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Caos in UE, la riforma sulla natura salta all’ultimo: l’Ungheria si ritira, l’Italia è contraria
Oggi avrebbe dovuto essere il giorno dell’approvazione della nuova legge europea sulla ricostituzione degli habitat naturali in Europa, una legge che però potrebbe non vedere mai la sua alba. Infatti la votazione è stata cancellata all’ultimo a causa del ritiro dell’Ungheria, non più intenzionata ad approvare la misura che rischierebbe di aumentare le difficoltà per il settore dell’agricoltura. Come spesso accade a livello europeo, i promotori della legge -in questo caso soprattutto la Germania- vanno alla ricerca di una base di consenso per poter poi procedere con una votazione favorevole. La maggioranza in questo caso era estremamente stretta, e il ritiro del supporto ungherese è stato decisivo nel cancellare la votazione.
La misura in questione prevede che gli Stati europei, entro il 2030, si occupino di rimettere in sesto un quinto degli habitat che sono stati persi rispetto al periodo pre-industriale. Secondo le statistiche europee, oltre l’80% degli habitat marittimi e non sono danneggiati o in uno stato di pericolo. Diversi paesi hanno già deciso di appoggiare la nuova legge, a partire da Germania e Francia; sono invece contrari Italia, Ungheria, Paesi Bassi e Svezia. Quattro paesi (Austria, Belgio, Finlandia e Polonia) hanno invece deciso di astenersi.
Costi troppo alti e problemi con gli agricoltori
Inevitabilmente la legge europea andrebbe a rendere necessarie delle importanti riforme sull’agricoltura: buona parte degli habitat persi sono stati impiegati per la produzione agricola. Le grandi proteste di inizio anno hanno riguardato anche questo punto, con l’UE che avrebbe voluto approvare una legge per chiedere agli agricoltori di lasciare il 7% dei loro terreni liberi per ripristinare la biodiversità. Una misura che però difficilmente potrà passare nel contesto attuale, segnato da tantissimo nervosismo nel mondo agrario: lo stesso premier ungherese Orban ha rimarcato questa ragione come la principale per il suo ritiro improvviso all’appoggio della legge. Un ritiro che ha già ricevuto forti critiche sia da parte del Ministro dell’Ambiente tedesco che da quello spagnolo.
Per l’Italia, invece, il problema sarebbero i costi eccessivi. La spesa pubblica è già un problema, soprattutto considerato l’indebitamento elevato e il rapporto deficit/PIL che dovrebbe crescere di un ulteriore 4% prima della fine dell’anno. Il governo preferirebbe destinare le risorse alla transizione energetica e a iniziative che potrebbero dare slancio all’economia; non ci sono delle stime precise su quanto costerebbe recuperare il 20% degli habitat degradati, ma si parla di miliardi di euro e della necessità di correre contro il tempo per raggiungere l’obiettivo entro il 2030.
Cosa prevede la nuova legge
La riforma europea sulla natura prevede, prima di tutto, degli importanti cambiamenti sul fronte agricolo. Ogni nazione dovrebbe aumentare la quantità di terreni lasciati liberi, la quantità di carbonio organico presente nel suolo e lasciare più spazio ad habitat destinati agli uccelli. Inoltre sarebbe necessario ricostituire il 30% delle praterie e delle foreste entro il 2030, il 40% entro il 2040 e 50% il 2050. Inoltre si dovrebbe raggiungere entro il 2030 la ricostituzione del 20% degli habitat complessivi danneggiati in terra e mare, considerando anche laghi e fiumi. Tutto questo con l’obiettivo di combattere il cambiamento climatico, permettere una maggior conservazione della biodiversità e favorire un futuro più sostenibile. Al tempo stesso si tratta di un intervento che richiede enormi risorse finanziarie, in un momento in cui l’economia europea fatica a crescere e gli agricoltori hanno appena terminato la loro protesta più grande di sempre.