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Inflazione USA sopra le attese, ancora 3,5% su base annua: in dubbio le manovre della Fed
Il dato più atteso di oggi dal calendario economico era indubbiamente quello sul tasso di inflazione negli Stati Uniti, che si attesta al 3,5% secondo il Bureau of Labour Statistics. L’inflazione rimane dunque uguale a quella del mese scorso, mentre gli analisti si aspettavano di vederla scendere leggermente. Per la verità, però, dopo i dati sul mercato del lavoro c’era già chi aveva capito che sarebbe stato difficile veder scendere la pressione sui prezzi: molti analisti continuano a sottolineare che con un’economia vicina alla piena occupazione e salari in crescita, è molto difficile che il tasso d’inflazione possa ritornare al di sotto del target del 2% come auspicato dalla Federal Reserve.
Il tasso d’inflazione è diventato il tema centrale sui mercati finanziari nel post-pandemia, portando a un’ondata di rialzi dei tassi d’interesse da parte della Fed e delle altre principali banche centrali del mondo. Teoricamente questo trend dovrebbe invertirsi in estate: il consenso degli analisti istituzionali è che la Fed possa iniziare ad abbassare i suoi tassi d’interesse già a giugno. Dopo i dati di oggi, però, sembra essere diventato improbabile che veramente la Federal Reserve possa sentirsi tranquilla ad abbassare i tassi d’interesse senza temere una nuova ondata di rincari. Il costo della vita continua ad accelerare a un ritmo costante e l’economia non dà segni di cedimento, per cui ci si chiede anche se sia davvero necessario optare per un taglio ai tassi in questo momento.
Inflazione al 3,5%, inflazione core al 3,8%
Il tasso d’inflazione misurato dal CPI, quindi dal paniere più completo che si prende comunemente come riferimento per il costo della vita, si è affermato al 3,5% contro il mese scorso. Gli analisti prevedevano una discesa al 3,4%, piccola ma che sarebbe comunque stata un passo in avanti incoraggiante verso il target del 2%. Nel frattempo l’inflazione core si conferma anche questo mese al 3,8%. Questo dato utilizza un paniere diverso per il calcolo del costo della vita, escludendo i beni energetici e i generi alimentari. Questi due parametri sono comunemente considerati la misura più volatile del tasso d’inflazione, per cui quella che può essere maggiormente oggetto a una revisione di mese in mese che non riflette i veri effetti della politica monetaria.
Il tasso d’inflazione più alto si registra sui servizi di trasporto (10,7% annuo), gli affitti (5,7%) e sui ristoranti (4,2%). Invece è addirittura sotto lo zero il tasso d’inflazione relativa alle bollette del gas (-3,2%) e ai veicoli (-0,1%). Un dato particolarmente interessante è quello che riguarda i veicoli usati, di cui pare esserci un vero e proprio eccesso di offerta all’interno dell’economia americana. Il dato sull’inflazione dei veicoli usati segna -2,2% su base annua, indicando che effettivamente per il settore automobilistico questo è un momento complicato. Lo si nota anche nei dati delle vendite dei produttori, con Tesla che è stato il peggior titolo dello S&P 500 nel primo trimestre dell’anno.
In dubbio i tagli ai tassi della Fed
Dopo la pubblicazione dei dati sull’inflazione, gli analisti hanno iniziato a rivedere le loro attese sul comportamento della Federal Reserve. Senza una discesa della pressione sui prezzi a marzo, è diventato ormai chiaro che sia molto difficile sperare in un taglio dei tassi già a giugno. Il consenso degli analisti si sta spostando verso settembre, sempre aspettando di vedere quali saranno i dati provenienti dall’economia nel corso di questi mesi. Questo è ormai il terzo mese consecutivo in cui il tasso d’inflazione americano non scende al ritmo che gli analisti si stavano aspettando, mentre il mercato del lavoro continua a generare più occupazione di quella che ci si aspettava e i dati sull’attività economica segnano una fiducia solida da parte dei consumatori. Nel frattempo lo S&P 500 è in calo del 1,11% fino a questo momento, guidato proprio dalle notizie provenienti dal calendario economico.