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Asia pimpante dopo le parole di Jerome Powell. Oro ancora verso record

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La prima sessione asiatica di trading sulle borse dopo le parole di Jerome Powell a Jackson Hole si apre in positivo. Bene Hong Kong, bene la borsa australiana, meno bene Tokyo, che paga un redivivo yen spinto proprio dall’apertura al pivot da parte del Presidente di Federal Reserve. Mentre alla decisione del FOMC mancano ancora tre settimane, i mercati iniziano a muoversi scontando il nuovo corso della politica monetaria degli Stati Uniti – che produrrà effetti a cascata importanti anche sulle decisioni delle altre banche centrali.

Tokyo è invece in controtendenza tanto in relazione alle prossime decisioni sui tassi – ci si aspettano rialzi distribuiti nel tempo – sia in termini di andamento delle borse. Lo yen forte continua a colpire le azioni locali, che arrivano comunque da un 2024 piuttosto brillante.

Arriva un’altra fase risk on?

Questo è quanto sembrerebbero ritenere i principali analisti e allocator. Si tornerà, per quanto gradualmente e per ora senza garanzie, verso costi di borrowing più bassi che finiranno per aumentare la liquidità in circolazione. Una liquidità che dovrà necessariamente mettersi alla ricerca di nuovi e redditizi mercati, puntando di nuovo anche su quelle realtà emergenti che hanno vissuto momenti di importante difficoltà nel corso del ciclo di politiche monetarie restrittive.

Il semaforo verde che è arrivato da Jackson Hole, per quanto diluito dalla lunga attesa tra le dichiarazioni di Powell e la riapertura dei mercati, ha spinto da un lato le valutazioni delle azioni asiatiche (con la sola eccezione, già segnalata, di Tokyo), dall’altro ha contribuito a rinforzare anche le valute asiatiche, con il Bloomberg Asia Dollar Index che si trova ai livelli più alti da inizio 2024.

Una sorta di ritorno alla normalità, con la corsa importante del dollaro degli ultimi 8 mesi – nel complesso – che è stata la vera anomalia che ha condizionato i mercati nel corso di questa prima parte del 2024. Anomalia spinta proprio dall’allontanarsi progressivo dell’avvio della fase di pivot, ovvero di inversione delle politiche monetarie restrittive da parte di Washington. Rimane l’incognita del post 18 settembre, data del primo incontro di FOMC che prevederà dei tagli.

Pesano poco i venti di guerra?

Per ora sembrerebbero essere ridotti gli effetti delle nuove schermaglie tra Israele e Libano, che pur avevano preoccupato gli analisti nel corso della giornata di domenica. Pesa anche poco la scarsa fiducia che sembrano nutrire gli analisti sulla possibilità di raggiungere un cessate il fuoco a stretto giro.

Un cessate il fuoco che sembrava essere in dirittura d’arrivo e che invece ora appare più lontano che mai, con le trattative che continueranno anche nel corso di questa settimana, per quanto da posizioni più lontane di quelle che erano state raccontate fino a pochi giorni fa.

Una questione che potrebbe pesare maggiormente sulle quotazioni dell’oro, che si aggirano di nuovo sui massimi storici in quota 2.510$. Oro che rimarrà il termometro di tutte le preoccupazioni dei mercati in relazione al conflitto in Medio Oriente. Conflitto lontano dal risolversi con un accordo e che sarà uno degli eventi da seguire maggiormente durante la settimana di scambi.

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