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Tassazione criptovalute: Nuova legge per 2025 e 2026 – Tutto quello che c’è da sapere

Tutto quello che devi sapere sulla nuova legge di bilancio 2023 in tema di regolamentazione delle criptovalute in tema di fiscalità. Ecco quanto si paga nel 2025 e 2026 sui proventi derivanti dalle crypto attività.

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Francesco Galella

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Anche le criptovalute sono sottoposte, in quanto asset finanziario, a tassazione sulle plusvalenze. L’Agenzia delle Entrate è intervenuta più volte sul tema, garantendo (e non potevamo immaginare altrimenti) che sulle plusvalenze generate tramite compravendita di criptovalute devono essere applicate le aliquote previste per i redditi da capitale, proprio come faremmo con operazioni sul Forex.

La nuova Legge di Bilancio 2025 ha rivoluzionato il regime fiscale delle criptovalute in Italia, introducendo modifiche sostanziali che impattano significativamente tutti i possessori di cripto-attività. L’eliminazione della soglia di esenzione di 2.000 euro e l’aumento dell’aliquota al 33% dal 2026 rappresentano i cambiamenti più rilevanti, mentre la nuova rivalutazione onerosa al 18% offre un’opportunità di ottimizzazione fiscale per portafogli con plusvalenze latenti.

Questi aggiornamenti normativi richiedono un approccio strategico e una comprensione approfondita delle nuove disposizioni per garantire la compliance fiscale ed evitare sanzioni che possono arrivare fino al 120% dell’imposta dovuta.

Nuove aliquote fiscali per criptovalute secondo la Legge di Bilancio 2025

Il regime fiscale delle criptovalute subisce una trasformazione graduale ma significativa con l’introduzione di aliquote progressive che modificano l’approccio alla tassazione delle plusvalenze. Per il 2025, l’aliquota rimane invariata al 26%, applicandosi all’intera plusvalenza realizzata senza più alcuna soglia di esenzione. Tuttavia, la vera rivoluzione arriva nel 2026 con l’aumento dell’aliquota al 33%, un incremento di 7 punti percentuali che posiziona l’Italia tra i paesi europei con la tassazione più elevata sulle criptovalute.

La Legge n. 207/2024 (Legge di Bilancio 2025) ha specificato nell’articolo 1, comma 24, che questa progressione fiscale si applica esclusivamente alle cripto-attività detenute in custody privata (wallet personali), creando una disparità fiscale significativa. Gli ETF su criptovalute e altri strumenti finanziari tradizionali mantengono l’aliquota del 26%, introducendo un elemento di distorsione competitiva che potrebbe influenzare le scelte di investimento. Questa differenziazione rappresenta un chiaro incentivo verso prodotti finanziari regolamentati rispetto alla detenzione diretta di criptovalute.

L’applicazione dell’imposta sostitutiva del 26% nel 2025 si calcola sull’intero ammontare della plusvalenza, eliminando definitivamente il meccanismo di franchigia che proteggeva i primi 2.000 euro. Dal 2026, l’aliquota del 33% renderà ancora più onerosa la tassazione, con un impatto economico che richiede attenta pianificazione fiscale per tutti gli investitori in criptovalute.

Eliminazione totale delle soglie di esenzione e franchigie

La rimozione completa della soglia di esenzione di 2.000 euro rappresenta probabilmente la modifica più impattante per la maggioranza degli investitori retail. Fino al 2024, le plusvalenze inferiori a 2.000 euro annui non erano soggette a tassazione, offrendo una protezione significativa per piccoli investitori e operazioni occasionali. Dal 1° gennaio 2025, ogni plusvalenza è tassabile, indipendentemente dall’importo, trasformando anche le più piccole operazioni in eventi fiscalmente rilevanti.

Questa eliminazione comporta implicazioni operative significative per tutti i possessori di criptovalute. Un investitore che realizza una plusvalenza di 100 euro dovrà dichiarare e pagare 26 euro di imposta, mentre in precedenza tale operazione sarebbe stata completamente esente. L’Agenzia delle Entrate ha confermato attraverso le FAQ del 30 aprile 2025 che questa modifica si applica rigorosamente a tutte le operazioni concluse dal 1° gennaio 2025, senza eccezioni o deroghe.

