già in grande sofferenza contro il dollaro dal post-elezione di Trump, chissà se la parità tra le due principali valute a livello mondiale tornerà effettivamente sul piatto. Per ora, in queste condizioni, l’outlook su EUR non può che essere ribassista.
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Indagine di Fed: mercati temono recessione più di inflazione. Timore per i dazi di Donald Trump e per spesa pubblica
Secondo una recente indagine di Federal Reserve, l’inflazione non sarebbe più una preoccupazione, almeno per i professionisti della finanza. A preoccupare maggiormente ci sono gli effetti che la vittoria di Trump avrà sul debito pubblico, insieme a preoccupazioni per una recessione e anche per limitazioni al commercio globale. La prima e la terza, senza dubbio alcuno, sono legate al prossimo ciclo politico degli USA, che sarà governato da un presidente che ha promesso dazi importanti verso i paesi non allineati e anche verso quelli allineati che non riconosceranno la supremazia del dollaro.
Sul debito pubblico in crescita, ci saranno invece da valutare gli impegni, per ora solo di propositi, sulla riduzione considerevole delle agenzie federali e conseguentemente della spesa pubblica. Si tratta di DOGE, il dipartimento guidato da Elon Musk e Vivek Ramaswamy, i cui esiti per il momento però non possono che essere incerti.
Addio preoccupazioni per l’inflazione, benvenute preoccupazioni per la recessione
In realtà sono preoccupazioni che albergano sui mercati – e che sono parzialmente riflesse nel mercato dei bond – ormai da qualche settimana. L’atteggiamento più hawkish in pubblico di Jerome Powell non sembrerebbe aver tolto dalla mente dei mercati che ora il rischio è quello di essere in ritardo sul ciclo e di arrivare con tassi troppo alti (e superiori al tasso neutrale). Tassi troppo alti che finirebbero per favorire un trend di rallentamento atteso per l’economia USA e più in generale per l’economia a livello mondiale.
A esacerbare il rischio recessione, i dazi di Trump: un rallentamento considerevole dei commerci internazionali avrebbe, secondo gli specialisti, un effetto recessivo importante su tutte le principali economie. Siamo però ancora nel campo delle ipotesi. Chi ha una certa esperienza delle cose dei mercati e di quelle politiche non potrà che ricordarsi di quanto, in passato, le promesse elettorali siano state poi diverse dalla realtà.
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Gary Gensler di SEC annuncia le dimissioni. Abbandonerà il 25 gennaio 2025. Mondo crypto in festa
Si chiude qui l’avventura di Gary Gensler a capo di SEC, l’agenzia che negli USA governa i mercati dei titoli.
Gary Gensler, il commissario principale di SEC, che guida il gruppo di 5 che prendono le più importanti decisioni di regolamentazione negli USA, ha annunciato le proprie dimissioni. Gensler, ex CFTC, lascerà l’incarico il giorno dell’insediamento di Donald Trump, con il quale erano chiari dissidi sulla linea da tenere, in particolare per quanto riguarda la regolamentazione delle criptovalute. Dall’elezione di Trump a oggi, è diventato chiaro il venir meno anche del supporto da una parte rilevante del Partito Democratico.
Situazione simile a quella dei predecessori, che ha portato Gensler a dimettersi prima di arrivare allo scontro istituzionale, tenendo anche conto che i Repubblicani conserveranno o conquisteranno la maggioranza nelle commissioni più rilevanti per il mercato. Qualcosa che era stato anticipato dai mercati e vede al centro dell’attrito principalmente la questione crypto e Bitcoin, con il neo-presidente USA che ne è noto sostenitore e con Gensler che ha invece condotto SEC ad attaccare lo stesso settore più volte.
Via libera più alle crypto che a Bitcoin
L’addio di Gary Gensler sarà un via libera più al mondo crypto in generale che a Bitcoin. La principale delle criptovalute infatti è già al di fuori del raggio di azione di SEC, essendo considerato secondo le leggi USA una commodity. Il via libera con l’addio di Gary Gensler interesserà gli ETF su crypto secondarie come Solana e Ripple e anche progetti in finanza decentralizzata, come quello che è stato lanciato dallo stesso Donald Trump poco prima delle elezioni.
