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Cina, siccità ferma l’idroelettrico: si torna al carbone
La siccità in Cina colpisce duramente la produzione di energia idroelettrica, la fonte di energia rinnovabile che sta aumentando la propria capacità al ritmo più alto nei confini nazionali. Da fine 2022, la Cina controlla entrambe le dighe più grandi al mondo: quella delle Tre Gole e quella del Baihetan. La seconda è la più recente, che quest’anno si stima aver già prodotto 40 miliardi di KWh. Ma complessivamente non aumenta la quantità totale di energia idroelettrica prodotta rispetto allo stesso periodo del 2022, 2021 e 2020: colpa delle poche piogge, che diminuiscono la portata dei fiumi e dei bacini idroelettrici. Con la ripresa industriale cinese che sta cercando di accelerare, anche se a fatica, il governo centrale si trova costretto a ricorrere a tutte le misure possibili per aumentare la produzione di energia.
In parte le difficoltà dell’energia idroelettrica sono compensate dal fatto che la Cina stia andando più velocemente del previsto nel suo piano di aumentare la produzione a partire da energia eolica e fotovoltaica. Nel corso del 2023 sono stati installati 4 miliardi di KWh di energia fotovoltaica e 2 miliardi di KWh di energia eolica, ma niente rispetto all’enorme capacità produttiva della diga del Baihetan. Il colosso asiatico ha così ricominciato a usare grandi quantità di carbone per la produzione nazionale di energia, in assenza di alternative migliori.
Massima produzione e aumento dell’import di carbone
Il governo centrale ha dato ordine di aumentare al massimo la produzione di carbone dalle miniere nazionali e di aumentare la quantità di importazioni da paesi terzi, con l’obiettivo di sopperire alla forte siccità e ai suoi effetti sull’energia idroelettrica. Secondo i dati più aggiornati, che mostrano i numeri della produzione di energia in Cina fino alla fine di settembre, nel corso del 2023 la potenza prodotta a partire da combustibili fossili è aumentata di 13 miliardi di KWh. Quasi tutto questo aumento è rappresentato dal carbone. La siccità va avanti ormai dalla metà del 2022, ed è uno dei tanti effetti che gli scienziati attribuiscono al cambiamento climatico.
Sempre secondo i dati ufficiali cinesi, a settembre la produzione nazionale di carbone ha raggiunto un nuovo record storico di 393 milioni di tonnellate, in aumento rispetto ai 387 milioni di tonnellate del 2022 e ai 334 milioni del 2021. Al tempo stesso, le importazioni sono aumentate del 29% rispetto agli ultimi due anni. Anche se la Cina è una delle nazioni che hanno investito maggiormente sulla transizione energetica negli ultimi anni, il ritmo colossale degli investimenti in energia rinnovabile sembra comunque non stare al passo con la domanda di energia che proviene dall’economia. La situazione è esacerbata dal fatto che gli investimenti pubblici in rinnovabili stiano rallentando negli ultimi mesi, per via del pesante indebitamento degli enti locali che limita i budget per le nuove infrastrutture.
Pur sempre un leader nelle rinnovabili
Il fatto che la Cina stia tornando ad alimentare una parte importante del suo fabbisogno energetico rimane comunque un fatto temporaneo, dovuto appunto a un fenomeno naturale molto forte ma transitorio. L’economia cinese rimane una delle più sostenibili in assoluto dal punto di vista energetico: solo nei primi 9 mesi del 2023 sono stati aggiunti 226 GW di energia rinnovabile alla rete, più di quanti ne siano installati in Europa negli ultimi 5 anni. Malgrado la potenza prodotta da energia idroelettrica sia aumentata poco (+8 GW), gli aumenti dell’energia solare (129 GW) ed eolica (33 GW) sono stati molto significativi.
Non soltanto la Cina è una delle nazioni che producono più energia a partire da fonti rinnovabili, ma è anche un leader mondiale nella manifattura di pannelli fotovoltaici e pale eoliche: attualmente, circa il 90% dei pannelli fotovoltaici installati nell’Unione Europea è importato dalla Cina. Sono cifre che fanno riflettere sulla reale portata della transizione energetica cinese, al di là degli ostacoli di percorso. Europa e Stati Uniti, per il momento, continuano a fare molta fatica a stare al passo con la tecnologia e con i costi della produzione di rinnovabili delle imprese cinesi.