Il nuovo regime elimina anche la logica di compensazione annuale che permetteva di sfruttare la franchigia su base aggregata. Precedentemente, un investitore poteva realizzare multiple operazioni fino al raggiungimento della soglia complessiva di 2.000 euro; ora, ogni singola transazione in plusvalenza genera un obbligo tributario. Questo cambiamento rende indispensabile un monitoraggio costante delle operazioni e una documentazione accurata di tutti i movimenti, anche per importi minimi.

Nuova rivalutazione delle criptovalute 2025: opportunità di ottimizzazione fiscale

La rivalutazione onerosa introdotta dalla Legge di Bilancio 2025 rappresenta un’innovazione significativa nel panorama fiscale delle criptovalute italiane. Questa opzione consente ai contribuenti di assumere il valore delle cripto-attività al 1° gennaio 2025 come nuovo costo fiscale di acquisto, pagando un’imposta sostitutiva del 18% calcolata sul valore complessivo del portafoglio. Si tratta di un’opportunità di regolarizzazione fiscale particolarmente vantaggiosa per investitori con significative plusvalenze latenti.

Il meccanismo di rivalutazione opera sostituendo il costo originario di acquisto con il valore di mercato al 1° gennaio 2025, determinato secondo i criteri dell’articolo 9 del TUIR. Per un Bitcoin acquistato a 5.000 euro e valutato 20.000 euro al 1° gennaio 2025, il costo rivalutato diventa 20.000 euro, con un’imposta sostitutiva di 3.600 euro (18% di 20.000 euro). Future cessioni partiranno da questa nuova base di calcolo, riducendo significativamente l’impatto fiscale delle plusvalenze.

La convenienza economica della rivalutazione dipende dal confronto tra il costo dell’imposta sostitutiva e il risparmio fiscale futuro. Considerando l’aumento dell’aliquota al 33% dal 2026, la rivalutazione al 18% offre un risparmio potenziale di 15 punti percentuali. Il termine per il versamento è fissato al 30 novembre 2025, con possibilità di rateizzazione in massimo 3 rate annuali con interessi del 3% per le rate successive alla prima. Questa flessibilità di pagamento rende l’opzione accessibile anche per portafogli di valore elevato.

Aggiornamenti sostanziali al regime dichiarativo e quadro RW

Il regime dichiarativo per le criptovalute subisce modifiche significative che semplificano alcuni aspetti ma rafforzano gli obblighi di monitoraggio. L’introduzione del nuovo quadro W nel Modello 730 rappresenta una semplificazione importante, eliminando la necessità di presentare due dichiarazioni separate per contribuenti che utilizzano il 730. Parallelamente, il quadro T sostituisce il precedente quadro RT per la dichiarazione delle plusvalenze, mantenendo la stessa funzione ma con una numerazione aggiornata.

Il quadro RW del Modello Redditi PF mantiene la sua centralità per il monitoraggio fiscale, con l’introduzione del codice 21 specifico per le cripto-attività. La compilazione richiede l’inserimento di un rigo separato per ogni portafoglio o sistema di archiviazione, con valutazione al valore di mercato del 31 dicembre. La colonna 20 “Solo monitoraggio” deve essere obbligatoriamente flaggata, confermando l’esenzione delle criptovalute dall’IVAFE ma mantenendo l’obbligo di dichiarazione.

Gli obblighi di monitoraggio si estendono a tutti i possessori di criptovalute, indipendentemente dall’importo e dalle modalità di conservazione. Wallet hardware, exchange centralizzati, piattaforme DeFi e qualsiasi forma di detenzione di cripto-attività devono essere dichiarati nel quadro RW o W. L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che l’obbligo sussiste anche per titolari effettivi secondo la normativa antiriciclaggio, includendo situazioni di intestazione fiduciaria o detenzione per conto terzi.

Tassazione specializzata di mining, staking e DeFi

La tassazione del mining presenta differenziazioni significative basate sulla natura dell’attività svolta. Per persone fisiche che conducono mining occasionale, l’attività non è configurata come impresa e le criptovalute ricevute non sono tassabili al momento dell’estrazione. Tuttavia, la vendita delle criptovalute estratte genera reddito imponibile secondo le regole generali delle plusvalenze. Il mining professionale è invece classificato come reddito d’impresa, soggetto ad aliquote IRPEF dal 23% al 43% più addizionali.

