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Pensioni 2025, addio alla rivalutazione. Questa volta non ci sarà

Rivalutazioni delle pensioni limitate nel 2025. L’Inps ha già tenuto conto degli aumenti del costo della vita, quindi non arriverà il conguaglio.

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Rivalutazione delle pensioni alle porte. A fornire i dettagli ufficiali sulle novità relative agli assegni previdenziali nel 2025 ci ha pensato un Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e del Ministero dell’Economia e delle Finanze pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 278 del 27 novembre 2024 che si sofferma proprio sulla “Perequazione automatica delle pensioni con decorrenza dal 1° gennaio 2025”.

Di che cosa si occupa, di preciso, questo decreto? Il documento fissa il valore della percentuale previsionale della variazione del costo della vita del 2024: viene definito, in estrema sintesi l’adeguamento all’inflazione degli assegni previdenziali. In altre parole stiamo parlando della perequazione delle pensioni. O più semplicemente della loro rivalutazione.

Gli aggiornamenti hanno un impatto diretto sulla vita dei pensionati, perché va ad incidere direttamente sull’assegno previdenziale di gennaio. Sono due gli aumenti che arriveranno: il primo è relativo al consueto adeguamento al costo della vita degli importi erogati; il secondo si riferisce al conguaglio dell’anno precedente.

Perequazioni pensioni 2025, cosa c’è da aspettarsi

La perequazione delle pensioni coinvolge trasversalmente quanti percepiscono un assegno previdenziale, con la sola esclusione dell’Ape Sociale e delle altre misure di accompagnamento alla pensione.

Il decreto interministeriale, sostanzialmente, ha stabilito quale debba essere in via definitiva la percentuale utile per calcolare la perequazione delle pensioni per l’anno 2023, che è stata fissata al 5,4%. Questa percentuale è esattamente pari a quella che è stata prevista e successivamente utilizzata dall’Inps per l’erogazione degli assegni previdenziali nel 2024 a partire dallo scorso mese di gennaio. Questo significa, molto semplicemente, che ai pensionati non spetta alcun tipo di conguaglio. Zero. 

Detto molto semplicemente non spetta nulla ai pensionati, anche se fino a qualche giorno era stata diffusa la notizia che ci fosse un differenziale di 0,3 punti tra il tasso di previsione e il tasso definitivo. Saltano completamente, quindi, i conguagli a credito rispetto agli emolumenti passati.

La rivalutazione delle pensioni nel 2025

Preso atto che per il 2024 non spetta nessun nuovo conguaglio, altro discorso è la rivalutazione per il 2025: l’Istat certifica allo 0,8% il tasso di previsione 2024. Questo significa che a partire da gennaio le pensioni aumenteranno dello 0,8%, anche se il meccanismo adottato è differente rispetto a quello dello scorso anno.

In questo caso il Governo ha già fornito i chiarimenti del caso attraverso la Legge di Bilancio 2025 che in questi giorni dovrebbe essere ultimata al Parlamento.

A partire dal mese di gennaio 2025 il meccanismo che determinerà la rivalutazione delle pensioni dallo 0,8% di inflazione è il seguente:

  • per le pensioni fino 4 volte il trattamento minimo ci sarà il 100% di rivalutazione;
  • per le pensioni tra le 4 e le 5 volte il trattamento minimo ci sarà il 90% di rivalutazione;
  • per le pensioni sopra le 5 volte il trattamento minimo ci sarà il 75% di rivalutazione.

Discorso diverso, invece, per le pensioni minime, per le quali è stata prevista una rivalutazione del 2,2%. In un certo senso è stato ripetuto l’extra aumento del 2024, anche se la percentuale è più bassa (era del 2,7%). Questo significa, in altre parole che le pensioni integrate al trattamento minimo beneficeranno di un aumento superiore rispetto allo 0,8% di rivalutazione.

Facendo due conti in tasca a quanti riceveranno gli assegni previdenziali minimi – considerando che la rivalutazione è pari al 100% – l’importo è destinato a passare da 598,61 euro del 2024 a 603,40 euro nel 2025. 

A quanto abbiamo visto fino a questo momento deve essere aggiunto il surplus del 2,2%: le pensioni minime, quindi, dal prossimo anno saranno pari a 616,67 euro. Un aumento, forse, fin troppo risicato per chi percepisce una pensione bassa.

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