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Cina, bond sui livelli della pandemia: preoccupa la crescita

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Il rendimento dei bond cinesi a 10 anni è tornato sugli stessi livelli della pandemia, in un crollo tipico di quando i mercati si attendono che una banca centrale decisa di rilassare la propria politica monetaria. Continua a mancare la crescita, e questo rimane il problema principale per Pechino: dopo due anni passati con un’economia stagnante, ci si aspetta sempre di più che Xi Jinping e la banca centrale decidano di intervenire a sostegno della crescita. I mercati stanno scontando le attese di un possibile taglio ai tassi, ma al tempo stesso valutano l’aumento del rischio paese in caso di effettiva recessione in Cina. Attualmente i bond decennali cinesi hanno un rendimento appena del 2,516%, ben al di sotto di dove si trovano i rendimenti americani.

Richard Tang, analista per i mercati cinesi di Julius Baer, ritiene che il mercato stia scontando 12 mesi, se non di più, in cui l’economia continuerà a faticare a crescere. Rimane particolarmente problematica la situazione del mercato immobiliare, con i bond che scontano ancora un’alta probabilità di default di altre società già nel corso del 2024. Con poche notizie positive provenienti dal mercato immobiliare e dall’industria manifatturiera, che storicamente sono stati i due ganci di traino per l’economia cinese, è difficile che la situazione possa cambiare senza un cambiamento della politica monetaria.

Sembra che qualcosa si stia muovendo tra le sfere alte per un pacchetto di stimoli economici importante

Bond in linea con i livelli della pandemia

Il rendimento dei bond cinesi sta toccando gli stessi livelli del 2020-21, ma le aspettative sono per una situazione ancora più drastica nel corso dei prossimi mesi. Il testimone di tutto questo è il prezzo delle obbligazioni governative cinesi, che come sempre è inversamente proporzionale al loro rendimento. Analizzando l’indice dei futures per la consegna di bond governativi cinesi in consegna a marzo 2024, si nota che il valore è il più alto mai raggiunto dal 2015 a oggi. Nel frattempo i traders cinesi continuano a puntare sul fatto che i tassi scenderanno, dal momento che la deflazione in cui lo yuan si trova da metà dello scorso anno ha abbassato i prezzi della vita -alzando i tassi d’interesse reali-.

Un segnale del fatto che tutto questo potrebbe avverarsi è arrivato proprio ieri mattina dal vice-premier cinese He Lifeng, che ha chiesto maggiore supporto finanziario alle società cinesi quotate in Borsa per stabilizzare i mercati. Pur non avendo espressamente dichiarato a cosa si riferisse, è difficile che un intervento di questo genere si rivolga a qualcosa di diverso da un’iniezione di liquidità: che si tratti di mettere mano ai tassi d’interesse o di altre misure di stimolo, qualcosa potrebbe star già bollendo in pentola.

Grafico del rendimento dei bond cinesi a 10 anni – Fonte: TradingView

Perché non intervenire ora?

Approvare una misura di stimolo economico in Cina, specialmente tagliare i tassi d’interesse, non è facile in questo momento. Se da una parte Pechino sta combattendo contro la deflazione e la crescita che va avanti al rallentatore, infatti, dall’altra parte sta anche cercando di abbassare l’indebitamento complessivo delle imprese e degli enti locali. Abbassare i tassi significherebbe sicuramente aiutare la crescita economica, ma dall’altra parte anche spalancare la porta a un aumento dell’indebitamento cinese. Per quanto il governo centrale abbia un indebitamento relativamente basso rispetto alla dimensione dell’economia e alle attese di crescita, una parte rilevante del debito pubblico cinese è in realtà in mano alle singole province: in questo caso, le preoccupazioni per i livelli di indebitamento sono decisamente più pressanti.

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