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Inflazione non supera le previsioni in Cina, ma aumenta in Giappone
Cina e Giappone affrontano l’inflazione in maniera diversa. E con un impatto differente sull’economia.
L’inflazione continua a condizionare la Cina e il Giappone. A giugno i prezzi al consumo cinesi sono cresciuti per il quinto mese consecutivo, ma hanno deluso le aspettative. Continua a permanere la deflazione dei prezzi alla produzione, mentre la domanda interna è sostanzialmente rimasta bloccata in una lenta ripresa. Per il momento sembra che le misure a sostegno dell’economia cinese non abbiano agito come sperato.
Anche in Giappone a giugno l’inflazione ha registrato un’accelerazione. Il calo dello yen ha determinato un aumento dei costi delle importazioni di materie prime: rimangono vive, per il momento, le aspettative del mercato per un aumento dei tassi di interesse a breve termine da parte della banca centrale.
Inflazione in Cina, cosa sta accadendo
Dopo una ripresa incerta post Covid 19, Pechino ha cercato di rilanciare i consumi. Al momento, però, a preoccupare è principalmente quanto sta accadendo nel mondo immobiliare, affetto da una pesante crisi. Ma non solo: i riflettori sono puntati anche sull’insicurezza lavorativa. Una situazione che, almeno nel suo complesso, sembra aver preoccupato non poco i consumatori e l’industria. Ma soprattutto ha rafforzato la richiesta di politiche più efficaci.
In Cina, a giugno l’indice dei prezzi al consumo (CPI) è aumentato dello 0,2% rispetto allo stesso periodo del 2023. Mentre è aumentato dello 0,3% rispetto a maggio: è il più lento in tre mesi.
Zhiwei Zhang, capo economista di Pinpoint Asset Management, ha spiegato che il rischio deflazione in Cina non è sparito. La domanda interna continua a rimanere debole. I prezzi dei prodotti alimentari sono continuati a scendere, anche se le interruzioni dovute all’approvvigionamento causate dal maltempo estivo confermano la debolezza della domanda.
Sono scesi del 2,1% anno su anno i prezzi dei prodotti alimentari: a maggio il calo registrato era pari al 2%. Entrando un po’ più nel dettaglio, i prezzi delle verdure fresche sono crollati del 7,3% rispetto a un aumento del 2,3% del mese di maggio.
L’indice dei prezzi al consumo (CPI) è sceso dello 0,2% su base mensile, rispetto al calo dello 0,1% di maggio e in peggioramento rispetto alla prevista flessione dello 0,1%. L’indice dei prezzi alla produzione (PPI) è sceso dello 0,8% a giugno rispetto all’anno precedente. L’indice registra un calo inferiore all’1,4% registrato nel corso del mese precedente e in linea con la previsione di un calo dello 0,8%.
Il calo dell’indice dei prezzi alla produzione è stato il più basso degli ultimi 17 mesi, attribuibile in gran parte alla base più bassa registrata lo scorso anno.
L’inflazione accelera in Giappone
A giugno l’inflazione ha registrato un’accelerazione anche in Giappone. Il calo dello yen ha fatto aumentare il costo delle importazioni di materie prime. Stando ai dati che sono stati diffusi in questi giorni si riesce a comprendere come l’aumento dei costi delle materie prime a livello internazionale e l’eliminazione graduale dei sussidi ai carburanti hanno fatto aumentare i prezzi all’ingrosso. Situazione che mette in evidenza come si sia davanti ad un crescente pressione inflazionistica.
La Banca del Giappone (BOJ) ha una riunione in programma il 30-31 luglio 2024. In questa occasione analizzerà i dati che abbiamo visto fino a questo momento: a fine mese, oltre a pubblicare le previsioni di crescita, discuterà se è il caso o meno di aumentare i tassi d’interesse dagli attuali livelli, che sono prossimi allo zero.
Tra i dati in possesso della Boj c’è l’indice dei prezzi dei beni aziendali (GPI), che, sostanzialmente, misura il prezzo che le aziende si fanno pagare a vicenda per beni e servizi. questo particolare indice risulta essere aumentato del 2,9% nel corso del mese di giugno 2024 rispetto allo stesso periodo del 2023. Un dato che è in linea con le previsioni di mercato medie.