La notizia non ha però impattato ancora in modo positivo sulle principali azioni del settore. Brutta giornata per MicroStrategy, così come per Coinbase (che paga anche la vendita di azioni da parte del CEO) e Marathon. Tutto questo dopo una corsa incredibile di tutto il comparto che ha portato, ancora oggi, Bitcoin a fissare nuovi massimi vicini ai 100.000$. Nuovo assalto ai massimi che sarà ritentato con ogni probabilità già da domani.
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NVIDIA: Ok le trimestrali. Scambi fiacchi ora, ma i numeri sono di quelli che fanno sperare. EPS +10% rispetto a previsioni
Per Nvidia sono trimestrali molto interessanti. Battute tutte le previsioni. Ok anche settore data center.
Le trimestrali Nvidia, considerate da molti le più importanti di sempre (e più importanti delle prossime decisioni di Federal Reserve) hanno battuto le previsioni sulle revenue e anche per quanto riguarda le attese sul trimestre in corso non c’è granché di cui lamentarsi. Al netto delle reazioni istintive di mercati che sembrano non averne mai abbastanza, NVIDIA fa registrare un altro trimestre da urlo, in crescita sul precedente e oltre previsioni che erano già sufficientemente ottimistiche.
Un sospiro di sollievo che, una volta passa la tensione che da sempre accompagna l’uscita di certi dati, dovrebbe aiutare le borse a tirare un sospiro di sollievo e a convincere anche i più scettici della bontà del trend AI e della sua capacità di contribuire all’arrivo di un soft landing che sembrerebbe ora alla portata dell’economia USA. I numeri sono interessanti e hanno battuto del 10% l’EPS e di poco meno le revenue totali.
È Ancora un buon trimestre per NVIDIA
Ancora un buon trimestre per NVIDIA, società centrale (e quasi monopolistica) nel settore della produzione di chip dei quali è ghiotto tutto il movimento AI. Chip ultra-performanti dei quali il mondo non sembrerebbe averne mai abbastanza con dati delle trimestrali che riportano numeri ben al di sopra di quelli preventivati dagli analisti:
- ADJ EPS 0,81$, con stime che erano a 0,74$
- REVENUE: $35,1B, con stime che erano a $33,5B
- REVENUE DATA CENTER: $30,8B, con stime che erano a $29,14B
- 4Q PREVISIONI: $37,5B con possibile variazione più o meno 2%
Sono numeri importanti che però nell’afterhours stanno procedendo per ora effetti… ridotti. Reazione non ragionevole ma facile da anticipare. L’ultima parola rimarrà a chi opererà domani sulla sessione tradizionale, dopo che la reazione istintiva sarà stata digerita e si inizieranno a fare i conti veri sull’andamento dell’azienda e sulle sue performance.
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Escalation tra Kiev e Mosca: in campo missili USA. Mercati rispondono premiando oro (+0,66%), Yen e Franco Svizzero.
I mercati reagiscono alle notizie che arrivano da Mosca: c’è davvero rischio di conflitto nucleare?
Non solo bond. Anche le valute storicamente ritenute porti sicuri guadagnano in modo importante dopo che il rischio escalation in Russia ha raggiunto le vette forse più alte dall’inizio del conflitto. Quando in Italia era il primo pomeriggio, è stato infatti comunicato il primo attacco con armi USA sul territorio russo, cosa che ha contribuito almeno in prima battuta ad una reazione relativamente convulsa da parte dei mercati. Pericolo per ora rientrato – almeno a leggere gli intendimenti delle borse USA – che più che preoccupate per un’eventuale conflitto sono in attesa delle trimestrali NVIDIA che segnaleranno principalmente l’andamento del settore più importante di tutti in questa fase, ovvero quello AI.
A contribuire alle preoccupazioni che hanno dato una mano anche quotazioni dell’oro anche l’aggiornamento di quella che viene chiamata, non senza un certo gusto per il sensazionalismo, la dottrina nucleare di Mosca. L’ultima fase della presidenza Biden chiuderà con ogni probabilità con tensioni al massimo, che hanno già avuto un impatto sul mercato e che potrebbero continuare ad averlo nel corso delle prossime settimane.
