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Soltanto 40 delle 100 aziende private più grandi al mondo hanno fissato una data per il net zero

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Secondo un nuovo report pubblicato da Net Zero Tracker, un’associazione che segue l’andamento delle misure per la sostenibilità intorno al mondo, le grandi aziende sono in estremo ritardo nel fissare degli obiettivi per la sostenibilità. In base a quanto pubblicato dall’associazione, soltanto 40 delle 100 aziende non quotate più grandi al mondo hanno fissato una data entro il quale saranno net zero nella loro operatività. Il report evidenzia che le aziende pubbliche stanno lavorando molto più velocemente in questa direzione, ma allo stesso tempo hanno un peso inferiore sulle emissioni di CO2 e spesso sono meno efficienti nel raggiungere gli obiettivi che si pongono.

Attualmente il parametro di riferimento per tutte le aziende, pubbliche e private di tutto il mondo, è l’accordo di Parigi. Quasi tutte le nazioni del mondo hanno firmato questo accordo, che prevede di limitare il riscaldamento globale a una media di 1,5 °C entro la fine del secolo rispetto all’era pre-industriale. Attualmente, però, sono pochi i paesi che hanno preso misure concrete per stabilire dei limiti alle emissioni delle imprese o per sanzionare quelle che non si stanno adattando abbastanza in fretta agli obiettivi sull’inquinamento. Considerando che una manciata di imprese è responsabile per oltre l’80% delle emissioni inquinanti, è ormai diventato evidente che senza coinvolgere il settore privato non sarà possibile raggiungere gli obiettivi fissati dall’accordo di Parigi.

L’Unione Europea è già al lavoro su regolamentazioni più stringenti

Il mercato non spinge sugli obiettivi climatici

Secondo John Lange di Net Zero Tracker, ci sono tre principali motivazioni che causano il ritardo delle grandi imprese nel fissare degli obiettivi sul raggiungimento della totale neutralità climatica. Il primo è la mancanza di interesse da parte del mercato, il secondo è lo scarso danno misurabile in termini di reputazione e il terzo sono le regolazioni ancora poco stringenti. Attualmente sia gli investitori che i consumatori dimostrano, nei sondaggi, di avere una piccola predilezione per le aziende attivamente impegnate dal punto di vista climatico; al tempo stesso questa piccola predilezione spesso non è sufficiente, a livello economico, per giustificare le spese che sarebbero necessarie per adattare l’operatività di un’azienda alle richieste dell’accordo di Parigi.

La predilezione è più forte tra gli investitori che trai consumatori, e il report di Net Zero Tracker lo dimostra con un dato interessante. Tra le 100 aziende più grandi al mondo quotate in Borsa, ben 70 hanno fissato degli obiettivi chiari per quanto riguarda il net-zero. Considerando che tra le 100 aziende più grandi non quotate sono state solo 40 a fare la stessa cosa, c’è una differenza significativa tra chi ha bisogno di raccogliere capitali dal mercato e chi invece non ce l’ha. Delle aziende quotate che hanno espresso delle date chiare per il net-zero, tra l’altro, soltanto sette delle top-100 per dimensione hanno pubblicato dei piani chiari su come intendono raggiungere l’obiettivo.

Per “net zero” si intende la totale neutralità climatica di un’economia o un’impresa

Poco effetto per le regolamentazioni

La situazione che si presenta oggi arriva a discapito di una proliferazione delle regolamentazioni nel corso degli ultimi anni, cosa che sembra indicare un impatto basso per le leggi che sono state passate. Questo vale soprattutto nel mondo dei combustibili fossili, dove nessuna delle 8 aziende più grandi al mondo -tutte presenti nell’elenco delle 10 imprese più inquinanti in assoluto- hanno ancora fissato un obiettivo per raggiungere il net-zero. Il report di Net Zero Tracker individua come un potenziale punto chiave la nuova normativa europea CCRD (Corporate Sustainability Reporting Directive), che costringerà migliaia di grandi aziende a riportare in modo chiaro e preciso le loro emissioni inquinanti. Questo potrebbe essere di ispirazione anche per altre aree del mondo, che presto potrebbero introdurre legislazioni simili e colmare con le regolamentazioni ciò che il mercato non sta facendo in maniera autonoma.

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