Lo staking ha ricevuto chiarimenti definitivi dall’Agenzia delle Entrate attraverso la risposta n. 437/2022, che lo classifica come reddito di capitale secondo l’articolo 44, comma 1, lettera h) del TUIR. I proventi da staking sono tassati con aliquota del 26% sui ricavi lordi, senza possibilità di dedurre le commissioni del validatore. Intermediari italiani applicano automaticamente la ritenuta del 26% a titolo d’acconto, mentre per piattaforme estere è necessaria la dichiarazione autonoma nel quadro RL.

Le attività DeFi (Decentralized Finance) non hanno ancora ricevuto una disciplina specifica dall’Agenzia delle Entrate, creando incertezza normativa per yield farming, liquidity mining e protocolli di prestito decentralizzati. L’approccio prudenziale suggerisce l’applicazione analogica della normativa sulle cripto-attività, con tassazione al 26% dei proventi generati. Ogni operazione DeFi potenzialmente genera eventi fiscalmente rilevanti, richiedendo un monitoraggio accurato e documentazione completa delle transazioni blockchain.

Obblighi rafforzati per exchanges e intermediari

Gli exchanges e prestatori di servizi su cripto-attività devono rispettare un framework normativo significativamente rafforzato. L’iscrizione al Registro Speciale OAM è divenuta obbligatoria per tutti gli operatori, inclusi exchange, wallet provider e piattaforme di trading. Operatori esteri devono costituire sede legale in Italia o stabile organizzazione nell’UE, garantendo una presenza territoriale per l’attività di supervisione.

Le comunicazioni trimestrali rappresentano un obbligo operativo cruciale, con scadenza al 15 del mese successivo a ogni trimestre. Gli intermediari devono trasmettere dati identificativi completi dei clienti (nome, cognome, data di nascita, codice fiscale), controvalore in euro dei saldi totali, numero di operazioni di conversione e tipologia dei servizi prestati. La conservazione dati deve essere mantenuta per 10 anni dalla cessazione del rapporto, con trasmissione automatica al MEF per disponibilità delle autorità tributarie.

Il nuovo regime anti-riciclaggio implementato dal Decreto Legislativo 204/2024 introduce la Travel Rule per trasferimenti di criptovalute. Transazioni tra provider non hanno limite minimo per gli obblighi informativi, mentre trasferimenti verso wallet esterni richiedono comunicazione per importi superiori a 1.000 euro. Operazioni pari o superiori a 5.000 euro devono essere comunicate automaticamente all’Agenzia delle Entrate, rafforzando significativamente il monitoraggio fiscale.

Sanzioni aggiornate per omessa dichiarazione

Il regime sanzionatorio per le criptovalute è stato significativamente inaspriti con la Legge di Bilancio 2025. Omessa dichiarazione nel quadro RW comporta sanzioni dal 3% al 15% del valore non dichiarato, con possibilità di riduzione a 1,5%-7,5% attraverso ravvedimento operoso entro 90 giorni. Per un portafoglio di 100.000 euro non dichiarato, la sanzione varia da 3.000 a 15.000 euro, rappresentando un deterrente significativo per comportamenti elusivi.

Omessa dichiarazione delle plusvalenze nel quadro RT/T è sanzionata fino al 120% dell’imposta dovuta, con un minimo di 250 euro. Dichiarazioni infedeli comportano sanzioni pari al 90% dell’imposta evasa (minimo 70%), mentre dichiarazioni tardive sono sanzionate al 30% dell’imposta dovuta. Il ravvedimento operoso offre riduzioni significative, con possibilità di pagare solo il 15% dell’imposta evasa per dichiarazioni tardive regolarizzate tempestivamente.

Le sanzioni penali sono state rafforzate per casi di evasione significativa. Imposta evasa superiore a 50.000 euro comporta reclusione da 2 a 5 anni secondo l’articolo 5 del D.Lgs. 74/2000. I controlli sono intensificati grazie alla maggiore tracciabilità delle transazioni blockchain, con estensione dei termini di accertamento a 10 anni per violazioni rilevanti. Codici tributo specifici (1715, 1716, 1727, 8945, 1945) facilitano versamenti e ravvedimenti operosi.

