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Fallisce il tentativo di accordo globale sulla plastica
Il tentativo di trovare un accordo globale sulla plastica è terminato senza un consenso unanime, con grande delusione da parte delle Nazioni Unite. Dopo una settimana di trattative intense, le riunioni tenutesi a Nairobi che hanno coinvolto oltre 500 rappresentanti mondiali non hanno portato a un accordo sul testo preliminare del trattato sulla produzione di plastica. L’obiettivo era creare un “pre-accordo” globale prima della COP 28 per affrontare l’inquinamento da plastica, coinvolgendo leader di settori industriali e governi. Moltissime proposte sono state ricevute dalle Nazioni Unite, ma a causa di grandi controversie e interessi diversi, il tutto si è chiuso con un nulla di fatto.
Alcuni attori, come l’industria della plastica e i paesi esportatori di petrolio come Russia e Arabia Saudita, sostengono la riciclaggio e il riutilizzo. Gruppi ambientalisti e governi, invece, sottolineano la necessità di ridurre significativamente la produzione di plastica.
In un momento di crisi climatica e aumento dell’inquinamento, un trattato globale sulla plastica è considerato essenziale dalla comunità scientifica. Ogni anno vengono prodotte più di 400 tonnellate di plastica nel mondo, di cui appena il 10% viene riciclato. Graham Forbes, capo della delegazione del Greenpeace, ha detto: “Stiamo andando verso una catastrofe”.
Tra conflitti d’interesse e cambiamento climatico
Le proposte divergenti rivelano una battaglia complessa tra interessi economici. Paesi come i membri dell’Unione Europea, il Canada e il Kenya vogliono un trattato che stabilisca obiettivi di riduzione della produzione di plastica. Sottolineano anche l’importanza di riciclare e riutilizzare, ma in primo luogo vorrebbero che se ne producesse di meno. Nazioni produttrici di petrolio come l’Arabia Saudita e la Russia, che vedrebbero diminuire la domanda di greggio di conseguenza, cercano invece di difendere la produzione a tutti i costo. Insieme ai dirigenti delle industrie del petrolio e della plastica, propendono per politiche più morbide, incentrate sulla riciclaggio e l’uso di tecnologie efficienti.
Ambientalisti e scienziati avvertono che la massiccia produzione annuale di plastica sta creando una crisi di inquinamento globale. Il solo riciclaggio non è sufficiente per risolvere il problema. Secondo il direttore del Greenpeace, i governi stanno permettendo che gli interessi del settore petrolifero prevalgano sulla salute della popolazione e del Pianeta. Questa discordia rende difficile trovare un equilibrio tra le esigenze industriali, la preservazione ambientale e la salute pubblica. Al tempo stesso il tempo scorre, i mari diventano più inquinati e un intervento diventa sempre più necessario. La domanda è se le Nazioni Unite possano davvero essere l’organizzazione che cambierà le cose.
Un fallimento per le Nazioni Unite
La controversa conferenza COP 28 è in arrivo. La mancanza di consenso a Nairobi e la nomina del CEO della compagnia petrolifera statale degli Emirati Arabi a presidente delle negoziazioni della COP 28 preoccupano ambientalisti, scienziati e governi attenti alle politiche ambientali. Temono che il tema della plastica non venga discusso adeguatamente, visti i forti conflitti d’interesse tra il management dell’evento e i temi trattati. La nomina di Sultan Al Jaber a presidente delle negoziazioni fa temere dibattiti infruttuosi e controversi al COP 28. Ci sono molte critiche anche sulle altre conferenze annuali delle Nazioni Unite sul clima, che spesso si risolvono senza accordi o con accordi che poi non vengono fatti rispettare.
Di fatto, il fallimento delle negoziazioni di Nairobi rappresenta un altro grande buco nell’acqua per un’organizzazione che sta facendo molta difficoltà a dimostrare di poter avere un impatto concreto. Le Nazioni Unite si sono fatte portavoce delle politiche climatiche a livello internazionale, ma non hanno il potere per garantire il rispetto degli accordi. In molti casi vengono annunciati impegni e accordi, soprattutto a livello finanziario, ma i fondi non vengono mai realmente ricevuti dalle nazioni che firmano questi trattati. Nel caso dell’accordo sulla plastica le cose sono andate ancora peggio, al punto da non arrivare nemmeno a una bozza da poter discutere -non si parla nemmeno di approvare- al COP 28.