Bene oro, yen, franco svizzero
Mentre giornalisti e analisti tiravano le somme della potenziale escalation dalle parti di Mosca, i mercati cercavano di computare i potenziali effetti di quello che è stato il primo attacco di Kiev sul territorio russo utilizzando missili a lunga gittata Made in USA. Il permesso per l’utilizzo di certe armi era arrivato soltanto pochi giorni fa, con una mossa a sorpresa da parte del governo Biden che aveva scatenato anche polemiche politiche.
La presidenza Biden si avvia infatti al tramonto e il 20 gennaio Donald Trump giurerà come nuovo presidente. Da lì in avanti, almeno stando a quanto è stato espresso in campagna elettorale, si tenterà un’opera di ricucitura degli strappi con Mosca e Putin che per il momento però sembrerebbe essere più lontana che mai. Su questa possibile ricucitura però i mercati sembrerebbero fare affidamento, per quanto qualcuno cerchi di posizionarsi al sicuro su oro. Lo yen ha toccato anche i 153 contro il dollaro, salvo poi perdere qualcosa in riapertura delle borse USA. Una situazione che dovrà essere monitorata per valutare i potenziali effetti anche sui mercati risk on.
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Donald Trump in trattativa per comprare intermediario crypto Bakkt. CEO Coinbase a rapporto per nomine governo. Bullish per Bitcoin?
Continuano le aperture di Donald Trump al mondo crypto e Bitcoin. In ballo Bakkt, Tesoro e anche Coinbase.
L’impegno del futuro presidente degli Stati Uniti Donald Trump nelle crypto sembrerebbe essere in ulteriore espansione. Secondo quanto è stato riportato da Financial Times, che cita persone informate dei fatti, il gruppo social che fa capo a Trump Media and Technology Group sarebbe in trattativa per l’acquisto di Bakkt, intermediario crypto che fa capo a Intercontinental Exchange, le cui azioni hanno guadagnato il 66% per poi farsi sospendere per eccesso di volatilità. Per ora mancano commenti da parte dei diretti interessati, ma si tratterebbe di una mossa certamente a sorpresa e altrettanto certamente rilevante per il futuro del mondo crypto.
Bitcoin ha reagito alla notizia tornando verso i 92.000$, recuperando la correzione che si era palesata in chiusura della sessione USA. Con la nomina di Howard Lutnick al Tesoro che è ancora in ballo, le sorprese per il mondo crypto e Bitcoin da parte dell’amministrazione Trump potrebbero continuare ad arrivare e ad offrire carburante per una corsa partita, di nuovo, proprio in seguito alle elezioni.
Bakkt a fare da sponda a WLFI?
Donald Trump ha già lanciato un progetto crypto di finanza decentralizzata, con il lancio di un token che però, complici le leggi particolarmente restrittive negli USA, non è andato secondo aspettative.
L’atteggiamento però di queste prime ore è stato di double down, come direbbero gli americani, ovvero di rinforzare un proposito di apertura verso il mondo crypto e Bitcoin che vede come singolo ostacolo il toto-nomi per il Tesoro. Lutnick sta perdendo quota a favore di un Warsh che è storicamente meno aperto al settore. Per chi investe sulle criptovalute però, sarebbe sufficiente un nome più tranquillo di quello di Gary Gensler. Saranno giorni di fuoco, con Bitcoin che sta probabilmente aspettando segnali dalla politica per provare a fissare nuovi massimi.
Una situazione interessante e che secondo le ultime indiscrezioni starebbe coinvolgendo anche Brian Armstrong di Coinbase, unico exchange quotato al mondo e ora ingranaggio di enorme rilevanza per tutto il mondo ETF su Bitcoin e Ethereum. Saranno giorni decisivi per capire quanto spazio avrà il mondo crypto nella nuova America a trazione Trump. Le aspettative sono molto alte – e queste ultime mosse sembrerebbero… confermarlo.
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