Esempi pratici di calcolo con le nuove aliquote sulle crypto

Di seguito ti mostriamo alcuni esempi:

Esempio 1: Piccolo investitore (2.500 euro di plusvalenze)

  • Regime 2024: (2.500€ – 2.000€) × 26% = 130 euro di imposta
  • Regime 2025: 2.500€ × 26% = 650 euro di imposta
  • Regime 2026: 2.500€ × 33% = 825 euro di imposta
  • Impatto: Incremento del 400% dall’eliminazione della soglia di esenzione

Esempio 2: Investitore con rivalutazione (Bitcoin da 5.000 a 20.000 euro)

  • Senza rivalutazione: Vendita a 25.000€ → Plusvalenza 20.000€ → Imposta 5.200€ (26%)
  • Con rivalutazione: Imposta rivalutazione 3.600€ (18% di 20.000€) + nuova plusvalenza 1.300€ (26% di 5.000€) = 4.900 euro totali
  • Risparmio: 300 euro immediati, con maggiori benefici per vendite future

Esempio 3: Operatore DeFi (yield farming)

  • Deposito: 50.000 euro in liquidity pool
  • Ricompense annuali: 5.000 euro in token
  • Tassazione: 5.000€ × 26% = 1.300 euro di imposta sui redditi da staking/farming
  • Obbligo: Dichiarazione nel quadro RL come redditi di capitale

Scadenze fiscali cruciali per il 2025

Il calendario fiscale 2025 presenta scadenze specifiche che richiedono pianificazione accurata. 30 giugno 2025 rappresenta la data cruciale per il versamento dell’imposta sostitutiva del 26% sulle plusvalenze, dell’imposta di bollo IVACA dello 0,2% e della prima rata dell’acconto 2025. 31 luglio 2025 offre una possibilità di versamento tardivo con maggiorazione dello 0,4%, mentre il 30 settembre 2025 è il termine per l’invio del Modello 730 con i nuovi quadri W e T.

30 novembre 2025 rappresenta la scadenza più significativa per l’opzione di rivalutazione onerosa, con possibilità di versamento dell’imposta sostitutiva del 18% in unica soluzione o rateizzazione. 15 ottobre 2025 è il termine per l’invio del Modello Redditi PF con quadri RW e RT, mentre 2 dicembre 2025 conclude l’anno fiscale con il versamento della seconda rata dell’acconto IRPEF.

Sanzioni per inadempimenti variano significativamente: mancata dichiarazione del quadro RW comporta sanzioni dal 3% al 15% del valore, dichiarazioni errate il 70% dell’imposta evasa, e omessa dichiarazione fino al 120% dell’imposta dovuta. Ravvedimento operoso entro 90 giorni offre riduzioni sostanziali, rendendo conveniente la regolarizzazione tempestiva di eventuali omissioni.

Confronto dettagliato con il regime precedente

La trasformazione del regime fiscale delle criptovalute rappresenta un cambiamento paradigmatico che elimina le agevolazioni precedenti e introduce un approccio più severo alla tassazione. L’eliminazione della soglia di 2.000 euro trasforma ogni operazione in plusvalenza in un evento fiscalmente rilevante, impattando significativamente investitori occasionali e piccoli trader che precedentemente beneficiavano di questa protezione.

L’aumento dell’aliquota dal 26% al 33% dal 2026 posiziona l’Italia tra i paesi europei con la tassazione più elevata sulle criptovalute, creando potenziali distorsioni competitive. ETF su criptovalute mantengono l’aliquota del 26%, incentivando gli investimenti verso strumenti finanziari tradizionali rispetto alla detenzione diretta. Questa disparità rappresenta un chiaro orientamento normativo verso la regolamentazione del settore.

