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Il petrolio chiude l’anno in calo del 10%, sotto a 2021-22

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Dopo un anno che sembrava segnato dalla rincorsa delle commodities e da fondamentali allineati per un rally del petrolio, alla fine il prezzo del barile chiude il 2023 in calo del 10% rispetto ai livelli di inizio anno. È il risultato di una serie di stravolgimenti che, soprattutto nella parte finale dell’anno, hanno completamente cambiato le dinamiche di domanda e offerta. Per quanto i tagli alla produzione dell’OPEC abbiano inciso sulla quantità di barili disponibili nel mercato, alla fine il rallentamento della domanda ha prevalso. E nell’ottica 2024, sono sempre di più gli analisti che prevedono un altro anno di performance mediocri. Per il prezzo del petrolio, il risultato di fine anno è peggio rispetto a quello toccato negli ultimi due anni.

Per tornare a una chiusura dell’anno peggiore di quella del 2023 bisogna ritornare al 2020, quando la pandemia aveva decimato i livelli di produzione e di output. Il rallentamento della domanda cinese sembra essere la variabile che ha maggiormente inciso sull’andamento dei prezzi, anche considerando che la Cina è il maggiore importatore mondiale di petrolio. Gli effetti della domanda in calo da parte del settore industriale cinese sono stati tali da bilanciare addirittura le tensioni geopolitiche, che hanno continuato a far oscillare i mercati e probabilmente continueranno a farlo anche nel corso del prossimo anno.

I timori di una grande mancanza di offerta non si sono concretizzati

Supporto nel breve termine dalle scorte USA

Il report dell’Energy Information Administration mostra che, la settimana scorsa, il volume di scorte di petrolio negli Stati Uniti è calato di quasi 10 milioni di barili. Questo calo ha dato supporto ai prezzi, almeno momentaneamente, facendo pensare che quantomeno negli USA i livelli di consumo siano ancora sopra la media storica. La previsione degli analisti era di un calo di soli 2,7 milioni di barili, per cui momentaneamente si è visto un rimbalzo.

Allo stesso tempo, però, anche i pozzi americani stanno estraendo a un ritmo vicino alla loro capacità massima e la produzione è rimasta invariata a 13.3 milioni di barili al giorno nel corso di novembre. Questi rimangono comunque dei dati che hanno un peso rilevante nel breve termine ma limitato nel lungo termine, soprattutto considerando che all’inizio del 2024 dovrebbero essere attivati diversi nuovi pozzi nel bacino del Prysmian. Inoltre le navi petroliere hanno ripreso le loro rotte attraverso il mar Rosso e il canale di Suez, uno degli elementi di incertezza geopolitica che avevano frenato la discesa del prezzo del barile nelle settimane scorse. Con la guerra a Gaza che ormai sembra difficilmente portata a trainare altre nazioni nel conflitto, anche sul fronte geopolitico i mercati stanno vivendo un’atmosfera più ottimista.

Le scorte di petrolio negli USA sono in lieve calo

Previsioni poco ottimiste per il 2024

Secondo un sondaggio condotto da Reuters su 34 analisti istituzionali, la previsione è che il prezzo del petrolio WTI continui a essere vicino a 82$ di media nel corso del 2024. Rispetto a soli due o tre mesi fa, quando la maggior parte delle previsioni era tra 90$ e 100$, si nota un sentiment decisamente diverso. Secondo la IEA, la domanda mondiale di petrolio dovrebbe aumentare di 1.1 milioni di barili entro la fine dell’anno prossimo; invece l’OPEC è più ottimista, parlando di un probabile aumento della domanda di 2.4 milioni di barili. In entrambi i casi sono molto vicine le previsioni per quanto riguarda i paesi non-OPEC, che dovrebbero complessivamente aumentare la loro produzione di 1.3 milioni di barili al giorno.

Ci sono diversi fattori che, nelle settimane scorse, hanno portato a rivedere a rialzo le stime sulle produzioni dei paesi extra-OPEC. La prima è la concessione delle licenze in Guyana, l’ultima nazione ad aggiungersi all’elenco dei paesi produttori su larga scala; la seconda è l’addio dell’Angola all’organizzazione dei paesi esportatori, cosa che è coincisa con un aumento degli investimenti previsti dalla Cina nel settore petrolifero del paese.

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