News
Inflazione, nella zona euro scende all’1,8%. Altro taglio dei tassi in vista?
L’inflazione nella zona euro scende all’1,8%. A questo punto molti osservatori si aspettano un ulteriore taglio dei tassi.
Per la prima volta dalla metà del 2021 l’inflazione nella zona euro è scesa al di sotto del 2%, andando a rafforzare le speranze di un nuovo taglio dei tassi di interesse da parte della Bce. La battaglia avviata tre anni fa per contenere la crescita incontrollata dei prezzi potrebbe essere giunta alla fine.
Nei 20 paesi che fanno parte dell’euro l’inflazione è scesa all’1,8% a settembre dal 2,2% di agosto. A renderlo noto è stata Eurostat. La percentuale è inferiore alle aspettative rilevate da un sondaggio Reuters, che la posizionavano all’1,9%.
Da alcuni anni la crescita dei prezzi è superiore rispetto alle aspettative che si era posta la Bce: a condizionarli c’è stata l’impennata dei costi energetici e i vari colli di bottiglia determinati dalla riapertura della produzione dopo la pandemia, che hanno portato l’inflazione al 10% alla fine del 2022.
Una serie record di aumenti dei tassi di interesse da parte della Bce ha frenato la crescita dei prezzi in tempi relativamente rapidi, e ora si sta discutendo su quanto velocemente dovrebbero essere allentati i costi di prestito.
Inflazione, le mosse della Bce
A giugno e a settembre la Bce ha già provveduto a ridurre i tassi d’interesse. Ma non solo: Christine Lagarde ha già inviato il segnale molto chiaro. Un altro taglio potrebbe avvenire più avanti nel mese, dato l’andamento positivo dei prezzi.
Fino a poco tempo fa non ci si aspettava un taglio dei tassi così rapido, ma una serie di dati sulla crescita poco incoraggianti, la moderazione delle pressioni salariali e i dati sull’inflazione inferiori alle proiezioni della Bce hanno contribuito ad accrescere l’urgenza.
A sostegno della richiesta di un taglio è l’inflazione dei servizi, forse la componente più attentamente monitorata della crescita dei prezzi, che ha subito un leggero rallentamento, passando dal 4,1% al 4,0%, attenuando ma non cancellando del tutto i timori che le pressioni sui prezzi interni siano rimaste bloccate a un livello elevato.