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Analisti sollevano timori sui prezzi del gas in Europa
La quotazione europea del gas naturale, principalmente legata a quella olandese, si è abbassata nettamente rispetto ai picchi di questo inverno. Reuters, però, riporta la preoccupazione di diversi analisti circa la possibilità che l’inverno 2023/24 possa vedere prezzi ancora più cari rispetto a quelli dell’inverno scorso. La differenza sarebbe che, in questo caso, la Cina sarebbe operativa sul mercato a piena capacità; lo scorso inverno, per circa metà della stagione, la nazione -altrettanto importatrice di gas- era ancora soggetta alle politiche zero Covid.
Il motivo di questa preoccupazione è dovuto soprattutto al fatto che l’Europa ha acquistato gas naturale principalmente al prezzo spot, cioè al prezzo corrente di mercato. I paesi UE hanno sottoscritto pochi futures per l’anno in arrivo, destando preoccupazioni sulla possibilità di ricevere forniture a prezzi competitivi nella prossima stagione invernale. Sono molteplici le trading firm che hanno sollevato questa questione, tra cui nomi conosciuti del trading di materie prime come Morten Frisch Consulting e Vortexa.
La ragione delle preoccupazioni
Dopo lo scoppio della guerra in Ucraina e l’introduzione delle sanzioni ai danni della Russia, l’Unione Europea si è ritrovata con il problema di far fronte alle mancate forniture di gas. Per farlo si è rivolta soprattutto al gas naturale liquido, una forma liquefatta del metano che può essere trasportata a bordo di apposite navi per lunghe distanze. Questo ha permesso di raggiungere fornitori lontani nel Golfo e in Nord America, parzialmente eliminando i problemi generati dalle mancate forniture. In totale, nel 2022, l’Unione ha importato 121 milioni di tonnellate di gas naturale: si tratta di un aumento del 60% rispetto al 2021.
Questi acquisti sono arrivati soprattutto dal mercato spot, cioè con accordi immediati basati sul prezzo corrente del gas naturale. Se da una parte questo ha aiutato a ottenere subito approvvigionamenti, dall’altra parte ha distolto i regolatori dall’importanza di sottoscrivere futures a lungo termine per assicurarsi importazioni negli anni a venire. Con poca domanda già soddisfatta dagli accordi sottoscritti, rimane da vedere se gli acquirenti riusciranno ad assicurarsi le dovute forniture.
L’Europa sta trattando il gas naturale principalmente come un combustibile transitorio, mentre la rete elettrica diventa ogni anno più dominata dalle fonti rinnovabili. Il problema è che questa transizione richiede tempo, un tempo che al momento scarseggia. Per avere dei numeri concreti, gli Stati europei hanno contribuito per oltre un terzo della domanda di gas liquefatto sul mercato spot nel 2022, mentre nel 2021 hanno contribuito per appena il 13%.
La Cina rende il problema più complesso
La Cina è stata storicamente un grande importatore di gas naturale liquefatto, assicurandosi in anticipo di soddisfare la domanda interna attraverso accordi di compravendita e futures a lungo termine. Molto spesso, questi futures offrono prezzi migliori rispetto a quelli che si possono ottenere sul mercato spot. Con il colosso asiatico non più in stato di lockdown dopo la pandemia, ora è facilmente attendibile che la domanda di gas in Cina riprenderà la sua traiettoria rialzista degli anni passati.
Ci si aspetta che la domanda di GNL in Cina aumenti del 5% annuo fino al 2030, di fatto creando una fortissima competizione per mettere le mani sulle poche forniture a disposizione. Nel frattempo la transizione ecologica va avanti, ma sembra che gli Stati europei siano stati troppo ottimisti nel pensare che l’idrogeno avrebbe potuto rimpiazzare il gas naturale nel breve termine. Così facendo, l’UE manca di prospettiva sulla reale quantità di tempo che sarà necessaria a sostituire il gas. Per ora c’è ancora tempo per assicurarsi le forniture per l’anno prossimo, ma i mesi corrono.