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Italia: crollano i ricavi di metallurgia, chimica e energia
I nuovi dati sulla produzione industriale, pubblicati nella giornata di venerdì dall’Istat, rivelano una situazione molto difficile per l’industria italiana. Complessivamente la produzione industriale è crollata su base annua del 7,2%. Le attese degli analisti erano già piuttosto pessimiste, prevedendo un calo del 4,1% nella produzione industriale. Un dato certamente già piuttosto negativo, ma decisamente meno negativo rispetto a quello effettivamente riscontrato. Si tratta del terzo mese consecutivo in cui rallenta l’attività industriale, ma nei mesi scorsi la contrazione fu decisamente meno grande. I dati fanno tornare a pensare al rischio di recessione, che rimane una realtà con cui gli investitori devono fare i conti.
Sono davvero pochi i settori che non hanno conosciuto una flessione rispetto ai livelli di produzione del 2022, ma ce ne sono. Dall’altra parte, altri comparti hanno sofferto contrazioni oltre il 10% e in altri casi oltre il 17%. Sono dati che necessariamente si riflettono a cascata su altri indicatori economici: da una parte, indubbiamente sono numeri incoraggianti per quanto riguarda il calo dell’inflazione nei prossimi mesi; dall’altra parte, un calo così rilevante della produzione industriale può avere impatti importanti sui livelli di occupazione.
Calo drastico per alcuni settori
I dati riportati dall’Istat rivelano chiaramente quali sono i settori che hanno sofferto la contrazione più forte:
- -17,2% per l’industria del legno, carta e stampa;
- -13,6% per le forniture di energia elettrica e gas, anche visti i prezzi in forte calo rispetto all’anno passato;
- -10,6% per la metallurgia, risultato esattamente eguagliato da quello della chimica.
Decisamente non si tratta dei dati che molti investitori avrebbero voluto vedere, soprattutto quelli che hanno esposizione ai titoli industriali italiani. In ogni caso rimangono alcuni comparti cheh anno fatto relativamente bene: la costruzione di mezzi di trasporto è in crescita del 5,7% e i prodotti raffinati del petrolio sono in crescita del 2,1%. Si tratta degli unici settori che hanno ottenuto una performance positiva negli ultimi 12 mesi, comparati a quelli precedenti.
Bisogna notare che, in ogni caso, la flessione di alcuni settori -come quello dell’energia e della metallurgia- è dovuta a condizioni più esterne che interne al mercato italiano. I prezzi del gas naturale e dell’acciaio sono diminuiti in Borsa nel corso dell’ultimo anno, per cui è normale che il valore complessivo della produzione sia diminuito.
Aumento il rischio di recessione in Europa
A maggio la Germania è ufficialmente entrata in recessione tecnica. L’Ungheria è già in un recessione, anche se lieve, mentre Spagna e Italia ora mostrano un affanno notevole. Non è una novità che quando rallenta la Germania, anche l’Italia rallenti: si tratta di un partner commerciale fondamentale per il nostro Paese, soprattutto per il comparto industriale. Basti pensare alle imprese come Brembo, Pirelli e Magneti Marelli, che vendono grandi quantità dei loro prodotti ai maggiori gruppi automobilistici tedeschi. Bisogna però notare che questa è solo una parte del discorso più ampio.
La politica monetaria europea, totalmente volta a ridurre il tasso di inflazione, sta ora avendo effetti constatabili sull’economia reale. Da tempo ci si chiedeva quando sarebbe arrivato questo momento, che comunque rientra in un quadro perfettamente coerente con i tassi di interesse in rialzo. Ora la domanda è quanto possa prolungarsi il calo dell’attività industriale e quanto possa allargarsi ad altri settori dell’economia, perché dalla risposta si capirà se l’Italia sia diretta verso una recessione entro la fine del 2023.