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Argentina: paralizzato l’export di carne, soia e cereali

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L’Argentina è uno dei principali produttori al mondo di materie prime agricole, prime fra tutte la soia (3° posto) e la carne (4° posto). Questo è uno dei pochi settori economici che è riuscito a mantenere attivo l’export argentino durante tutti questi anni di iperinflazione, ma ora si trova bloccato. Dopo la vittoria elettorale di Milei, molti agricoltori hanno visto completamente paralizzato l’ecosistema finanziario che li supportava nel processo di esportazione. Pare infatti che le banche locali, avendo paura di una rapida svalutazione del peso argentino, non stiano più garantendo la linea privilegiata per il cambio tra pesos e dollari a cui il settore agrario ha avuto accesso nel corso del tempo.

Il Presidente Eletto ha intenzione di eliminare il peso e la Banca Centrale Argentina, per poi sostituire l’attuale valuta nazionale con il dollaro americano. La valuta nazionale è mantenuta ad un livello di cambio artificiale dalle politiche della banca centrale, ma Milei vorrebbe effettuare la dollarizzazione dell’economia al tasso di cambio reale. Questo significherebbe accettare di svalutare il peso del 50% almeno: con il passare dei giorni, il cambio reale praticato nelle strade di Buenos Aires continua a vedere il peso svalutarsi. Il settore dell’agricoltura, che non sa cosa potrebbe accadere nel corso delle prossime settimane, si ritrova costretto a improvvisare.

Grandi problemi per la stabilità del mercato

Se si parla di soia processata, l’Argentina è il primo esportatore a livello mondiale. Se si guarda invece al mercato del mais, è il terzo produttore al mondo. La stessa posizione è occupata nel mercato della carne, e l’Argentina si colloca anche nella top-5 degli esportatori di grano. Considerando che il mercato del grano è già colpito dalla mancanza di esportazioni provenienti dall’Ucraina, e che questo sta già causando seri problemi per le nazioni in via di sviluppo che dipendono dalle importazioni, un blocco alle esportazioni argentine è una situazione piuttosto pesante per il mercato.

Secondo le fonti più recenti, il cambio tra peso e dollaro sulle strade ha già passato 1000:1. Al contempo, il tasso di cambio ufficiale fissato dalla banca centrale è di 350:1. Chi ne fa le spese più di tutti sono gli agricoltori e gli allevatori, che vendono i loro prodotti in dollari e poi devono riconvertire quei dollari in pesos a un tasso di cambio altamente artificiale. Per i volumi di scambi generati dal settore agropecuario, non ci sono abbastanza dollari sul mercato nero. Molti stanno dunque decidendo di attendere le scelte del nuovo governo, che promette di smettere con le politiche di controllo del tasso di cambio e di tagliare nettamente anche le imposte.

Non solo politica e tassi di cambio

La situazione attuale ha aggravato un fenomeno in corso già da diverso tempo, che vede l’Argentina fare i conti con una situazione climatica piuttosto estrema. L’anno scorso la stagione dei raccolti è stata rovinata da una siccità estrema, mentre ora sono le eccessive piogge che rischiano di allagare campi e allevamenti. Tutto questo ha portato a una forte riduzione dei germogli di soia in circolazione, una materia prima essenziale per tutte le imprese che si occupano di processare e trasformare i germogli in prodotti finiti. Secondo i principali imprenditori che operano gli impianti di raffinazione lungo il fiume Paranà, questa è già stata la stagione peggiore della storia per il mercato argentino della soia e dei prodotti derivati.

Al tempo stesso rimane tra gli addetti alla filiera un certo ottimismo: in molti sono convinti che le cose miglioreranno con il nuovo Presidente, portando a un’economia di mercato che possa essere realmente competitiva sul piano internazionale.

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