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Bond USA in picchiata dopo report su non-farm payrolls
La settimana del mercato obbligazionario si è conclusa venerdì con un netto cambio di direzione per il mercato obbligazionario. I bond statunitensi, provenienti da settimane di rialzo, hanno visto un rapido calo delle quotazioni e un corrispettivo aumento dei rendimenti dopo che il Department of Labour ha pubblicato gli ultimi dati sui posti di lavoro generati nell’economia. Il celebre dato sui non-farm payrolls mostra che il mese scorso il settore privato -escludendo l’industria agraria- ha generato 353.000 posti di lavoro. Non solo, ma sono stati anche rivisti i dati relativi a dicembre 2023: anziché 216.000 posti di lavoro aggiunti nell’ultimo mese dell’anno precedente, il Department of Labour spiega ora che sono stati 333.000.
Tutto questo ha iniziato a causare dei dubbi sulla possibilità che la Federal Reserve decida effettivamente di tagliare i suoi tassi d’interesse nella prossima riunione di politica monetaria. Un maggior numero di posti di lavoro nell’economia implica una spinta rialzista per l’inflazione, cosa che cozza con la possibilità di tagliare i tassi d’interesse. Anche se ora la Fed è consapevole di aver riportato l’inflazione sotto controllo, Powell e i suoi sono già stati molto chiari in diverse occasioni: i tassi non scenderanno fino a che ci sarà il rischio di vedere la pressione sui prezzi aumentare nuovamente.
Calano le quotazioni, aumentano i rendimenti
Un mercato del lavoro più forte del previsto implica che la Fed potrebbe aspettare più a lungo prima di abbassare i suoi tassi d’interesse. Da oltre due mesi a questa parte, però, la retorica che si vede sui mercati è fortemente basata sulle attese che la Fed decida di rilassare la politica monetaria già nella prima parte dell’anno. Dopo la pubblicazione dei non-farm payrolls, il rendimento dei bond a 2 anni -quelli più sensibili all’andamento dei tassi nel breve termine- sono aumentati di 20 punti base in una singola giornata di scambi. Il rendimento dei bond decennali si colloca ora al 4,050%, anche questo in aumento di 18.7 punti base.
Thomas Simons, capo economista di Jeffries per gli Stati Uniti, sottolinea di essere ancora fiducioso riguardo alla possibilità di un taglio ai tassi d’interesse nella riunione di politica monetaria di marzo. Lo stesso Simons, però, ammette che stia diventando difficile rimanere fiduciosi alla luce degli ultimi dati macroeconomici provenienti dall’economia statunitense. Attualmente la curva dei rendimenti rivela che l’aspettativa dei mercati è un taglio di 127 punti base dei tassi della Federal Reserve entro fine anno. Con l’economia che non mostra segni di rallentamento, però, non sembra che la Fed sia sotto pressione per un cambio della politica monetaria.
Dati trimestrali alimentano i dubbi
Molti dei grandi colossi aziendali americani, tra cui le grandi società petrolifere e le principali aziende tech, hanno già pubblicato i loro dati consuntivi per il 2023. Il risultato è che la gran parte delle società ha ottenuto utili superiori alle attese. Gli stessi CEO hanno mostrato una forte fiducia nei confronti dell’andamento delle aziende che guidano per il 2024. Tutto questo sembra puntare nella direzione che, in questo momento, un taglio ai tassi d’interesse non sia effettivamente così necessario.
Solitamente una banca centrale taglia i suoi tassi quando ritiene che l’economia possa essere a rischio di una recessione o di una fase di deflazione, ma nessuno di questi due casi sembra applicarsi all’economia americana in questo momento. Date le condizioni, è possibile che i mercati inizino a rivedere le loro aspettative per il 2024 e prepararsi a una Fed meno espansionista di quanto previsto nelle ultime settimane.