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Deforestazione, nuovo report sul ruolo della carne

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Tutti conoscono la foresta Amazzonica, ma non tantissimi conoscono la savana del Cerrado. Si tratta di due aree adiacenti ed è molto comune credere che sia tutto parte della stessa foresta. Esattamente come la foresta Amazzonica, anche la savana del Cerrado si trova per la grandissima parte in Brasile. Ed esattamente come la sua “sorella” più conosciuta, sta conoscendo un preoccupante livello di deforestazione. La foresta Amazzonica copre 6,7 milioni di chilometri quadrati, mentre la savana del Cerrado copre 2,0 milioni di chilometri quadrati: dalle proporzioni si può comprendere quanto vasta sia questa zona e quanto importante sia la sua preservazione per combattere l’avanzamento del cambiamento climatico.

Un nuovo report di Global Witness ha investigato come stiano andando le cose nel Cerrado in termini di deforestazione, facendo una scoperta allarmante: il ritmo a cui si sta riducendo la sua superficie è più alto rispetto al ritmo con cui si stanno perdendo aree della foresta Amazzonica. Forse sfruttando il fatto che ci siano meno controlli e meno attenzione rispetto a quanto riguarda l’Amazzonia, le industrie brasiliane stanno approfittando di corruzione e vuoti normativi per approfittare delle aree del Cerrado. Il report rivela che soprattutto l’industria della carne è fortemente responsabile per la perdita di area forestale nel Cerrado, con conseguenze drammatiche in termini di CO2 liberata nell’atmosfera.

Il Brasile è il secondo più grande esportatore di carne bovina al mondo

Le scoperte di Global Witness

Stando al report di Global Witness, ci sarebbero tre imprese che in questo momento sarebbero particolarmente responsabili di quanto sta succedendo nell’area del Cerrato. Si tratta di JBS, Marfrig e Minerva, le tre aziende più grandi nel settore dell’allevamento e della processazione di carne in Brasile. La deforestazione attribuibile all’industria della carne, nell’area del Cerrato, è stata 5 volte superiore alla deforestazione attribuibile alla stessa industria nella foresta Amazzonica nel corso degli ultimi anni. Questo lo si deve anche al modo in cui sono monitorate queste aree: in Amazzonia le grandi imprese della carne hanno accordi per monitorare la provenienza e la supply chain, mentre nell’area del Cerrado questi accordi non ci sono quasi mai.

I numeri riportati da Global Witness sono preoccupanti, addirittura dicendo che un animale su tre macellato dalle grandi imprese della carne brasiliana proverrebbe da aree deforestate illegalmente. Lo stato più toccato da questo fenomeno sarebbe Mato Grosso, dove pare che soprattutto JBS abbia ridotto i suoi controlli sulla filiera quasi a zero. Nonostante tutto questo, tutte e tre le società contro le quali il report punta il dito dicono di stare operando nel pieno rispetto delle normative brasiliane e della natura. Inoltre pare che grandi istituzioni finanziarie americane ed europee abbiano finanziato una parte importante di queste operazioni.

L’area del Cerrado, contrassegnata in rosa, è una delle aree verdi più grandi al mondo

L’UE prova a mettere una pezza

Molti paesi esportatori di carne e altre materie prime agricole hanno protestato contro la decisione dell’UE di stabilire dei controlli serrati sulla provenienza dei prodotti alimentari. Dal prossimo anno, carne, olio di palma, cacao, caffè e molti altri prodotti potranno essere importati all’interno dell’Unione soltanto dimostrando che provengono da aree non deforestate dopo il 2020. In ogni caso è un piccolo contributo: le grandi società della carne potranno esportare dai terreni compliant con questa regola verso l’Europa, continuando a usare i terreni deforestati successivamente per l’allevamento del bestiame destinato agli altri mercati. La speranza comune è che anche altre nazioni decidano di adattarsi alle regole europee, stringendo il cerchio sulle pratiche di allevamento illegali che portano alla perdita di una quantità di foreste sempre più grande.

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