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La Russia intende tagliare ancora la produzione di petrolio
Con il prezzo del petrolio che continua a rimanere intorno a quota 70$ per barile, la Russia torna alla carica con una nuova dichiarazione di voler tagliare ulteriormente i livelli di produzione. Nel corso di tutto il 2023, Russia e Arabia Saudita hanno continuato ad approfittare del loro ruolo di leader de facto del cartello OPEC+ per abbassare artificialmente i livelli di offerta e cercare di sostenere un livello alto dei prezzi. Ora la Russia potrebbe decidere di introdurre unilateralmente dei nuovi tagli alle proprie esportazioni, andando a colpire un mercato che già oggi soffre di un’offerta insufficiente da parte delle nazioni OPEC.
A dichiarare questa intenzione è stato il Primo Ministro Alexander Novak, uomo di fiducia di Putin a cui molto spesso sono state delegate le decisioni riguardanti i combustibili fossili. Qualunque decisione di taglio alla produzione è indirettamente un colpo all’economia europea, dal momento che meno offerta significa prezzi più alti da pagare per gli importatori europei. Anche se le nazioni del G7 si sono impegnate a introdurre un tetto di prezzo di 60$ al barile sulle importazioni di petrolio russo, la Russia continua a commerciare con altri partner internazionali e la quantità di barili che mette sul mercato aiuta a tenere i prezzi più bassi.
50.000 barili al giorno, forse di più
Il taglio che la Russia sta considerando è tutt’altro che marginale: Novak ha fatto sapere che attualmente ci si sta orientando su 50.000 barili di produzione in meno al giorno, forse di più con il passare del tempo. A quanto pare ci sarebbe già il nulla osta da parte dell’Arabia Saudita, che potrebbe addirittura decidere di seguire Mosca in questo nuovo round di tagli alla produzione. Il Cremlino intende cominciare già a dicembre a mettere meno barili sul mercato, dopodiché definirà l’entità esatta della nuova riduzione dell’export in base ai movimenti del prezzo del greggio. Le agenzie di stampa russe fanno anche sapere che entro la prima metà del 2024, Russia e Arabia Saudita collaboreranno per andare a ridurre ulteriormente in modo drastico la loro produzione di petrolio.
Nel frattempo Mosca cerca di rinsaldare i rapporti con Pechino e di fare affari sul gas naturale. Novak ha dichiarato che Gazprom e la cinese CNPC sono vicine alla stipula di un accordo per forniture di gas che passeranno attraverso il gasdotto Siberia-2. Si parla di 50 miliardi di metri cubi di gas naturale che fluiranno verso la Cina ogni anno, attraversando la Mongolia e giungendo fino ai più importanti distretti industriali cinesi. Dopo aver stretto l’accordo più lungo di sempre con il Qatar, la Cina continua a rastrellare ogni fornitura di gas possibile.
Nessun interesse a riprendere l’accordo sul grano
Oltre a parlare di combustibili fossili, nelle ultime 24 ore si è parlato di materie prime provenienti dalla Russia anche per quanto riguarda il settore agricolo. Questa volta a parlare è stato il Ministro dell’Agricoltura, Dmitry Patrushev. Ha apertamente dichiarato che alla Russia non interessa riprendere l’accordo sul grano ucraino, che permetteva alle navi commerciali di sfruttare un corridoio umanitario verso il porto di Odessa. In cambio le Nazioni Unite si erano impegnate a favorire l’export di gas russo, ma alla fine il Cremlino non è stato soddisfatto della controprestazione ricevuta.
Patrushev ha fatto notare che i volumi di export di materie prime agricole russe nel 2023 hanno registrato addirittura un leggero aumento, malgrado tutte le sanzioni internazionali. Il governo russo ritiene di avere tutti gli strumenti per poter continuare a massimizzare le proprie vendite di cereali: soprattutto quelle di grano, di cui la Russia è uno dei tre più grandi esportatori al mondo. Né le sanzioni sulle transazioni in dollari né quelle sulle assicurazioni delle navi cargo hanno realmente limitato l’export russo di cereali, che sembra essere in grado di eludere ormai qualunque tipo di sanzione.