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Germania chiede a UE di bandire import di pannelli cinesi

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Due importanti governi provinciali tedeschi hanno iniziato a fare pressione sul governo centrale di Berlino, chiedendo di portare in Europa il problema dei pannelli fotovoltaici cinesi. L’Europa importa oltre il 90% dei pannelli fotovoltaici dalla Cina, una nazione sorprendentemente capace di combinare qualità, efficienza e bassi costi di produzione. Se negli anni ’90 l’industria del fotovoltaico in Germania faceva invidia a tutto il mondo, oggi fa fatica persino a sopravvivere sul mercato interno. Costi troppo alti rispetto alla Cina, senza politiche che difendano i produttori europei: una combinazione che pesa anche in altri mercati, come quello delle auto elettriche, dove le importazioni cinesi sono di più di anno in anno.

La richiesta della Germania fa eco alle richieste di Ursula von der Leyen, che pochi giorni fa in Europa aveva sottoposto ai Paesi Membri il problema delle auto “scorrettamente” prodotte in Cina a prezzi molto bassi grazie ai sussidi pubblici. E ovviamente Pechino non ha gradito, passando subito al contrattacco per scongiurare eventuali dazi. L’Europa si ritrova crescentemente di fronte a un problema di competitività. Di anno in anno, la Cina diventa sempre più capace di competere in quelle industrie high-tech e di precisione che una volta distinguevano i produttori europei. E con prezzi di produzione estremamente più bassi, i produttori cinesi stanno conquistando il mercato delle rinnovabili.

Si chiedono politiche come quelle americane

Con l’aiuto di diverse imprese legate alla produzione di pannelli fotovoltaici, il governo provinciale della Sassonia ha pubblicato un programma in dieci punti per evitare che non muoiano le imprese locali. Si chiede di utilizzare strumenti come quelli già attivati negli Stati Uniti, in primis dazi per rendere meno competitive le imprese cinesi. Inoltre, per equità, si chiede di ribilanciare il modo in cui vengono calcolate le offerte provenienti da imprese cinesi nelle gare di appalto. In particolare, si chiede che vengano valutati più seriamente i costi legati allo smaltimento e al riciclo di questi prodotti: operazioni che devono essere svolte in Europa e che hanno un impatto sull’ambiente.

Marius Bakke di Rystad Energy ha indicato che, secondo le statistiche del suo gruppo, attualmente ci sarebbero 40 GW di potenza di pannelli fotovoltaici provenienti dalla Cina che sono stoccati in magazzini europei. Una parte di questi pannelli sono stati inviati dagli Stati Uniti, dove lo scorso anno è entrato in vigore un divieto di importazione per i prodotti provenienti da una specifica regione cinese sospettata di fare uso di lavoro forzato. Attualmente l’Unione Europea non ha ancora introdotto delle barriere commerciali per i prodotti cinesi, ma il tempo stringe: i produttori di pannelli cinesi stanno soffocando le imprese tedesche e mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro.

Gli installatori non sono d’accordo: per loro, i pannelli cinesi sono fonte di profitti e maggiore domanda

Gli installatori non sono d’accordo

C’è anche chi ritiene che questo tipo di richiesta sia inadeguato. Ad esempio il gruppo Enpal, che ha commentato gli eventi attraverso le parole del manager Boris Radke. Secondo Enpal e vari altri installatori, i produttori tedeschi sarebbero un “mini-gruppo” che non va protetto a discapito della stabilità e della redditività degli investimenti nel settore fotovoltaico. Ovviamente per gli installatori ci sono grandi opportunità nell’utilizzare pannelli fotovoltaici di provenienza cinese, dal momento che costano meno per il consumatore finale. Questo significa più domanda da parte del mercato e più margini di profitto per le imprese che si occupano di vendere e installare i pannelli.

I numeri danno l’idea del fenomeno. A inizio anno, costava 0,24€ per watt installare pannelli cinesi contro gli 0,30€ per watt di quelli europei. Ora, con il boom di produzione in Cina dovuto alla fine delle restrizioni, il costo dei pannelli cinesi è sceso a 0,15€ per watt. Una differenza troppo significativa per poter essere ignorata, che rende i pannelli cinesi presenti in pressoché tutti i progetti grandi e piccoli legati all’energia fotovoltaica in Europa.

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