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Gas naturale: caldo e scioperi fanno decollare i futures
La quotazione europea del gas naturale è salita vertiginosamente nella giornata di scambi del 9 agosto, arrivando a segnare +27,79% in una singola giornata. Il prezzo di un contratto è passato da 31,50€ a quasi 40€, toccando un picco intraday di 43,49€. Questo per via delle temperature record di queste settimane, che stanno spingendo nettamente a rialzo la domanda di aria condizionata e dunque di energia elettrica. Per quanto l’Europa stia facendo un buon lavoro nel contrastare il picco di domanda attraverso la maggior produzione di energia fotovoltaica, buona parte del fabbisogno extra deve ancora essere compensata con l’utilizzo di centrali a gas.
La situazione è simile anche oltreoceano: secondo i dati riportati da Reuters, le raffinerie americane stanno viaggiando a oltre il 90% della loro capacità produttiva. Il mercato chiede combustibili per produrre energia con cui sconfiggere l’ondata di caldo e, inevitabilmente, questo si riflette sulla quotazione del gas e dei futures connessi. Proprio in questi giorni si attende la terza ondata di caldo dell’estate europea, con molte nazioni della parte sud del continente che stanno facendo i conti con temperature superiori a 33 °C. Tutto questo mentre le nazioni europee sono teoricamente nella fase dell’anno in cui si riempiono le riserve di gas naturale in vista dell’inverno 2023-24.
Il caldo non accenna a mollare la presa
Oggi a Toledo, in Spagna, si sono registrate temperature di 44 gradi centigradi; nel frattempo la temperatura nei Paesi Baschi a nord della nazione è salita al di sopra dei 40 °C. Negli ultimi giorni si sono addirittura registrate temperature di 46 °C in Algarve, nella parte sud del Portogallo. E se la penisola iberica sembra essere decisamente l’area più colpita dall’ondata di caldo, non è certamente l’unica. Anche in Italia le temperature superano i 30 gradi nella maggior parte delle grandi città, e la domanda di energia elettrica è nettamente maggiore rispetto a quando i condizionatori rimangono spenti.
La performance del prezzo europeo del gas naturale non è stata comune nell’ultima giornata di scambi: si tratta del più alto rialzo intraday dalle prime settimane che hanno seguito l’invasione dell’Ucraina. Di conseguenza i mercati si attendono che il calore e le altre variabili abbiano un impatto molto forte sulla capacità delle nazioni europee di assicurarsi abbastanza forniture di gas.
Uno studio di Allianz Trade rivela che l’impatto dell’ondata di caldo sull’Europa potrebbe avere impatti nettamente più alti sull’economia di quanto si potrebbe pensare. Si parla addirittura di 1 punto di PIL per l’anno 2023, in gran parte dovuto alla maggiore importazione di combustibili fossili per l’energia e soprattutto alla mancata produttività. Allianz Trade prevede che la Grecia possa perdere 0.9 punti di PIL, l’Italia 0.5 punti e la Francia solo 0.1 punti di PIL nel 2023 per via del calore estremo. In Cina si parla addirittura del 1.3%, ricordando che l’Europa non è l’unica area a essere colpita dal caldo estremo.
Scioperi in Australia, si teme per le forniture
Per quanto la domanda aggiuntiva di energia per il raffreddamento sia la causa principale dell’aumento vertiginoso dei prezzi del gas, anche altri fattori in questo momento stanno pesando sulle previsioni per l’inverno. Si guarda ad esempio agli scioperi in Australia, una delle principali nazioni esportatrici di gas naturale liquefatto (GNL). Il GNL è diventato essenziale per garantire stabilità all’offerta di gas in Europa, dopo che le economie europee hanno deciso di tagliare le importazioni dalla Russia in risposta all’invasione dell’Ucraina. Solitamente le esportazioni australiane sono dirette verso la Cina, ma gli scioperi hanno un impatto diretto anche sulla quotazione europea.
Il motivo è molto semplice. Ci sono quattro grandi importatori di gas in Asia: Cina, Giappone, Corea del Sud e India. Oltre il 75% delle esportazioni australiane di gas naturale sono dirette verso queste quattro nazioni. Quello che succede è che, nel momento in cui queste quattro grandi economie si ritrovano con meno export dall’Australia, si vedono costrette a cercare forniture altrove. Questo genera una concorrenza con gli importatori europei che finisce per alzare le quotazioni in tutto il mondo.
Attualmente ci sono due grandi impianti chiusi in Australia per via degli scioperi, uno gestito da Woodside Energy e uno da Chevron. Complessivamente ammontano all’11% di export mondiale di gas naturale liquefatto, secondo le stime di RBC. I lavoratori hanno votato per seguire scioperi fino a data indefinita, e gli analisti di CITI ritengono che l’impatto di questa decisione sarà riflesso nei prezzi di tutto il mondo.