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Carvana, fallisce accordo con obbligazionisti da $1 miliardo
Carvana, la startup americana che vorrebbe reinventare e automatizzare i concessionari di automobili, versa in cattive acque. L’azienda continua a perdere migliaia di dollari per ogni veicoli venduto attraverso i suoi “distributori automatici” di veicoli, e ora arriva l’ennesima cattiva notizia: gli obbligazionisti hanno rifiutato la proposta di convertire in altri titoli i propri bond. Questo significa avvicinarsi al declino dell’azienda, che si ritrova con una quantità molto elevata di debiti e con una grande difficoltà nel rifinanziarli. A queste difficoltà si aggiungono anche i tassi di interesse elevati di questo periodo, che non aiutano a trovare capitali.
Dopo il fallimento di quattro banche nel corso della primavera, il mercato del credito negli Stati Uniti è diventato più prudente. Soprattutto di fronte a un’azienda come Carvana, che non ha ancora un piano chiaro per diventare profittevole, sono in tanti a tirarsi indietro. Nel frattempo anche l’attività dei venture capital si è fatta più blanda, per cui l’emissione di nuove azioni non è altrettanto una scelta attraente per raccogliere liquidità. Il risultato è che ora il management dovrà trovare, e in fretta, delle strade alternative per evitare il default.
Mancato l’obiettivo minimo di conversioni
Complessivamente l’offerta di Carvana riguardava obbligazioni per un miliardo di dollari. Un debito piuttosto importante, considerando che la società aveva una capitalizzazione di mercato di $2.96 miliardi alla chiusura delle Borse di venerdì. Sono state fatte delle proposte su misura per ogni serie di obbligazioni parte dell’offerta, tutte emesse nel corso degli scorsi anni. Tra queste, le obbligazioni che avrebbero dovuto scadere nel 2025 e che pagano un tasso di interesse del 5,625%. Agli investitori è stato proposto di scambiare questi bond con una serie di nuove obbligazioni subordinate in scadenza nel 2028, con un tasso del 9% in contanti o del 12% in specie.
L’offerta prevedeva un minimo di $500 milioni di adesioni per poter procedere con l’effettiva conversione. Dal momento che l’obiettivo non è stato raggiunto, Carvana è stata costretta ad annullare la propria proposta. L’obiettivo era quello di rimandare la scadenza delle obbligazioni al futuro, di modo che la società non dovesse sostenere troppe uscite di cassa nei prossimi 12-24 mesi. Questo sarà un periodo critico per la società, che dovrà cercare di dimostrare la capacità di gestire il proprio business in un modo profittevole. Evidentemente, però, non è stato possibile convincere gli obbligazionisti della capacità di pagare questi tassi di interesse così alti e per così tanti anni.
Una situazione difficile da sostenere
Carvana farà molta difficoltà a mantenere il proprio business attivo nel corso dei prossimi anni, a meno che la società non riesca a convincere gli investitori con i suoi numeri di bilancio. L’azienda ha già debiti per $4.7 miliardi, ma perde circa 4.000$ per ogni automobile che vende. Il modello di business è indubbiamente interessante: costruire delle torri che possano funzionare come “distributori” di automobili, automatizzando le operazioni di un concessionario e permettendo ai clienti di ottenere un’esperienza tanto efficiente quanto conveniente.
La società si è presentata in questa nuova proposta agli obbligazionisti con delle condizioni relativamente nella media. Dopodiché, con ogni fallimento delle trattative le condizioni sono state rese migliori e migliori. Alla fine, Carvana si è trovata a offrire un tasso di interesse estremamente alto e nonostante ciò la sua proposta è comunque stata rifiutata. Questa è una dimostrazione della sfiducia degli investitori in questo momento, anche malgrado il grande supporto che Carvana e le sue azioni avevano ricevuto durante la pandemia. Con i tassi di interesse in rialzo, che rendono i debiti estremamente più cari rispetto al 2020-21, ora è difficile per l’azienda rifinanziare i pagamenti in scadenza.