La rivalutazione onerosa al 18% introduce un elemento di novità assoluta, offrendo un’opportunità di ottimizzazione fiscale per investitori con significative plusvalenze latenti. Confrontando i regimi, un investitore con 100.000 euro di plusvalenze latenti può scegliere tra pagare 33.000 euro di imposta futura (33% dal 2026) o 18.000 euro di rivalutazione immediata, ottenendo un risparmio potenziale di 15.000 euro. Il nuovo regime dichiarativo semplifica alcuni aspetti attraverso l’integrazione nel Modello 730, eliminando la necessità di dichiarazioni multiple, ma rafforza significativamente gli obblighi di monitoraggio e documentazione per tutti i possessori di criptovalute.

FAQ – Domande e risposte sulla tassazione crypto

È vero che dal 2025 devo pagare le tasse anche su piccole plusvalenze crypto di pochi euro?

Sì, è correttissimo. Dal 1° gennaio 2025 la soglia di esenzione di 2.000 euro è stata completamente eliminata. Questo significa che qualsiasi plusvalenza, anche di soli 50 euro, è soggetta alla tassazione del 26% (33% dal 2026). Se vendi Bitcoin per una plusvalenza di 100 euro, dovrai pagare 26 euro di imposta nel 2025. Questa è probabilmente la modifica più impattante per investitori retail e operatori occasionali che prima beneficiavano della franchigia. È fondamentale tenere traccia di ogni operazione e considerare l’impatto fiscale anche per trading di piccoli importi.

Conviene fare la rivalutazione delle criptovalute al 18% nel 2025?

Dipende dal valore delle tue plusvalenze latenti e dalle tue strategie future. La rivalutazione è conveniente se hai significative plusvalenze non realizzate e prevedi di vendere le criptovalute nei prossimi anni. Esempio pratico: se hai Bitcoin comprati a 10.000 euro e valutati 40.000 euro al 1° gennaio 2025, puoi rivalutare pagando 7.200 euro (18% di 40.000). Senza rivalutazione, vendendo a 50.000 euro pagheresti 13.200 euro di imposta (33% di 40.000). Il risparmio è di 6.000 euro. La rivalutazione conviene soprattutto considerando l’aumento dell’aliquota al 33% dal 2026 e la possibilità di rateizzare in 3 anni il pagamento dell’imposta sostitutiva.

Come viene tassato lo staking di criptovalute e i guadagni DeFi?

Assolutamente sì. Tutte le criptovalute devono essere dichiarate nel quadro RW (o quadro W del 730), indipendentemente dal fatto che tu le abbia vendute o meno. Questo vale per qualsiasi importo e modalità di conservazione: wallet hardware, exchange, piattaforme DeFi. L’omessa dichiarazione comporta sanzioni dal 3% al 15% del valore non dichiarato. Se possiedi 50.000 euro in criptovalute e non le dichiari, rischi sanzioni da 1.500 a 7.500 euro. La dichiarazione è obbligatoria per monitoraggio fiscale, anche se non generi redditi imponibili dalla semplice detenzione.

Come viene tassato lo staking di criptovalute e i guadagni DeFi?

Lo staking è tassato come reddito di capitale al 26% sui proventi lordi ricevuti, secondo la risposta 437/2022 dell’Agenzia delle Entrate. Se ricevi 1.000 euro annui da staking di Ethereum, paghi 260 euro di imposta. Gli intermediari italiani applicano automaticamente la ritenuta, mentre per piattaforme estere devi dichiarare autonomamente nel quadro RL. Le attività DeFi (yield farming, liquidity mining) non hanno disciplina specifica, ma l’approccio prudenziale suggerisce applicazione dell’aliquota del 26% sui proventi. Ogni operazione DeFi può generare eventi fiscalmente rilevanti, quindi è essenziale documentare accuratamente tutte le transazioni blockchain e calcolare correttamente i proventi in euro al momento della ricezione.

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Chief executive | Trading SEO, Criptovalute, Broker scam

Imprenditore digitale dal 2008, è CEO e Founder della ALESSIO IPPOLITO S.R.L., editore specializzato nella pubblicazione di progetti nel campo finanziario. Giornalista iscritto all'albo dal 22/02/2022*. Direttore responsabile in carica della nota testata giornalistica a tema Crypto, Criptovaluta.it®, da Marzo 2023 direttore responsabile anche di Tradingonline.com®. È autore della omonima nota newsletter*.

