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Banche centrali, 1 su 4 compra oro per sfiducia sul dollaro

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Secondo il recente sondaggio pubblicato dal World Gold Council, una banca centrale su quattro sta attivamente aumentando la percentuale delle proprie riserve composta dall’oro. Le banche centrali utilizzano questo metallo prezioso come riserva di valore, ma lo fanno soprattutto in momenti di sfiducia verso le valute tradizionali. Di solito, infatti, mantenere le riserve sotto forma di bond governativi americani, europei o inglesi aiuta a produrre reddito dal proprio investimento anziché limitarsi a conservarne il valore. Accettare di mantenere più riserve sotto forma di oro significa perdere parte del rendimento, ma ripararsi meglio da una possibile recessione e da una caduta del valore del dollaro.

Questa è proprio la motivazione principale con cui le banche centrali intervistate hanno spiegato le loro operazioni sul mercato bullion. C’è incertezza soprattutto per quanto riguarda il dollaro americano, che ancora oggi rappresenta di gran lunga la maggior parte delle riserve possedute dalle banche centrali. Tra inflazione e strumentalizzazione della valuta, come sottolineato anche da Elon Musk nelle scorse settimane, c’è meno fiducia riguardo alla stabilità del dollaro. In momenti come questo, l’oro è percepito come uno strumento meno rischioso e in grado di mantenere meglio il proprio valore in una fase di forte pressione sui prezzi al consumo.

Il dollaro americano perde popolarità come riserva di valore presso le banche centrali

Le ragioni: momento storico e rischio di recessione

Alle banche centrali è stato anche chiesto di spiegare le proprie motivazioni dietro alla scelta di aumentare la proporzione di oro nelle proprie riserve negli ultimi mesi. Il sondaggio ha fornito una serie di opzioni possibili, che potevano essere etichettate come “molto rilevanti”, “abbastanza rilevanti”, “marginalmente rilevanti” o “non rilevanti”. Il risultato è che, in cima all’elenco di preoccupazioni, c’è attualmente il momento storico in cui si trova l’economia internazionale. Il tasso di inflazione elevato fa sì che possedere dollari americani sia una prospettiva meno attraente in questo momento, malgrado gli sforzi della Federal Reserve per riportarlo intorno al 2% annuo.

La seconda ragione più citata è la performance positiva che l’oro ha storicamente avuto nei periodi di recessione. Evidentemente tra le banche centrali c’è il desiderio di coprirsi da questo rischio, perché viene percepito come un rischio reale e potenzialmente impattante. Si poteva anche optare di rispondere con ragioni più specifiche, ad esempio la possibilità di aggirare le sanzioni eventualmente imposte da un’altra nazione o la volontà di de-dollarizzare la propria economia. Solo l’11% ha apertamente dichiarato che evitare le sanzioni risulta “molto rilevante”, e la percentuale scende addirittura al 4% per la de-dollarizzazione. Chiaramente, però, dichiarare in modo aperto questo tipo di intenzione non è semplice da un punto di vista diplomatico.

Il grafico mostra diversi motivi per voler aumentare le riserve di oro e l’importanza di ciascuno di questi secondo le banche centrali intervistate

Oro in crescita anche a medio termine

Su 57 banche centrali intervistate dal World Gold Council, la maggior parte prevede di aumentare la propria percentuale di riserve Forex mantenute sotto forma di oro nel corso dei prossimi cinque anni. L’aumento è trainato soprattutto dai paesi emergenti, che dimostrano una forte propensione verso questo tipo di investimento. Se nessuna banca centrale oggi mantiene oltre il 50% delle proprie riserve in oro fisico, addirittura il 18% delle banche centrali dei paesi emergenti ne possiede una percentuale pari o maggiore. Il 4% mantiene sotto forma di lingotti addirittura una percentuale superiore al 60% di tutte le proprie riserve centrali.

Parlando di previsioni a 5 anni, le banche centrali del 39% dei paesi sviluppati prevede di aumentare la quantità di riserve mantenute in oro del 16-25%; per i paesi emergenti, la percentuale sale addirittura al 64%. Per avere un riferimento sui numeri, i 57 paesi intervistati sono stati divisi in 13 nazioni sviluppate e 44 nazioni emergenti. Bisogna sottolineare anche che, tra i paesi emergenti, molti non sono allineati con le vedute politiche statunitensi. In questo caso è più logico voler aumentare le proprie riserve di oro, dal momento che gli Stati Uniti potrebbero introdurre delle sanzioni sulla circolazione dei dollari in queste economie.

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