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Cina riporta inflazione negativa, ma meno del previsto

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L’economia cinese si conferma in deflazione, cioè in un periodo sostenuto di tempo in cui l’inflazione è sotto zero. I dati sono appena stati pubblicati dal National Bureau of Statistics cinese: +0.2% per il tasso di inflazione su base mensile e -0.3% per quello su base annuale. Inoltre sono stati pubblicati anche i dati sul tasso di inflazione riferito alle forniture industriali, che mostra addirittura un calo del 4,4% su base annua. Sono dati estremamente significativi per un’economia che, teoricamente, dovrebbe essere nel pieno della ripresa dei consumi dopo la pandemia. Considerando che l’economia cinese ha riaperto soltanto tra dicembre 2022 e gennaio 2023, questo sarebbe dovuto essere l’anno di grande rimbalzo della produzione cinese.

I dati appena pubblicati continuano a far pensare che il governo approverà uno stimolo economico per aiutare l’economia a uscire della deflazione. Un’iniezione di liquidità nell’economia si attende ormai da mesi, ed è una previsione comune tra gli analisti. Xi Jinping e il Partito Comunista Cinese hanno costruito gran parte della loro popolarità proprio sulla crescita economica, una crescita in cui lo Stato ha avuto un ruolo molto importante per tutti questi anni. I dati di luglio sono stati i primi a mostrare una crescita negativa dei prezzi da aprile 2021, quando accadde nel pieno dell’esplosione della bolla speculativa immobiliare in Cina.

Rispetto a Stati Uniti ed Europa, che si trovano ad affrontare un’ondata di inflazione, la Cina si trova in una fase diametralmente opposta del ciclo economico

Risultati meno negativi delle attese

Per quanto i dati abbiano provvisto una conferma molto importante, Wall Street si aspettava già che i dati sull’inflazione cinese sarebbero stati negativi. I dati effettivi sono persino stati migliori delle attese, considerando considerando che le previsioni erano di un aumento del +0.1% su base mensile e del -0.4% su base annua. Inoltre si conferma che per il momento l’inflazione è tornata ad aumentare su base mensile dopo diversi mesi. Di conseguenza i dati riportati dalla Cina non hanno pesato sul valore dello yuan, che sul mercato Forex ha continuato a mostrarsi forte.

Molti analisti hanno indicato la causa di questa deflazione nella scarsa fiducia dei consumatori, che rimane ancora molto al di sotto del periodo pre-pandemia. I lavoratori cinesi stanno propendendo al risparmio più che al consumo o all’investimento, anche considerando che la principale asset class comprata dagli investitori -gli immobili- continua a vedere un calo dei prezzi che si protrae dai tempi della bolla di Evergrande. Considerando che proprio questa settimana Country Garden ha saltato il pagamento di un bond, sembra che la sofferenza per il mercato immobiliare non sia ancora finita.

Il grafico mostra l’andamento del tasso di inflazione in Cina

L’effetto del petrolio russo sull’inflazione cinese

Se non vengono interpretati correttamente, i dati sull’inflazione negativa in Cina possono essere fuorvianti. Infatti bisogna considerare che nel paniere dell’inflazione vengono considerati anche i beni energetici come il petrolio, e che i prezzi di questi beni sono crollati particolarmente su base annua. Il fatto che un’economia si trovi a pagare meno per il carburante e per l’energia, però, non è necessariamente un segnale di difficoltà: soprattutto non lo è quando la ragione non è tanto la bassa domanda, ma il forte sconto che si ottiene sull’offerta.

Infatti la Cina può ora importare petrolio e gas a prezzi scontati dalla Russia. Le sanzioni internazionali rendono la Russia costretta ad accettare prezzi più bassi dalle nazioni alleate che continuano a comprare le sue esportazioni.

Per avere un’idea di quanto sia notevole questo effetto, l’economia cinese avrebbe visto un’inflazione annua positiva per oltre lo 0.5% se si escludessero dal paniere tutti i beni energetici. Detto ciò, gli indicatori economici sulla crescita e sull’attività industriale sono comunque in territorio negativo: i dati sul commercio internazionale rivelano che l’export è sceso del 14.5% su base annua e le importazioni sono calate del 12.4%, se si misura il tutto in dollari americani. Dunque rimane innegabile che, a prescindere dall’effetto del prezzo dei beni energetici, l”economia cinese stia avendo una ripresa lenta e stentata.

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