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Google in tribunale per aver ostacolato la concorrenza
Oggi Google è in tribunale per difendersi dall’accusa di aver ostacolato la concorrenza nella pubblicità online.
Google, in giornata, si deve presentare davanti ai procuratori antitrust ad Alexandria, in Virginia, dove il dipartimento di Giustizia ha intenzione di dimostrare che il colosso dei motori di ricerca ha ostacolato la concorrenza nella tecnologia pubblicitaria online. Secondo gli inquirenti Google avrebbe ampiamente dominato l’infrastruttura tecnologica che serve a sostenere economicamente il flusso di notizie sui siti internet, arrivando a collocare qualcosa come 150.000 annunci pubblicitari ogni secondo.
Siamo davanti, indubbiamente, ad un caso particolarmente importante, anche per gli sforzi compiuti dalle autorità antitrust statunitensi, che sono al lavoro per contrastare i presunti monopoli delle varie big tech. Una politica che, in un certo senso, ha accomunato gli sforzi delle amministrazioni targate Donald Trump e Joe Biden.
Google, cosa sostengono gli inquirenti
Volendo sintetizzare al massimo gli inquirenti sostengono che Google abbia messo in atto un piano complesso per controllare il mondo della pubblicità online. Obiettivo raggiunto attraverso una serie di acquisizioni, restrizioni sulle modalità di utilizzo dei suoi strumenti da parte dei clienti. E soprattutto mettendo in atto una serie di manipolazioni delle aste pubblicitarie.
Google non ha negato le accuse che sono state mosse. Ha, però, aggiunto che i procuratori distrettuali avrebbero mal interpretato gli sforzi legittimi per sviluppare la sua tecnologia e servire i clienti. Sarebbe stato trascurato, inoltre, il modo attraverso il quale il mercato della pubblicità, nel corso degli ultimi anni, si sarebbe spostato verso le app e le Tv connesse, dove Google ha una forte concorrenza.
Nel caso in cui Leonie Brinkema, giudice statunitense responsabile della pratica, dovesse stabilire che Google ha infranto la legge, verrebbe presa in considerazione la richiesta avanzata dai pubblici ministeri di obbligare Google a cedere Google Ad Manager, ossia la piattaforma al cui interno è presente il server pubblicitario degli editori che si appoggiano proprio sul colosso dei motori di ricerca. Dovrà, inoltre, cedere l’Ad Exchange.
Secondo una ricerca dell’analista azionario Wedbush, gli strumenti tecnologici pubblicitari di Google hanno prodoto un giro d’affari pari a 20 miliardi di dollari, ovvero l’11% del fatturato lordo dell’azienda nel 2020, e circa 1 miliardo di dollari, ovvero il 2,6%, dell’utile operativo di quell’anno.