7 Commenti

1 Comment

  1. Adalberto M. Caccia

    16 Aprile 2021 alle 12:47

    Non sono citate le soglie:
    51.645,69 euro per almeno sette giorni lavorativi continui all’interno del periodo d’imposta che ha visto realizzare plusvalenze: si fa il monitoraggio (quadro RW) e si pagano le tasse del 26% sulle plusvalenze finanziarie (quadro RT).
    Altrimenti: si fa il solo monitoraggio (quadro RW).
    Correggete se sbaglio: ogni informazione corretta e verificabile, in questo ambito, può essere determinante!

    • Dott. Luciano Millanesi

      10 Maggio 2021 alle 20:42

      Buonasera! Per le operazioni a pronti la soglia da lei indicata è valida anche per le operazioni in criptovaluta. Tuttavia vi è confusione tra il fine speculativo o meno delle operazioni. Secondo la maggioranza dei fiscalisti la soglia è operativa anche per le criptovalute, che de facto sono, per il nostro ordinamento, assimilabili al mondo delle valute classiche!

  2. Riccardo

    12 Luglio 2021 alle 12:54

    Buongiorno. Nel caso si realizzi una plusvalenza anche elevata e superiore ai 51.645,69 € tramite broker (tipo eToro) e non su exchange (tipo Binance) ed, al contempo, si reinveste l’intero ammontare del capital gain in azioni, come viene regolamentata la posizione? Lo chiedo perché, se non sono in errore, il capital gain (e relativa plusvalenza) generato dalla vendita di azioni ed immediato reinvestimento in altre azioni non genera reddito tassabile, salvo dividendi. Mi chiedevo se questo procedura fosse applicabile anche ad un operazione di vendita crypto/acquisto azioni. Grazie in anticipo.

  3. Walter

    24 Ottobre 2021 alle 15:48

    Buon giorno, leggendo il testo non mi è chiara la tempistica di pagamento delle imposte. Nella parte iniziale sembra che si debba pagare all’atto del realizzo della plusvalenza. Che per altro però dovrebbe essere in euro secondo quanto puntualizza. Ovvero questo avverrebbe quando prelevo i soldi dall’exchange, poiché nella totalità dei casi il collaterale è sempre usd tether o comunque una stable coin. Cioè un’altra criptovaluta benché stabilizzata con il dollaro. Nella parte finale (e dovrebbe avere più senso logico) si capisce che si paga e si dichiara una volta all’anno. Immagino poi che il 1 gennaio sia la data dove effettuare una “fotografia” del valore. Sarebbe interessante una sua puntualizzazione in merito. Grazie.

    • Gianfranco

      28 Ottobre 2021 alle 14:41

      Salve una domanda, un mio amico parlando di criptovalute, mi ha detto che ha investito 100 euro, tramite un broker in una piattaforma inglese, e ha avuto un piccolo profitto, ma per ritirarlo quella società dice che deve pagare il 15 per cento, per via delle tasse, e non sa come regolarsi, potete dare un consiglio? Grazie

  4. Samuele

    15 Luglio 2022 alle 01:28

    Io ho la stessa domanda di Walter sopra.
    Se si fa trading su un exchange crypto, scambiando ad esempio BTC e EUR, mi sembrerebbe molto piu logico pagare le tasse sulle plusvalenze nel momento in cui si ritirano i soldi dall’exchange al proprio conto bancario.
    Questo principalemente perche’ prima di ritirarli, i guadagni erano teorici e non spendibili (nel senso che erano confinati sull’exchange, che potrebbe anche scappare coi soldi).
    Come secondo motivo aggiungerei anche che potrei scambiare BTC con uno stablecoin basato su Euro, e quindi mantenere il tutto in cyrpto, e in quel caso legalmente non sarebbe tassabile fino a che non riconverto lo stablecoin a EUR veri, anche se effettivamente i miei guadagni teorici sarebbero stati identici.

    • stefano

      21 Luglio 2022 alle 12:29

      Si ma infatti è tutto poco chiaro e anche questo post in effetti non chiarisce. Del resto se uso un conto binance in usdt (stable coin) per i miei profitti, rimane tutto in crypto ma con la carta binance posso tranquillamente spenderlo presso un esercente con conversione immediata al momento dell’acquisto. Quindi che si fa?

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