News Commodities
Brasile: Le major petrolifere si oppongono alla nuova tassa
Le grandi major petrolifere con operazioni in Brasile hanno presentato un‘ingiunzione contro una nuova tassa sulle esportazioni di petrolio che il governo Lula da Silva ha introdotto a sorpresa una settimana fa.
La tassa sulle esportazioni di petrolio, del 10%, è stata annunciata il 1 marzo dal ministro dell’Economia, Paulo Guedes, come parte di un pacchetto di misure volte a finanziare il reddito di emergenza per i più poveri del Paese, a causa della crisi economica causata dalla pandemia COVID-19.
La rielezione di Lula Da Silva
La recente rielezione di Lula Da Silva come presidente del Brasile è stata un evento significativo nella politica brasiliana. Dopo aver già servito come presidente dal 2003 al 2010, Lula è stato nuovamente eletto il 1° gennaio del 2023, dopo aver sconfitto il presidente uscente Jair Bolsonaro.
La campagna elettorale di Lula si è concentrata sui temi delle politiche sociali e della giustizia economica, che mira a combattere la povertà, ridurre le disuguaglianze e rafforzare l’economia brasiliana.
Durante la sua precedente presidenza, Lula aveva introdotto programmi sociali come Bolsa Familia e Fome Zero, che hanno ridotto la povertà e migliorato la vita di milioni di brasiliani.
La rielezione di Lula è stata accolta con entusiasmo dai suoi sostenitori, che lo considerano un leader carismatico e capace di portare il Brasile a nuovi livelli di prosperità e stabilità economica.
Tuttavia, ci sono anche preoccupazioni riguardo alla capacità di Lula di realizzare le sue promesse elettorali, in particolare a causa della situazione economica instabile del paese e della complessa situazione politica.
L’ingiunzione
Le major petrolifere, tra cui Petrobras, Shell, Total, BP, Chevron e Repsol, hanno dichiarato che la nuova tassa rappresenta un’onerosa tassa addizionale sui loro affari e avrebbe un impatto significativo sulle loro operazioni in Brasile.
Secondo gli esperti, il Brasile è uno dei paesi con le maggiori riserve petrolifere in America Latina, ed è attualmente il secondo produttore di petrolio della regione, dopo il Venezuela.
L’ingiunzione presentata dalle major petrolifere ha scatenato un dibattito tra i sostenitori della tassa e quelli contrari.
Da un lato, i sostenitori sostengono che la tassa sia necessaria per finanziare il reddito di emergenza per i più poveri e per ridurre il deficit di bilancio del governo. D’altra parte, i detrattori sottolineano che la tassa rischia di ridurre l’attrattiva degli investimenti stranieri nel settore petrolifero del Brasile.
Inoltre, molti si chiedono se la tassa sulle esportazioni di petrolio sia giusta dal punto di vista fiscale. Infatti, molte delle società petrolifere con operazioni in Brasile sono già soggette a tasse sul reddito, tasse sul valore aggiunto, tasse sull’importazione di attrezzature e tasse sulla produzione di petrolio.
L’amministratore delegato di Petroleo Brasileiro SA, Jean Paul Prates, uno stretto alleato di Lula che si incontra regolarmente con il presidente, ha dichiarato mercoledì in una conferenza petrolifera a Houston che la tassa sulle esportazioni non è stata un rmodo intelligente per risolvere i problemi fiscali del Brasile, e come conseguenza l’azienda a controllo statale probabilmente esporterà di meno.
Ha espresso fiducia che la tassa scadrà alla fine di giugno, aggiungendo che Petrobras non ha intenzione di presentare alcuna ingiunzione.
Nonostante le obiezioni delle major petrolifere, il governo Lula da Silva sembra intenzionato a proseguire sulla sua strada. Secondo il ministro dell’Economia, Paulo Guedes, la tassa potrebbe portare fino a 10 miliardi di reais (circa 1,8 miliardi di dollari) all’anno nelle casse del governo.