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In dubbio il maxi-impianto di riciclo batterie in Sardegna
La Regione Sardegna ferma, almeno momentaneamente, il piano di Glencore e Li-Cycle per costruire sull’isola italiana il più grande centro di riciclo di batterie al litio in Europa. Glencore è un colosso dell’estrazione mineraria con operazioni in tutto il mondo, che mette sul mercato molti minerali utilizzati su ampia scala nella costruzione di batterie per EVs; Li-Cycle è invece una giovane società quotata sul Nasdaq con una tecnologia innovativa per riciclare le batterie al litio e recuperare i materiali di partenza. Le due imprese hanno avviato da tempo una grande joint venture, proprio con l’obiettivo di arrivare a dominare il mercato europeo del riciclo di batterie attraverso il nuovo hub in Sardegna.
Di recente, Glencore e Li-Cycle hanno anche annunciato di voler accelerare i piani per la costruzione. Questo offre delle grandi prospettive non soltanto alle due aziende coinvolte, ma anche alla Sardegna: si parla di investimenti per centinaia di milioni di euro, che andrebbero a generare migliaia di posti di lavoro in gran parte ad alto livello di qualificazione e retribuzione. I processi per il recupero delle batterie, infatti, sono in gran parte chimici e automatizzati: si parla piuttosto di ingegneri e esperti di materie prime, in una regione che si colloca agli ultimi posti in Italia per disoccupazione. Ma la Regione non è soddisfatta della documentazione ricevuta in merito all’impatto ambientale del progetto, per cui i lavori per il momento rischiano di non cominciare affatto.
Stallo sulla burocrazia per il nuovo impianto
Con un colpo di spugna non nuovo nel contesto dell’amministrazione pubblica italiana, i piani di Glencore e Li-Cycle dovranno fare i conti con questo nuovo ostacolo. Le normative impongono che la realizzazione di un impianto industriale debba essere accompagnata da un prospetto completo sull’impatto ambientale del progetto: emissioni di gas serra, utilizzo di materie prime e acqua, potenziali effetti sulla flora e sulla fauna locali. Sembra paradossale che un impianto di riciclo si sia fermato a causa di uno stallo sulla sostenibilità ambientale, ma attualmente questo è un nodo che la Regione non è disposta a sciogliere finché non saranno disponibili nuovi chiarimenti.
Secondo il documento con cui la Regione ha accompagnato la sua decisione, non è chiaro quali siano i rischi per l’ambienti derivanti dai materiali chimici utilizzati per il riciclo delle batterie. Glencore sta lavorando sul progetto da maggio, facendo anche richiesta per un processo abbreviato che consentisse all’impianto di essere realizzato in breve tempo. La Sardegna ha già rifiutato la richiesta, costringendo le due aziende che formano la joint venture a passare attraverso un processo di approvazione completo. Anche in quel caso, la regione aveva preso questa decisione sulla base di dubbi riguardo alla sostenibilità ambientale.
Glencore minaccia di spostare il progetto altrove
Glencore non è soddisfatta del trattamento ricevuto dalle autorità sarde. Non lo era già dopo il rifiuto a concedere il processo rapido per l’approvazione del progetto, comunicando prontamente che insieme a Li-Cycle si cominceranno a vagliare delle alternative fuori dall’Italia. Il colosso svizzero ha invece preferito non commentare nel merito della questione di oggi. Aurelio Angelini, esperto di procedure amministrative, ha commentato con Reuters la notizia spiegando che il processo per l’autorizzazione di un impianto industriale in Italia può durare facilmente sei mesi. A questo termine si possono sommare eventuali proroghe, nel caso in cui l’amministrazione pubblica ritenga che ci siano altre questioni da chiarire insieme alle società coinvolte; il processo rapido è consentito solo nel caso in cui si ritenga urgente la realizzazione del progetto.
Due settimane fa, in occasione del rifiuto a concedere questa linea preferenziale, Glencore aveva commentato che che in caso di ritardi innecessari, con il rischio che questi rendano economicamente insostenibile il progetto, avrebbe considerato delle alternative all’interno dell’Unione Europea. Ha anche ammesso “grande disappunto” per questa decisione. Dopo il rigetto dei documenti arrivato oggi, il rischio che il progetto si sposti altrove è sempre più concreto.