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Australia, report: minerali critici supereranno il carbone
Entro il 2028, con l’accelerazione della transizione energetica globale, i ricavi delle esportazioni australiane di minerali critici come il litio e il nichel raggiungeranno quasi l’attuale seconda maggiore fonte di esportazioni, il carbone, come affermato dal governo in un aggiornamento delle sue prospettive quinquennali.
Nel report si prevede infatti che le entrate annuali delle esportazioni di carbone termico, utilizzato nelle centrali elettriche, scenderanno a un terzo dei livelli attuali, raggiungendo circa 19 miliardi di dollari australiani (12,67 miliardi di dollari statunitensi) entro i prossimi cinque anni. L’aumento della domanda di litio porterà, invece, a raggiungere un valore delle esportazioni pari a 19 miliardi di dollari australiani nell’attuale anno finanziario che si concluderà il 30 giugno, quasi quadruplicando i 5 miliardi di dollari australiani dell’anno precedente.
L’aumento della domanda di minerali critici
Il report pubblicato dal governo australiano mostra una previsione secondo cui le esportazioni annuali di rame, ossido di alluminio, litio e nichel raggiungeranno i 49 miliardi di dollari australiani entro il 2027-28, non fornendo però una stima riguardante anche altri minerali come il cobalto e le terre rare. I proventi delle esportazioni di carbone per la produzione di acciaio si dimezzeranno invece nei prossimi cinque anni a 30 miliardi di dollari australiani: tutto questo è in linea con la domanda globale di carbone che ha ormai superato il suo picco, mentre la domanda dei minerali critici è destinata ad accelerare.
Le esportazioni totali di risorse ed energia del Paese raggiungeranno un nuovo record di 464 miliardi di dollari australiani quest’anno finanziario, dopo che i prezzi dell’energia sono aumentati a causa della guerra in Ucraina. L’anno scorso, le esportazioni avevano già raggiunto una cifra record di 421,6 miliardi di dollari australiani. Si prevede che i prezzi e le entrate si normalizzeranno nei prossimi anni, ma le esportazioni di risorse rimarranno una delle principali fonti di guadagno per il Paese, con entrate di poco inferiori a 289 miliardi di dollari australiani in termini reali entro il 2027-28.
La maggiore fonte di esportazione dell’Australia rimarrà invece il minerale ferroso: la domanda del minerale proviene principalmente dalla Cina e diventerà ancora più forte di quanto previsto in precedenza, anche se rimarrà al di sotto dei 119 miliardi di dollari australiani raggiunti lo scorso anno. Il governo ha aumentato le previsioni sui ricavi dei minerali ferrosi da 8 miliardi di dollari australiani a 97 miliardi di dollari australiani nell’anno finanziario in corso a causa della domanda repressa derivante dalla riapertura del principale partner commerciale dell’Australia dopo i blocchi legati al COVID.
La posizione dominante dell’Australia è a rischio
L’Australia rischia di perdere il suo vantaggio nella lavorazione dei minerali critici a livello globale poiché non ha ancora definito una chiara strategia nazionale. Il Paese è fornitore di quasi la metà del litio mondiale ed è anche il terzo esportatore mondiale di cobalto, nonché importante produttore di terre rare, rame, grafite, manganese e altri minerali fondamentali per la transizione energetica globale.
I consulenti affermano che l’Australia dovrebbe iniziare ad occuparsi della produzione di sostanze chimiche e materiali attivi per batterie. I minerali esportati sono infatti in gran parte lavorati in Cina, ottenendo materiali essenziali per batterie e magneti per prodotti che vanno dai veicoli elettrici ai missili.
I dirigenti del settore chiedono perciò all’Australia una strategia nazionale per accelerare lo sviluppo della transizione ecologica alla luce della nuova concorrenza di Stati Uniti, Canada e Unione Europea, che hanno definito strategie per i minerali critici, includendo miliardi di dollari in incentivi.